Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Ottobre 2020

Fratelli tutti

Post n°3420 pubblicato il 11 Ottobre 2020 da namy0000
 

2020, FC n. 41 del 11 ottobre.

Evangeli Gaudium, la sua prima esortazione apostolica che, fimata nel novembre 2013, sembra richiamare quel ‹‹ripara la mia Chiesa›› di francescana memoria, perché essa possa ritrovare la gioia di annunciare il Vangelo.

 

 

‹‹”Fratelli tutti” scriveva san Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo››. “Fratelli tutti” è l’enciclica che papa Francesco ha composto e firmato ad Assisi il 4 ottobre 2020.

Papa Francesco apre questi 8 capitoli divisi in 287 paragrafi, spazzando via le polemiche femministe che si sono susseguite fin dal momento in cui è stato annunciato il titolo dell’enciclica.

 

Don Carmelo Torcivia non ha dubbi: ‹‹Fraternità è il nome della Chiesa-sacramento››. Nel Nuovo Testamento l’originale Greco adelfotes (inventato dalla Bibbia con questa desinenza quasi a voler rivendicare la necessità di una nuova fratellanza dopo il fratricidio di Caino su Abele) non indica tanto un amore tra fratelli (per il quale invece si usa il termine philadelphia), ma piuttosto una struttura, la Chiesa che diventa grembo, che, nel suo complesso, permette e favorisce il nascere e lo svilupparsi di questo rapporto. Dio in Gesù Cristo nostra pace, ha compiuto l’importante opera dell’abbattimento di tutte quelle barriere (ebreo e pagano, uomo e donna, libero e schiavo) che dividono gli uomini. Nessun uomo e nessuna donna possono dirsi esclusi dalla salvezza di Dio che sì realizza nella comunione universale di tutti gli uomini. Di questa fraternità universale la Chiesa è sacramento: “La Chiesa è in Cristo come un sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. Questa unità di tutto il genere umano si realizza concretamente attraverso strutture di fraternità, di cui la Chiesa è ancora segno, grazie al suo essere fraternità. Ancora nella Gaudium et spes afferma: “La Chiesa, in forza della missione che ha di illuminare tutto il mondo con il messaggio evangelico e di radunare in un solo Spirito tutti gli uomini di qualunque nazione, stirpe e civiltà, diventa segno di quella fraternità che permette e rafforza un sincere dialogo”. ‹‹dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la sua Misericordia - il credente è chiamato ad esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere››.

Questo comporta allora, come indica l’enciclica, che tutte le strutture  e le comunità in cui si articola la Chiesa debbano essere attente  ad alcuni criteri teologico-pastorali: l’inclusione di tutti gli uomini, evitando ogni emarginazione, e poi il reciproco sostegno, la condivisione delle decisioni attraverso l’esercizio concreto della sinodalità, l’attenzione a tutte le tipologie dei poveri, perché si realizzi una reale uguaglianza a partire dalla commune dignità umana, la cura del Creato.

 

 

Una strada, quella della fraternità, che ha avuto uno dei momenti più alti nella Dichiarazione di Abu Dhabi fermata il 4 febbraio 2019 con Ahmad Al-Tayyeb, il grande imam di Al Azhar. ‹‹Oggi sono due milioni i giovani musulmani che stanno studiando nelle università quell documento››, dice il giudice Mohamed Mahmoud Abdel Salam, segretario generale dell’Alto Comitato per la fratellanza umana, annunciando che saranno cento I giovani di tutto il mondo che saranno chiamati a fine mese prima a Roma e poi ‹‹ad Abu Dhabi, ma anche in Egitto›› per dedicarsi ‹‹alla riflessione, allo studio e al dialogo libero ed approfondito. Così facendo, l’Enciclica giungerà ai giovani, appartenente a religioni ed etnie diverse, con la speranza che possa costituire un passo nella direzione giusta, verso una fratellanza umana mondiale››.

 
 
 

Trattati come pacchi

Post n°3419 pubblicato il 10 Ottobre 2020 da namy0000
 

2020, Scarp de’ tenis, 9 ottobre. Stranieri trattati come pacchi.

L’operazione di sgombero del 2 luglio scorso ha complicato tutto. ‹‹L’intervento (lo sgombero dei rifugi di riparo) avrebbe dovuto dividere i braccianti in gruppi più piccoli e avvicinarli i luoghi dove lavorano. Peccato che ai sindaci interessati non era stato dato alcun preavviso per trovare un luogo adatto all’accoglienza e molti si sono rifiutati di accoglierli, cacciando i migranti dalle piazze dove erano stati portati e scaricati come pacchi dalle forze di Polizia – racconta Sabbatini -. Si è persa ancora una volta l’occasione di dare dignità, le persone sono state trattate come pacchi››. A molti è stato dato anche il foglio di via: divieto di rientrare a Saluzzo per due anni.

