Creato da velatadallabrina il 07/01/2007
saltare e dare aria alla mente
 

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Jorge Luis Borges - il guardiano dei libri


Là sono i giardini, i templi e la giustificazione dei templi,
la retta musica e le rette parole,
i sessantaquattro esagrammi,
i riti che son l'unica sapienza
che agli uomini concede il Firmamento,
la dignità di quell'imperatore
la cui serenità venne riflessa dal mondo, specchio suo,
così che i campi davano i loro frutti
e i torrenti rispettavano le sponde,
l'unicorno ferito che ritorna per indicare la fine,
le segrete leggi eterne,
il concerto dell'orbe;
tali cose o la loro memoria sono nei libri che custodisco nella torre.
I tartari vennero dal Nord su piccoli criniti puledri;
annientarono gli eserciti
che il Figlio del Cielo aveva inviati per punire la loro
eressero piramidi di fuoco e tagliarono gole,    [empietà,
uccisero il malvagio con il giusto,
uccisero lo schiavo incatenato che vigila la porta,
conobbero le donne, le scordarono
e andarono oltre, al Sud,
innocenti come animali da preda,
crudeli come coltelli.
Nell'alba dubitosa
il padre di mio padre salvò i libri.
Sono qui nella torre dove giaccio
e ricordano i giorni stati d'altri,
gli stranieri, gli antichi.
Mancano i giorni ai miei occhi. I palchetti son alti, non ci arrivano i miei anni.
Leghe di polvere e sonno cingono la torre.
A che ingannarmi?
La verità è che non seppi mai leggere,
ma mi consolo pensando
che immaginato e passato sono tutt'uno
per un uomo che è stato
e contempla quel che fu la città
e toma ora ad essere deserto.
Che cosa m'impedisce di sognare
che decifrai un tempo la sapienza
e tracciai con attenta mano i simboli?
Il mio nome è Hsiang. Sono il custode dei libri,
che sono forse gli ultimi
giacché nulla sappiamo dell'Impero
e del Figlio del Cielo.
Sono là nei loro alti palchetti,
remoti e prossimi a un tempo,
visibili e segreti come gli astri.
Là sono i templi, là sono i giardini.

 

 

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Con la coda dell'occhio

 Un mosaico sfaccettato e variegato della donna attraverso una rassegna di immagini e testi, cortometraggi e incontri letterari, versato a raccontare la donna nell'Italia che cambia, uno spaccato inedito, dunque, della realtà femminile Un dialogo intenso e profondo con le donne e il loro mondo fatto di lavoro, vita familiare e relazionale, ma anche di valori, ricchezza interiore, poesia e memoria, il tutto colto con lo sguardo e narrato con l'immediatezza del linguaggio dell’arte. Un composito di stili e creatività, dalla fotografia al video, dalla pittura alla scultura, alla parola. Una visione corale e collettiva della realtà della donna (A. Biscuso)

 

Elogio dell'ombra- L.J. Borges

La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere il tempo della nostra felicità.
l'animale è morto o è quasi morto.
nimangono l'uomo e la sua anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che non sono ancora le tenebre.
Buenos Aires,
che prima si lacerava in suburbi
verso la pianura incessante,
è diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le sfocate case dell'Once
e le precarie e vecchie case
che chiamiamo ancora il Sur.
Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penembra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all'eternità.
I miei amici non hanno volto,
le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
ma è una dolcezza, un ritomo.
Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
ne avrò letti solo alcuni,
quelli che continuo a leggere nella memoria,
a leggere e a trasformare.
Dal Sud, dall'Est, dall'Ovest, dal Nord,
convergono i cammini che mi hanno portato
nel mio segreto centro.
Quei cammini furono echi e passi,
donne, uomini, agonie, resurrezioni,
giorni e notti,
dormiveglia e sogni,
ogni infimo istante dello ieri
e di tutti gli ieri del mondo,
la ferma spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti, il condiviso amore, le parole,
Emerson e la neve e tante cose.
Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
alla mia algebra, alla mia chiave,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.

 

 

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fobie

ho paura delle onde e mi aggrappo alla terra crogiolandomi nella mia miseria.

Luce pallida e consumata, figlia stracciona del sole.

Luce tenue, vagabonda barbona senza dignità.

Afferra, e afferra… e dai cazzo afferra!

Le palpebre calano su un globo a tutto tondo in cerca di paradiso.

Il gioco…

Bel bambino vuoi giocare con me?

Anzi no, non ne ho più voglia.

