Creato da zoeal il 05/02/2008

RASNA

semplice passione

Messaggi di Novembre 2009

ARADIA

Post n°286 pubblicato il 30 Novembre 2009 da zoeal
 

Le stragi medioevali portarono al rogo un'infinità di donne bollate come streghe o fattucchiere. La storiografia moderna sostiene fossero anonime persone di campagna, spesso rozze e ignoranti, vittime dell'Inquisizione. Dato però che moltissime di queste streghe furono perseguitate ed arse soprattutto in Toscana e nell'alto Lazio, forse percentualmente in misura molto più estesa che in altre parti di Italia, ha fatto pensare agli studiosi ad un'ipotesi ben diversa: le cosiddette streghe furono le ultime seguaci di un antico culto della madre terra di remote origini etrusco-italiche perpetuatosi per secoli sfidando preti, spie e sbirri papalini. Il culto fu così esteso, nelle zone esaminate che la Chiesa di Roma vi organizzò una spietata repressione che nella storia non trova precedenti in quanto a ferocia e determinazione (se non quelli ben più recenti della seconda guerra mondiale). Il culto di questa antica dea pre cristiana è stato studiato ed approfondito da autori come Margareth Murray, Charles Leland, Thomas Lethbridge, Carlo Ginzburg. Da questi studi risulta che il culto della dea derivò da quello di Diana, infatti secondo una tradizione orale raccontata al Leland da una strega fiorentina, da Diana e dal rapporto incestuoso con suo fratello Lucifero nacque una figlia che fu chiamata Aradia. Diana incaricò Aradia di discendere sulla terra per donare agli esseri umani i segreti della stregoneria per utilizzarli al fine di difendersi dai soprusi dei potenti per questo Aradia fu considerata patrona delle streghe.


Diana, dea della luce celeste e della fertilità fu venerata dai greci come Artemide Urania. Suo fratello e sposo Lucifero, antico dio della luce dal quale discese il dio celtico Lugh, lo scandinavo Loki e l'Apollo Liceo corrisponde al culto del fuoco e dei vulcani. Di Aradia si trovano inaspettate tracce in antiche iscrizioni etrusche in cui è stata definita come Arathia, Arath, Arathenas e da esso derivano nomi assai comuni in Etruria come
Arunthia, Arnthi, Arnthia e i maschili Arnth, Arunth, Arth, Arntiu, tutti accumunati dalla radice AR.
Quest'ultima sembra sia in relazione con le parole indicanti il fuoco e la luce. Non a caso Zacharie Mayani traduce l'etrusco Ar come fuoco e altare ritrovandone la radice nel latino "ARA". Secondo altri studiosi i nomi in "ar" delle derivazioni etrusche potrebbero indicare un titolo sacerdotale, in particolare quello del fulguratore o di colui che ha a che fare con il fuoco. In questo modo il significato di aruspice potrebbe essere quello di "sacerdote che scruta i segni impressi nel fegato dal fuoco celeste" dato che anticamente il fegato era associato al fuoco così come il cuore era associato al centro vitale che in quanto tale era "sacro e fiammeggiante". Una curiosità: avete notato che anche in italiano le parole che sono connesse con il fuoco come ardere, ardore, arsura, arrostire, arroventare.... hanno tutte la radice in AR?

liberamente tratto da "Miti, segni e simboli etruschi" di Giovanni Feo.

 
 
 

GLI ULTIMI ETRUSCHI

Post n°285 pubblicato il 20 Novembre 2009 da zoeal
 

In fila :la tradizione degli stornelli con acume e malizia del cantastorie Eugenio, l'ottava rima e i canti del Maggio:

 

Chissà se i canti in ottava rima siano reminiscenze di canti etruschi? Si dice che dopo il simposio si facevano gare di componimenti poetici, come documentato da figure dipinte su un vaso, ancora oggi, per quel poco che rimane, l'esibizione in ottava rima avviene durante e dopo le occasioni conviviali dando luogo anche a vere e proprie gare!

 E il poeta etrusco "Puntura" un vero personaggio maremmano che si ricorda tutta la Divina Commedia:

e gli aspetti sociali e politici antichi e moderni toccati anch'essi con l'ottava rima:

i passati politici con i due colori che hanno lasciato il segno... con il Puntura che ci dice come si fa l'ottava!

e il terremoto d'Abruzzo...