Piangeva, Ahmed (il nome è di fantasia), la sera dopo lo sgombero. Anche a lui hanno dato il foglio di via. ‹‹Sono dieci anni che lavoro qui a Saluzzo per la raccolta della frutta, non ho mai avuto il permesso di soggiorno, ma ho sempre trovato lavoro nella stessa azienda. Quest’anno ero felice perché pensavo che finalmente avrebbe potuto mettermi in regola, lui me l’aveva promesso, mi ha fatto venire, e invece non ho avuto niente››. Dopo lo sgombero Ahmed è andato dal datore di lavoro ‹‹ma mi ha mandato via. Ora mi dicono che me ne devo andare dall’Italia, ma sono dieci anni che vivo qui. Dove posso andare?››.

 
 
 

"Respinto"

Marco B., terza F. “Respinto”

Si chiama Marco. Oppure Giulio, Giuseppe. Nomi diversi, un unico volto. Per incontrarlo tocca tornare lungo i corridoi afosi e silenti di scuola, nel giorno in cui vengono esposti i tabelloni. Il cortile deserto e ancora profumato di urla, corteggiamenti, merendine al cacao. C’è sempre un nome così nell’elenco in bacheca. Il nome, l’unico, del bocciato. Respinto, non ammesso. Marco B., terza F.

A lui resto attaccato nei vuoti di questa estate anche se non c’è, figurarsi, più visto, chi è? È Marco. Che conosco, riconosco, perché somiglia sputato ad un altro, a un Giulio o un Giuseppe, passati accanto e scomparsi, perduti, respinti, appunto, da una parete gommosa al punto da non produrre rumore. Respinto. “Che peccato”. Sono ragazzi grossi nel fisico, robusti, con un che di curioso, un andamento, un modo di guardare in terra. Ragazzi che ridono sempre, anche quando beccano 2, oppure “gravemente insufficiente”, come si dice ora. Che offrono, in quel ridere fuori tempo, la misura del loro disagio. Ride. E giù a ridere gli altri, senza nessuno che si diverta davvero perché si capisce che qualcosa stona, manca, e dove sia svanito quel qualcosa nessuno lo sa. A Marco, Giulio, Giuseppe così resto appresso, ai suoi gesti scoordinati e all’apparenza violenti, al suo fare sbruffono e arrogante che dura il tempo delle lezioni e poi evapora mentre pure lui si annienta in un autobus arancio o azzurro da strada provinciale che lo porta via, chissà dove, in un nulla suo soltanto, in una strada troppo distante dall’attenzione mia, nostra, di chi lo incontra per ore dentro la classe, intrappolato e invisibile, confuso nell’arredo. Piastrelle, cemento. Linoleum verde chiaro. Andato, tornato, per mesi così. Giorni conclusi in una casa sempre un po’ fredda, in una stanza sempre un po’ spoglia. Bicicletta, forse un motorino. Inter, Juventus, ragazze che chiama “fighe”, la sigaretta in bocca, con un’aria da ceffo, da duro per finta. Poi e magari, un padre che non c’è, oppure lo mena, l’ha menato, dimeticandolo da qualche parte una volta di troppo, una sola, accidenti, chissà quando, “Ma quando mai?” Oppure una mamma distratta anche lei, con le unghie ai minimi termini e la propria bacheca, quattro foto dentro l’armadio, doppiofondo, cassetto segreto. Bar con videopoker. Una pozzanghera che si restringe ma non si asciuga, macchè, nemmeno ad agosto o se smette di piovere un mese. Mi viene da dire che no, non è vero, mi sbaglio. Balle, impressioni deviate. Suggestioni, ansie tardive un po’ sciocche. Mi viene da chiedermi conto, con un vago senso di colpa, da dirmi e dire, alzando la voce: ma insomma, bastava niente. Mi viene da fare il tifo. Essere lì, nel momento in cui legge la scritta in bacheca, come detto, “Respinto”, e poi quando altrove sarà, a rendere conto di questo pasticcio, sperando che la questione si ingrossi, diventi un casino, una cosa gravemente importante oltre che “insufficiente” per qualcuno che non sia lui soltanto. Mi viene da fare e sudare come se da me dipendesse. Una penitenza, una restituzione idiota, in mancanza di altro, mai fatto, mai dato. Marco, o Giulio, Giuseppe. Solo. Specchiato nel vetro della bacheca. Già indietro, indietro resta. Somiglia a un peccato simbolico, senza redenzione. Come se fosse lui il primo, il solo di una schiera anonima e infinita che indietro lasci ogni giorno e indietro si perde, a misurare una sconfitta larga, la mia insopportabile impotenza.