 

 

demenza slacciata

Solo, con la gola secca a furia di gocciolare parole insensate cerco sensate opinioni per infilarmi in ansanti opzioni dove le azioni abbiano un senso…senso, dissenso, ripenso e il cielo mi cade addosso. Lo spingo di lato e vomito nel tombino, mi pulisco con il dorso della manica la bocca che sa di rancido e barcollando mi sposto a sinistra. Mi appoggio al muro alzo la testa e vedo scarafaggi che scialano saziando la loro sete di birra e rissa. Li guardo con disgusto e quando mi capitano a tiro di piede li mando a pancia all’aria e li guardo carezzare l’aria con le loro zampette rugose. Rido della loro agonia ma ecco...cazzo ecco che il caso gli fa un dono: qualcuno li calcia e sono nuovamente in piedi e riprendono a zampettare da pub in pub…ah la memoria degli insetti! Sette secondi e dimenticano il dolore, l’agonia, la morte. Aspetto l’imprevisto, ma arriva il visto e rivisto e rovisto. Rovisto tra le onde del mare e scanso i liquami della mia anima: Dio che puzza! I miei piedi sono pesanti, sono molto pesanti…ed il mare mi vuole leggero. Allora gli grido: Non so ballare cazzo!

 

TpT

Hot to survive in the ghetto

Got to survive

People don’t fret no

 

 

 

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Carofiglio alla Chiesa Greca di Lecce

Post n°92 pubblicato il 27 Maggio 2008 da velatadallabrina
 
Tag: work
Foto di velatadallabrina

Patrocinio Comune di Aradeo
Ass. Verbamanent - Presidio del Libro
In collaborazione Biblioteca di Aradeo

Presentano

“L’estate del cane nero” di Francesco Carofiglio

Venerdì 30 maggio ore 19.30

Converseranno con l’autore
Ambra Biscuso, Maddalena Castegnaro, Antonio Errico

Presso il B&B Chiesa Greca “Il Giardino del Prete”
Piazzetta Chiesa Greca, 10 - Lecce

L’associazione VerbaManent-Presìdio del Libro, con il Patrocinio del Comune di Aradeo, in collaborazione con la Biblioteca di Aradeo ed il sostegno di VILLA EXCELSA di Sannicola e del B&B Chiesa Greca di Lecce, presentano Venerdì 30 maggio 2008 alle ore 19,30 nel “Giardino del Prete” presso il B&B Chiesa Greca, Lecce, l’ultimo libro di FRANCESCO CAROFIGLIO “L’estate del cane nero” Marsilio ed. già alla sua seconda ristampa.

30 maggio 2008- L’estate del cane nero- F. Carofiglio- by Ambra

L’estate del cane nero è un romanzo in cui ci si riconosce, ad ogni età. È un romanzo che srotola la memoria e fa ri_vivere temi sepolti dentro di noi che hanno condizionato la nostra vita. Diceva Fred Dosek: “La vera facoltà umana potrebbe essere la facoltà di conservare nell’arco di tutta la vita adulta gli occhi splalancati dell’infanzia, di guardare con questi occhi più profondamente il mondo di trasformare tutte le superfici in apparenza.” La memoria si tende e lancia strali di ricordi, o le espansioni del ricordo, così reali, anche se inventati. Abbiamo la magnifica capacità si sovrapporre i ricordi reali all’immaginario, all’immaginato, all’immagine che abbiamo voluto conservare nella memoria, l’istantanea di come eravamo, di come abbiamo vissuto al momento del click. Poi diventa parola, narrazione, storia in un dualismo tra passato e presente. Già nell’incipit ci si trova davanti l’umida grotta della malinconia, del passato che è passato, che mai sarà presente se non nello sgomitolarsi della narrazione.

DESIDERO I DRAGHI CON UN DESIDERIO PROFONDO POICHE’ HO UN CORPO PICCOLO.
DESIDERO NON AVERLI COME VICINI. MA IL MONDO CHE CONTENEVA ANCHE SOLO L’IDEA DEL DRAGO FAFNIR ERA PIU’ RICCO E PIU’ BELLO DEL NOSTRO,QUALUNQUE FOSSE IL PREZZO DEL PERICOLO. (TOLKIEN)

