Creato da thefairyround il 30/12/2005

The Fairy Round

Il diario di una rapsodica psico-musicista

 

 

Pattinare

Post n°126 pubblicato il 06 Novembre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Sono stata colta da sacro ardore sportivo.
Il problema è che gli sport che piacciono a me o sono difficilmente praticabili a Milano o richiedono frequenze troppo… frequenti, e quindi inconciliabili con i miei impegni.
In seguito a un’illuminazione quasi gestaltica ho deciso di rispolverare una mia antica passione: il pattinaggio.
Pattino (su rotelle e su ghiaccio) da quando avevo 6 anni. Fino ad ora però avevo limitato il pattinaggio su rotelle ai miei soggiorni in campagna e quello sul ghiaccio a orami rarissime occasioni.
Il pattinaggio su ghiaccio mi ha lasciato (a parte i pattini che spero di riutilizzare al più presto) un pelo sullo stomaco da pattinatrice perfida e consumata. Infatti tempo fa mi ero iscritta a un corso di pattinaggio su ghiaccio, mirando alla parte artistica. Ho studiato danza per 16 anni e speravo di riuscire a fare cose carine senza eccessiva fatica. Però poi, per evitare di finire in corso con uno che voleva provarci spudoratamente con me (e che a me ovviamente non interessava minimamente) ero finita per sbaglio (quando mi trovo in queste situazioni combino sempre casini non so come mai….) nel corso gestito da un ex giocatore di hockey della nazionale italiana.
Che ridere! Mentre quelli dell’altro corso facevano più o meno aggraziati saltelli e voli d’angelo noi entravamo in pista urlando come dei dannati, e con l’idea di “giocare duro”. Da allora quando pattino divento una iena. Non ho paura di nessuno.
Ma andare al palazzo del ghiaccio da sola non mi piace (chi posso marcare se no?!), così tanto pe rinviare ho deciso di ripiegare sui roller – avendo il Parco quasi sotto casa è comodissimo.
Sabato mattina mi sono alzata di buon'ora e ho iniziato la mia avventura sportiva.
Bellissimo.
C’era pochissima gente, e il parco con i colori dell’autunno è davvero uno spettacolo.

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Al solito le (dis)avventure divertenti non sono mancate.
Ero al mio secondo giro quando noto un corridore che tutto allegro trottella e mi supera correndo.
Ora, non che io volessi fare le gare, però che smacco! Io con i pattini... Quello a piedi e mi supera!
Vero che andavo tranquilla, ma non ero neanche ferma.
Accidenti.
Ma siccome sono matura e accetto di buon grado le sconfitte, mi sono concentrata sugli alberi, sulla musica e ho proseguito tranquilla e serena.
Dieci minuti dopo… hop hop hop, il solito podista ripassa, ri-trottella e mi ri-supera.
Cavoli!
Ma allora sono proprio una capra!
Inizio a sentirmi un po’ depressa ma per la solita storia della maturità, consapevolezza eccetera, faccio finta di niente. Inizio a cercare di riconoscere tutti gli alberi, e ad individuare la tonalità della canzone di Alex Britti che sto ascoltando con il lettore MP3.
Ok. Tutto a posto. Chi se ne frega del podista.
Altri dieci minuti dopo…. Hop hop hop…. Ecco il solito disgraziato maratoneta che mi supera come se niente fosse. Fresco come una rosa.
Ma porca paletta!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Eh no!!!!!!
Alla faccia della consapevolezza questo lo fa apposta per farmi rabbia!
Ho cambiato strada, ma mi sentivo una schifezza…
(Per la cronaca: a pranzo ho raccontato, molto depressa, la storia a mio padre il quale ridendo come un matto mi ha detto: “Ma non ti è venuto il dubbio che lo facesse apposta per fare colpo e attaccare bottone?”.  Il dubbio rimane…..)
Terminate le mie due orette di pattinata ero seduta su una panchina a togliere i pattini quando mi si ferma di fronte un ventenne che mi fissa.
Io lo fisso.
Lui immobile.
Io ci rinuncio e proseguo nel mettere via i pattini.
Dopo due 2 o 3 minuti il fanciullo mi guarda e dice tutto ammirato:”Ma il tuo ciondolo è magico?”.
Va bene.
Io ci avevo messo del mio.
Avevo i codini.
I pantaloni da hip-hop.
La magliettina con su scritto: ”Promote the art: kiss a musician”.
Anche vestita seriamente non dimostro la mia età. Così ammetto che avrei potuto passare per una ragazzina quasi coetanea del ventenne di cui sopra. Ma andiamo! “Il tuo ciondolo è magico?” io lo chiedevo quando avevo 7 anni!
(Sì con l’età sto diventando cattiva me ne rendo conto).
Mi sono messa ridere.
Vista la domanda pensavo che si mettesse a ridere anche lui. Invece no. Si è offeso.
La prossima volta oltre ai pattini mi porto un banchettino come quello di Lucy (“Yes, the doctor is in”) perché pare che da quelle parti di gente che ha bisogno di una psicologa ce ne siano vagonate.
Comunque, siccome non sono cattiva come sembro, gli ho spiegato che il ciondolo (cristallo di rocca) mi era stato regalato da un amico, che non mi sembra avere particolari poteri magici, anche se è molto simpatico. Che nel bigliettino di accompagnamento c’era scritto che quella pietra dovrebbe “regalare stabilità” e che così avevo pensato potesse servirmi nel pattinare. Che infatti non ero mai caduta. Sulla stabilità psicologica se ne poteva discutere.
Si è offeso ancora di più pensando che lo stessi prendendo in giro.
Ma una risatina l’ha fatta.
Evviva.
Io mi sono divertita tantissimo.
E conto di tornarci quanto prima.
Se rivedo il podista parto a una velocità folle.
E se rivedo il ventenne lo trasformo in rospo.

B.

 
 
 

Perché suono?!

Post n°125 pubblicato il 04 Novembre 2006 da thefairyround

Càpita.

Mi chiedono:
"Ma con tutto quello che hai da fare perché suoni?".
"Tanto non farai mai la musicista di professione, no?".
"Ma non ti sembra di perdere solo tempo?".

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E a me vengono in mente queste parole della Bronte:
"Ho sognato nella mia vita, sogni che son rimasti sempre con me, e che hanno cambiato le mie idee; son passati attraverso il tempo ed attraverso di me, come il vino attraverso l'acqua, ed hanno alterato il colore della mia mente."

Chi non ha sognato la musica forse non può capire.

B.

 
 
 

(messaggio tra parentesi)

Post n°124 pubblicato il 30 Ottobre 2006 da thefairyround

... quando una persona amata se ne va ci sono giorni più difficili di altri.
Il suo compleanno è uno di questi.
Quando non hai un regalo da ricercare con gioia.
Quando hai un fiore in mano ma non sai dove portarlo.
E avresti voglia di camminare per ore alla ricerca di un dove.
O forse di un perché.

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Buon compleanno mamma.

 
 
 

Storie e personaggi

Post n°123 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Ieri sera sono andata a cena con una professoressa americana (ma argentina di nascita) in visita a all’università dove lavoro e suo marito (con un viso da cartone animato… non aveva bisogno di parlare: faceva tali e tante smorfie da essere sempre chiarissimo… ed estremamente comico).

E la serata è stata insegna delle storie.
La storia di come si sono incontrati… Perché sono una coppi atipica (per quanto molto simpatica). Lei docente universitario e ricercatrice, ha una dozzina di lauree e PhD assortiti e ha vinto non so quanti premi internazionali per la ricerca, lui costruisce e vende tavoli da bigliardo. Si vede che vanno d’accordissimo, ma non riuscivamo ad immaginare il punto d’incontro di partenza.
E’ venuto fuori che lei (appassionata motociclista) una volta rimase a piedi in autostrada (aveva dimenticato di cambiare l’olio o qualcosa del genere). E mentre spingeva rassegnata la sua (non certo piccola… l’ho vista in foto) moto lui – modello angelo – si è fermato con una specie di camion e ha portato in salvo lei e la moto. Poi si sono sentiti per i ringraziamenti di circostanza, e da lì è nato tutto. Sembra un film….

E poi ci ha raccontato che lavorando lei ora nel New Messico si è dovuta confrontare sia a livello umano che professionale con i nativi americani, e la loro storia che ancora oggi influenza profondamente il loro modo di vivere e di relazionarsi.

E poi si parlava di libri, e di lettura.

E del fatto che un po’ (in America come in Italia) si stia perdendo un po’ il gusto della lettura.

Così ieri sera mentre “disfavo la giornata” e la preparavo per un dovuto sonno mi è venuto in mente un gioco simpatico – ovviamente collegato alle storie.

Non so voi, ma io adoro leggere. Mi immergo nei libri, li faccio diventare parte di me. E così capita di immedesimarsi o di ritrovarsi in un particolare personaggio.

Vi è mai capitato? Forse in un certo senso una piccola parte di noi possiamo ritrovarla in quasi tutti i personaggi…. Ma poi capita di incontrare quel personaggio. Quello in cui ci rispecchiamo (quasi) completamente. Che pensa come noi, parla come noi, fa quello che avremmo fatto noi al suo posto (cretinate comprese).
Io sono Elisabeth di “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen.

E voi?!

B.