 Viva la Maremma e i suoi vecchi miti!

 
 
 

L'OTTAVA MERAVIGLIA DEL MONDO ETRUSCO

Post n°284 pubblicato il 18 Novembre 2009 da zoeal
 

LA TOMBA ILDEBRANDA DI SOVANA

La città dei morti di Sovana doveva essere ben più bella della città dei vivi. Inerpicata tra le valli dei torrenti Folonia, Calesine e Picciolana, si insinuava nel bosco, che sottoposto ad una rigido controllo vegetativo, doveva sembrare agli occhi chi vi giungeva, come un giardino sul quale si affacciavano straordinari monumenti funerari, così belli da essere stati meta di pellegrinaggio da parte degli stessi Etruschi (è risaputo che essi possono essere considerati i “primi” turisti della storia proprio per aver inventato i viaggi di culto e di piacere, come la celeberrima riunione di tutte le genti etrusche al Fanum Voltumnae, come fosse la Mecca per i mussulmani). Scolpite nel tufo, intonacate per rendere le superfici lisce (perché il tufo di Sovana non si leviga, essendo più duro di quello Blerano, varietà del viterbese), le tombe avevano colori vivaci e riportavano nei loro bassorilievi figure mitologiche di Scilla, di Sirene, del gigante Tifone, di Sileno. La più bella di tutte doveva essere la “Tomba Ildebranda” costruita all’imbocco di una delle più grandi vie cave della zona, il nome gli fu conferito dallo scopritore Gino Rosi, in occasione della campagna di scavo dell’anno 1925, per commemorare Ildebrando da Sovana, vissuto nell’XI secolo e salito al soglio pontificio con il nome di Gregorio VII. 
. Realizzata in un gigantesco monolite tufaceo, si ergeva su un podio sempre di tufo ed aveva la forma architettonica di un tempio etrusco/italico. In basso, al centro del podio sagomato, era il dromos di accesso alla tomba vera e propria, ai lati invece si inerpicavano due scalinate di nove gradini ciascuna che permettevano di raggiungere il piano sul quale si ergevano dodici colonne con base in stile attico e capitelli scolpiti con figure di teste maschili e femminili adornate con carnose foglie di acanto: sei nella parte frontale, tre in ogni lato tali da permetterne una visione prospettica di quattro. Il peristilio era lungo venticinque metri. L’architrave e la cornice erano finemente adornati con grifi e motivi fitomorfi (rosette, margherite, virgulti), dipinti in giallo oro,verde e giallo chiaro, su base bianca. Altri colori usati per dipingere la facciata della tomba erano  il giallo chiaro, il verde scuro, il rosso, il bianco giallognolo, il giallo.

Il sepolcro realizzato tra il III ed il II secolo a.C., secondo una leggenda, si fece ammirare solo per pochi anni perché i proprietari per sottrarlo alla distruzione e alla profanazione da parte dei conquistatori romani, reclutarono tutti gli uomini validi di Sovana affinchè lo interrassero. Questa è solo una leggenda, oggi la Tomba Ildebranda è notevolmente danneggiata dal trascorrere del tempo, dalle alluvioni, dalle infiltrazioni di acqua e anche purtroppo dall’opera dell’uomo.

(liberamente tratto da "Etruschi in Maremma di Alfio Cavoli)

 

ricostruzione grafica della tomba Ildebranda QUI

 

Come è adesso:

 

 

 

 

 
 
 

Ho conosciuto il mio mito!

Post n°283 pubblicato il 14 Novembre 2009 da zoeal
 

In occasione dell'inaugurazione del nuovo MUSEO DI STORIA NATURALE DI GROSSETO, ospite d'eccezione è stato PIERO ANGELA che ha deliziato il numeroso pubblico accorso disquisendo con la sua proverbiale semplicità e competenza.

Per me, che sono cresciuta a pane e Quark, ed ho potuto constatare dall'affollamento che non sono stata la sola..., è stata una grande emozione perchè forse è anche grazie a lui che ho potuto maturare il mio amore per la storia e la natura.

