Creato da viburnorosso il 02/06/2011
speculazioni non edilizie

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2014 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30        
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 27
 

Ultime visite al Blog

cassetta2gianbytePRONTALFREDOLaFormaDellAnimaarianna680maristella750natalydgl7cerebrale_62vladimiromajakovskijlucille.nelventodaunfioremauriziocamagnaJabel.Rmoonatikaiaje_est_un_autre
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
 

Messaggi di Aprile 2014

Zia A.

Post n°380 pubblicato il 30 Aprile 2014 da viburnorosso

Zia A. non si è mai sposata ed è rimasta zitella. Non single, come si direbbe oggi, ma proprio zitella. Zia A. infatti appartiene a quella generazione che una donna, se a 25 anni non si era ancora sposata, veniva definitivamente considerata una zitella.

Zia A.,  tuttavia, avrebbe potuto avere tutti i mariti che voleva, se solo effettivamente l’avesse voluto. Magari scegliersene uno tra i tanti corteggiatori che l’aspettavano sotto casa con un mazzo di fiori o una scatola di cioccolatini, perché i corteggiatori, carina come era, non le erano mai mancati!

Ma i vecchi zii, quelli che l’avevano cresciuta quando da bambina aveva perso il padre e sua mamma si era dovuta mettere a lavorare, i vecchi zii, dicevo, le impedivano di ricambiare queste attenzioni anche solo con un sorriso. E così lei tirava dritto senza degnare i suoi spasimanti di uno sguardo.
Gli zii avevano in mente altri progetti per lei: doveva sistemarsi con il nipote di nonno Angelino.
Peccato solo che i due si stessero reciprocamente indifferenti.

E così è finita che zia A. è rimasta zitella.
Per una forma di soggezione che impediva al suo disappunto di diventare ribellione, e in fondo, mi piace pensare, anche per amore della sua indipendenza. 
Perché a  star da soli, del resto, ci si abitua presto e bene. Sicché poi passa la voglia di barattare i propri sacri riti privati con lo sfinimento della quotidianità verso cui inevitabilmente approda la coppia.

Deve essere stato questo che zia A. ha pensato fintanto che la vita ha continuato ad offrirle occasioni, quando oramai adulta avrebbe potuto fare liberamente le sue scelte, senza più temere di dispiacere ai vecchi zii.

Ma credo che allora si fosse già affezionata alle sue solitarie abitudini.
Lavorava in un negozio di antiquariato ai Parioli e guadagnava quel tanto che le bastava per vivere dignitosamente, concedersi una mostra ogni tanto, e addirittura fare tutte le mattine la colazione con il cappuccino caldo e il maritozzo con la panna al caffè Hungaria. In verità questo era un piccolo lusso al di sopra delle sue possibilità, tant’è vero che spesso la sera si accorgeva di non avere abbastanza spiccioli per prendere il tram, e allora tornava a piedi fino in Prati. Più di un’ora di camminata attraverso Villa Borghese.
Ma il bello di vivere soli, è che non devi correre a casa per preparare la cena a qualcuno.

In ogni caso, se andrai a farle visita, puoi stare certo che troverai la tavola imbandita col servizio buono, lei ti preparerà la sua leggendaria insalata russa fatta in casa o la crostata con la marmellata di prugne, e se porti i bambini, ti farà trovare anche un sacchetto di gelatine alla frutta di Castroni, quelle con i granelli di zucchero sopra, che la pera sa veramente di pera, e l’arancia di arancia.
Perché quando si è liberi dalle incombenze quotidiane, l’ospitalità diventa un piacere.

Tutte le mattine zia A. prende un bus, il primo che passa e va a farsi una passeggiata. Ai musei Vaticani per esempio è stata almeno 3 volte negli ultimi mesi.
Certe volte va anche al mercato dei fiori, magari non compra nulla, però le piace camminare tra le piante, che in fondo è come andare all’orto botanico però senza pagare il biglietto.

Il sabato però zia va a fare la badante a casa della signora Ada. Si è  presa questo lavoretto per arrivare più serena a fine mese: del resto, ora che è in pensione di  tempo gliene rimane tanto. E poi dalla signora Ada oramai la considerano una di famiglia. L’hanno pure invitata alla grande festa per il compleanno della signora, quando ha compiuto 100 anni. Per settimane non hanno parlato d’altro.