 
 
 

Chieti, tra psicologia e contrabbassi

Post n°122 pubblicato il 24 Ottobre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

In ritardo come al solito… ecco un resoconto della trasferta chietina (che non è stata cretina però….).
Intanto: Chieti è in Abruzzo e non in toscana come ¾ delle persone a cui ho parlato della trasferta credevano.
Lo so lo so… io che ho nozioni geografiche estremamente vaghe e fumose dovrei solo stare zitta.
Ammetto pubblicamente che in pratica so per certo solo l’ubicazione dei posti dove sono effettivamente stata… Questo nonostante all’università io abbia perfino dato un esame di geografia, prendendo 30…. Ma… era tutto focalizzato sull’Antartide! So latitudine e longitudine delle basi artiche, ma poi potrei uscirmene con considerazioni del tipo:”ALBA?! Ah sì famosa per i suoi pescatori!”. 

Viaggio
Per arrivarci…. Visto che abbiamo appurato che le Fatine volano solo metaforicamente mi sono beccata 6 ore di treno all’andata e 6 al ritorno.
Fortuna che i viaggi in treno non mi dispiacciono. Si lavora bene e si passano anche spesso due parole.
Ho anche messo a punto un gioco divertente (ma quanto sono cattiva nel fondo del cuore?!). Sull’eurostar metà dei viaggiatori hanno l’aria degli uomini in carriera e accendono il computer portatile 3 secondi dopo la partenza del treno, assumendo un’aria seria, responsabile, e un tantino preoccupata – per dare l’idea del lavoro importante e faticoso con  cui si stanno confrontando.
In realtà (provate a farci caso se vi capita) la maggior parte gioca con i solitari di windows. Ma si vergognano da morire della cosa. Quindi, se passate con aria altrettanto seria accanto al loro posto e facendo finta di nulla lanciate uno sguardo sul loro monitor potrete mettere in atto un simpatico studio sui tempi di reazione calcolando la prontezza con cui riducono la finestra del gioco.
Se poi ripetete la cosa per più volte potrete anche esaminare quanto in fretta si nevrotizzano. Quelli con bassa autostima alzeranno anche gli occhi con aria colpevole. Qui occorre alzare di qualche millimetro le sopracciglia per aumentare il livello di colpevolizzazione degli stessi.
Divertentissimo. (attenti a non ridere però).
Il bello è stato che una delle mie vittime deve aver pensato “Mo’ ti frego io”. E ha cercato di fare lo stesso giochetto con me (anche io avevo il portatile).
Ma siccome io stavo preparando le slides per una bella lezione sulla comunicazione tra i gruppi, quando ha sbirciato il mio monitor ho potuto ripagarlo con un sorriso che urlava chiaramente “TIE’”.
MA visto che ha capito il gioco, si è unito allo stesso cercando di fregarmi, e ha anche ridacchiato davanti alla mia smaccante vittoria (!!), gli darei un bel 10 e l’autorizzazione a giocare anche a pacman se gli capita!!!

Chieti: prime impressioni
Appena arrivata non avendo idea di dove cavolo potesse essere l’albergo ho preso un taxi.
E ho trovato un taxista simpaticissimo (che alla fine mi ha anche dato il suo numero di cellulare).
Mi ha guardata per un po’ e poi ha saggiamente decretato che ero venuta per lavoro (ma va?!) e che questo lavoro riguardava l’ospedale.
Chissà come mai?!
Gli ho spiegato che invece riguardava la psicologia…. E la cosa l’ha reso oltremodo felice.
Infatti mi ha spiegato che lui è fermamente convinto che la gente abbia permanete bisogno di noi… Ma che siccome evidentemente non siamo abbastanza (oppure la gente non si fida di noi?! O non è consapevole?!) invece che venire a parlare con noi parlano con loro (tassisti).
Ha concluso che in pratica siamo colleghi ed è quindi passato a fornirni una sua teoria personale sull’umana natura.
Devo dire che ne ho sentire di peggio. Evidentemente il signor tassista di Chieti sa davvero non solo ascoltare ma anche ragionare su quello che ascolta.
Cosa non comune….
Arrivo in albergo. Carino… Con un bellissimo pianoforte nella hall.
Lo guardo affascinata e il ragazzo alla reception commenta con aria seria e preoccupata: “Non vorrà suonarlo vero?!
Ok ok… sgamata dopo 3 secondi… Ma ce l’avrò avuto scritto in faccia?!

Contrabbasso
Una cosa che proprio non mi piace delle trasferte lavorative solitarie solo le cene. Mangiare da sola in una città sconosciuta mi mette un po’ di tristezza.
Questa volta però sono stata fortunata…. Un mio amico contrabbassista è venuto da Roma e siamo andati a cena a Pescara.
Dopo la prima mezz’oretta di conversazione entusiasta lancio uno sguardo ai vicini di tavolo e vedo facce SCONVOLTE.
In effetti…. Non è facile trovare persone con cui parlare di tecnicismi musicali senza causare tentativi disperati di fuga.
Un contrabbassista e una gambista (= suonatrice di viola da gamba) ne hanno di tecnicismi da discutere allegramente. E uno che suona classica e jazz ne ha da litigare (amichevolmente) con una che fa musica antica.
Così ho provato ad immaginare gente che non sapendo nulla di tutto ciò sentiva frasi del tipo (vino ed entusiasmo contribuivano all’innalzamento del tono della voce tra l’altro).
“Guarda qualche mese fa mi è caduta l’anima!!!!!!! Non ti dico il panico”
“Ah ma io mi sono attrezzato e ora ho gli strumenti per tirarla su da me”
Oppure sentirci disquisire sui prezzi delle corde, sulle corde di budello e di nylon…. Su come si tiene l’arco… Su come trasportare gli strumenti quando si viaggia in aereo…
E poi a discutere su autori, generi, compositori…. Per arrivare (superata la metà della bottiglia di vino) alla pura filosofia della musica.
Per non ridere ho evitato di guardare troppo i vicini di tavolo.
Ma ho dato un’altra sbirciatina quando al termine della cena (insieme a un dolce al cioccolato con crema alla vaniglia che era la fine del mondo) siamo approdati alla psicologia.
Il sollievo era evidente. Per me pensavano “Fortuna che si sono resi conto di aver bisogno di qualche cura!”.

Lavoro
La parte lavorativa è quella su cui ho meno da dire.
A parte il fatto che io ci siamo trovate immerse in un ambiente estremamente politico…. Impostazione un po’ lontana dalla nostra prospettiva.Siamo arrivate (io e la collega che era con me) a scambiarci bigliettini come a scuola con messaggi del tipo:”Ma tu pensi di parlare quanto loro?” [perché c’era la diffusa tendenza a parlare per parlare…. Seconda un’implicita equazione “più parlo più sono importante”] con scontata risposta: “Ma neanche morta”.
Abbiamo provato tutto per fuggire a un orario dignitoso dall’incontro (ho perfino meditato di calarmi dalla finestra….) – ma alla fine il nostro senso del dovere, e il fatto che comunque il nostro progetto (seppur molto psicologico e poco politico era stato ben accolto) era stato veramente ben accolto ci hanno fatto rimanere più a lungo di quanto previsto.
Perso così il treno prenotato…. Ho dovuto prendere il successivo…
Arrivando a Milano ad orari indecenti.
E come non ringraziare allora Karapsi e la sua dolce metà che sono (udite udite) venuti a prendermi in stazione e depositata sana e salva a casa….
E’ stata una sensazione bellissima!!!! GRAZIE!!!!!

E su queste note grate e commosse concludo il resoconto.. e torno al lavoro...
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B.

 
 
 

....Sì volano!

Post n°121 pubblicato il 20 Ottobre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Avevo chiuso l'ultimo post con una nota un po' triste.

Imprevedibilmente proprio là dove le ali da fatina sembravano non solo inutili, ma anche un po' ammaccate, ci sono stati grandi voli.

Non so bene come e perché ma i problemi con la Maestra si sono risolti. immagine

Il fatto che io non abbia la minima idea del come si siano risolti (anche perché non ho mosso un dito per "sgarbugliare" la situazione) è un tantino imbarazzante da confessare... per una che come me si vanta di riuscire a trovare spiegazioni quasi per tutto... ma... sempre nell'ottica di esere consapevoli dei propri limiti...!

Ho perfino in programma una trasferta musicale a Firenze a breve. immagine

Che bello! Sono proprio contenta!!!!!!!!

Infantile, forse.
Troppo emotiva, anche?
Troppo dipendente da una figura di riferimento come la Maestra di musica? (Probabili sottese difficoltà di distacco?)
E precipitosa nella mia gioia visto che non so bene da cosa sia stato causato il cambiamento?

Certo!
Può darsi benissimo.
Ma la sapete una cosa?!
E chi se ne frega!!!!!
Sono contenta, proprio tanto.

E ora vado di corsa a suonare Abel e Telemann in modo da non fare figuracce nella terra dei miei (neanche tanto lontani) avi.

B.

PS A breve resoconto della trasferta a Chieti!

 
 
 

Ma le fatine volano?

