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TRASTEVERE - 5
Ma il nemico l’avevo molto più vicino. Se il presunto fascista mi aveva voluto nel Ministero, come mi rivelò il dottor Fazio, il vero democristiano si sentì in dovere di esorcizzare l’ambiente dalla presenza dell’intruso che andava ficcando il naso perfino nella gestione del Cral e nei relativi profitti. Al centro ricreativo del Ministero, infatti, erano agganciati uno spaccio, un bar e una libreria.
Attorno a simili affari e ad altri, maggiori e minori, come le promozioni, gli incarichi retribuiti, le assunzioni, i vertici ministeriali erano organizzati in clan regionali: quelli napoletano e calabrese si opponevano al clan egemone dei siciliani; mentre i minori, pugliese e abruzzese, si affiancavano ora all’uno, ora all’altro. Era evidente la divisione del potere per cosche; né mancavano le oblazioni segrete alla massoneria, il cui elenco avrebbe avuto gli onori della stampa qualche anno dopo. E in qualunque giro o sottogiro si volesse entrare occorreva esservi introdotti da un padrino.
In tutto il ministero, che pure aveva il suo corpo centrale a Trastevere, risuonavano le inflessioni di tutti i dialetti italiani, tranne il romanesco, con larghissima prevalenza meridionale: il posto nella burocrazia era il normale ripiego offerto ai suoi figli in luogo degli antichi benefici feudali dalla piccola borghesia del Mezzogiorno; che difendeva quindi quello sbocco privilegiato ingigantendone le dimensioni rispetto al fabbisogno e occupandone i punti chiave. Necessario alleato politico la Democrazia Cristiana, impegnata nella colonizzazione dell’A.P. come in quella del Mezzogiorno. Anche per questo l’apparato burocratico aveva una percezione del proprio ruolo più vicina al privilegio feudale che alla funzione di servizio pubblico. E Roma era ladrona, ma non romana.
Eterno guastafeste del destino, io ero in quell’apparato l’intruso cooptato a mungersi il suo sorso di latte dalla grande vacca allevata a Roma da altri e per altri… Intanto il poliedrico e aperto dott. Prisinzano era stato giubilato nella Corte dei Conti; e il suo posto nella Direzione era andato a un politicante, certo Antonio Mazzeo.
Con una semplice lettera del direttore generale del personale fui trasferito all’Eur “con effetto immediato”, dalla Direzione Generale del Personale alla Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche, dislocata in un piano di Palazzo Italia, il grattacielo di Piazza Marconi.
Avrei potuto demolire con un ricorso quel chiarissimo abuso di potere. Ma discutendone con i compagni fui d’accordo che si dovesse cogliere e contestare il movente antisindacale della decisione muovendoci su quel piano. |
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