La paura del cane nero, di quell’incognita: come diventeremo, cosa saremo attanaglia gli adolescenti, i giovani; poi lo scorrere dei giorni, dei mesi, degli anni, come grani di rosario, la stasi, la polvere che ci soffoca, tutti i nostri ieri in una scatola che non è più la scatola di latta che conteneva l’avvenire, ma una scatola di pietra in cui ci rinchiudiamo, in cui non permettiamo alla luce di entrare, vivere all’ombra di noi stessi, vivere in attesa di un evento, di un fatto, di un click che ci costringa ad aprire le finestre e inondare di luce quelle mura dense di ricordi e strofinarci addosso gli stracci di tutti gli Io passati e camminare, insieme, con la consapevolezza di chi siamo diventati.
Carofiglio usa la Scrittura scenica, la parola in movimento, il lettore più che scorrere l’iter narrativo scorre i fotogrammi della sua memoria che è anche la mia memoria. Tu ci sei in quei luoghi, nei boschi, nella casa, nei riti familiari, ti riconosci nei personaggi.
Ci sono libri che hanno bisogno di decanatare, si assimilano lentamente altri che fin dalle prime pagine sei sicuro di averli scritti tu. Li riconosci, li hai scritti capitolo dopo capitolo, negli anni, in quell’intermezzo, lungo o breve (ma ha importanza il Tempo?) che intercorre la tra veglia e il sogno, quel momento in cui la mente si libera dai pensieri del quotidiano e tu entri nell’altrove di cui solo tu conosci le stanze. È il momento in cui siamo musicisti, le note ci danzano intorno e noi le afferriamo, sono nostre, gli spartiti si riempiono di arie malinconiche, allegre, allegrette ma non troppo ed il violino, il violoncello, o il pianoforte rimbombano nella nostra testa e noi siamo li, ascoltiamo, suoniamo, dirigiamo. Oppure vediamo lettere che diventano parole, parole che escono fluide come il pensiero e diventano racconto, e siamo scrittori. In quel determinato momento, quando la piccola morte sta per abbracciarci, diamo forma alla fantasia gocciolante dei nostri ricordi. Io, leggendo L’estate del cane nero, ho riconosciuto quel che ho scritto nell’aria, in tanti anni, in quel momento tra il dis_tendersi e morire, in quel momento quando la memoria statica diventa memoria generata.. è questa forse la sostanza differente di cui è fatto chi scrive?

 
 
 

Antonio Errico: voce di uomini, donne e fantasmi

Post n°91 pubblicato il 19 Maggio 2008 da velatadallabrina
 
Tag: work
Foto di velatadallabrina

Il Presidio del Libro di Copertino, Associazione Casello13 e Fondazione Moschettini

presentano

Medi_terra_neo 

 Sabato 24 maggio - ore 20,30

“Il Giardino del Prete”

presso il B&B Chiesa Greca

Piazzetta Chiesa Greca, 10  - Lecce

1996- 2007 : Antonio Errico

performance: L’ultima favoleria degli Angeli ribelli

a cura dell’Officina della Parola 

conversazione con Antonio Errico

in mostra: Estensione di Gix

Ultima tappa di medi_terra_neo rassegna dedicata al tema del viaggio a cura di Ambra Biscuso, organizzata dal Presidio del Libro di Copertino, da Casello 13 e la Fondazione Moschettini. La scelta dei luoghi è stata finalizzata per mettere in luce le bellezze del nostro patrimonio architettonico, storico e culturale, sottolineando come la sinergia operativa tra privati e pubblica amministrazione ha reso possibile il recupero di luoghi, che, come la Chiesa Greca, fino a pochi anni fa sono stati il simbolo dell’abbandono e del degrado, sia materiale che umano, della Lecce Barocca. Sabato 24 maggio alle ore 20,30 a Piazzetta Chiesa Greca 10, aprirà la serata dedicata ad Antonio Errico, la performance a cura dell’Officina della Parola “L’ultima favoleria degli angeli ribelli”. Gli Officinanti: Antonella Arcuti, Ambra Biscuso, Rosanna Gesualdo, Luca Nicolì, Sandro Turco, Daniela Cecere e Ivan Serra, saranno strumento per suonare la melodia di uno scrittore che è capace di far cantare uomini, donne e fantasmi. La performance prende spunto dalla produzione letteraria di Antonio Errico dal 1996 al 2007.  La serata non vuole essere un omaggio ad Antonio Errico, troppo giovane per dedicargli “un’antologica”, ma un incontro tra appassionati di bella scrittura; “Dare un senso al presente... dare senso e valore alla memoria e all’attesa” e recuperare, ancora “Quella lingua che richiama voci lontane, che dice della pena di esistere della gente, ma anche dei suoi desideri, dell’allegria, della fatica, della sua rabbia, della nostalgia”.

Sempre sul tema della memoria e del recupero, anche del materiale, si innesta la mostra ESTENSIONE dell’artista copertinese Gix Un particolare ringraziamento va a quei privati che con il loro impegno restituiscono al Salento la memoria dei luoghi che è memoria dell’identità salentina.

