Creato da lab79 il 05/02/2010

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Fotografia del tempo perduto

Post n°150 pubblicato il 23 Giugno 2012 da lab79
 

("Taking a nap" by CONRONCA. Visit http://conronca.deviantart.com/ )

 

Avrebbe volentieri dormito, di quel sonno profondo che nei pomeriggi d'inverno regala sogni. Ma era quasi estate, e sdraiata in mezzo ai libri non poteva che dormirne invece uno leggero e senza sogni, un riposo tranquillo cui facevano di guardia i gatti. I giorni della scuola volgevano impercettibilmente al termine, e s'affacciava un'estate tiepida da passare spensierata , e chissà che quell'estate non sarebbe finalmente sbocciato un amore. Era ormai passato l'autunno piovoso, la cui unica consolazione era stata la loro corrispondenza segreta; lettere piene di sentimenti contrastanti e irrimediabilmente confusi, e che erano arrivate a gettarle addosso uno sconforto tale da farle recidere quella relazione senza costrutto e senza gioia. Aveva soltanto diciassette anni, e pur consapevole della propria giovinezza, aveva già imparato il prezzo dell'aprire il proprio cuore ad un altro, ricevendone in cambio forse non cattiveria, ma di sicuro incomprensione. Si era tormentata per interi pomeriggi per i dolori del suo giovane Werther da strapazzo, un infantile nodo gordiano che aveva risolto, saggiamente, con un colpo di spada. Sapeva di avergli fatto del male, e di essersene fatta a se stessa. Ma poi la primavera era passata, gli esami quasi finiti, e anche quel dolore era svanito. Ora accarezzava trasognata la sciarpa immaginandola un gatto, un pensiero tanto lieve da non essere nemmeno un sogno.

Di lì a qualche anno gli eventi di quell'anno avrebbero trovato una loro naturale conclusione, le persone che la circondavano sarebbero fortunatamente, fortunosamente o dolorosamente svanite. Altre ne avrebbero preso il posto, sarebbe diventata finalmente adulta, forse non quell'adulta indipendente e forte che immaginava di voler diventare, ma un'adulta vera, e libera. Le cose avrebbero trovato un loro posto nel mondo. E altri anni sarebbero passati ancora prima che un pomeriggio di giugno, ai primi preparativi dell'ennesimo trasloco, una fotografia svanita scivolasse fuori dai vecchi diari. Una fotografia di se stessa di cui non aveva memoria, che ritraeva la se stessa cui più aveva voluto bene: quella adolescente. L'avrebbe raccolta e si sarebbe seduta, accarezzandosi i capelli nello stesso identico modo in cui allora tormentava le ciocche che spuntavano dietro le orecchie, durante l'interrogazione di letteratura. Si sarebbe ricordata anche del giorno in cui aveva gettato nella spazzatura quel vecchio maglione troppo grande per le sue spalle esili, chiedendosi da dove saltasse fuori, e lo l'avrebbe riguardato ora in quella fotografia e sarebbe tornato a galla il ricordo di se stessa che frugava nell'armadio di suo padre alla ricerca di qualcosa di comodo da indossare, prima di mettersi a studiare accarezzando i gatti che le passavano affianco, ronronando pettegolezzi da gatto che lei fingeva di comprendere. Suo padre che non ci sarebbe più stato. Avrebbe pianto, ma in silenzio e con una lacrima sola, che all'adulta che sarebbe diventata non avrebbe concesso cedimenti al sentimentalismo se non questo: di provare ancora tenerezza per la se stessa adolescente che, inconsapevole, dormiva condividendo i suoi sogni con i gatti.

Sorrise, prima ancora di aprire gli occhi, immaginando che espressione avrebbe fatto quella se stessa adulta una volta che, trangugiato l'ultimo sospiro di nostalgia e voltata la fotografia, non avrebbe letto altro che quel voi avete appena letto fin qui.

Si mise a sedere e si stroppiccò gli occhi, con la mente ancora velata da quel viaggio nel tempo già perduto ma non ancora arrivato, mentre sua madre la chiamava a tavola per la cena. Rispose svogliata, e voltandosi verso il gatto che perfettamente sveglio la fissava, sorrise. E lui le sorrise di rimando.

 

 
 
 
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