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C'è qualcuno?

Post n°282 pubblicato il 20 Febbraio 2014 da lab79
 

Poso sul pavimento le poche parole che mi sono rimaste, cercando di non far rumore. Con la punta delle dita le trascino, e il fruscìo lieve delle parole contro la superficie liscia delle cose innonda la stanza, nella stessa assordante frequenza della Risonanza di Schumann. Il mio riflesso nello specchio sorride, ma non io. Dietro le sue spalle camminano sul posto coloro che mi furono cari, ma non vedo altro che le loro spalle che ondeggiano avanti e indietro, come a risalire una scala senza fine, e non vedo il loro volto. Intanto le mie dita si allungano e si moltiplicano, trascinando ognuna una parola fino a formare una frase con un senso: ma non dura che un istante, e già il senso delle parole è svanito, e le mie dita riprendono a trascinare le parole in giro per la stanza. 

La stanza è bianca, e si restringe. Lentamente attraversa l'apparente rettangolo dello specchio e passa dall'altra parte, dove il mio riflesso raccoglie le parole che intanto io ho perso, e ne ricompone l'ordine ma non il senso. E sorride.

Sollevo le palpebre e con esse lo sguardo verso il soffitto, soltanto per scoprire che anche lassù c'è uno specchio identico al primo, 

che riflette la mia stanza e in essa anche me stesso; e come questa stanza, anche quella si riversa in questa lentamente, e la stessa cosa si ripete ad ogni lato della stanza.

Richiudo le mie palpebre e rivolgo le mie pupille verso il fondo del mio cranio, e lo scopro cambiato. Non più una calotta a volta, come quella apparente del cielo, bensì un  ipercubo, con al centro un iperottaedro , ed entrambi ruotano in direzioni opposte intorno ad un punto fisso, che riconosco come la mia coscienza. Appoggio il mio sguardo su uno dei piani in movimento, e lo lascio trasportare dopo infinite rotazioni sul lato opposto a quello da cui è partito, ed infine apro gli occhi.

La stanza è bianca, e si allarga: lentamente vi si riversa quella riflessa, attraversando l'apparente rettangolo dello specchio; e come quella stanza, anche questa si riversa lentamente in quelle riflesse in ogni lato della stanza. 

E la stanza risuona del fruscìo delle parole che il mio riflesso disperde, e che io intanto trascino con la punta delle dita sulla superficie liscia delle cose, ricomponendone l'ordine ma non il senso. Sorrido, ma non il mio riflesso. Dietro le sue spalle camminano sul posto coloro che mi saranno cari, ma non vedo altro che le loro spalle che ondeggiano avanti e indietro, come a scendere una scala senza fine, e non vedo il loro volto. Intanto le mie dita si allungano e si moltiplicano, trascinando ognuna una parola fino a formare una frase con un ordine: ma non dura che un istante, e già l'ordine è svanito, e le mie dita riprendono a trascinare le parole in giro per la stanza.

 

 

Is there anybody out there? - Pink Floyd (The Wall, 1979)

 
 
 
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