 
 
 

Antonia Pozzi

Post n°90 pubblicato il 10 Maggio 2008 da velatadallabrina
 
Foto di velatadallabrina

Lettera immaginaria di Antonia Pozzi al padre-

liberamente tratta dai diari, le poesie, le recensioni di e su Antonia Pozzi da Ambra Biscuso

Carissimo Padre,

Appoggiami la testa sulla spalla / che ti carezzi con un gesto lento [...] Lascia ch’io sola pianga, se qualcuno / suona, in un canto, qualche nenia triste. Cerco nelle parole l'autenticità dell'esistenza, questa mia breve e rigorosa esistenza: le mie parole  sono asciutte e dure come i sassi o vestite di veli bianchi strappati, ridotte al minimo di peso, e trasferiscono peso e sostanza alle immagini, per liberarne l'animo oppresso ed effondere il sentimento nelle cose trasfigurate in simbolo. È come se La crisi di un'epoca s’incontrasse con la mia tragedia personale ma la poesia ha questo compito sublime: di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e ci rimbalza nell'anima e di placarlo, di trasfigurarlo nella suprema calma dell'arte, così come sfociano i fiumi nella celeste vastità del mare, ma il dolore non si placa nella mia poesia ma, come un fiume carsico, ora vi circola sotterraneo e ora emerge e tracima, sommergendo l'espressione poetica nel modo stesso in cui travolse la mia vita

Vivo della poesia come le vene vivono del sangue. La poesia è una catarsi del dolore, come l’immensità della morte è una catarsi della vita…. Per chi ai suoi giorni non vede più che un colore di tramonto e sente, attraverso il suo cielo, salire l’estremo pallore; per chi ancora beve, con occhi allucinati, l’incanto delle cose, ma non sa, non può…tradurlo più in parole, è come rivivere trovare un’anima giovane che sprigiona il nostro stesso canto inespresso…

Io ho tanto sofferto….Dentro me è tutto un giardino di fiori morti, d’alberi uccisi:e i fiori morti mi fanno vigile e triste come una vecchia mamma presso la tomba del suo unico bimbo. Eppure, credimi: se un raggio di sole, tra la nebbia, può ancora farsi strada, esso nasce là dove io sento che il mio cuore ha toccato un altro cuore, che l’ora greve è stata da me ad un’altra vita.. Ed anche nasce  là dove riesco ad evocare con occhi intenti l’anima delle cose ed a far sì che le cose versino il loro pianto intorno e sopra il mio stesso dolore.

Petali viola/ mi raccoglievi in grembo/ a sera:/quando batté il cancello/ e fu oscura/ la via del ritorno

Io non ti ho mai parlato, padre. Ma sei tanto buono, sai: anche se la vita ti ha imposto una professione diversa da quella per la quale eri nato. Sei  un’anima immensamente forte, entusiasta, onesta: di un’infinita rettitudine. Io ho tante colpe verso di te: non ti ho mai voluto abbastanza bene; ho sempre avuto terribilmente paura.Ora soltanto mi sembra di capirti. Confidenza non ne ho mai avuta, neppure in te: nessuno dei miei conosce la mia anima. Non posso cominciare ora: non è più possibile, ormai. Ma bene te ne voglio, questo si, un bene immenso. I contrasti con te con la famiglia nascono dal fatto che nessuno, sai io penso nessuno, nemmeno il padre e la madre, hanno il diritto di troncare le strade di due anime: e se queste due strade si congiungono, se queste due anime non sono che una vita, nessuno ha il diritto, nessuno deve avere il potere di dividerle. Da cinque giorni sono qui e mi sembra che sia tanto tempo, un incalcolabile tempo. Tutte le cose che ho lasciato sono lontane, lontane; non sono più presenti e non sono ancora diventate ricordo. Di vivo, di concreto, non ho che lui, il mio amato, nel cuore…

La mia vita era come una cascata/ inarcata nel vuoto;/ la mia vita era tutta incoronata/ di schiumate e di spruzzi./Gridava la follia d'inabissarsi/in profondità cieca;/rombava la tortura di donarsi,/in/ veemente canto,/in offerta ruggente,/al vorace mistero del silenzio.Ed ora la mia vita è come un lago/scavato nella roccia;/l'urlo della caduta è solo un vago/mormorio, dal profondo.  Sono qui, in questa pausa di silenzio, come un velo d’acqua sospeso su di un masso in mezzo a una cascata, che aspetta di precipitare ancora…. Io non so quanto avesse ragione Remo (Cantoni) dicendo che voleva fare di me una vera donna: io credo e temo che una vera donna non sarei mai stata, che anzi, cercando malamente di esserlo, finirei avrei finito col perdere la parte più vera e meno banale di me. Forse il mio destino sarebbe stato davvero di scrivere dei bei libri di fiabe per i bambini che non avrei mai avuto.

Le basi del sentimento di Remo erano una gran compassione e una grande tenerezza che, sommate, non si possono chiamare amore…Io so di aver rappresentato per lui solo un aspetto - e un aspetto non grande - della vita. So.. ch’egli desiderava di mantenere solo un’amicizia e non altro: ma non gliene faccio un rimprovero. Se lui è stato ed è ancora l’assoluto per me, non posso pretendere di essere l’assoluto per lui…Non domando niente: so che non ho il diritto di domandare niente. Ecco tutto. Ho imparato che cosa sia il dolore. Tu non immagini che cosa fosse lui per me. Io avevo avuto la fortuna di incontrarlo nell’età inquieta in cui tutto il nostro essere sboccia e anela alla vita, in cui ogni influenza esterna lascia nell’anima un’influenza indelebile, in cui ci torturiamo ricercando l’inizio della nostra via e l’indirizzo del nostro cammino nel mondo….

