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Semplicemente (4)-fine-

Post n°310 pubblicato il 13 Giugno 2014 da lab79
 

Prima dell’alba si avviava verso casa, guidando con cautela per le strade luminose e vuote, in silenzio. Appena arrivata a casa, si svestiva nell’ingresso e completamente nuda entrava in bagno. Gettati i vestiti nella lavatrice, entrava nella doccia calda e con la fronte appoggiata al muro si masturbava, senza fretta e senza pensieri, finché il vapore non si condensava sulla superficie dello specchio. Usciva dalla doccia scalza, facendo attenzione a non scivolare, e si assopiva sul letto, avvolta nell’accappatoio. Un paio d’ore dopo faceva colazione nella piccola cucina, vestita di abiti semplici, prima di raggiungere l’ospedale in cui giaceva suo padre.

Non gli restavano che pochi giorni di vita, forse persino ore, ed era così ormai da anni. Consumava piano la carne che ancora rimaneva attaccata alle ossa, ostinatamente, e non finiva mai di respirare. Ad ogni respiro esalava un disgustoso miscuglio di odori, come di medicine, feci, e odio per il mondo che non lo aveva mai capito. Restava muto alle domande dei dottori, alle cure delle infermiere, agli strumenti che lo tenevano attaccato alla vita. Restava muto davanti a sua figlia, che non aveva mai voluto e che riconosceva come l’origine dei suoi rimpianti. Ma a lei non importava. Ogni domenica mattina comprava i giornali e seduta sulla sedia in fondo al letto, li leggeva a voce alta. Una voce morbida e decisa, che era un piacere ascoltarla. Lui la odiava. Da quando nascendo si era portata via l’unica persona in grado di capirlo, e di amarlo, lui la odiava. La odiava ogni mattina in cui si svegliava, e la sua voce di bambina lo tormentava di domande a cui non sapeva rispondere. La odiava ogni sera, quando rientrando dalla sua vita vera la ritrovava cresciuta e sempre più simile a sua madre. La odiava e non riusciva a farne a meno, perché cresceva felice nonostante il suo odio, al riparo dai suoi sentimenti di padre e di uomo. La odiava ora, che nell’ammirazione di chi passava per il corridoio leggeva ad alta voce con l’innocenza che da sempre l’aveva contraddistinta, e che da sempre le aveva detestato.

Ma quella mattina sarebbe stata diversa.

Quella mattina lei avrebbe chiuso il giornale senza preavviso, e lo avrebbe fissato negli occhi. Si sarebbe alzata dalla sedia e con la mano soffice avrebbe accarezzato la mano di suo padre. Con un movimento impercettibile della testa avrebbe fatto oscillare i morbidi capelli neri, con noncuranza ma senza fretta, e gli avrebbe sorriso. Si sarebbe piegata verso di lui, come per darli un bacio, e con un soffio di voce gli avrebbe sussurrato all’orecchio:

-  Io ti ho sempre voluto bene.

E come un alito di vento, avrebbe spento l’amara candela della vita di un uomo che aveva sempre e soltanto voluto sentirsi amato, senza dare niente in cambio.

Lei sarebbe uscita dalla stanza senza più voltarsi indietro. Un passo dopo l’altro, semplicemente.

 

-fine-

 
 
 
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