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Gli uomini nei cieli di Magritte (2)Si sono conosciuti in un incontro qualsiasi di lavoro - lei avvocato, lui manager di una banca d'affari - ognuno a tutela del proprio cliente, e si sono professionalmente ammirati, e sessualmente desiderati. Sono l'uno per l'altra la conferma del proprio potere di seduzione, strumento ideale per esercitare quell'istinto di violenza che sono costretti a stornare fisicamente dai propri comportamenti, e che non trova altra via di sfogo di un'efferatezza professionale mascherata di efficienza. Ma non hanno bisogno di celare nulla, dentro quella camera d'albergo: uno specchio che rifletta i loro corpi scolpiti mentre scopano, per potersi ammirare e godere di se stessi, e un letto dalla biancheria candida, che non riporti alla mente nessun ricordo, sono più che sufficienti. La camera è elegante, funzionale, ma soprattutto: non ha memoria. Possono averci dormito già una volta, o cento, o nessuna, e non fa alcuna differenza. Di cos'altro possono avere bisogno? L'hotel è enorme, ma appena lo si nota: come accovacciato ai piedi dei giganti cui è intimamente collegato, via preferenziale verso il centro del mondo per i clienti migliori, e loro sono i clienti migliori. Una volta entrati nei campi elisi del sistema, possono muoversi a proprio piacimento tra uffici e albergo, senza mai dover mettere piede sulla terra esterna, senza mai esporsi alle intemperie della vita che hanno lasciato fuori e che li aspetta al varco, come un cane randagio che non hanno trovato il coraggio di investire. Sono le 8. -"Dovresti alzarti." Si sente la sua voce uscire dal bagno, senza intonazione, e appena indurita dal riverbero dei marmi bianchi con cui è rivestita la stanza. Lui non risponde. -"Ho detto che dovresti alzarti. E magari anche spegnere quella sigaretta." Questa volta la sua voce è chiara. E' nuda, in piedi sotto l'arco della porta mentre si lava i denti. Lui, sdraiato sul letto e con i piedi appoggiati alla moquette, aspira l'aria attraverso la sigaretta accesa. Poi espira forte, ma senza fretta, come a voler capire quanta aria contengono i suoi polmoni. -"Quando l'avrò finita, la spegnerò" -"E' un vizio stupido" -"Ne ho di peggiori" Tende le labbra in un sorriso sarcastico che ha provato più volte davanti allo specchio: l'angolo sinistro della bocca piegato in su, il labbro inferiore leggermente premuto contro quello superiore. L'angolo destro non sa, non riesce a sentire quello che fa. Quando sente di aver raggiunto l'espressione che cerca, alza la testa dal letto e guarda verso la porta del bagno. Ma lei non c'è più. L'acqua della doccia scorre piena, e lui lascia ricadere la testa sul letto. -"Ma lasciami in pace" Finisce la sua sigaretta mentre si accarezza gli addominali, pensando a ieri sera. Questa sera non ci sarà bisogno di fare palestra, dice a se stesso, soddisfatto della propria ironia. Si tira su dal letto con uno slancio, e si guarda intorno, a cercare i suoi vestiti. Si sta ancora abbottonando la camicia, con una sigaretta spenta tra le labbra, quando lei esce dal bagno. -"Sei pronto?" -"Ho appuntamento con te, per caso?" Lei lo fissa per un istante. Poi si volta verso il comodino, a cercare gli orecchini: indifferente o risentita, lui non saprebbe dirlo. -"Non sono in ritardo" si corregge "non ho appuntamenti fino alle nove e mezza" Lei annuisce di spalle, seduta sul letto, mentre mette le scarpe. -"Facciamo colazione insieme?" -"Non so. Sono lenti persino a servire il caffè, qui dentro" -"Non ho fretta" -"Io si. Ho delle cose da sbrigare" Sono solo le otto e trentatré, pensa lui. La segretaria è in ufficio da mezz'ora circa, i suoi sottoposti si sono fermati fino a tardi, ieri sera. Buona parte del lavoro dovrebbe essere già fatto. Inoltre, ha già dato il suo benestare sull'intera operazione, benché in realtà dovrebbe ancora leggersi tutta la documentazione. Ma chi le ha mai lette, tutte quelle carte? In fondo, quando sarà il momento, la responsabilità passerà a qualcun altro, e lui potrà nascondersi dietro le incertezze intrinseche del mercato. -"Coraggio. Ci vorrà solo qualche minuto: il tempo di un caffè"
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