AH STANCHEZZA. Svenata di sogni/ti desti:/ti è pallida coltre/il cielo mattinale.

…Io scesi molto in basso e traversai tanta palude: e mentre pensavo ai nuovi problemi di cui ignoravo fin lì l’esistenza (la società, la politica, l’individualismo ed il collettivismo) perdevo il mio vero essere, il tono e l’equilibrio della mia personalità: crollato il regno dei sogni e delle poesie, dimenticato il mondo dove si parla di sempre e di mai dove si commisura all’eterno il valore di ogni atto compiuto…. Con la parola e con l’esempio  egli mi ha dato uno scopo e una fede: mi ha insegnato a guardare più in alto e più lontano; mi ha additato la via per diventare più buona.. Ma ora voglio tornare sulle alte rupi, dissetare alle sorgenti la bocca in cui è rimasto tanto amaro: la mia nuova salita spirituale è cominciata …

 

 E’ meglio che tu mi lasci andare per la mia strada, padre, con la mia incoscienza. Io galleggio come un pezzo di sughero: non posso scendere alla minima profondità.. Io = sonno + effervescenza.  Lasciami andare. Non so nemmeno chiedere perdono di quel che faccio. Non piango neanche: non sono neanche triste. Me ne sono andata pian pianino, come un pezzo di carne insensibile. Lasciami andare; e non essere triste, perché non val la pena. Tristezza di queste mie mani/troppo pesanti/per non aprire piaghe,/troppo leggere/ per lasciare un’impronta.

Maria mi ripeteva che il mio spirito fa pensare a quelle piante di montagna che possono espandersi solo ai margini dei crepacci, sull'orlo degli abissi e che rimanevo  preda innocente della tua paranoica censura, padre, sia sulla vita che sulle mie poesie. Senza dubbio fui in crisi con il chiuso ambiente religioso familiare. La terra lombarda amatissima, la natura di piante e fiumi mi consolava  Fiaccata dalla lunga guerra con voi, con te, ho combattuto contro quell’amore così dispari, non solo per età, ma anche per estrazione sociale e, naturalmente, per censo, si mi sono uccisa a ventisei anni, ricordi padre? È stato nel dicembre del 1938, mi hanno trovata moribonda e semiassiderata, accanto alla mia bicicletta, poco lontano dall’Abbazia di Chiaravalle. Ci sono andata all’uscita dalla scuola dove insegnavo, ho ingoiato i barbiturici e mi sono sdraiata nell’erba. lo stesso gesto di sdraiarmi nei prati, nella mia amata Pasturo, forse l'età delle parole è finita per sempre, voi, la mia famiglia avete negato la circostanza «scandalosa» del suicidio, attribuendo la morte a polmonite; il mio testamento lo hai distrutto, padre, hai manipolato anche le mie poesie, scritte su quaderni e allora ancora tutte inedite; la storia d'amore con il Cervi l’hai falsamente descritta come una relazione platonica. Con rigidezza simile a quella esercitata su me viva, dopo la mia morte hai corretto e aggiustato secondo il tuo gusto la mia opera. Hai cancellato e riscritto quello che probabilmente ritenevi eccessivo, non in linea con il modello di figlia esemplare e ideale che avevi sognato. Soprattutto hai eliminato quasi dappertutto la dedica «per A.M.C.» che contrassegnava molte poesie.

Ma come Naufraghi sugli scogli, ognuno narra a sé solo – la storia di una dolce casa perduta, sé solo ascolta parlare forte sul deserto pianto del mare.-

Triste orto abbandonato l’anima Si cinge di selvaggi siepi Di amori: morire è questo ricoprirsi di rovi nati in noi. Oggi la mia tristezza esigente a starnazzarmi nell'anima pesantemente come scirocco pregno di salsedine. Alle soglie d'autunno in un tramonto muto scopri l'onda del tempo e la tua resa segreta come di ramo in ramo leggero un cadere d'uccelli cui le ali non reggono più.

