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Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 19/12/2020

Impianti di risalita chiusi

Post n°3484 pubblicato il 19 Dicembre 2020 da namy0000
 

2020, Reinhold Messner, 76 anni, alpinista, esploratore, scrittore e politico, FC n. 51 del 20 dicembre.

«La montagna non è solo discesa. Anzi, è soprattutto salita. E la si può capire solo se si sale». Fedele alla sua filosofia di vita, Reinhold Messner condivide l’ultimo Dpcm del Governo che ha confermato il divieto di apertura degli impianti da sci nel periodo natalizio: «Bene la chiusura di seggiovie e skilift. Io, poi, eliminerei per sempre gli “aperi-sci”, vera causa dei contagi in montagna. Prima la salute, poi il resto. Male, invece, il fatto che ancora una volta l’Europa non si sia coordinata per decidere unitariamente su questa importante questione», ha affermato l’alpinista altoatesino. Aveva infatti auspicato che le Alpi e l’Europa cogliessero «l’occasione per dimostrare che la montagna non è solo un’industria, e che la Ue non è solo una somma di lobby statali».

Pare almeno che Roma abbia recepito il suo appello affinché «non si ripetano a Natale gli errori commessi in estate».

«Certo. Pare che anche in Francia, Germania e Austria abbiano deciso di chiudere almeno fino al 7 gennaio. La Svizzera, invece, che non fa parte della Ue, e a livello di contagi è messa peggio dell’Italia, terrà aperto. Auspico che l’Europa parli con una sola voce, altrimenti prevarranno sempre i populismi e gli egoismi: “Lascio aperto, così ti rubo i clienti”. La democrazia è fatta di compromessi e di scelte per procedere in una sola direzione e non in ordine sparso. Purtroppo constato, invece, che sulla questione della montagna e della sua economia la discussione è ancora molto superficiale».

In che senso?

«Chi guida l’Europa pensa ancora che chi sale in montagna di inverno vada solo sulle piste da sci. Ma la montagna di inverno non è solo discesa: possiamo godere dei monti anche andando a piedi, camminando, slittando, o entrando nel bosco con le ciaspole. Insomma, ci sono tante alternative allo skilift e alle piste frequentate da molta, forse troppa gente».

Resta il fatto che l’attuale economia turistica alpina invernale (che in Italia significa circa 7 miliardi di euro e 400.000 soggetti attivi nell’indotto) gira attorno agli impianti di risalita e allo sci.

«Vero, ma più importante degli impianti sono le strutture ricettive, gli hotel, che rappresentano l’ossatura principale del nostro turismo, anche dal punto di vista del numero di occupati. Gli introiti del turismo nel Sud Tirolo si dividono più o meno a metà tra quello invernale e quello estivo. Dirò di più: gli impianti di risalita, da soli, sono spesso in perdita e si sostengono con sovvenzioni».

Non teme che fermando gli impianti si metta in ginocchio l’intera economia che tiene in piedi la montagna e che alla lunga ciò favorisca l’abbandono? Il presidente del Veneto, Zaia, ha parlato di questione di sopravvivenza vera e propria.

«È vero che gli impianti prevedono l’utilizzo di molti collaboratori e sono una chance stagionale in più per chi vive di agricoltura in montagna. L’economia montana ha tanti aspetti e attività intercomunicanti. Se perdiamo l’agricoltura in altura si rischia di perdere anche un motivo di attrazione sempre più importante costituito dalla bellezza delle terre lavorate da migliaia di anni, che hanno impreziosito questo paesaggio. I turisti non vengono in montagna solo per salire sulle crode. Dove la montagna è “crollata” perché la gente se ne è andata per andare a lavorare nelle fabbriche in pianura, il turismo è crollato con essa».

Quindi bene “chiudere la montagna” a Natale?

