Creato da zancarlo2010 il 02/06/2011
Guardo oltre la collina che sta davanti alla mia casa
 

 

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Le cose che vorrei dirti

Post n°2 pubblicato il 21 Giugno 2011 da zancarlo2010

Ancora scrivo, credimi non so cosa potrei fare di meglio, guardo alla tastiera e ogni tanto alla collina che sta davanti alla mia casa. Oggi mi è sembrato di capire che, la sua presenza, mi inviti a fermarmi, a non guardare ad altri orizzonti ma al passato.

Quante storie ci sono nel mio passato, sono certo che sono tante anche nel tuo, io ogni tanto ne prendo una e con quella cerco capire il presente. Sai, accade che tanto spesso passano gli anni e per camprendere cosa sta accadendo, quando gli avvenimenti sembrano trascinarmi in un viaggio senza fine, ho necessità della luce del passato quella lampada non si spegne mai è come un faro che  indica la rotta tra le nebbie.

Se un freno inibitore non mi frenasse ti racconterei una delle tante storie che continuano a vivere ancora oggi, non sono cose passate ma acora vivono, ma nella narrazione passerei tra i luoghi comuni e credo che ti annoierei. Mi chiedo cosa merita di essere citato del mio vissuto. Credo che per farlo devo mettere ordine utilizzando il concetto di ruolo.

Tempo ho studiato la definizione di ruolo, abbi pazienza ma non la riccordo più, l'autore del manuale, per chiarire,  citava il film "Kramer contro Kramer" . Nel film il protagonista era tormentato dai ruoli che ricopriva: quello di padre, di marito, di professionista e altro. I ruoli erano entrati in conflitto tra di loro e gli avevano reso la vita un inferno. Credo avesse pure divorziato. 

Svolgo il ruolo di: professionista, di impiegato, di fratello, di fidanzato, di amico, di bricoleur.

Nonostante qesto e le altre cose che faccio vivo nelle confusione e vivo senza meta vado alla deriva. Andare alla deriva mi ricorda Omero che scrive degli eroi e, per sentirmi, parte dello stesso universo sovrappongo i suoi racconti alla mia storia. Ma non vedo eroi con lo scudo, l'elmo splendente e lance acumunate ma Lestrigoni e un ciclope. La felicità è stata quella della maga Circe, sette anni  passai con lei e, senza che lo vedessi aveva trasformato quanto di più bello avevo in maiali. Era prorio lei Circe io non lo sapevo, una volta scherzando la chiamai così per esprimerle come fossi legato a lei. Spesso è nello scherzo la verità che non riusciamo a dire a noi stessi. Ricordo quanto è stato duro riprendere il viaggio, armare la nave, con le vele le cime , riparare il fasciame che, abbandonato, andava in rovina e convincere il bambino che è in me che è"quanto avevo di più caro" a riprendere il viaggio.

Ripresi il viaggio, nella solitudine di una stanza in affitto con una coperta sulle spalle e il capo chino sui libri. a quei tempi non vedevo che la conoscenza fine a se stessa quale mezzo per navigare in quei mari sconosciuti. Avevo trascurato l'università e tanti erano gli esami che rimanevano, mi sentivo e dicevo a me stesso di essere troppo grande per continuare gli studi ma non avevo scelta. Che potevo fare? Sarei mai potuto guarire da una simile insuccesso un fallimento una ferita, che mi avrebbero marchiato a fuoco? Qualche volta pensai di lasciarmi andare scivolando o  gettandomi dal bordo della nave e calandomi nell'abisso porre fine ai dubbi. Sparire così subito a me stesso e lentamente nella memoria delle persone care, i miei compagni, che avrei ferito con una crudeltà proporzionata al loro grande amore per me.

Ma tu grande Dea mi prendesi per mano e mi portasti vicino al timone, le tue mani strette alle mie e insieme strigevamo il timone. Stavi dietro me, non potevo vederti ma:

sentivo il tuo corpo premere sul mio

il tuo seno sulle mie spalle,

 il ventre sulla mia schiena

e, spesso, i tuoi capelli,

mossi dal vento frustavano il mio viso con dolcezza,

li guardavo e li stringevo con i denti

assaporandone il sale.  

Ora so grande Dea che il tuo gesto non fu mosso da pietà o da compassione ma dal tuo amore per la vita che, in quel momento, mi hai ricordato. E coì come una bevanda calda conforta il corpo e l'animo in una giornata d'inverno così ricominciai ad amare la vita. Lasciai che l'abisso rimanesse nel profondo del mio animo profondo e scuro insondabile ma non temuto ma comunque rispettato. Non trovo altre parole se non rispettatto e ancora oggi devo dirti che anche se non ne ho timore lo rispetto. troppo grande è lui perche lo si possa amare, io non l'ho mei visto ma la sua ombra è bastata per farmi sentire il terrore della vita che fugge.

 Sapevi bene quanto ancora avevo da imparare e per farlo dovevo vivere.

Guardai davanti a me il mare un orizzonte sensa confine mi indicava la via da seguire e iniziai a percorrerla senza voltarmi per guardare indietro, sapevo che se lo avessi fatto sarei diventato una statua di sale.

 
 
 
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