È stato il giorno che poi, mentre tornava a casa, sul bus, una signora ha preteso che le cedesse il posto a sedere, mostrandole l'età segnata sulla sua carta d'argento.
A zia ovviamente è  seccato un po’ alzarsi, anche perché era stanca pure lei a quell’ora della sera, e poi la signora aveva un piglio così spavaldo che faceva venire voglia di risponderle per le rime.
Brandiva la sua età come una spada, ed era convinta che la sua fosse più affilata di tutte.
Io al posto suo mi sarei arrabbiata, ma a zia invece è venuto da ridere.
Sarà che il tempo insegna a prendere le cose con leggerezza.
E lei di leggerezza ne ha imparata davvero tanta.

Molta più degli 84 anni segnati sulla sua carta d'argento.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Giostre eoliche

Post n°379 pubblicato il 19 Aprile 2014 da viburnorosso
 
Tag: sole, vento

Il vento spazza i residui di mattinata dalla terrazza del caffè e li avvita in mulinelli.
Uno scontrino insegue delle foglie secche, una pagina di giornale si avvolge attorno a dei fiocchi di polline. 

Piccole giostre accese di sole: ci passo in mezzo cercando di non calpestarle.
Il giradischi dei pensieri mette su una musica da luna-park e fa partire il ricordo di un ricordo: tre tiri - mille lire, e un pesciolino rosso da portare via in un sacchetto  pieno d’acqua.  
E se poi si rompe il sacchetto, pensavo, intimorita ed insieme eccitata al pensiero di maneggiare quell’involucro sfuggente?
Un desiderio sbiadito e abbandonato senza essersi mai realizzato.
Il pesce rosso salta fuori con un guizzo dall’acquario della memoria e a girarmi attorno ai piedi rimangono solo vortici di sporcizia e detriti di marciapiede.

Certe volte, in alcune giornate gelide e terse di primavera, il sole tende un inganno di tepore a cui la fantasia subito si aggrappa, opponendo una tenue e strenua resistenza al vento che cerca di soffiarli via. Entrambi.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Piezo-rap

Post n°378 pubblicato il 14 Aprile 2014 da viburnorosso
 

Yo soy Gufetto 
[zzz-zzz]

Y vivo in Australia* 
[zzz-zzz]

Yo soy Gufetto 
[zzz-zzz]

Y vivo in Australia 
[zzz-zzz]

Y tengo el ritmo con el gas  
[zzz-zzz]

Y tengo el ritmo con el gas!
[zzz-zzz]

 

 

Indubbiamente lo studio dello spagnolo e il piezoelettrico della cucina a gas offrono nuovi interessanti spunti per i virtuosi del rap casalingo.

 

______________________________________________________________________

* Notare come la verosimiglianza autobiografica venga sacrificata in nome delle esigenze metriche.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Intuizioni etimologiche, ovvero l’insostituibilità dei derivati del petrolio

Post n°377 pubblicato il 11 Aprile 2014 da viburnorosso

Ieri ho fatto una scoperta.
Avete presente il Mater-Bi®? Quell’inutile materiale fintoplastico con cui ora fanno le buste della spesa?
Quelle che odorano di pop-corn e si aprono come cozze mentre le trasportate dalla macchina all’ascensore? Ecco, bravi, proprio quelle!

Dicevo, il Mater-Bi®, ho capito perché si chiama così!
Perché i nomi mica si danno a caso! Sono infatti il frutto di scelte ragionate e spesso contengono allusioni sottili, che rimandano, attraverso associazioni di tipo metonimico, a qualche qualità intrinseca del prodotto, o al luogo dove viene fabbricato, o al suo inventore.
Poi in questo caso c’è dietro anche tutto un progetto di ecosostenibilità applicata al quotidiano: siamo sempre più propensi a scegliere  prodotti naturali, controllati, zerochilometrizzati; è bello sapere che una volta acquistati andranno a finire in un sacchetto riciclabile prodotto con materiale vegetali!
Questo ci rende dei consumatori consapevoli, attenti non solo a quello che acquistiamo, ma anche a come lo trasportiamo!

Ma torniamo al nome.
Mater richiama ovviamente, con tutta la dignità della lingua latina,  il concetto di madre, di colei che ci ha messo al mondo e ci ha donato la vita.
E Bi?
Beh, Bi è un riferimento, celato dietro alla lettera dell’iniziale, alle attività orali della suddetta madre.
Insomma, Mater-Bi® sta indubbiamente per “madre bo******ra”!1

Ho avuto l’illuminazione ieri, alle sette di sera, alla fine di una lunga giornata di lavoro, quando carica di buste della spesa, oramai giunta davanti alla porta di casa, uno dei sacchetti ha ceduto con uno schianto secco.
Una bottiglia da un litro di aceto (fortunatamente) bianco e un barattolo di maionese da mezzo chilo2 hanno colto l’occasione per dare immediata dimostrazione della fragilità del vetro. Per non dire della sua insidiosa affilatezza quando cerchi di raccoglierlo e buttarlo via in una in uno di quei simpatici sacchetti di Mater-Bi® per la raccoltà differenziata dei rifiuti.
E le schegge lunghe un millimetro, ma capaci di rigarti chilometri di parquet? E quel lieve afrore di insalata russa che ti accoglie davanti alla porta di casa.