 
 
 

Medi_terra_neo

Post n°89 pubblicato il 06 Aprile 2008 da velatadallabrina
 
Tag: Eventi
Foto di velatadallabrina

Aprile

 Medi_terra_neoMercoledì 2 aprile-ore 20,30                                 

Il funambolo sull’erba blu- Besa ed.- Antonio Errico presenta Maria Pia Romano - con la partecipazione del maestro Francesco Del Prete-                                       

B&B Chiesa Greca al “Il Giardino del Prete”-

Piazzetta Chiesa Greca, 11  - Lecce

Medi_terra_neo- Venerdì 25 aprile- ore 20,30                                                                 

Il denso delle cose- Besa ed. - Stefano Donno presenta Vera De Oliveira 

video installazione di Marta Ampolo                                                                                                            Ex Palazzo Colonna - Via Ruggeri- Copertino (Le)

Medi_terra_neo –Mercoledì 30 aprile- ore 20,30                                  

I racconti del ripostiglio- Besa ed.- Stefano Donno e Francesco Tarantino presentano Claudio Martini-

in mostra “Scatole” di Andrea Laudisa -   

 B&B Chiesa Greca al“Il Giardino del Prete”- Piazzetta Chiesa Greca, 11  - Lecce

Maggio

Medi_terra_neoGiovedì 15 maggio – 20,30 

Antonia Pozzi letta da Ambra Biscuso-

presenta Sergio Martella  – 

video proiezione "Intimate Portrait" di Eva Caridi-

 Ex Palazzo Colonna - Via Ruggeri- Copertino (Le)

Medi_terra_neo -  Sabato 17 maggio – 20,30

Ieratico poietico- Besa ed.-

Francesco Tarantino presenta Stefano Donno con la partecipazione di Luciano Pagano-                    in mostra Michela Fiore-                                                                                            

Ex Palazzo Colonna - Via Ruggeri- Copertino (Le)

 Medi_terra_neoSabato 24 maggio- 20,30 

 1996- 2007 : Antonio Erricoperformance a cura dell’Officina della Parola: L’ultima favoleria degli Angeli ribelli Liberamente tratto dai testi di Antonio Errico- leggeranno:  Antonella Arcuti, Ambra Biscuso , Rosanna Gesualdo, Luca Nicolì , Ivan Serra, Sandro Turco                                                          

in mostra Gix                                                                                                                                                        B&B Chiesa Greca al “Il Giardino del Prete”- Piazzetta Chiesa Greca, 11  - Lecce

direzione artistica: Ambra Biscuso

casello13@hotmail.it; http://blog.libero.it/casello13/

 
 
 

La fine dei giorni

Post n°88 pubblicato il 26 Febbraio 2008 da falco58dgl
 

L'incipit di un romanzo scritto tempo fa e che si è arenato...

Il 14 Maggio del 2027 Carlos decide di partire per il suo ultimo viaggio. Tiene stretta in mano la copia del messaggio che accetta la sua richiesta formulata ormai da tempo. “Siamo lieti di comunicarle che è stata stabilita una data per la sua cessazione, Mr. Cassani. Si presenti il 10 giugno alle 8 del mattino presso il nostro Istituto munito di un documento d’identità valido. La preghiamo di voler sottoscrivere la liberatoria allegata”.

Ha quattro settimane di tempo per raggiungere la sua meta, un tempo sufficientemente lungo per arrivare a San Diego attraverso un itinerario eccentrico, che non preveda le solite rotte attraverso Francoforte e Los Angeles.

Predispone il meccanismo di implosione del suo appartamento ed esce di casa  con un bagaglio leggero che contiene solo tre cambi completi, qualche libro, un paio di scarpe “multiuso”, un chip con la sua musica preferita e il carteggio con l’istituto, quattro anni  di pratiche burocratiche, di test psicodiagnostici, di analisi delle motivazioni, di avanzamenti lungo una lista di attesa che prevedeva cinquantamila settecentoquarantaquattro casi prima del suo, un intero esercito di persone che supplicava di  essere cessate dall’Istituto della Buona Morte, prima che l’avanzare della vita bruciasse l’estrema possibilità di predeterminare la propria fine e consegnasse la data del decesso alla consueta, agghiacciante casualità.

Si ritrova per strada incerto se dirigersi verso l’aerostazione o se entrare al bar per un caffé. Guarda un attimo le vetrate del bar “Tempi Antichi”, il  suo bancone di metallo, i tavolini con fiori sintetici, il pavimento a specchio. Entra di malavoglia, guarda il computer delle ordinazioni e chiede un caffé di soia scandendo le parole verso l’occhio delle telecamera. Si tratta di un modello antiquato che interpreta i comandi vocali solo se sono diretti verso il centro dell’elaboratore, come quei vecchi telecomandi che funzionavano soltanto se indirizzati direttamente verso lo  schermo dei televisori al plasma. La voce meccanica del computer gracchia “mostrare tessera” e “selezionare postazione”  e Carlos si sorprende a pensare che quella macchina ha la stessa insensibilità di un cameriere distratto e demotivato, impegnato in una futile chiacchierata con un collega. Mostra la sua tessera, sceglie la postazione cinque, un tavolino sopraelevato che guarda su uno dei tanti nastri autostrasportanti e si dirige verso il secondo piano del bar dove l’attende una tazza  tiepida di liquido grigio. Si siede, da’ un’occhiata alla parete  che riflette le ultime notizie intervallate da spot tridimensionali di macchine psy e giochi di iperrealtà, accosta la tazza alla labbra e beve.