Grazie Professor Piero per la sua cordialità e disponibilità.

Ho potuto scattare qualche foto, anche se con la calca è stato un pò difficile.

In anteprima ha annunciato che sta preparando un lavoro proprio sugli Etruschi, non ci resta che aspettare!

 

 
 
 

Non sono una scrittrice! una con tante stelle nella vitaaaaa....

Post n°282 pubblicato il 13 Novembre 2009 da zoeal
 

Non sono mai riuscita a definirmi, non basta scrivere un libro per autoproclamarsi scrittrice, quindi non lo sono... c'è però chi ha individuato un termine nei miei confronti:

a una casalinga "sonata" proprio non ci avevo mai pensato!

Dai su... casalinga si spera solo momentaneamente... "sonata" riferito alla mia passione etrusca, può darsi... ma nel senso buono...

 

 
 
 

SINGOLARE!

Post n°281 pubblicato il 12 Novembre 2009 da zoeal
 

Avete mai notato come la necropoli Nabatea di Petra (Siria)...

 

a parte l'abbondante vegetazione, somigli alla necropoli etrusca di Norchia (VT)?

 

 
 
 

XXX

Post n°280 pubblicato il 09 Novembre 2009 da zoeal
 

 

 
 
 

IL BELLO DEI TOPONIMI

Post n°279 pubblicato il 04 Novembre 2009 da zoeal
 

Premetto che sono solo mie supposizioni senza alcuno studio scientifico alla base, però l'idea mi diverte... toponimi etruschi anche nella Maremma grossetana?

Cellena e Selvena

Cellena è una frazione del comune di Semproniano (GR) situata alle pendici del monte Amiata a m.881 s.l.m., è un piccolo borgo che conta circa 80 abitanti. Il paesino attuale è piuttosto recente e sorto per effetto dello sfruttamento minerario della zona.

derivazione ufficiale del nome:

intorno al X secolo su questi territori appartenenti all’abbazia amiatina di San Salvatore, furono erette delle Celle, piccoli centri religiosi e amministrativi. Anche Cellena probabilmente ebbe la sua Cella, e intorno a questa forse sorsero altre cellette minori, da qui il nome del paese. Si trova menzionata per la prima volta in un documento del 1144.

leggenda:

La leggenda narra che a Cellena esistesse un castello situato sulla sommità della ripa. Intorno ad esso si trovavano le abitazioni dei sudditi e della plebe. In una notte, nella sala principale del castello, si festeggiava il fidanzamento della giovane castellana cellenese con il conte di Calegiano (attuale Calizzano). Erano intervenuti anche i castellani di Selvena (Rocca Silvana).

Nel mezzo della festa un improvviso e funesto terremoto squassò la ripa, aprendo una grandiosa frana: il castello, le case e tutte le persone furono inghiottite dalla voragine. Ancora oggi la ripa mostra la sua enorme ferita, sferzata dal vento come in quella notte fatale.

A tutt'oggi i resti del castello non sono stati trovati, ma negli anni sessanta, quando era in funzione la cava, ogni tanto venivano alla luce materiali in terracotta, teschi umani e ossa.

Il nome Cellena non potrebbe essere di derivazione etrusca? A parte l'assonanza di tutte le parole che finiscono in -ena/enna ma anche in etrusco la parola "Cela" (Kela) significa cella, i territori amiatini sono stati abitati da tempi remotissimi e da tempi remotissimi sono stati sfruttati i giacimenti minerari. Che la parola Cela, non indichi invece le celle estrattive del minerale? Da notare che vicino c'è il paese di Selvena, immerso ancora oggi nelle foreste amiatine il cui nome richiama l'etrusco "Selvans" il dio delle foreste.