È solo un anno, è solo scuola, “Va là che ti fa bene”.

Ti fa bene Marco? Non penso. Mai lo saprò (Giorgio Terruzzi, 62 anni, giornalista, Scarp de’ tenis, Agosto-settembre 2020).

 
 
 

Carolina

Carolina

Carolina inforca la bici, e parte per il giro quotidiano.

Contromano in piazza della chiesa, ma vabbe’. I vigili la conoscono, sanno che è un po’ particolare. Particolare, e a suo modo intraprendente: pure troppo. Con frequenza regolare fa arrabbiare gli operai del Comune, perché raduna attorno ai cestini i rifiuti sparsi lungo le strade del paese, creando cumuli che provocano le rimostranze dei residenti. Ma Carolina ha la fissa della pulizia. E non può fare a meno di raccattare. L’opera che svolge non è del tutto corretta, in termini di smaltimento, ma serve a rimuovere il frutto dell’inciviltà dei tanti che se ne fregano, del decoro e dell’igiene pubblica. Carolina sarà singolare: ma il suo senso civico non si discute.

Purtroppo, una tale reiterata dimostrazione di responsabilità non le è valsa, finora, un’occupazione stabile. Conto in banca risicato, fallimento coniugale alle spalle, Carolina è una cliente periodica dell’assistente sociale. Che qualche opportunità di lavoro in passato gliel’ha trovata. Ma sempre tirocini, situazioni passeggere. Adesso, però, terminato il lockdown, è tempo di grandi pulizie. Detergere, sterilizzare, sanificare: il nuovo podio degli imperativi categorici, giustificata benché a tratti paranoica grande fissa universale. Che qualcuno, poi, deve pur tradurre in operatività: spazzolone, stracci, panni, spruzzini, detersivi, soluzioni idroalcoliche… E tanto olio di gomito.

 

E così, Carolina da fine giugno ha un contratto. Assunta a tempo determinato da una cooperativa sociale. Come lei, diversi altri soggetti fragili, svantaggiati, da tempo disoccupati. L’assistente sociale ne ha piazzati ben quattro. E la cooperativa – incaricata dai Comuni – li fa lavorare nei centri estivi, nei parchi gioco, nelle arene degli spettacoli all’aperto.

 

Ovunque ci siano bagni (anzitutto), ma anche pavimenti, tavoli, sedie, giochi, attrezzature da pulire, dopo ogni uso, dopo ogni gruppo che si alterna, prima che mani e corpi diversi si posino sulle medesime superfici. Esagerare in igiene, di questi tempi, è più consigliabile che rischiare anche un solo nuovo caso di Covid-positività.

 

Per Carolina, e per tanti come lei, l’estate della pandemia ha dunque il volto di un’opportunità insperata. Che promette di protrarsi all’autunno e all’inverno. Perché bisognerà riaprire anche sale e palestre e auditorium, e intensificare i turni di pulizia. Gli addetti ordinari non basteranno. E committenti pubblici e privati continueranno a richiedere manodopera.

 

D’altro canto, per una o cento Caroline che hanno trovato un contratto, e un piccolo stipendio finché dura, ci sono, soprattutto nel cuore delle metropoli, nei quartieri dei servizi finanziari, bancari, assicurativi, del terziaro avanzato, ma anche in certi distretti industriali, i tanti Ruben, o Rosa, o Felipe che si occupavano di tener lindi e ordinati uffici desertificati dallo smart o homeworking che dir si voglia, e che oggi si ritrovano disperatamente disoccupati. Nessuno è ancora in grado di quantificare gli effetti della pandemia nel settore delle pulizie: saldo occupazionale ed esistenziale appeso a un virus. La vita per tutti è un ottovolante: per chi abita i piani bassi, lo è violentemente di più (Paolo Brivio, 53 anni, giornalista, Scarp de’ tenis, agosto-settembre 2020)

 
 
 

L'Amore di Gesù per la Natura

L’Amore di Gesù per la Natura

Il tema ritorna spesso, specialmente nelle parabole, accanto alle esperienze della vita domestica e  gli sociale. Anche per questo egli appare alle folle come un predicatore affascinante.

