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"Ci sono terribili catastrofi naturali inevitabili a questo mondo, come i terremoti o gli uragani. A Gaza è in corso una catastrofe umanitaria innaturale perpetrata da Israele ai danni di un popolo che vorrebbe ridotto alla più completa miseria e sottomissione. Una popolazione disperata che non trova il pane e il latte per nutrire i suoi figli. Che non piange neanche più i suoi lutti perché anche agli occhi è stata imposta una dieta ferrea. Il mondo intero non può ignorare questa tragedia e, se lo fa, NON INCLUDETECI IN QUESTO MONDO."
Vittorio Arrigoni da "Restiamo umani"
Messaggi del 22/11/2008
“Un discepolo va dal suo guru e gli dice che vuole la verità più di ogni altra cosa. Il maestro non risponde. Lo prende per il collo, lo trascina al vicino torrente e gli tiene la testa sott’acqua finché il poveretto sta per soffocare. All’ ultimo momento lo tira fuori. – Allora, che cos’è che volevi più di ogni altra cosa quand’ eri sott’ acqua? –
- L’aria -, dice quello con un fil di voce.
- bene. Quando vorrai la verità come un momento fa volevi l’aria sarai pronto a imparare. -
Ero pronto io?
Mi sarebbe piaciuto rispondergli con una risata, ma preferii essere sincero. No. Non sapevo se ero pronto. E poi, la Verità mi pareva ancora una cosa un po’ troppo grossa perché io, da solo, mi mettessi a cercarla.
Fu lui allora a fare una delle sue risate enfisematose.
- Certo -, disse. – Non siamo noi a trovare la Verità. E’ la verità a trovare noi. Dobbiamo solo prepararci. –
Poi spiegò. – Si può invitare un ospite che non si conosce? No. Ma si può mettere la casa in ordine, cosi che, quando l’ ospite arriva, si è pronti a riceverlo e a conoscerlo. –
E lui, in che rapporti, stava con la Verità?
Disse di averla intravista alcune volte, per un attimo. Ma quell’ attimo era bastato a dargli una certezza che non gli veniva dalla fede, ma dall’ esperienza. Non l’ esperienza di altri, ma la sua. Era quella certezza a tenerlo legato alla ricerca. Quanto all’ ordine in casa, gli restava ancora molto da fare. C’erano sempre dei vecchi mobili in soffitta che andavano buttati via, disse. – L’ Io pretende di avere bisogno di tante cose, ma io so che è una trappola. –
Indicò la piccola foto in bianco e nero sul mobile. Quello era stato il suo primo guru, Swami Sathyananda, l’uomo che gli aveva aperto la testa. Da un cassetto tirò fuori un’altra foto, anche quella in bianco e nero, di un vecchio. Era l’uomo che gli aveva aperto il cuore. Krishna Prem, l’inglese diventato sanyasin di cui mi aveva già parlato. Era morto di cancro nell’ashram che aveva fondato.
Anche lui di cancro. Co’mè possibile? In Occidente, dissi, si pensa che il cancro abbia a che fare con lo stress, ma in India molti dei sant’uomini dell’ultimo secolo, tutti vissuti in santa pace, lontani dalle tensioni della vita moderna, sono morti di cancro: il mistico Ramakrishna e Nisargadatta Maharj, l’uomo che faceva i bidi bidi per strada a Bombay, di cancro alla gola; Ramana Maharishi di un dolorosissimo cancro a un braccio; e J. Krishnamurti, pur già vecchio, di un cancro alla cistifellea…
- Lo stress può essere interiore – disse il Vecchio. – Chi cerca la Verità ha spesso moltissimo da soffrire. Krishna Prem riuscì a integrare la malattia nella propria vita, a vederla come parte del tutto e a raggiungere, proprio grazie alla malattia, un più alto livello di consapevolezza. -
- Vuol dire che aveva accettato la malattia? – chiesi.
