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Tutto e niente

Post n°285 pubblicato il 04 Marzo 2014 da lab79

Ti ricordi? Quando avevi venticinque anni, e ti sembrava già tanto felice la lontananza dalla tua adolescenza, e ti pensavi finalmente uomo. Magari non tutto d'un pezzo, non ancora. Ma un uomo, forte abbastanza da smettere di sognare. Ti ricordi?

E pensavi che in fondo non fosse che questo, diventare uomo: rinunciare ai sogni, e portare a termini i propri progetti. Una casa che non hai mai avuto, una famiglia che resti sempre insieme. Un lavoro che ti faccia sentire utile, e una coscienza di cui non doverti vergognare. La gioventù vera e propria finalmente alle spalle, i suoi tormenti domati, le sue ansie sedimentate in fondo al bicchiere che stringevi in una mano. 

Sono già passati dieci anni, e tutto e niente è ancora cambiato. Persino il mondo che va in rovina, e come Roma Eterna non finisce di andare mai in rovina: nei suoi resti risiede il fascino della storia ignota che si ripete continuamente, eppure ci resta incomprensibile. Tutto e niente è ancora cambiato, soltanto il ghiaccio si è sciolto nel bicchiere sporco, abbandonato vuoto in un angolo del bar. Adesso le mie dita guidano lo sguardo che sfiora le etichette sulle bottiglie di vino, prima di sceglierne una di cui dirmi soddisfatto.

Soltanto io, sono cambiato.

Ho camminato su queste strade fino a consumare le suola, svuotando passo dopo passo le mie tasche dei tanti gingilli accumulati, dei ricordi di cui non ho memoria e delle illusioni nascoste persino a me stesso, e li ho abbandonati alla corrente placida del tempo che è passato, convinto che questo fosse diventare un uomo.

Ma ora che di quei vagabondaggi non mi resta niente, e cammino leggero come la vita che mi è rimasta da vivere, realizzo che per diventare uomo non basta abbandonare i ninnoli dei propri desideri. Che neanche tanto lentamente devo franare, vedermi scivolare un pezzo per volta a valle e a quel pezzo devo rinunciare, abbandonarmi negli angoli dei vicoli bui finché di me non rimarrà niente, ad eccezione forse dei rimpianti.

 

 

Le passanti - Fabrizio DeAndré (Canzoni, 1974)

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Commenti al Post:
gaza64
gaza64 il 04/03/14 alle 11:05 via WEB
Io non lo so, cosa significhi diventare grandi...forse è solo rimanere al centro di quel vuoto e di quel pieno senza lasciarsi andare all'abisso o scontrarsi al muro che quell'abisso contiene. Osservare, comprendere e scegliere nonostante certe scelte, poi, siano obbligate dalla presenza costante di due metà di noi che prevalgono alternativamente a generare evoluzione ed involuzione: sempre.
 
Me_stessa95
Me_stessa95 il 04/03/14 alle 20:05 via WEB
Com'è difficile diventare grandi... com'è difficile diventare Uomini, ma Uomini veri. Alla fine tutti imparano ad abbandonare i sogni, mantenendo viva solo una piccola favilla di speranza dentro se stessi... Ma chi riesce a sognare ancora sarà come un vincitore vinto.
 
manuelazen
manuelazen il 07/03/14 alle 18:21 via WEB
Ciao, Lab, quando mi "guardo" capisco che diventerò vecchia senza mai essere diventata adulta. Guardo le donne più giovani di me e le vedo "donne"; ma non mi riesce di vedere nessuna donna in me e tantomeno una donna adulta, vedo solo me stessa. E non mi sembra d'essere mai cambiata, mai cresciuta rispetto a quando ero bambina. E' come se il contenitore fosse un po' usurato e dentro ci fossero state aggiunte delle esperienze; ma la matrice, i miei schemi di pensiero sostanzialmente non fossero mutati affatto. Immaturità? Risorsa? Duttilità di una mente "infantile" garantita fino alla fine? Ho rinunciato a vedermi "grande", battaglia persa per me; perchè affannarmi? Ci sono persone che mi apprezzano nonostante o proprio per questo. Certo resto indietro mentre gli altri mi sorpassano e un po' di solitudine accompagna i miei pensieri. Ma mi rifaccio ad una frase del "cantico dei cantici": "Alla fine della vita quel che conta è aver amato".
 
lab79
lab79 il 08/03/14 alle 01:55 via WEB
Certe volte temo che, se rinunciassi a diventare adulto, finirei col ritrovarmi semplicemente vecchio.
 
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