Post n°120 pubblicato il 17 Ottobre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Periodaccio sul lavoro.
Non so più bene da che parte girarmi per far tornare i tempi.
I casi sono 2: o ancora non mi so ben districare tra i nuovi impegni di quest'anno accademico, oppure sto veramente cercando di gestire troppe cose.
Ma noi che siamo consapevoli dei nostri limiti” (un premio speciale a chi sa da dove ho preso questa frase!!!) sappiamo anche quando fermarci.
Così dopo aver passato un sabato lavorativo a stimolare (forse) aree prefrontali della corteccia (date un’occhiata al blog di Morton0 per maggiori dettagli), a scandalizzare i vicini gridacchiando “questa la so! Questa la so!” ogni volta che il relatore mostrava un quesito per ragazzi con ritardo mentale lieve – lasciando a noi pubblico il tempo per risolvere la scheda (le implicazioni di questo tempo erano numerose e non tutte piacevoli, così mi sentivo in dovere di precisare che sapevo tutte le risposte e che i miei tempi di reazione a riguardo erano pure buoni), e a tenere un laboratorio quasi serio il pomeriggio (fortunatamente con una collega: in due ci si diverte sempre di più e si può lanciare qualche battuta ogni tanto)…. Dopo un sabato così mi sono presa la domenica libera.
Quando ci vuole ci vuole.
E sono stata anche fortunata: semplicemente vivendo le cose così come venivano ho passato una delle più belle giornate da un po’ di tempo a questa parte.
Una delle domande che mi ponevo di tanto in tanto era proprio: “Ma le fatine volano?”.
Mi spiego meglio.
Come prima cosa super avventurosa sono salita su una moto (piuttosto grandina anche, se posso esprimere un parere da assoluta non esperta) per la prima volta in vita mia.
Avevo giurato che mai in vita mia sarei salita su una moto, invece non solo ci sono salita, ci sono anche stata su parecchio, e sono andata a velocità indicibili in autostrada. E non solo non ho avuto paura neanche per un secondo (e molto dipende probabilmente dal pilota che non pareva troppo matto) ma è stata una sensazione splendida. Per la prima vola dai tempi del liceo capivo Tom Cruise in Top Gun. (Oibò!). Sembrava di volare.
E un po’ mi veniva in mente (sarà stato il casco) anche Actarus (ricordate quello di Goldrake…? Quello tutto fascinoso che poi andava nel granaio a suonare la chitarra? Mi ero presa una cotta incredibile per lui quando avevo… mi pare 6 anni circa).
Insomma il volo c’entrava sempre.
Destinazione del giretto in moto: campo di volo.
Altra novità.
Non c’ero mai stata e mi ha affascinata non solo per gli aerei ultraleggeri ma proprio per l’atmosfera.
Preciso che mi sono rifiutata categoricamente di salire su uno di quei cosi anche se hanno provato in tutti i modi (utilizzando tutte le tecniche psicologiche sperimentate dai tempi di Wundt a oggi… dal modellamento skinneriano all’analisi freudiana) a convincermi. Però mi sono ben guardata intorno (da terra) e mi sono divertita tantissimo.
Ho chiacchierato con Iris, una bimbetta di 4 anni, che quando mi ha vista da sola mi si è seduta accanto e dopo avermi fissata per un po’ mi ha chiesto:”E tu chi sei?!”.
Dopo 2 minuti andavamo d’accordissimo – anche se lei avrebbe tanto voluto salire su un aereo mentre io le ho confessato che la cosa mi faceva proprio un po’ di paura.
E con un signore simpaticissmo – nonostante fosse un ingegnere – che mi chiamava “la ragazza dagli occhi dolci”.
In questo caso la fatina non ha volato materialmente, ma tra moto e ambientazione c’è andata vicina, o no?!
Poi il ritorno alla normalità. Mi servono soggetti per una ricerca e non li trovo.
Sono arrivata a supplicare gli studenti che incontro in giro per l’università… Non so quale potrebbe essere la fase successiva… Li invito a cena? immagine
Domani parto per Chieti: 6 ore di treno ad andare, 7 a tornare per 3 ore riunione.
Magari potessi volare davvero!!!
E – ciliegina sulla torta – problemi con la Maestra (di viola). E’ bellissimo creare un rapporto così umanamente forte, basato sulla stima e sull’affetto. Ma poi…. quando si rompe (e non per colpa tua)…. Be’… ci si sta male. Cavoli se ci si sta male. E qui neanche le ali da fata servono, mi sa...

B.

 
 
 

Coccodrilli e frammenti di poesia

Post n°119 pubblicato il 04 Ottobre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Periodaccio pieno di lavoro e imprevisti vari.
Tanto lavoro.
Quest'anno devo riorganizzarmi la vita musicale e a volte non so bene da dove partire....
Nonni malati...
Fortuna che c'è sempre qualcosa di carino con cui distrasi.

Un amico mi ha propsoto questo indovinello:
"Fino a dove un coccodrillo entra in un bosco?"
Non so la risposta (triste ma vero).
E l'amico in questione non me la vuole dare...
Voi avete suggerimenti?!
Lo so che in genere i coccodrilli non vanno nei boschi, ma si vede che questo aveva le sue buone ragioni.....

Attendo ipotesi, idee suggerimenti...

E poi, per concludere con un po' di dolcezza, vi riporto due poesie di Jairo Anibal Nino - ispirate all'amore sui banchi di scuola (e chi non ha ricordi di qeui tempi?)

- Mi fai un favore?
- Di che tipo?
- Puoi tenermi i miei aereoplanini per tutta la ricreazione?
- Per tutta la ricreazione?
- Sì, perché tu sei il mio cielo

(Cavoli a sentirsela dire una cosa del genere....)

Per il tuo onomastico
Ti hanno fatto regali molto costosi:
un profumo di marca, un anello,
un portamine d’oro, dei pattini,
delle scarpe Nike e una bicicletta.
Io ti ho portato solo
Un mucchio di semi d’arancio,
di pino, di cedro, d’araucaria,
ri rampicanti, di mogano e di quercia,
in una scatola antica color tabacco.
I semi sono pazienti
E aspettano il loro luogo e il loro momento.
Non avevo i soldi per comprarti cose di lusso.
Volevo solo regalarti un bosco.

(... un bosco....)

E siccome non sempre l'amore è felice....

E a me che importa se non mi ami!
Non hai sentito quando sei mesi, due giorni,
quattro ore, quindici minuti e tre secondi fa
ti ho chiesto: - mi fai un favore, puoi tenermi il cuore
e la sciarpa, che fra un po' vengo a riprenderli?
Ovvio, non nego che sei mesi, due giorni
e quattro ore fa mi hai restituito la sciarpa.

B.

 
 
 

Problemi di (psicologia della) comunicazione

Post n°118 pubblicato il 28 Settembre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Domani ho 4 ore di lezione di psicologia della comunicazione, e (causa qualche problema famigliare, e qualche solenne arrabbiatura lavorativa) sto ancora finendo di preparare le ultime cose.
[ho sonno.... ]

Ho però trovato qualcosa di splendido su cui far lavorare gli studenti...
Qualcosa che ben esemplifica una modalità di comunicazione un po' inefficace.
Condivido volentieri anche con voi!

B.

 
 
 

Brown Soda Bread  (e colonna sonora)

Post n°117 pubblicato il 25 Settembre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Visto che me l'avete richiesta in tanti... ecco a voi la ricetta.
Mi aspetto due tipi di commenti: se la provate fatemi sapere come vi è venuta e poi... per rispolvere una vecchia tradizione del blog (anche in risposta a un suggerimento di Odio Via Col Vento - vedete commenti al post precedente).... che musica avete associato alla preparazione (o alla degustazione) del pane?!

Ingredienti
450 gr di farina integrale
175 gr di farina bianca
1 cucchiaino da the (abbondante) di bicarbonato di soda
1 cucchiaino da the di sale
450 ml circa di buttermilk (questo chiede la ricetta originale. Qui in Italia il buttermilk – un sottoprodotto che si ricava dalla preparazione del burro non si trova… O, almeno, io non sono riuscita a trovarlo. È possibile prepararlo in casa, ma la cosa è lunga e complicata. Personalmente lo sostituisco con il latte e i risultati sono ottimi!)

Procedura
Riscaldateli forno a 200°.
Mescolate le farine, il sale e il bicarbonato in una ciotola.
Aggiungete poi abbastanza buttermilk da ottenere un impasto soffice e morbido (dovrebbe apparire quasi “colloso”) che lavorerete velocemente su un ripiano leggermente infarinato.
Componete l’impasto a forma di pagnotta circolare e appoggiatela su una teglia ricoperta di carta da forno.
Incidete con un coltello ben affilato una croce al centro della pagnotta, infornate e cocete per 40/45 minuti.

Varianti
Questo fantastico pane, che viene tutt’oggi preparato quotidianamente nella maggior parte delle case irlandesi, ha il grande vantaggio di poter essere adattato alla personalità del cuoco.
Alla ricetta base che vi ho riportato sopra si possono infatti aggiungere diversi tipi di farine e/o semi.
Personalmente aggiungo - tra le altre cose: germe di grano, farina di avena, crusca.
Buoni risultati si possono ottenere anche con semi di sesamo o di girasole. Ma non ci sono limiti alla fantasia…
Nello specifico domenica ho aggiunto semi di girasole e semi di papavero... il risultato è stato soddisfacente, come testimoniato anhce da Karapsi.

B.