Ma perché tutta questa sofferenza?
Non è possibile riavere indietro le buste di plastica? Quella vera, fatta coi derivati del petrolio? 
Che se una balena ne ingoia una rimane spiaggiata a Capocotta, ma io almeno riesco a portare la mia spesa integra fino al frigorifero? 

 

 

_________________________________________________________________________ 

1) Da cui viene fatto derivare il noto appellativo con cui nel mio delicato idioma ci riferisce alla progenie di suddetta madre.

2) In aggiunta alla scoperta del giorno, ho verificato anche che, indipendentemente dalle sue proprietà organolettiche, la maionese in barattolo, oltre ad essere perfettamente solubile nell’aceto, ha la viscosità adatta per sostituire la cera per pavimenti, nel caso doveste esserne sprovvisti. Non ho verificato però se sia possibile anche il contrario, ovvero se la cera per pavimenti dia risultati altrettanto soddisfacenti sulle patatine fritte.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

L’attacchino acrobatico

Post n°376 pubblicato il 10 Aprile 2014 da viburnorosso

Quando il prof. di tecnica chiese che mestiere facessero i suoi genitori, Cioccoloni rispose che il padre era un attacchino.
Io sul momento non capii cosa intendesse, e neanche il prof. di tecnica, ma lui spiegò serio a tutta la classe che l’attacchino è colui che attacca i manifesti pubblicitari.
A me venne da ridere: all’epoca non pensavo neanche che i manifesti pubblicitari necessitassero di qualcuno per essere attaccati, forse perché credevo che venissero direttamente fuori dai cartelloni su cui stavano affissi, un po’ come i ragni che nascono dagli angoli del soffitto, dove improvvisamente, un giorno, dal nulla, sbuca fuori una ragnatela.

Del resto da ragazzi si è ancora così immersi nella meraviglia del mondo che viene naturale cercare spiegazioni straordinarie a fatti ordinari.
Crescendo, invece, ci si abitua alle incredibili leggi fisiche che governano l’universo*, e ci si stupisce solo di fronte a ciò che apertamente le sfida.

Come l’attacchino che ho incrociato ieri mattina.
Stava arrampicato in cima ad una scala lunghissima che si protendeva verso il cavalcavia sotto al quale dovevo passare.
Con la mano sinistra si tiene appeso al suo esile sostegno e con la destra sceglie dal mucchio gocciante di acqua e colla il pezzo giusto da attaccare.
Ne fissa l’estremità al bordo del cartellone, e poi con gesto fluido, calandosi lungo i gradini della scala, passa la spazzola sulla carta, lisciandone grinze e pieghe.
Se un lembo del manifesto si ripiega su se stesso, lo stacca con la stessa naturalezza con cui si solleva un tovagliolo dal tavolo, lo rimette giù perfettamente in piano e lo tira a lucido intingendo di nuovo lo spazzolone nella soluzione collosa.
Poi sposta leggermente la scala, risale, sceglie un altro pezzo, e via di nuovo come prima.

Da solo, come un acrobata che si esibisce senza rete, con le macchine che gli sfrecciano sopra, sotto, di fianco, l’attacchino, esegue il suo numero, noncurante degli applausi che non ci saranno.

Una sequenza talmente precisa e coordinata di gesti, che a osservarlo dal basso dà l’idea di compiere un’operazione facilissima, una di quelle cose che non ti puoi sbagliare.
È l’inganno del gesto atletico, che regala l’illusione della semplicità.
Quella semplicità che non precede la complessità, ma la supera sintetizzandone in un insieme armonico le diverse parti.

In fondo Cioccoloni, per fasi capire, avrebbe potuto anche dire che il padre è giocoliere equilibrista che si esibisce gratuitamente per le vie della città attaccando manifesti. 

Per chi ha la fortuna di sollevare ogni tanto lo sguardo verso l’alto.

 

 

 

________________________________________________________________________

*Io per esempio, in nome della forza centripeta ho accettato come un atto di fede che l’australiano non cada nello spazio a testa in giù mentre passeggia per strada, tuttavia rimango dell’idea che si stia più comodi nell’emisfero boreale.

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963