Un vulcano indonesiano  si è risvegliato da un sonno di secoli e ha eruttato il suo carico di lava arcaica sulla popolazione di Celebes, provocando un numero di vittime ancora imprecisate. Sulla Transiberiana si è formato da giorni un ingorgo di centoventi chilometri causato dall’esondazione del lago Baikal;  un blocco di ghiaccio di dimensioni colossali si dirige verso le coste scozzesi. L’idrogeno è salito a  83 crediti per metro cubo e i rifornimenti di energia  sono stati razionati. I voli a medio e lungo raggio hanno subito un’impennata nei costi del 15%. Il presidente della Confederazione Euroasiatica stigmatizza l’attentato in Groenlandia che ha causato il distacco di una porzione del 4% della calotta artica…

Carlos osserva la tazza vuota, si alza, prende la scala magnetica, esce dal bar. Sale su un nastro autotrasportante, regola la velocità a 80 Km all’ora e si dirige verso l’aerostazione centrale.

Ha tempo. Tempo per sé, per pensare, per vedere, per contare i suoi giorni.

Writer

 
 
 

Gli angeli di Klee

Post n°87 pubblicato il 23 Febbraio 2008 da velatadallabrina
 
Foto di velatadallabrina

                          Angelo pieno di speranza, 1939

E ancora la Speranza caratterizza questo angelo, particolarmente paradossale nel manifestare la sua speranza con tale malinconia, quasi a ricordare che proprio speranza e malinconia sono le due inevitabili facce di creature che da un lato hanno ragione di agognare all’al di là e dall’altro non possono che piangere la loro fisicità.

Così infantile, così bambino in quello sguardo privo d’ogni malizia e certezza, questo angelo guarda diritto davanti a sé, verso il futuro, mentre le sue ali puntano un cielo che desidera avere e abitare. Non ha altro che la speranza, ma che cos’altro se non il desiderio e la possibilità e la credenza conducono avanti tanto l’uomo quanto l’angelo kleeiano, simbolo dell’intera, tragicomica umanità?

 
 
 

50 centesimi

Post n°86 pubblicato il 23 Febbraio 2008 da velatadallabrina
 

 Ci sono giorni che continui a girare a vuoto e non puoi fare altro che andare, camminare, avanzare senza meta. Ci sono giorni che hai la sensazione che il tuo destino non c’è, probabilmente è sgattaiolato via per la noia di viverti. Guardi il mondo che gira come la pallina di Avast sul tuo computer, e aspetti che si fermi, o che un cerchio rosso barrato di bianco lo sovrasti.

Poi arriva un giorno, quel giorno, in cui ti imbatti in un foglio appallottolato in una pozzanghera, e leggi, tra il blu digradante, una parola. Lo raccogli e avverti la vita nelle dita, l’odore nelle narici. Ti cerchi un posto per fermarti. I gradini delle chiese in queste circostanze si fanno tuoi amici. Ti siedi, consapevole che possono accoglierti; al freddo iniziale si sostituisce il calore del tuo corpo sulla pietra. Altri tempi quelli in cui amavi le pietre, quando camminavi per cercarle, hai smesso di cercare anche loro, come a voler cancellare tutto quello che hai amato, cercato, posseduto. Prendi il foglio, lo spieghi sulla pietra, lo tamponi con un kleenex asciutto, meglio metterne uno anche sotto, pensi. La scrittura è minuta, regolare, le lettere sono attaccate con forza le une alle altre, come incatenate. Catene: libertà è scegliere la catena a cui legarsi, dicevano in un vecchio film: Love story. Cazzate!

Ti ho cercato tra le rughe del passato e ti ho trovato tra le braccia di un’altra

Ah bene, poesia d’amore scritta da un’adolescente, pensi.

Perché ti è venuto da pensare ad un’adolescente? Perché non potrebbe essere una donna oltre gli anta? Per le illusioni non c’è età. Ti viene da sorridere. Dare corpo alle parole, è difficile, come è difficile dare voce e suono alle emozioni.

Non ho più emozioni- pensi-, pragmatica, sono diventata una donna pragmatica. Ora 2+2 fa quattro.

 

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non si legge, il colore è andato, solo lettere qua e là, confuse.

Rughe, ti sei chinata a raccogliere il foglio per quella parola: rughe. La pronunci lentamente movendo le labbra: rrrrrrruuu_____ghe. La lingua si spinge in fuori come a volerne rigettare anche l’idea, ma subito ne prende coscienza e la ingoia. Non sono le grinze sul tuo viso che ti tormentano ma i solchi che il tempo ti ha scavato dentro, una strada percorsa per anni e anni dalle ruote di un carro che sposta pesanti ostacoli, sempre la stessa, sempre sulla stessa scia.