PS In risposta a Ody (e in suo onore!!! ) aggiungo la mia personale colonna sonora per la preparazione e degustazione di questo pane... Si tratta del secondo movimento della Sonata III in sol di Buxtehude (c. 1637-1707)

 
 
 

Pane, famiglia e università (con coincidenze qua e là)

Post n°116 pubblicato il 24 Settembre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Ho fatto il pane questa mattina. Non con la macchina per il pane, ma proprio a mano, cuocendolo in forno.
Visto che non ho certo un forno a legno in cucina, ho fatto il “soda bread” irlandese che viene benissimo anche nel forno di casa. E regala un bel profumo di pane appena sformato, che trasmette un senso “di casa”.
Forse vale solo per me, ma ci sono profumi, colori, suoni che più di altri mi danno l’idea di casa, una casa accogliente, un nido.
Ho fatto il pane perché sono un paio di giorni che mi sento un po’ “così”.
So che è “fuori ruolo”. Io sono quella che sorride sempre.
Però i pensieri vengono anche a me.
Fortuna che ci sono le strategie compensative. Suonare la viola. Fare il pane.
Siccome tirando fuori la viola mi si è rotta davanti agli occhi la corda centrale (il do – tra l’altro costa un fracco ‘sta corda… porca paletta)… l’ho interpretato come un segno e ho ripiegato sul pane.
Tutta questa mia atipica melanconia è nata in realtà da una cosa molto bella.
Venerdì ho inizio le lezioni. Nuova sede universitaria, nuovo corso, nuovi studenti.
Ricordando il mio primissimo corso (anni fa…), quando venivo puntualmente scambiata per una studentessa (e buttata fuori da tutti gli uffici), tanto che avevo dovuto studiare uno stile di abbigliamento ispirato a Mary Poppins con un tocco della signorina Rottermaier, e, siccome spesso non bastava, entravo negli uffici urlando – modello tenente dei Marines – “Psicologia Generale”… temevo (continuando a dimostrare meno anni di quelli che ho) lotte per veder riconosciuto non dico il ruolo (di cui me ne frega una pippa) ma la competenza rispetto al mio lavoro.
Invece…. Mi sono ritrovata in una specie di paradiso terrestre.
La nuova sede è molto piccola, in una cittadina molto piccola (per arrivare materialmente all’università mi sono ritrovata praticamente a camminare tra i campi di granturco, i canali e i passeggini a livello in mezzo all’erba. Mi sembrava di essere stata teletrasportata in “Fratello dive sei?”) – e l’ambiente splendido.
Vado in segreteria didattica per le faccende burocratiche. Tutte le segretarie si presentano, ci si dà del tu con grandi sorrisi. Dopo di che chiudono la segreteria e mi portano al bar per offrirmi un caffè di benvenuto e farmi vedere un po’ la sede. No, dico, vi rendete conto?
Vado in biblioteca…. Un’atmosfera bellissima, tranquilla. Con tanti sorrisi. (Da noi i bibliotecari sono talmente stressati dalla folla che se non stai attento ti mordono o ti sospendono al tessera all’infinito). Mi sono trovata a chiacchierare di libri e di psicologia con il responsabile, il quale mi ha anche detto. “Qualsiasi libro tu voglia basta che me lo dici. Lo ordiniamo subito”. Una frase del genere potrebbe far scattare in me (amante dei libri più di un topo di soffitta) deliri di onnipotenza peggio dell’abuso di sostanze stupefacenti!
E poi… di solito queste trasferte sono caratterizzate da pranzi solitari, al massimo in compagnia di un libro. Invece qui, siccome ormai conoscevo tutto il personale amministrativo e tutti i bibliotecari, ho allegramente mangiato in compagnia, parlando di musica e psicologia.
Anche gli studenti sono carini.
Poveretti… Credo che all’inizio fossero un po’ traumatizzati. Mi vedevano giovane (glielo leggevo negli occhi)… E poi… si aspettavano una lezione tradizionale, erano pronti a prendere diligentemente appunti.
E io ho iniziato a fargli vedere vignette ironiche sugli psicologi. Abbiamo simulato un incidente giocando agli investigatori, abbiamo disegnato, mimato, riso (e incredibilmente nel contempo ho anche passato delle nozioni di psicologia della comunicazione…).
Devo dire che dopo lo choc iniziale mi hanno seguito bene, e alla fine parevano contenti…
E allora perché dopo questo inizio alla grande sono tornata a casa modello girasole appassito?
Un po’ la stanchezza, forse.
Un po’ anche il fatto che questo ambiente famigliare mi ha fatto sentire un po’ la mancanza di un ambiente famigliare “mio” con cui condividere questa come mille altre cose.
Ma poi ho fatto il pane… E ho pensato che la vita non possiamo scegliercela noi (almeno non del tutto). E bisogna ricavare il meglio da ciò che abbiamo. E io sono già fortunata così.
E per concludere con un sorriso… Ricordate il libro sulla sincronicità del post 114?
L’inizio del nuovo corso è stato marcato da tantissimi eventi sincronici.
Una delle bibliotecarie veniva proprio dalla Val Camonica dove quest’anno ho tenuto con Ale quel bellissimo corso di cui al post 113.
A pranzo scopro che una delle mie compagne di pranzo era appena andata a sentire un concerto di musica barocca, che le era piaciuto molto… e il brano che meglio ricordava è quello che sto studiando in questi giorni (corde permettendo).
Sempre a pranzo nel tavolo accanto due ragazzi paravano di tecniche di regia, per poi passare a palare di Lynch… argomento già oggetto di sincronicità durante il corso di cui sopra. La sincronicità nella sincronicità….
Ciliegina sulla torta… mentre scrivevo questo post mi arriva un sms da una persona a cui voglio molto bene che voleva sapere se mi erano passati i brutti pensieri. Rispondo che va meglio perché ho fatto il pane. E a sua volta risponde: “Incredibile! Io sono in coda dal fornaio a prendere il pane. Ho sentito il profumo del pane e ho pensato di chiederti come stavi…”.
Mi fermo qui…
La volte la ricetta del pane irlandese? 
(è buono anche quando si è di ottimo umore comunque!)

B.

 
 
 

Studenti

Post n°115 pubblicato il 23 Settembre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

“Non ci sono più gli studenti di una volta…”.
Non solo l’ho sentito dire un po’ ovunque (a partire dai docenti della scuola primaria per arrivare ai bidelli dell’università), ma confesso di averlo detto anche io tante volte.
”Ai miei tempi” gli studenti studiavano di più, contestavano di meno, non chiamavano i dicenti a casa alle 10 di sera…
Però… e se confessassi sotto voce che forse forse questi nuovi sono più simpatici?
Questi ti chiamano “profe”, questi ti invitano a bere un caffè, ti parlano dei loro film preferiti, ti parlano della loro vita, e ridono con te.
E poi magari studieranno anche meno (anzi senz’altro), ma sono più fantasiosi.
Ecco qualche perla dagli esami di psicologia della musica.
Io: “Mi fa qualche esempio per spiegarmi meglio il rapporto tra musica e immagini mentali?
Studente: “Ecco vede. Ad esempio siccome Bach lavorava per Quark (!!!!!), quando uno ascolta un pezzo qualsiasi di Bach visualizza animali”.
Un altra studentessa invece di dire che un brano terminava sulla tonica, ha tranquillamente detto: “il brano finisce sull’armonica”. E davanti alla mia faccia perplessa “Sì, sa… come l’armonica a bocca”.
Nella storia resterà questa descrizione di un esperimento sulla lettura dello spartito
Allora si prende una sinfonia (era un brano) un po’ nuova (e qui si potrebbe discutere sul concetto di “un po’ nuova”). Lo si pone davanti a un musicista e glielo si fa suonare. Poi all’improvviso glielo si sottrae a tradimento (e io mi immaginavo uno sperimentatore che con tanto di passamontagna entrava correndo e rubava leggio e spartito). Siccome i musicisti sono intelligentissimi (!!!!!) essi continuanio ad eseguire la sinfonia fino alla fine (…eh magari!)”.
(..l’esperimento reale dimostrava semplicemente che i musicisti non leggono nota per nota, ma frasi musicali – un po’ come quando si legge – quindi nascondendo lo spartito a metà di una frase l’esecutore la termina comunque).
Come si fa ad arrabbiarsi o addirittura indignarsi? Il mio unico problema è quello di non mettermi a ridere!

B.

 
 
 

Libri e coincidenze

Post n°114 pubblicato il 14 Settembre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Stavo rileggendo poco fa l’ultimo post di uno dei mie blog preferiti (e amici) - Abbandonare Tara. Si parla di libri.
Anche per me i libri sono amici, specchi, compagni di viaggio.
E lo sono a volte per il loro contenuto (ciascuno di noi è una storia… a volte le storie fotografate nei libri troviamo parte di noi, echi del passato, ombre del futuro, colori che abbiamo dimenticato, sognato, dipinto nel cuore), a volte per il loro essere.
Negli ultimi tre giorni sono entrati in casa 4 libri… con personalità, identità e storie diverse.
Primo (in ordine temporale)… un vecchio manoscritto (be’… non l’originale, un facsimile).

 

Pezzi anonimi per viola da gamba (alcuni necessiterebbero del basso continuo con la tiorba: ci sono candidati? Oppure qualcuno vuole gentilmente avvisare Lislevand che nel caso passasse da queste parti… Perché al momento mi trovo carente di un tiorbista).
L’ho cercato tanto (il manoscritto non il tiorbista). Avevo la musica su Cd (e anche questa trovata per caso in una bancherella di occasioni… quelle dove finisco i cd che non vuole nessuno….) e mi ero innamorata della sonorità, della profondità sonora e musicale di questi pezzi scritti da qualche sconosciuto secoli fa. Che storia avranno? Per chi saranno stati scritti? A cosa avranno pensato i musicisti che li hanno suonati prima di me.
Anche le pagine, anche le note hanno una loro storia.
E ancora prima di provare a “leggerli” con lo strumento, mi sono gustata la parte visiva, il nastro delle note, le cancellature, la mano dell’anonimo scrivente.
E ora anche la mia storia entra a far parte di quella di queste note.
Cosa aggiungerò di mio? Come le leggerò?
La musica è anche sentire… La musica è anche una storia… Non solo misure e ritmo. Ma forse ora è l’animo rapsodico a parlare.