«Certo. Lo ripeto: il regalo più bello che le istituzioni possono fare ai cittadini per le festività è dare prova di aver individuato le priorità: la salute prima di tutto. Ma se si verificasse questa situazione ancora nei prossimi due-tre anni, per noi sarebbe un dramma: gli alberghi chiuderebbero e molti contadini si troverebbero senza lavoro. Proprio per questo si deve evitare che la pandemia si riproponga. E poi bisogna essere lungimiranti: lo sci di pista è già da qualche tempo in calo, anche perché sciare costa sempre di più. Una settimana bianca si può impegnare sciando un giorno, e negli altri dedicandosi ad altre attività in mezzo alla Natura, godendosi la bellezza della neve, dei paesaggi, dei borghi».

Il presidente della Provincia autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher, ha detto che non ci sono le condizioni per aprire la stagione invernale e ha anticipato il Governo italiano autoproclamando la Provincia “area rossa”.

«Ha fatto bene. Ha pure chiamato i cittadini in massa a fare il test immunologico, e i sudtirolesi hanno risposto, dimostrando di essere ligi alle regole».

Come passerà il Natale?

«Rimanendo a Castel Juval, dove abito, tenendomi distanziato da tutti».

Un consiglio ai lettori amanti della montagna?

«Di seguire le regole del distanziamento, con la consapevolezza che prima o poi la pandemia finirà. Con il vaccino ne usciremo presto. L’anno prossimo volteremo finalmente pagina».

 
 
 

Rinata con la musica

Post n°3483 pubblicato il 19 Dicembre 2020 da namy0000
 

2020, FC n. 51 del 20 dicembre.

Io rinata in casa di riposo con la musica

Vivendo da sola mi stavo spegnendo. Qui invece tutti mi coccolano e ho riscoperto il piacere di suonare. Mai, però, avrei pensato di finire in Tv

È facile immaginare il suo sorriso mentre al telefono risponde: «Come sto? Bene. Ma soprattutto sono felice». Nerina P., 81 anni, ha conquistato tutti a Tu si que vales, il talent show andato in onda su Canale 5. Non solo per la sua bravura di pianista che le ha permesso di arrivare fino alla finale. «Io ci sono andata non per mostrare la mia abilità, ma per lanciare un messaggio: le case di riposo non sono un luogo triste dove si aspetta la morte. Io, anzi, sono ringiovanita».

 

Un messaggio molto forte in un anno in cui il coronavirus si è portato via migliaia di persone ospiti delle Rsa. La sua storia è una vera favola ricca di colpi di scena e di coincidenze che, secondo Nerina «non sono frutto del caso. Da credente, sono convinta che dietro ogni cosa ci sia un preciso disegno».

 

Ripercorriamola allora, questa storia così ricca di speranza, ma dove, come ogni favola che si rispetti, ci sono anche stati tanti duri ostacoli da affrontare. «Sono stata docente al Conservatorio di Torino. Accompagnavo al pianoforte gli allievi di canto. In più facevo concerti, spesso a quattro mani con mia sorella Wally. Al Conservatorio ho anche conosciuto mio marito, un bravissimo basso/baritono: si chiamava Nicola Bosio». E qui la voce di Nerina si ferma un po’. «Io non sono mai stata bella e non ho mai fatto nulla per sembrarlo. Ma a Nicola sono andata bene così, ed è stato un matrimonio bellissimo».

 

Gli anni trascorrono felici fino al 1996 (aveva 57 anni). «Dopo un concerto, mi sono sentita male: delle vertigini terribili. Gli episodi si sono ripetuti, e allora ho chiesto di andare in pensione». Ma le difficoltà erano solo all’inizio.

 

Una serie di vicissitudini familiari portano la coppia a vendere la loro grande casa per trasferirsi in un alloggio più piccolo. «Abbiamo dovuto svendere i nostri due pianoforti perché non c’era spazio. Ma non ci è pesato, perché non avevamo più voglia di suonare, anche se la musica era stata la nostra vita». Nel 2005 (66 anni), l’amato Nicola muore, seguito qualche anno dopo dal loro unico figlio, mentre la sorella Wally si ammala di Alzheimer.

