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Cronache dall'altro mondo

Post n°2411 pubblicato il 18 Marzo 2020 da gratiasalavida
 

!8 marzo 2020
Settimo giorno

Riprendo a scrivere dopo due giorni trascorsi al computer, impegnata in ore e ore di lavoro a distanza.
Un massacro, direi.
Non lamentiamoci, l'importante è essere ancora sani.
Ogni giorno, meticolosamente, misuro la temperatura corporea. Non si sa mai.
Per ora tutto bene.
Ciò che non va è il mio aspetto complessivo. In pochi giorni mi sono abbrutita, soprattutto nei capelli, che risentono della mancanza di un parrucchiere, ma anche nel modo di vestire, divenuto piuttosto... informale (per usare un eufemismo. Senza eufemismi direi: sciatto, trasandato).
Stamane mi sono guardata allo specchio: in pochi giorni mi sono trasformata in un'altra "Cinzia" che pare invecchiata di diversi anni rispetto alla "Cinzia" pre-virus.
Si cambia in fretta.
Ciò mi ha fatto riflettere.
Ho ripensato agli atteggiamenti nazionalistici che si si erano largamente diffusi nel nostro paese, e non solo, prima dell'espansione del contagio.
Noi, abbastanza agiati e provvisti di una qualità della vita tutto sommato elevata.
Loro. The Others.
Quelli che vivono nei paesi poveri, in territori devastati dalla guerra, dalla carestia, dalla fame, dalle bombe.
Quelli che non possono mangiare e bere a sufficienza, che non si lavano perché non se lo possono permettere, che vestono di stracci perché non hanno altro da indossare.
Quelli brutti, sporchi, "cattivi".
Quelli che sono stati rifiutati alle frontiere in quanto poveri, in quanto brutti, sporchi, laceri.
Quelli che rischiavano di attentare alle nostre (fragili) certezze di benessere, di agio.
Nel corso di una settimana, riflettevo, le nostre certezze sul presente e sul futuro hanno subito un doloroso giro di corda.
Si sono ristrette.
Hanno mostrato palesemente la loro fragilità.
Di colpo ci siamo ritrovati in un presente inquietante, con la prospettiva di un futuro incerto.
Abbiamo dovuto rinunciare a comodità che sembravano scontate.
Piccole comodità, se vogliamo, almeno per la massa della popolazione, piccole comodità come quella di poter tenere in ordine il proprio aspetto. di dedicare il fine settimana a uscite di carattere culturale o sportivo, di poter cenare fuori o semplicemente di prendere un aperitivo con gli amici, o di praticare dello sport in strutture attrezzate.
Tutto questo dovrebbe farci riflettere.
Quanto tempo ci vuole a trasformarci negli "altri", negli "Others".
Basta poco, pochissimo tempo.
In una situazione di emergenza, i nodi vengono al pettine.
E quei nodi, ancorché duri da sciogliere, e prima di tutto da sopportare, dovrebbero insegnarci qualcosa.
Dovrebbero insegnarci, proprio in un momento in cui si sono elevate le barriere sanitarie tra un continente e l'altro, tra uno Stato e l'altro, tra un individuo e l'altro, che nonostante le barriere sanitarie, l'unico modo per risollevarci e ricominciare a progettare il futuro è farlo insieme.
Insieme.
Perché in un mondo globalizzato, gli egoismi, la superficialità, il menefreghismo di uno si riflette inevitabilmente su tutti gli altri.
L'egoismo dei paesi ricchi, o che godono di una dignitosa qualità della vita, inevitabilmente si ritorcerà contro quei medesimi paesi, se non si comincerà a trasformare il punto di vista da cui ognuno guarda al mondo.
Pensiamo alle strutture sanitarie.
Noi possiamo avvalerci di un sistema sanitario abbastanza efficiente, nonostante i tagli operati negli ultimi decenni.
Grazie agli interventi posti in campo dal nostro prezioso sistema sanitario e dai suoi eroici operatori, grazie alla nostra discreta qualità della vita, che ci consente di mangiare, di bere e di curare ogni giorno l'igiene, possiamo sperare di uscirne, un domani, dal contagio, di vedere la curva della diffusione del virus piegare nuovamente verso il basso.
Possiamo sperarlo, certo.
Siamo, tuttavia, in un mondo globalizzato.
E i nodi stanno venendo al pettine.
Quando il virus si propagherà in tutte le aree della Terra ove non ci sono strutture sanitarie adeguate, in cui la risposta immunitaria è resa debole dalla fame, dalla sete e dalla mancanza d'igiene, cosa accadrà?
Alzeremo barriere antisettiche per proteggerci da una nuova impennata del contagio provocata da milioni di individui positivi al virus?
No. L'unico modo di uscire da una crisi che potrebbe essere disastrosa è quello di mettere a disposizione delle aree povere, una volta usciti dalla fase emergenziale, strutture sanitarie, operatori e mezzi di soccorso, farmaci, aiuti economici e alimentari, perché solo quando tutti, su questa terra, avranno i mezzi necessari a rialzarsi da situazioni di emergenza, tutti saremo al sicuro.
Bisognerà cominciare a operare "autenticamente" per la pace.
Perché nei paesi devastati dalla guerra le misure per arginare qualsiasi tipo di epidemia diventano vane, se bisogna operare tra i massacri e le bombe.
Chissà che questa non sia una possibilità, offertaci dal destino (o dalla Provvidenza, per chi è credente) per cambiare registro e cominciare a riflettere sugli errori del passato.
Una possibilità che dovremmo, ostinatamente, inseguire. Non solo per spirito umanitaristico, perché, lo si sa, nei rapporti tra gli Stati operano ben altri interessi che non quelli umanitaristici, ma proprio per la salvaguardia del benessere di tutti.
Il benessere di tutti, nasce dalla cura del benessere di tutti.
Un altro (lucido) delirio, il mio, probabilmente.
Eppure in questo spero.

Chiudo.

 
 
 
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Tutti i testi qui pubblicati

sono esclusivo frutto della mia creatività. Cinzia M.

Tutti i diritti sono riservati.

Ho scorto su You Tube un canale intitolato Rubra Domus.

Non ha a che fare con me, che sono unicamente l'autrice

di questo blog e dei testi che vi sono quotidianamente

inseriti.

Cinzia M.

 

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