Poi è arrivato con autorevolezza lui. The kitchen diaries.


Un libro che prima ancora da leggere è da toccare. Avete mai provato a sentire come sono diversi al tatto i libri? Specie quelli fati un po’ come una volta… copertina rigida, magari la costina in tessuto….
Questo è così. Massiccio. Solido. Che dà soddisfazione.
Poi, sempre prima di leggerlo è un libro nuovo che sa di libro nuovo. Di promesse e ore passate a sfogliarlo sotto una luce calda. Quindi va annusato.
E poi è un libro con foto bellissime… quindi si può anche guardare, immaginare, cercando di intuire cosa ci racconterà da quello che ci suggerisce con colori e forme.
Poi ovviamente va anche letto. E’ veramente splendido. Ricette per ogni mese dell’anno, con i prodotti di stagione. Ma soprattutto corredate dal diario del cuoco che le propone.
Un’altra storia. Quasi proustiana… corredata dai sapori e dai profumi che quasi traspaiono dalle pagine.
Un libro multisensoriale da guardare nei moneti di stanchezza. Non ho ancora capito bene perché ma è di quelli che regalano sorrisi (prezioso dunque).

Poi un po’di serietà.
Statistical Methods for Psychology (fifth edition)

 

La statistica da una parte mi ha sempre inquietata. Dall’altra mi affascina. L’idea di poter avere certezze (????) matematiche su ricerche psicologiche… dà da pensare. Ma regala anche tante certezze.
Poi una volta leggevo in uno dei miei romanzi preferiti di una ragazza che quando era un po’ giù andava in libreria e sfogliava testi di matematica pura, leggendo qua e là. Il “matematichese”, le formule, le dimostrazioni, riuscivano sempre a calmarla (pur essendo studentessa di storia e capendo quindi ben poco della sostanza che stava dietro le formule).
E per certi aspetti del libro non nego che questa componente ci sia anche per me.
Trascrivo del tutto a caso.
[…]Here we see that most observations have leverage values that fall between about 0.00 and 0.20. The mean leverage is (p + 1)/N = 2/12= 0.167, And that is about what we would expect. Notice, however, that two cases have largere leverage – namely cases 11 and 12, the latter of which exceeds Stevens’ rule of thumb of 3(p +1)/n=3(2)/12=0.50. [...]
Trovo che sia rassicurante di per sé (a prescindere da quanto si capisca o meno dei dati sottostanti). E’ semplice e scorrevole. Certo. Non si discute. Nessun problema. Bello, no?

E infine il libro che ho subito iniziato a leggere.

E’ arrivato ieri – un regalo questa volta.
In occasione di una cena fatta a seguito del corso a Breno, per farsi due risate ricordando corsisti, bar e incisioni. Per parlare di David Lynch, di video, viole da gamba e anche un po’ della natura umana.
Il corso a Breno era stato segnato da molto coincidenze. S. Vito lo Capo, conferenze, la lettera S, …
Tanto che si era arrivati a parlare di questa ipotesi (sostenuta dalla scuola junghiana) degli eventi sincronistici, fenomeni in grado dio cambiare l’immagine che abbiamo di noi stessi, aprirci nuove prospettive. Questo libro cerca di farci vedere la nostra vita come un racconto dotato di coerenza interna, dove nulla succede senza ragione.
Non sono mai stata una junghiana, ma questo libro che sto leggendo con interesse mi affascina davvero, e lo consiglio a tutte le menti aperte e curiose.

…Caso strano uno dei temi del corso era proprio il pensiero narrativo – autobiografico. L’autobiografica come conoscenza e cura di sé.
E come inizia questo libro?
”Non si può quindi rimproverare al romanzo di essere affascinato dai misteriosi incontri di coincidenze…, ma si può a ragione rimproverare all’uomo di essere cieco davanti a simili coincidenze nella vita di ogni giorno, e di privare così la propria vita della sua dimensione di bellezza”
[Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere]

Speriamo davvero di riuscire a vederle queste coincidenze nella nostra vita di tutti i giorni… (magari anche attraverso i libri… impariamo a leggerli per leggere in essi la nostra stessa storia e riuscire a riconoscerla quando la viviamo…)

B.

 
 
 

Quando i monti sorridono...

Post n°113 pubblicato il 09 Settembre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Ormai il lavoro è ripreso a pieno ritmo, anzi più che a pieno ritmo....
Infatti per inaugurare il nuovo anno accademico sono andata insieme a un collega (che al solito è anche amico... nonostante abbia subito il trauma di dover preparare la tesi di laurea con me) a tenere tre giorni intensivi di corso preso una scuola della val Camonica.

Ho passato giorni frenetici prima della partenza a preparare il materiale, a prevedere attività, esempi e vignette (sono sempre convinta che in questi casi un sano “approccio comico” – come insegna Morton0 – sia la cosa migliore).
E sono arrivata al giorno X senza la minima voglia di andare.
Mi sbagliavo.
Sono stati tre giorni pieni di risate, soddisfazioni e musica....

Il viaggio e l’arrivo
Non so come sia possibile. Davvero. Mi organizzo sempre per tempo. Ormai ho sviluppato un approccio strategico che mi permettere di preparare la valigia in non più di 10 minuti – a prescindere da destinazione e durata del soggiorno. Nonostante questo riesco sempre a ridurmi a fare tutto di corsa e arrivare in stazione o in aereoporto correndo come una pazza.
Anche questa volta sono arrivata in Centrale appena in tempo per prendere una bottiglietta d’acqua e salire di corsa sul treno. Solo per apprendere che (al solito) sarebbe partito in ritardo.
La linea Milano-Venezia è una vergogna per l’umanità.
Fino a Brescia tutto è andato bene, ho spiegato per telefono al babbo come si fa il risotto con i funghi, guadagnando la stima di uan coppia di vecchietti seduti accanto a me che andavano a Brescia  trovare delgi amici. Ho chiacchierato con un tredicenne che si atteggia a ventenne (fuma un pacchetto di sigarette al giorno, beve solo bevande gassate – facendo un’eccezione solo per la vodka e il gin – ha una fidanzata che sembra un velina (mi ha fatto vedere la foto sul telefonino: gli stavo simpatica), e sospetto che passi più tempo davanti allo specchio lui per pettimarsi di quanto faccia io), ma che ha ancora negli occhi e nelle parole la dolcezza e l’ingenuità di un bambino. Dietro i chili di gel che coprivano capelli e (metaforicamente) persona si intravedeva un bisogno di affetto che scioglieva il cuore.
I problemi sono iniziati a Brescia. Avevo la coincidenza con poco margine, quindi essendo il treno in ritardo di 5 minuti corro come una pazza al binario. Manca mezzo minuto alla partenza dell’altro treno... e me lo vedo uscire bello tranquillo dalla stazione.
Ma porca paletta!!!!!!!!!!!!!
Resto lì, come la scena finale di un filmone sentimentale, con la valigia ai miei piedi e l’espressione sconfitta che avrei avuto se su qeul treno ci fosse stato l’amore della mia vita – perso per sempre.
Un signore (che poi ho scoperto essere dipendente delle ferrovie) mi spiega gentilmente che fanno sempre così perché si divertono a vedere la faccia dei passeggeri che restano sulla piattaforma del binario. Ma dove li hanno reclutati questi ferrovieri? Al centro psicosociale?
Mi spiega anche che il treno successivo non sarebbe partito se non dopo più di due ore...
Va be’ che avevo rifatto la stazione di Brescia e volevo esplorarla, ma a tutto c’è un limite.

Ma questo corso partiva eidentemente con l’angelo custode. Il collega/amico (da qui per brevità Ale) è passato a prendermi in macchina e abbiamo così condiviso tra chiacchiere e risate l’ultima parte del viaggio.
Abbiamo anche scoperto subito di essere accumunati da una grande dote: l’assoluta mancanza di senso dell’orentamento. Dico dote, perché ci sono poche cose più divertenti che perdersi nei posti più improbabili (se si è capaci di riderci sopra).
Noi abbiamo [a] perso l’uscita per il nostro paesello, scoprendo però che quella successiva – che abbiamo preso per disperazione – era anche più comoda, [b] perso l’indicazione per la via dell’albergo, scoprendo che la strada opposta presa per sbaglio ci ha portati proprio davanti allo stesso.
Che bravi, eh? ... ehm ehm.. si po’ di c.. ehm fortuna... l’abbiamo anche avuta, ma quello che conta sono i risultati alla fine, no?
E sempre in tema di orientamento. Raggiunto l’albergo (e ammirato il ... bellissimo.... porta chiavi in legno a forma di gufo modello “gran capo toro seduto parla augh”), gasati dai nostri successi a livello di orientamento visuo-spaziale decidiamo di cercare la scuola (al telefono mi avevano detto “è a 150 metri dall’albergo, non può sbagliare”).
Mi pareva di aver visto dalla finestra della camera un edificio che assomigliava a una scuola, sulla destra. Così usciamo dall’albergo e ci dirigiamo in quelal direzione.
Nulla.
Camminiamo per un po’.
Nulla.
Alla fine vediamo una signora alla finestra con dei bambini intorno e chiediamo dove sono le scuole.
Ci guarda perplessa (ma molto perplessa), poi commenta: “Ah! Dovete iscrivere il bambino?”. Alcune riflessioni sorgono spontanee: [a] quale bambino?!!!!!! [b] alle 19.30????!!!!! [c] sarà anche un’ottima scuola, ma trasferirsi lì apposta per iscrivere un ipotetico bambino mi appariva un tantino esagerato.
Comuqnue ci hanno dato le indicazioni (eravamo andati dalla parte sbagliata... chissà cosa avevo visto dalla finestra...), e così prima di cena abbiamo avuto la soddisfazione di individuare la scuola. Salvo scoprire la mattina dopo che non era quella giusta... ma abbiamo rimediato in fretta, perché una lava-vetri ci ha gentilmente indirizzati verso quella giusta.

