Creato da anonimo.sabino il 06/09/2006

L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

 

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L'OMBRA LUCRETILE - 10

Post n°1869 pubblicato il 31 Marzo 2015 da anonimo.sabino
 

     I due anni che seguirono la guerra furono gli unici che, non più moccioso, passai all’ombra lucretile (o “del Lucretile” come altri traduce). Era stata la lucretilis umbra a suggerire ai Monteflaviesi il loro motto: ‘n soldo ‘e pane, ‘nu scudu d’ombra. Motto tradito in quegli anni: non si erano spesi i cinque soldi per l’ombra con la speranza di avere più di un soldo di pane. La guerra e il fascismo avevano lasciato invece la gente in condizioni più miserevoli di prima. E ora gli Americani annullavano il valore di salari e pensioni facendo sparire i soldi (i centesimi) e stampando tonnellate di biglietti da cento e da mille lire. C’erano un paio di apparecchi radio nel paese. Da quelli sapemmo, tra reticenze e smentite, che i partigiani avevano giustiziato Mussolini.

     Ora la tbc e la polmonite mietevano più vittime della guerra, soprattutto donne e bambini. La fame era l’occupante de paese e di quasi tutta l’Italia.

     I due inverni succeduti a quello dei Tedeschi furono più duri e freddi dell’inverno di guerra. I ghiaccioli che come stalattiti merlettavano le nude gronde erano puri e gelidi come la disperazione di chi si affacciava da quelle case, disposte a castro romano su quattro contrade, parallele e convergenti verso la Piazza, raccordate da ripidi vicoli e sovrapposte, nello zoccolo esposto a sud-est, a due vie di stalle. Ivi si rimetteva il somaro e, chi li aveva, il porco, le galline e la vaccherella. Per quelle vie “Sotto le stalle”, sempre assolate, odoranti di fieno e di strame, disponevamo le tagliole per prendere i passeri, anch’essi alla ricerca di qualche chicco di grano. Là il tepore del sole invernale, tra grugniti, ragli e chiocciolii, ci faceva respirare, a dispetto di tutto, la vita.

     A dispetto, anche, dei vestiti neri di cui l’usanza di portare il lutto per anni copriva tante donne.

     “Tu guarda quante mogli sono sopravvissute ai mariti”, commentava Augusto, “e tutte belle arzille, quasi che la vedovanza le ringiovanisca”.

     “Soltanto a me”, bofonchiò sua moglie Lisetta, “non è toccata questa fortuna…”

 
 
 
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