- Non si tratta di accettare o non accettare, ma di rendere la malattia parte di sé. Lui c’era riuscito e alla fine era diventato per tutti noi la prova di ciò che non si può provare. –
In ogni generazione, in ogni continente, disse il Vecchio, ci sono personaggi come Krishna Prem o Ramana Maharishi che con la loro vita dimostrano che è possibile andare al di là. Basta essere determinati, perseveranti e senza paura.
Era chiaro che, discretamente, mi stava dando dei consigli. Avevo tanti libri nelle borse con cui ero arrivato? – Attento -, disse. – Quella dei libri è tutta conoscenza di seconda mano, conoscenza presa in prestito. Non vale granché. – e mi raccontò un’altra storia.
Un uomo entra in una grande biblioteca e, dopo tanto studiare e cercare, sceglie tre libri da portar via. Va al banco per registrarli e all’impiegato chiede:
- Quanti sono i libri in questa biblioteca? –
- Varie decine di migliaia. –
- E quanto tempo ci vorrebbe per leggerli tutti? –
- Oh… varie vite. –
-Allora non voglio neppure questi -, dice l’uomo. – Ci deve pur essere un’altra via. – E parte.
L’altra via, secondo il Vecchio, è quella dell’esperienza. L’esperienza fatta su se stessi. Il vero capire non avviene con la testa, ma col cuore. Si capisce davvero solo quello che si è provato, quello che si è sentito dentro di sé. Le vie per arrivare a quella esperienza possono essere varie. La sua era “il trucco della candela”: praticato regolarmente , senza mai stancarsi, senza perdersi d’animo. – Almeno dieci minuti al giorno -, disse.
Il suo primo guru l’aveva costretto a quei dieci minuti e, se ci pensava bene, forse quello era stato il più grande aiuto che avesse mai ricevuto. Col passare degli anni quei dieci minuti erano diventati ore, ma non aveva dimenticato l’importanza di quel primo passo. Che lo facessi anch’io!
- Almeno dieci minuti, per cominciare. Costringiti. –
Era l’incoraggiamento di qualcuno che pensa di aver fatto una scoperta e non la vuole tenere tutta per sé. Io ero molto interessato a quella scoperta. Il vecchio lo sentiva e continuò:
- Innanzitutto devi calmare la tua mente. Solo allora potrai ascoltare la Voce che hai dentro di te. Non devi essere impaziente perché l’intuizione che ti apre la coscienza arriva raramente. Magari è soltanto una goccia, ma quella goccia, quando viene, è come l’oceano. Quella ch allora ti parla è la Voce dell’Uomo Interiore, dell’Uomo Cosmico, del sé. Chiamalo come vuoi. Chiamalo l’Amato, come fanno i sufi; chiamalo la pietra filosofale, come gli alchimisti; chiamalo Dio, Buddha, Purusha; chiamalo Lui, Lei. Ma sappi che c’è e che Quello è il vero te. Perché tu e Quello non siete due. Tu sei Quello -, concluse e la sua risata profonda era piena di calore e simpatia.
Tornai al mio rifugio senza accendere la pila con cui ero arrivato. La luna non era ancora sorta, ma lo scintillio del firmamento bastava a farmi vedere dove mettevo i piedi. Prima di entrare in casa mi fermai. Era freddo, ma la terra era asciutta. Mi distesi nell’erba a guardare le stelle. Mi parve di vederle per la prima volta. E forse era davvero così, perché le guardavo senza pensare ai loro nomi, senza cercare la Stella Polare o l’Orsa Minore. Immaginai d’essere un uomo delle caverne che non ha letto nulla, che non ha studiato, che non “sa”. E, libero da tutta quella “conoscenza”, mi persi nella meravigliosa, consolante immensità dell’universo. Non la guardavo più. Ne ero parte.
Brano tratto “UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA – Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo” scritto da TIZIANO TERZANI, edito da Longanesi & C.
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La mafia sbanda,
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