Eccoci qua
Prima di procedere oltre con le avventure/disavventure... approfitto delle tecniche del corso per darvi un’idea più precisa del meravoglio team di schizzati che è andato a seminare conoscenza in val camonica.
Il corso era sulle tecniche di pensiero (pensiero creativo,  visivo, narrativo e – naturalmente – musicale), temi che amo molto, soprattutto perché permettono di impostare lezioni anche pratiche e divertenti e non solo teoriche.
Tante le modalità di riflettere su di sé e proporsi agli altri. Una di queste chiedeva di associare una musica a sé e a un compagni dic roso (agli affezionati lettori del blog questo ricorderà qualcosa...), un’altra di associare un’immagine a sé in riferimento al proprio rapporto con la musica.

Ci siamo messi in gioco anche noi... ed ecco cosa è risultato.

Barb [io]:

 

Ale mi ha associato: “Frena le belle lagrime” (Handel), mentre io mi vedevo più come l’allegro di un concerto in la minore di Telemann (cliccate sui titoli per sentire i brani). I corsisti sembravano più d’accordo con la mia scelta (soprattutto quando nell’ascoltarla ho commentato “per la serie un altro socio per il club degli schizzati”...), ma devo ammettere che riascoltando Handel con attenzione... forse aveva ragione Ale.
Voi che un po’ mi conoscete (anche se solo attraverso i miei racconti) cosa ne dite?

Ale:

 

Qui siamo stati d’accordo. Io ho associato ad Ale L’aria di Firenze, che anche lui aveva scelto per descriversi.

La bella vita
Il corso, come dicevo, è andato benissimo. Abbiamo avuto la fortuna di lavorare con un gruppo di insegannti non solo motivati, ma anche “svegli”, disposti a mettersi in gioco, disposti a lavorare 6 ore al giorno senza mai lamentarsi. E stanno mettendo su dei progetti veramente interessanti.
Sono belle soddisfazioni (per loro ma anche per noi).
E poi uno dei corsisti ci ha perfino portati a visitare (durante la pausa pranzo) le incisioni rupestri – se capitate da quelle parti andate a visitarle perché ne vale davvero la pena. Io penso perfino di tornarci apposta per rivederle con più calma.
Unica pecca: finivamo il corso alle 17, e poi... non c’era nulla da fare.
Non che io sia un’amante delle uscite serali a tutti i costi, o un’assidua frequentatrice dei locali alla moda, anzi. Ma non so... un aperitivo... una cena in un posto che non abbia tristissime luci al neon verde marcio... Un locale dove non ti guardino tutti come se avesi le antenne al solo pasarci davanti (non vi dico a sedersi a un tavolo).
Nel “nostro” paesino c’erano un paio di bar, la maggior parte dei quali però chiudevano all’ora di cena... Le sere nel patio dell’albergo, ad ascoltare un mix tra revival e country non erano proprio il massimo.
Uno dei corsisti ci ha allora suggerito di andare in un paese vicino dove (a suo dire) c’era “più vita”.
E noi tutti contenti abbiamo preso la macchina e ci siamo andati di buon grado.

Arriviamo (quasi senza perderci) e non riusciamo a trovare il centro.
A un certo punto vediamo delle luci e sentiamo voci amplificate. Le seguiamo (tipo Hansel e Gretel nella foresta)... e sapete da dove venivano?!!!! Dal cimitero. (Non sto scherzando).
Che il posto più vivo del paese mondano fosse il cimitero ci sembrava un po’ assurdo, così decidiamo di lasciare la macchina in una specie di piazza e andare a cercare il centro a piedi.
Dopo aver girovagato per un po’ chiediamo a una coppia dov’è il centro. Come tutta risposta si sono messi a ridere. Proprio di gusto.
Però ci spiegano che c’è una birreria. Ci indicano la strada (a noi, ah ah ah – le due frecce della val camonica).
Nell’ordine: perdiamo la direzione, ci fermiamo a fare un mondo di coccole a un cagnolino dolcissimo con le orecchie a forma di cuore che volevo portarmi a casa, finiamo in un campo di granturco con i grilli in mezzo al nulla, passiamo un ponte che sembrava quello pericolante di Indiana Jones in uno dei film, camminiamo un sacco... ma alla fine la troviamo la birreria. Che era un vero pub inglese tra l’altro. Piuttosto deserto, ma il tagliere di salumi era buono. C’erano pure i pipistrelli (vivi – ma non sul tagliere, per aria a svolazzare) che facevano tanto atmosfera.
Le coccole al cagnolino le abbiamo fatte anche al ritorno comunque.
E abbiamo concluso la serata guardando un film ridicolissimo (che però avrebbe dovuto far paura) e scambiandoci sms con commenti irriverenti allo stesso.

Conclusioni
Mi è capitato di sentirmi dire che sono fortunata a fare il lavoro che faccio. Anche se a volte è faticoso. Stressante. Anche se a volte vedi cose che ti spezzano il cuore.
Chi l’ha detto ha ragione.
Quando mi capita di passare tre giorni così... cosa potrei chiedere di più?

[ecco... pensandoci... nel paesino del corso c’è un bellissimo castello medievale... la prossima volta porterei la viola e mi metterei a suonare lì... possibilmente all'alba o al tramonto]

B.

 
 
 

Tornata!

Post n°112 pubblicato il 08 Settembre 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Dopo un lunghissimo silenzio (shame on me...) rieccomi qua!

Finite le vacanze al mare (spelndide, rilassanti, divertitenti, stimolanti, socializzanti) ho dovuto tuffarmi mente e corpo nella progettazione e preparazione di un corso intensivo di tre giorni, da tenersi tra monti e incisioni rupestri...

Ma ora il corso è finito (è andato bene: aspettatevi un resoconto narrativo/musicale quanto prima), mi sono perfino divertita... e sono qui a riprendere in mano le redini del blog!!!

La vostra rediviva

B.

 
 
 

Oliver, Pipino e gli altri

Post n°111 pubblicato il 22 Agosto 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Scrivo ancora dal mare.
Una volta, forse un paio d’anni fa, invitai a casa mia a pranzo un amico. Lui si guardò intorno e commentò subito: “La tua è una casa terapeutica”.
Aveva forse colto l’essenza di “casa” che avevo cercato di trasmettere alle 4 mura che ho trasformato in nido. Un posto dove sia bello sedersi di sera, accendere le luci, raggomitolarsi sul divano e guardare fuori il mondo. Se poi piove e tira vento ancor meglio, ci si sente ancora più protetti.
La mia casa a Milano è ancora così, un rifugio dove tornare, un posto dove è bello stare, quasi un’amica.
Ma questa mattina guardando gli alberi che si vedono dalla finestra della casetta del mare, dove sono smobilitata da ormai un paio di settimane mi sono resa conto che anche qui c’è un’atmosfera decisamente terapeutica.
Sono arrivata stanca – fisicamente e spiritualmente – e ora mi sembra di rinascere.
Mi sento quasi il personaggio di uno di quei romanzi rilassanti che si leggono d’estate. Tutto è tranquillo, si chiacchiera, si ride, ci si rilassa, si guarda il cielo e si cercano disegni buffi nelle nuvole.
Forse sarà anche merito delle persone di qui che vivono la vita in maniera più tranquilla e meno di furia rispetto a Milano.
Sto reimparando a chiedere il caffé alto e non lungo, e mi sta perfno tornando l’accento simil-toscano che avevo da bimba (poi alle medie hanno inziato a prendermi ingiro non solo i compgani di calsse ma perfino i professori... così me lo sono fatta passare... che volete farci? L’adolescenza! Se non si è grulli in quegli anni quando si recupera?!). E’ proprio un ritorno a casa, intesa non come le 4 mura, ma come la casa del cuore. Bello.
Sto anche cercando di lavorare (e naturalmente suono tutti i giorni!), ma si vive proprio in un altro modo.
Ho fatto nuove amicizie.
Primo tra tutti Oliver. Che è un cavallo. Con grandi occhioni neri dolcissimi e teribilmente coccolone. Ormai mi conosce e quando mi vede viene a farsi fare i grattini.... se non abbiamo la nostra razione di coccole non se ne parla proprio di farsi una cavalcata. Come sono arrivata a fare grattini a Oliver? Be’... non che io abbia mai fatto equitazione ma mi piace fare passeggiate informali a cavallo.
Quest’anno ho scoperto un agriturismo gestito da madre e figlia. Scappate da Milano, sono qui con i cavalli. E hanno un approccio poco istituzionale. Ti insegnano a capire il cavallo e a stare bene insieme più che insegnare la tecnica. Così non imparerò mai a fare figure complicate e a saltare (neanche vorrei), ma io e Oliver ce la intendiamo alla grande, io gli faccio i grattini, e lui mi porta in giro. A volte ho quasi l’impressione che mi sorrida con aria complice...
Poi visto il tempo che è stato spesso inclemente c’è anche stato spazio per attività diverse dll’andare in giro in barca, nuotare, esplorare la costa.
Così capita di scoprire Pipino. Pipino è... be’... chiamarlo ristorante forse è esagerato. Un posto quasi sulla spiaggia, una costruzione strana, mezza in lamiera e mezza in legno, dove si mangia. Ti portano il menu’ scritto a mano su una lavagna semovibile, i clienti si tagliano il pane da soli, ci sono tre televisioni accese su tre canali rigorosamente diversi. E’ un posto splendido, dove non solo si mangia divinamente spendendo nulla, ma si incontrano belle persone. Ad esempio io e il babbo abbiamo fatto amicizia con un camionista fiorentino la cui mamma ha una fattoria piena di cani (lui adorava Harvey ovviamente), e con una famigliola mamma, babbo e figlio con amico. Una famiglia come quelle che sembrano non esserci più. Consolante. Scalda in cuore. E poi è bello andare a pranzo o a cena e chiacchierare cin tutti i vicini di tavolo come se si fosse amici da 10 anni per poi bersi caffé (corretto grappa per chi se la sente) tutti assieme. Viva viva Pipino – in questo caso non tanto il Breve quanto il Grande!!!!
E poi le more! Ce ne sono tantissime in questo periodo. Così con 2 amici abbiamo deciso di andare nelle stradine poco battute e raccoglierne il più possibile per poi tarsformarle in cose buone (marmellate, liquore di more...).
Credo di essermi guadagnata una medagli al valore. Per raccogliere queste more mi sono inoltrata da sola in luoghi isolati, spinosi, cespugliosi e soprattutto pieni di insetti di ogni tipo, tra cui ragni enormi (ma DAVVERO enormi). Non ne avevo mai visti così se non nei documentari. A striscie gialle e nere. Veramente inquietanti. E io ho il terrore dei ragni! Mi ero anche “conciata” in maniera adeguata.... pantaloni lunghi, scarpe da tennis sdrucite, maglietta “distruggimi” e (udite udite) codini e bandana. Ho utilizzato un vecchio fazzoletto (forse regalato con le patatine) rosso e arancione con disegni neri di mucche che sembravano ricavati da qualche grotta paleolitica. Ma almeno ero sicura di non trovarmi strane cose in testa. Dovevo anche avere un aspetto di molto strano, ma che importa? Mi sono divertita, mi sono sentita estremamente coraggiosa (per aver fronteggiato i ragni senza indietreggiare – quasi – mai), e ho raccolto tantissime more. Ora hanno inziato il loro percorso per diventare liquore alle more. I miei amici invece si sono incaricati di strasformare le loro in marmellata. Vi farò sapere gli esiti.... (che comunque promettono di essere interessanti!).