 

…………..memoria

 

la memoria siamo noi, pensi, è la nostra storia, è il nostro potere. I ricordi, quelli sì, sono una trappola, il ricordo è un’ossessione, si diventa ostaggi del ricordo.

Via, via dai ricordi. Meglio cercare qualcuno con cui comunicare.

Ti alzi e vai nella luce di ottobre con la tua maglietta a mezze maniche giallo acceso e la gonna bianca di pizzo sangallo. Ti porti i tuoi anta con sfacciata eleganza liberando al vento la tua chioma corvina macchiata di bianco alla radice. Pensi che i tuoi capelli siano sbiaditi come il foglio che ancora trattieni tra le mani, ma ci sorridi su, che importa. Il tuo viso tondo, gli occhi verdi, gentili,  si posano su un lui e una lei che tirano le loro valige: “Signore, signore, 50 centesimi, mi date 50 centesimi”. Si ritrae, il signore, si ritrae storcendo la bocca, i tuoi occhi si spostano sulla donna, le sorridi, ti sorride e leggi nei suoi occhi: “Mi dispiace, mi dispiace. Vorrei, ma..”. Vi abbracciate con un sorriso, non ti costa niente farle capire che hai capito, ma hai visto il velo caderle dagli occhi.

Ma … quell’imbarazzo vale meno di 50 centesimi e a lei resteranno solo poche lettere amputate.

Ma…. ci sono uomini pronti a commuoversi alla vista di un paesaggio, che si impegnano in grandi battaglie, ma per chi è lì, a un passo, hanno occhi impietosi.

“Signore, signore, 50 centesimi, 50 centesimi di parole”

 
 
 

Per vivere

Post n°85 pubblicato il 15 Febbraio 2008 da velatadallabrina
 
Foto di velatadallabrina

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla con chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi e` infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte in piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza portera` al raggiungimento di una splendida felicita`.

Pablo Neruda

 
 
 

Rina Durante

Post n°84 pubblicato il 15 Gennaio 2008 da velatadallabrina
 
Tag: work

L’Associazione Casello 13 Sabato 19 gennaio 2008 presso il Palazzo Baronale, in via Marconi  a Martano di Lecce, alle ore 20.00, presenta “Rina Durante” un viaggio nel mondo e nella vita di questa grande giornalista, scrittrice e sceneggiatrice che tanto ha voluto dare alla nostra terra.

L’evento rientra nel programma “Cittadinanza attiva” dell’Associazione Città Futura che la vede impegnata in processi di partecipazione con diverse Associazioni. 

Aprirà la serata il film: “Come farò a diventare un mito. Omaggio a Rina Durante” di Caterina Gerardi

Conduce Gigi Chiriatti

Intervengono  Graziella Pisanò e Antonio Errico.

Scelta e Lettura testi Ambra Biscuso.

L’associazione Casello13 è impegnata nel recupero di materiale per la classificazione e la catalogazione dell’attività letteraria e giornalistica di Rina Durante, pertanto si invita chiunque fosse in possesso di materiale di contattare Angelo Grassi 3486053181-Ambra Biscuso 3395607242-Pino Sansò 3394145882 oppure mandare una mail a casello13@hotmail.it.Tutto il materiale sarà a disposizione di studenti, ricercatori, e appassionati.

http://blog.libero.it/casello13/
http://blog.libero.it/SalentIma/
 info: Ambra Biscuso:3395607242- casello13@hotmail.it

 
 
 

Dedicato a Rina Durante

Post n°81 pubblicato il 19 Dicembre 2007 da velatadallabrina
 
Tag: work
Foto di velatadallabrina

LIVELLO 11/8  & casa/laboratorio Albania Hotel

PRESENTANO

Chi vuol intendere…inTenda

II edizione

15 dicembre 2007 – 06 gennaio 2008

S.S. Lecce/Brindisi – area P.I.P. Surbo (Lecce)

Parcheggio Ipermercato 

L’ Ass.ne  Culturale Casello 13 e l’Ass.ne Fondo Verri

Giovedì 20 dicembre 2007

ore 20,00  

presentano

IL TEMPO NON TRASCORRE INVANO

Massimo Melillo  conduce:

Serata per Rina Durante

Ensemble di musica, testi & filmati con: Roberto Licci, Daniele Durante, Luigi Chiriatti, Rossella Pinto (gli artisti del vecchio Canzoniere Grecanico), Cesare Dell'Anna, Mauro Tre, Gino Santoro, Giuliano Capani, Valentino De Luca, Antonio Errico, Caterina Gerardi, Dino Levante, Mauro Marino, Giuse Alemanno, Luisa Ruggio, Pina Cudazzo, Francesca Fedele e il Liceo Scientifico Vallone di Galatina 

info: Ambra Biscuso:3395607242; casello13@hotmail. it;  http://blog.libero.it/casello13

 
 
 
 
 

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