Creato da anonimo.sabino il 06/09/2006

L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

 

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Post n°1845 pubblicato il 27 Febbraio 2015 da anonimo.sabino
 

     Tutti i miei ascendenti, paterni e materni, erano radicati in un povero paese di montagna; non si sarebbe detto che si trovasse alle porte di Roma, nella parte orientale dei Monti Sabini, quella che, in omaggio a Orazio, è adesso ribattezzata dei Monti Lucretili. Monteflavio sta tra le balze che terrazzano il versante occidentale del Monte Pellecchia, il tetto dei Sabini, che regala all’Urbe, a nord-est dal Gianicolo,uno squarcio di orizzonte innevato nei giorni della giannetta; sull’altro versante, dalla parte di Licenza, era la villa rustica del vate. E l’amore del grande poeta per questi luoghi era forse superiore al mio, certamente meno contrastato.

     Io ho considerato il paese più spesso una prigione che un nido, anche se ho pianto nel lasciarlo, l’ho rimpianto dopo averlo perduto e l’ho poi recuperato per la boccata d’ossigeno e di cultura materna del fine settimana.

     Non c’era acqua, nelle case. Le donne andavano ad attingerla alla Pilocca, la fontana rinascimentale al centro della Piazza, dove l’acqua giungeva dalla più vicina sorgente. Fino ad essa, sul fianco del dirimpettaio Monte Mozzone, le donne andavano a fare il bucato, sulle lisce pietre dell’antica fonte fattavi ingabbiare dagli Orsini; e stendevano i panni al sole sulle siepi dei prati circostanti. D’inverno la Pilocca gelava e d’estate l’acqua era razionata; per cui dopo litigi e pettegolezzi la monteflaviese, facendo posto agli asini che aspettavano di dissetarsi alla sciacquatura, lasciava la fonte con una conca di rame in bilico sulla testa (qualcuno gliela  imponeva) e un’altra appoggiata sull’anca. Ecco perché le donne di Monteflavio camminavano, anche da vecchie, erette come principesse e ancheggiando piacevolmente.

      Freddo quasi tutto l’anno, per i 1500 abitanti; numerosa e povera pastorizia familiare per le montagne; boschi per far legna da ardere e carbone da vendere; un po’ d’ulivi per i colli che degradano verso la valle del Tevere; si raggiunge l’Aniene a Tivoli, il Tevere dopo Montelibretti, verso Passo Corese, seguendo il fosso che fu la seconda sorgente dell’infaustum Allia flumen.

 
 
 
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