B.

 
 
 

Barche e barcaioli

Post n°110 pubblicato il 14 Agosto 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Tempo un po’ da lupi quest’anno al mare. Sole che si fa desiderare, vento freddo, pioggia.
Non ho mai amato comunque stare in spiaggia a prendere il sole (mi annoio), preferisco esplorare le coste dalla barca. Ci sono momenti in cui il mare è di un blue scuro da sembrare di un nero vellutato e inquieto, e il cielo così immenso da far provare una gioia forse assurda ma profonda.
Ci sono momenti in cui il verde degli alberi si specchia nel fiume, in cui il vento racconta le sue storie, e regala una pace e una serenità indicibili.
Quando però fa freddo tira vento e minaccia pioggia è un po’ difficile scoprire questi aspetti della vita marina.
E siccome mi annoio a stare ferma a fare nulla mi sono messa a far caso ai nomi delle barche.
Se siete al mare o se vi capita di andarci, provate anche voi, è divertentisismo.
A spanne mi sembra di poter dividere i frutti della mia ricerca in diverse categorie.

Ci sono i banali/scontati che danno, come vuole la tradizione marinaresca, un nome di donna alla barca. Così abbiamo: Anna, Giulia, Maria Elena, Marta, Alice, Cristina, Martina, Vanna, Cleo, Nina70 (fa tanto nick da chat, questo, no?)  ecc.
Nella categoria nomi c’è anche chi è più preciso, e indica perfino il grado di parentela (Nonna Ilde, Zia Alba, Mamma Giò). Poi ci sono i dimplomatici – che per non offendere nessuno conciliano due nomi (FraSissi, Katy e Amy).
E qualche raro anticonformista che dà alla barca un nome maschile (Andrew, Camillo).
Ho scoperto con gioia una zona del molo dove la musica sembra farla da padrona. A breve distanza tra loro ho scovato: Traviata, Nessun dorma, Aida, Va pensiero, AlbaChiara, Andamento lento. (Semmai dovessi avere una barca abbastana grande da aver bisogno di un nome magari la chiamo Recercada Primera, o qualcosa del genere....).
Poi ci sono quelli che si ispirano a personaggi famosi, e così anche in mare potete imbattervi in zio Fester (c’è sempre il dubbio che sia un parente vero, ma opto per quello della famiglia Adams), Heidi, PeterPan, Esmeralda, Parsifal, Myfairlady, Phoenix (a meno che non riferisse alla Fenice ma alla città)...
Poi gli internazionali che usano l’inglese o il francese (ne ho vista anche uan con il nome in russo, ma neanche ho provato a leggerlo!): Enfant terrible, Le bateau blanc, Blues courtier, Mirage, Smoke of London, Master Wind, Silver Bullet...
A pensarci bene però l’ultima (Silver Bullet) potrebbe anche rientrare (a seconda che la intendiate come pallottola d’argento o come soluzione miracolosa...) nella categoria “Aggressivi” – costoro, forse “barcaioli furens” chiamano le loro barche con nomi tipo: Diablo, Wolf, Hunter, Armada...
Poi ci sono quelli che chiarmenete si dicono: “E’ una barca, siamo al mare, non usciamo dal contesto!”; e battezzano le barche con nomi quali: Mare blu (per la serie “dove siamo? Dove stiamo andando?”), Settima Isola, Stella del mare, o Barca (utile in ncaso di dubbi d’identità).
E come tralasciare gli amanti della metereologia che ci regalano nomi quali Maestrale, Raffica, Nuvoletta?
Poi ci sono quelli forse bocciati 20 volte all’esame pratico di vela, o che hanno avuto comuqnue problemi di gestione della stessa, e si sono rifatti con il nome: Peste, Pastizz, Crapùn.
Mi fanno tenerezza i depressi: quelli che chiamano la barca Task (cavoli! Dovrebbe essere un piacere, non un compito!), oppure Ormai (...) e – top dei top – La mia famiglia (quello che ha chiamato la barca così o è molto solo, o molto bastardo, o ha una famiglia molto bastarda... In ogni caso tanto per cuoriosità vorrei conoscerlo/a).
Poi ci sono i visivi – che associano al nome un disegno a tema. Così abbiamo Insieme, scritto con i puntini sulle i a forma di cuoricino (non commento neanche...), Cassiopea, con accanto il disegno della costellazione, Albatros con vicini gli uccelli che volano, Flying Fish, col pesce che salta.
E come non citare i creativi?! (I miei preferiti, lo ammetto!). Bye bye, Osteria, Già Giò (la metto tra i creativi per l’assonanza), Let’s go, Mousse (al cioccolato?!), Wow, e la mia preferita in assoluto Nessuno è perfetto.
E poi ci sono quelle incomprensibili (almeno per me... se qualcuno conosce il significato di questi nomi che me lo faccia sapere...): ‘Cia (se non fosse per l’apostrofo penserei alla CIA, ma così...), MyGu (affettuoso per “Mio Guru”?), Atrevido (sincopato per: “A Trevi dono con abbondanza”?), OTO (acronimo per “Ormai Tutti vi Odio” oppure “Osate tagliare gli Ormeggi”?) , Melyon (Protagonista di un romanzo Fantasy?), Ventole (Fa caldo?), KEA3 (mi arrendo...).

E voi come chiamereste (o avete chiamato) la vostra barca?
Se siete al mare... prendete nota dei nomi delle barche e mandatemeli così li aggiungiamo a questa categorizzazione....

B.

 
 
 

When you wish upon a star...

Post n°109 pubblicato il 10 Agosto 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