 
 
 

Etruscheggiando...o quasi

Post n°278 pubblicato il 02 Novembre 2009 da zoeal
 

Della città d Cosa ho già parlato in un post precedente. Essa fu abitata (e forse edificata) dai Romani dopo la presa di Roselle e dopo aver ottenuto il controllo del territorio vulcente (intorno al 280 a.C). Secondo alcuni fu costruita su una preesistente città etrusca, secondo altri invece è totalmente romana. Di fatto tutti gli edifici all'interno della città sono romani...ma le mura fanno sorgere dei dubbi: massi ciclopici incastrati tra di loro del tutto simili alla struttura difensiva di Roselle. Giudicate voi:

Cosa, le foto

 

La mattina ho girellato per la mia città... nonostante tutte le pecche che ha, le voglio bene, perchè nelle domeniche e nei giorni di festa verso le 10.00-11.00 del mattino, nell'aria aleggiano i profumi di cucina che fuoriescono dalle case, un tripudio di arrosti e di ragù che si insinua tra le vie del centro storico ma anche in periferia, come in un paese, come se ottantamila abitanti fossero solo poche centinaia...qua il tempo passa ma ugualmente resta fermo.

 
 
 

GIOCO LETTERARIO

Ho partecipato al gioco letterario promosso da Writer

INCIPIT

 clicca su IL FOLLE se vuoi leggere il mio racconto

ho scritto anche:

 LA FINE E L'INIZIO

e per la serie RACCONTI BREVI:

HIRUMINA IL PERUGINO

DEUXIPPO (prima parte)

DEUXIPPO (seconda parte)

DEUXIPPO (terza parte)

DEUXIPPO (ultima parte)

L'INFAME (prima parte)

L'INFAME (ultima parte)


 

E SFOTTIAMIOLI UN PO' STI RUMACH!

 

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ENIGMATICO APOLLO DI VEIO:IL SORRISO CHE AMMALIA

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LA LETTURA NOBILITA LA MENTE

"CHIMAIRA" di Valerio Massimo Manfredi (giallo-storico)

"MITI, SEGNI E SIMBOLI ETRUSCHI" di Giovanni Feo (Etruschi, da dove venivano e a quali leggende sono collegati)

"GEOGRAFIA SACRA" di Giovanni Feo (la "magia" e l'"astronomia" dalla preistoria agli Etruschi)

"UNA GIORNATA NELL'ANTICA ROMA" di Alberto Angela (immaginiamo di fare un viaggio nel tempo e di ritrovarsi nella Roma del I secolo dopo Cristo)

"IL SEGRETO DEI GEROGLIFICI" di Christian Jacq (guida semplice e simpatica sull'interpretazione dei geroglifici egizi)

" IL FARAONE DELLE SABBIE" di Valerio Massimo Manfredi, azione e suspence ambientate nel clima dei conflitti attuali che affliggono il Medio Oriente.

"L'ULTIMA LEGIONE":di Valerio Massimo Manfredi, una vicenda avvincente ambientata nel periodo del declino dell'Impero Romano, tra leggenda e realtà, si legge tutto d'un fiato

 

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POETA ESTEMPORANEO

In ricordo di Morbello Vergari, ultimo poeta Etrusco

Il reperto archeologico

Riuniti insieme, un gruppo di signori

stavano discutendo di un oggetto

un giorno appartenuto ai padri etruschi.

Il dottor Tizio disse ai suoi colleghi:

-La mia giovane eta', non mi consente

di pronunciarmi il primo e francamente

ammetto che non ci capisco molto.

Il dottor Caio esprime il suo parere

dicendo-Per me, questo è un utensile

che usavano gli etruschi,

per servire vivande sulla mensa

D'altro parere il professor Sempronio

e in questo modo dice il suo giudizio:

Questo per me, è un vaso da ornamento

che serviva su un mobile di lusso

a contenere fiori profumati.

Infine il professor Tal dei Tali:

Con questo afferma usavano gli antichi

nelle grandi e solenni cerimonie

offrire a gli dei superi d'Olimpo

e il loro sacerdote in pompa magna,

libava e alzava questo vaso al cielo;

quindi spruzzava santamente l'ara,

del vin pregiato in esso contenuto.

-Giusto-dicono tutti gli altri in coro-

la Sua tesi convince, professore.

Due etruschi ch'iabitaroni in quei luoghi

in permesso quassu' dai Campi Elisi.

Si fermarono ad osservar la scena.

-Tarcone-Aule chiese-cosa fanno

quelle persone riunite insieme?

-Non so',non saprei dirti veramente;

non riesco a comprendere il dialetto,ma

quel che sembra un tantinello strano

è, che stan discutendo con passione,

tenendo un nostro orinalaccio in mano.

 

 
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