‹‹Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro›› (Matteo 6,28-29). Gesù è un predicatore affascinante (‹‹Mai un uomo ha parlato come quest’uomo!›› confessano le guardie inviate ad arrestarlo, Giovanni 7,46) perché la sua è una parola che parte dalla concretezza quotidiana. È un mondo di contadini, pastori e pescatori, di semi, di terreni aridi, erbacce, messi, vigne, fichi, pecore, cagnolini, uccelli, pesci, serpi, scorpioni, avvoltoi, persino di tarli e dei chicchi microscopici di senapa.

C’è nei suoi discorsi anche la meteorologia con i venti di scirocco e tramontana, i lampi balenanti, le piogge e le siccità, il giorno e la notte. E naturalmente è coinvolta tutta l’umanità con le sue figure tipiche nel lavoro, nella famiglia, nella politica e nella società. Cervantes nel suo celebre romanzo Don Chisciotte riesce a ricordarci con una pennellata lo stile ‹‹ecologico›› della predicazione di Gesù, evocando anche due passi del Discorso della montagna: ‹‹Dio non abbandona né i moscerini, né i vermiciattoli della Terra, né gli animaluzzi delle acque; ed è tanto pietoso che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e piovere sopra i giusti e gli ingiusti›› (si veda Matteo 6,26 e 5,45).

Nulla è insignificante davanti a Dio: ‹‹Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio›› (Luca 12,6).

Naturalmente Dio non ignora la sua creatura più amata, l’uomo, e a segue fin nei particolari fisici: ‹‹Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: voi valete più di molti passeri›› (12,7). A rivelare questo amore di Cristo per la Natura sono soprattutto le parabole, il genere letterario da lui più usato per rappresentare il Regno di Dio, ossia quel progetto universale di verità, pace e giustizia che siamo invitati a realizzare nella storia insieme al Creatore.

Ora, nei racconti parabolici – variamente computati dagli studiosi, da almeno 35 fino a oltre 70, secondo le classificazioni che inglobano talora anche i paragoni più ampi o le metafore espanse – ritorna spesso, accanto alle esperienze della vita domestica e sociale, la Natura. C’è il seminatore che getta il seme nei terreni molto diversificati della regione palestinese; c’è l’attenzione al seme che spunta nella notte, anche quando il contadino dorme; c’è il citato chicco di senapa, sul quale ritorneremo in futuro; c’è l’incubo della zizzania che inquina il campo di grano.

C’è il lievito impastato nella farina dalla casalinga, così pure un deposito di monete d’oro celato in un terreno campestre; c’è la rete colma di pesci non tutti commestibili perché alcuni di essi non corrispondono alle regole di ‹‹purità›› sancite dalla Bibbia, così come si fa riferimento alla perla, frutto dell’ostrica; c’è la pecora riottosa che si perde negli anfratti rocciosi; ci sono le vigne coltivate da operai precari, oppure da vignaioli cupidi e criminali.

Entra in scena anche il fico senza frutti, così come gli squilibri del benessere, con il ricco che banchetta fino all’eccesso lasciando al povero le briciole (l’‹‹inequità›› di cui parla spesso papa Francesco) , e con il capitalista che accumula derrate nei suoi granai, ignorando che su di lui incombe la spada della morte. Gesù è, quindi, un predicatore che non vaga nell’astratto, ma che percorre con il suo uditorio le strade polverose della vita e del mondo (Gianfranco Ravasi, FC n. 40 del 4 ottobre 2020).

 
 
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Ottobre 2020 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
      1 2 3 4
5 6 7 8 9 10 11
12 13 14 15 16 17 18
19 20 21 22 23 24 25
26 27 28 29 30 31  
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

ULTIME VISITE AL BLOG

namy0000monellaccio19cassetta2lcacremaprefazione09annamatrigianonoctis_imagoacer.250karen_71m12ps12Penna_Magicanonnoinpensione0donmarco.baroncinilisa.dagli_occhi_bluoranginella
 

ULTIMI COMMENTI

Grazie per aver condiviso questa esperienza così intensa e...
Inviato da: Penna_Magica
il 08/02/2024 alle 11:19
 
RIP
Inviato da: cassetta2
il 27/12/2023 alle 17:41
 
Siete pronti ad ascoltare il 26 settembre le dichiarazioni...
Inviato da: cassetta2
il 11/09/2022 alle 12:06
 
C'è chi per stare bene ha bisogno che stiano bene...
Inviato da: cassetta2
il 31/08/2022 alle 18:17
 
Ottimo articolo da leggere sul divano sorseggiando gin...
Inviato da: cassetta2
il 09/05/2022 alle 07:28
 
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963