Notte di San Lorenzo. Scrivo dal balcone del mare, con tutte le luci spente, un occhio al monitor, un occhio al cielo.
Nel vicino circolo ricreativo un gruppo di giovani rockettari suonano canzoni di Bob Dylan a tutto volume. Il chitarrista è bravo, il cantanto un po’ meno, ma ci stanno mettendo il cuore e la pancia ed è quello che conta, dopottutto.
Sono andata a cena in un ristorante talmente carino da sembrare veramente parte di un sogno. Il proprietario si chiama Lorenzo, tra l’altro.
Tornando verso casa ho chiacchierato con ragazzini undicenni che ammiravano Harvey. E ho provato la tenatzione di tirare due calci al pallone con loro. Sono negata ma mi attiravano lo spirito di squadra e le battutacce goliardiche.
Ora è il tempo di spegnere le luci e scrutare il cielo, cercando stelle cadenti e forse qualche risposta.
Ho sentito un po’ di persone che si preparavano una (più o meno realistica) lista di desideri.
Io non ho qui una lista, e una parte di me si chiede se dovrei averla.
Ho un paio di desideri (semplici semplici, nulla di sconvolgente) che affiderò volentieri alla prima luce in movimento che mi capiterà di scorgere.
Ma intanto che aspetto (e li ripasso... non sia mai che al momento oppurtuno un vuoto di memoria mi faccia perdere l’occasione della mia vita...) mi pongo anche un paio di domande.
Da dove nascono i nostri desideri? Da qualcosa che ci manca? Che avremmo sempre voluto? Qualcosa che abbiamo avuto, e perso? Qualcosa che non conosciamo ma vorremmo sentire nostro? Qualcosa da migliorare? 
I miei forse contengono una parte di tutti questi aspetti.
(E il che forse dovrebbe farmi capire che sono un po’ vaghi come desideri... forse se sapessi, o volessi, essere più precisa, avrei maggiori probabilità di vederli realizzati... o forse no?!).
Ma questi desideri: devono proprio venir realizzati dall’esterno (stella, destino, fortuna o qualsiasi altra ragione sterna volete vederci) oppure siamo noi a doverli individuare e poi lottare per realizzarli?
Questa domanda è più tosta, e anche decisamente più imbarazzante.
Uno dei miei desideri dipende senz’altro in gran parte da me e dal mio impegno.
Un altro (che ho già affidato mesi fa a un’altra stella cadente... ci sono stati cambiamenti ma non sono ancora ruscita a capire se positivi, insignificanti o perfino negativi... Se vedo un’altra stella ci riprovo...) di primo acchito pare non dipendere da me. E’ di quelli che sembrano adatti per una stella che transita di lì... non ne sa nulla di te... ma già che c’è ti da una mano.
Fa che domani trovi George Clooney con l’àncora incagliata nelle rocce, così gli do una mano e mi invita a cena” – non è il mio desiderio (scema sì, ma senza esagerare), ma rende bene l’idea della situazione su cui posso agire io ma solo fino a un certo punto. Se non lo manda la stella Clooney da queste parti mica ce lo posso mandare io....
Però ripensandoci bene... forse anche questo secondo desiderio (la mia “saggia” versione – non Clooney in barca ovviamente) non dipende solo dalle stelle, forse anche io posso dire la mia.
E questo pensiero mi dà da pensare (bella frase metacognitva...).
Allora le stelle servono solo come “catalizzatori” – per farci riflettere e renderci consapevoli di quello che davvero vogliamo? Allora devo darmi da fare io? (Almeno fino a un certo punto?).
Sono poco poetica e poco romantica, lo so. Guardo le stelle, aspetto le stelle cadenti e intanto mi dico “Sì, ma tanto qualcosina da te la puoi sempre fare se ti dai una mossa”.
Mi perdonerete...
Forse la verità sta nel mezzo. Ci vuole un po’ fortuna. La magia. La polvere di stelle. Ma poi ci vogliamo anche noi.
Sarà poco poetico ma mi piace come idea.
Ciao stelle.
Ci sono anche io.
Servo. Altroché se servo...!

E prima di chiudere il tutto e dedicarmi solo ad osservazioni astronomiche (perché parlo aprlo ma le voglio le mie stelle cadenti cui affidare i miei desideri, altroché se le voglio!) concludo con un’altra poco romantica ma secondo me saggia osservazione: “Attento a ciò che chiedi perché potresti ottenerlo”.

E voi cosa avete desiderato?

Buon S. Lorenzo a tutti!

B.

 
 
 

E per finirla con Cambridge… l’adolescenza

Post n°108 pubblicato il 03 Agosto 2006 da thefairyround

E’ passato decisamente un bel po’ di tempo da Cambridge, e la mia salute ancora un po’ barcollante, insieme alle 1000 cose da fare comunque, mi hanno impedito di scrivere prima la terza e ultima puntata!

Che cosa caratterizza una bella vacanza? Un bel posto? Imparare cose nuove? Fare esperienze (gastronomiche, culturali, sociali)?
Forse. Anche.
Secondo me la vacanza più bella è quella condivisa con persone con cui si sta veramente bene. Persone con cui puoi dare per scontate tante cose, essere te stesso, parlare di tutto.
Farti prendere in giro e riderci insieme.
Ballare Gloria Ganor in un pub e non sentirti idiota.

La vacanza a Cambridge e poi a Londra è stata così.
(Sì… ho lasciato il meglio da ultimo!).
Aggiungendo a questo clima il nostro essere abbastanza grulle (o rapsodiche) di nostro… è venuto fuori di tutto.

…Scoprire di avere la stessa borsa (come le 12enni modaiole!) e cercare un modo per convincere tutti che è la borsa di rappresentanza della nostra Università. “Fai bene una ricerca? E io ti regalo la borsa”  (magari…). Per 10 secondi sono riuscita a farlo credere a una congressita. Poi sono ingloriosamente scoppiata a ridere.

Ma la foto con le borse gemelle non poteva mancare!

… Sdraiarsi a leggere (cataloghi di negozi di cioccolato – una cosa da favola…. Per chi fosse curioso… o per chi volesse farmi un regalo [io ci provo…!]: www.hotelchocolat.co.uk) e dormire a piedi nulla sui prati dei college di Cambridge. La cosa più bella è che sospetto fortemente che fosse illegale per i non iscritti al college in questione.
Credo sia stato il momento in cui mi sono sentita davvero “parte del quadro”. Un’ora così vale più di giornate passate nei musei.

Andare a fare giri sulle canoe tipiche di Cambridge con tutti i congressisti e sentirsi rimbrottare dai compagni di regata (si dirà così?!) perché oltre a non stare mai zitte quando siamo passate sotto la versione locale del ponte dei sospiri abbiamo sospirato tutte insieme (e le altre volevano invece ascoltare la guida)… e che sarà mai un sospiro?!
Così per protesta abbiamo deciso di proteggerci dai loro pensieri maligni, con tanto di scuso magico (assomiglia a un ombrello ma vi assicuro che è uno scudo magico!).

Sempre mentre girovagavamo in canoa (cercando di rubare bevande dalle canoe vicine – visto che il caldo e il gran sospirare ci avevano messo sete) abbiamo anche socializzato con un gruppo di coreani. Noi cercavamo di salutarli e loro rispondevano con qualcosa che suonava come “A-wandah-aah!”.
Ma come suona bene questa esclamazione! Ci è piaciuto. E di molto. Provata a dirla con voce forte e convinta anche voi!
L’abbiamo così eletto a inno assoluto, grido di guerra, esclamazione di sorpresa, insulto, gioia, brindisi, e quant’altro. Il vantaggio è che basta cambiare intonazione e cambia totalmente il significato. Ve lo consiglio perché è molto utile in quelle occasioni in cui si sa bene cosa dire. Meglio di “Supercalifragilistichespiralidoso” di Mary Poppins – quanto meno è più conciso.

E poi che bello andare a provare i cappelli buffi ai mercatini….
La mia foto tra l’altro vorrei usarla per la prossima carta d’identità. Non so mai che professione mettere (psico-musicista non me l’accettano). E ammiraglio di vascello mi ispira!

Abbiamo anche fondato un nuovo partito (l’UCF) – e tenuto il discorso di presentazione ad Hyde Park Corner. Io sono stata eletta Ministro della Cultura!!! Ma per i dettagli di questa parentesi politica… vi rimando al blog del nostro premier l’esimia Morton0.

E per finire in bellezza….
Ho letto tutti i libri di Harry Potter (in inglese perché rendeva di più). Ho fatto un pensierino a mandare il mio CV alla scuola di Howgarts… Gli servirà un corsetttino di psicologia, no?!
Potevo perdermi il binario 9 e ¾?
Potevo non provare a prendere l’Howgarts Express?
Certo che no!
Ecco la testimonianza della mia prode impresa – vi prego di notare il carrello già a metà del muro (a riprova dei miei poteri magici) nonché lo stile un po’ antidato. È già pronta per la pubblicazione sul Daily Prophet. Se non la vedete muoversi… è perché purtroppo siete Muggles, sorry.

B.

PS Ma quando serve riesco anche a essere seria! Davvero!
PPS Un grazie e un abbraccio enorme a tutti i compagni di viaggio che con le loro vene di follia, di affetto e di simpatia hanno reso unici questi giorni!

 
 
 

Una piccola parentesi di emozioni

Post n°107 pubblicato il 31 Luglio 2006 da thefairyround
Foto di thefairyround

A volte quando la vita sembra assestarsi su un binario morto, quando non succede nulla capace di far palpitare qualcosa dentro, di far sorridere senza un perché... Proprio quando uno inzia a scoraggiarsi e a prepararsi a sospirare... Succede qualcosa di bello e inaspettato. Qualcosa capace di regalare un’emozione vera, profonda.
Incredibilemnte ne ho due da condividere con voi, prima di proporvi la terza puntata del mio viaggio in Inghilterra.

Un mio amico musicista ha composto un brano (tema e variazioni) per viola da gamba e strumento a tastiera (cembalo, organo, spinetta...). E – pensate un po’! – non l’ha composto tanto per fare esercizio... L’ha composto apposta per me!

Credo che anche una banale dedica alla radio mi darebbe il batticuore, ma avere un pezzo (9 pagine, mica due note) scritto apposta per me e per il mio strumento (anche quello complica non poco la faccenda per chi vuole giocare al piccolo compositore) mi ha obbligata a sedermi per riprendere fiato. Ora giro con la partitura in borsa tipo coperta di Linus!
Credo che sarà una di quelle cose che racconterò ai miei nipoti...

Oggi invece ho tenuto in braccio un piccola meraviglia di 10 giorni: Sofia. E’ la figlia di una mia amica che oggi sono andata a trovare. Mi ha fatto tenere la piccola in braccio, e sentire la sua testolina sul mio braccio, vedere le sue espressioni buffe, accarezzare le manine minuscole e perfette mi ha regalato un’altra di quelle emozioni che non capitano tante volte nella vita.

Gioiosamente vostra

B.

 
 
 

LA FORESTA INCANTATA

Foto "gambistiche" e montaggio di Alessandro Bonini
...grazie Ale! ;-)

 

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