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In fuga

Post n°380 pubblicato il 01 Giugno 2015 da lab79

La fine del Giro d'Italia e l'inizio del Tour de France sono i veri indicatori dell'inizio dell'estate. La visione della corsa dall'alto dell'elicottero, e il passare dei paesaggi che hanno una storia che in qualche modo si intreccia alle vicende tremendamente umane del ciclismo che una volta l'anno, per qualche istante, sfreccia su quelle strade. Da quando ero ragazzo l'insieme di tutto questo ha avuto il fascino di un sogno agonistico che avrei voluto provare di nuovo, e che non ho mai più avuto l'opportunità di sentire. Non fraintendetemi: la mia non è una passione sfrenata per il ciclismo, sport bellissimo, che però conosco troppo poco. E' proprio il fascino della corsa, che non vive solo di se stessa ma anche del mondo che attraversa. Come se si portasse via un pezzettino della storia del luoghi che percorre, lasciandone in cambio uno più piccolo, che però certe volte può assumere l'aflatto epico di una gloria che va oltre il semplice gesto atletico, per diventare talvolta persino leggenda. 

Ecco, forse è questo il segreto fascino di certi sport. L'andare oltre il gesto, come si suppone debba fare l'arte, alla ricerca di qualcosa di più umano dell'arte che invece anela il divino, qualcosa che resti scritto da qualche parte nella terra, finché ci saranno uomini a leggerlo. Qualcosa che ha a che fare con l'ancestrale ragione dell'uomo che cammina sul mondo, e lo cambia e forse nemmeno sa perché. 

Nel ciclismo inoltre c'è l'epica del viaggio, degli ostacoli da aggirare o persino da scavalcare, titane le montagne che si frappongono fra l'uomo e la sua meta, odissee in sedicesimo alla cui fine il più delle volte non si trova altro che la sconfitta, ma una sconfitta molto più umana, alla quale partecipano tutti tranne il vincitore, che lo resterà per oggi ma già domani, chissà, potrebbe percorrere l'ultimo chilometro della propria gloria, per poi doverla cedere a qualcun altro. E' la fragilità della vittoria che mi affascina, e la fragilità dei vincitori ancora di più. Perchè non è altro che un momento di tregua nell'esistenza dei vinti, che tali sono e tali restano per tutta la vita ad eccezione di un momento soltanto, in cui stravolti dalla fatica attraversano la sottile linea del traguardo, desiderando forse che non ci siano altri traguardi da tagliare. Ma dura un momento soltanto, perché nella vita e nelle corse non esiste un altopiano tanto accogliente da tentarci a restare per sempre.

 

 
 
 
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