 

«Mi sono ritrovata sola con mia nuora e mio nipote. Sono molto legata a loro, ma non avevo qualcuno con cui condividere un ricordo. Non avevo neanche più voglia di farmi da mangiare. Insomma, la solitudine mi stava spegnendo. Così ho pensato di ritirarmi in una casa di riposo».

 

Da un anno Nerina è ospite della Residenza Chianoc di Savigliano, in provincia di Cuneo. «È cambiato tutto. Vedevo una signora di 97 anni che sembrava un fiammifero e mi sono detta: “Qui devo tirarmi su pure io”. E poi ho finalmente trovato persone con cui rivivere l’infanzia, le mamme e le nonne davanti al camino con il paiolo pieno di polenta, i giochi per strada: tempi felici, nonostante la povertà».

 

E qui inizia la seconda parte della favola. Un’infermiera, Cristina, riconosce in quell’ospite la pianista Nerina P. «Le ho detto che non suonavo più. Lei sapeva che una collega aveva a casa una pianola che non usava. Così l’ha portata qui. La prima volta che ho messo di nuovo le mani sui tasti, facevo fatica pure a fare la scala di do maggiore». Ma le coincidenze non sono finite. Anche la caposala, Clemy C., la riconosce perché due suoi cugini, Natascia e Ivan, affermati pianisti, erano stati allievi prima suoi e poi di sua sorella Wally.

 

A questo punto, lasciamo per un attimo la parola a Ivan C.: «È stato bellissimo rivederla dopo tanto tempo. Con mia sorella organizzo ogni estate qui vicino, a Cervere, una rassegna musicale, l’Anima Festival. Ho chiesto a Nerina se se la sentiva di tornare sul palco dopo 24 anni, e lei ha accettato. La sua esibizione è andata talmente bene da essere notata dagli autori di Tu si que vales, che ci hanno contattato per chiedere se voleva partecipare come concorrente».

 

Così, Nerina si è rimessa a suonare seriamente, e a novembre si è presentata davanti ai giudici della trasmissione: prima li ha commossi, raccontando la sua storia, e poi li ha conquistati, eseguendo la Marcia alla turca di Mozart, guadagnandosi con il massimo dei voti l’accesso alla finalissima.

 

«Io l’ho accompagnata», ricorda Ivan, «e sulla strada del ritorno ci è venuto in mente di eseguire per la finale la Danza ungherese di Brahms che Nerina aveva eseguito tante volte in coppia con sua sorella». I due non hanno vinto, ma per Nerina essere su quel palco ha avuto un valore molto superiore, perché ha potuto dire, davanti a milioni di italiani, quanto è fortunata a vivere in una casa di riposo: «Sono circondata da angeli che in questi mesi, anche quando erano bardati come palombari bianchi, per proteggersi dal coronavirus, si sono sempre presi cura di me con tanto amore. Anche in Tv sono stati tutti molto carini con me: mi chiamavano la “nonnina”. Ricordo in particolare la gentilezza di Gerry Scotti, e poi Bélen che è venuta dietro al pianoforte a stritolarmi con un abbraccio. Ho sempre amato le coccole, e se qualcuno mi vuole bene mi dona dieci anni in più di vita».

 

Al ritorno a Savigliano, Nerina ha trovato un bellissimo regalo: un nuovo pianoforte, dono di un musicista vicentino che è rimasto colpito dalla sua storia. «Ora ho ripreso a suonare tutti i giorni. Ogni volta in corridoio trovo qualcuno che mi chiede: “Allora stasera cosa ci suona?”. Le signore qui sono molto romantiche e mi chiedono sempre i Notturni di Chopin». Non solo: Nerina ha ripreso a fare anche l’insegnante, ai suoi “fratelli e sorelle” come li chiama lei, ma anche alle infermiere. «Ora siamo tutti impegnatissimi a preparare uno spettacolino per Natale. La musica che avevo abbandonato mi ha riagguandato per donarmi di nuovo tanta gioia».

 
 
 

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