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L'ARCIPELAGO- 1
15.L’ARCIPELAGO
Fui costretto a prendermi il mese di ferie e quattro mesi di malattia, inventandomi un’artrosi cervicale, io che non avevo mai preso un solo giorno di congedo straordinario, prima di ottenere il trasferimento da Vercelli a Rieti.
“E non potevate darmi subito Rieti, visto che sono un sabino? O Rieti non ha le stesse esigenze di Vercelli?”
Fu in quel periodo che ebbi una relazione, prima affettiva e poi amorosa, con una giovane impiegata, che mi si diede pur sapendo bene che non mi avrebbe mai avuto per intero, legato come ero alla famiglia. Per me era un lusso voluttuario, per lei forse era l’amore. Sicuramente meritava molto più di un amore clandestino. Le davo ciò che potevo, senza ingannarla mai con false promesse. E lei mi regalava la sua giovinezza senza chiedere null’altro.
Quando Antonietta scoprì quella relazione extraconiugale e si rese conto che non ero il bene assoluto contrapposto al male, le crollò il mondo addosso. La delusione fu tanto cocente da bruciarle il cuore e la mente. Pianse, si ritrasse, pianse ancora e prese a trattarmi, nei rapporti intimi, con una freddezza che era un castigo più per se stessa che per me.
Diventò anche dura con le figlie, quasi che volesse coinvolgerle in una catarsi collettiva.
Sotto questo aspetto il trasferimento a Rieti fu salutare, portandoci a una temporanea residenza della famiglia a Monteflavio, di dove era più agevole il pendolarismo. Antonietta si convinse quanto meno della fine di quella mia relazione e sembrò recuperare, nel riavvicinamento alla sua famiglia d’origine, una serenità e un equilibrio almeno in apparenza; ma non superò la delusione e conservò nei miei confronti una passività che, proponendosi ora come mero rispetto dei doveri coniugali, metteva seriamente in forse la prosecuzione della nostra convivenza. Pensai alla opportunità di una separazione. Mi distolse dall’idea il pensiero di lasciare le bambine in balia di una madre che non appariva più sicura di se stessa.
Fui un po’ vigliacco con la mia partner extraconiugale, che avevo lasciato senza spiegazioni approfittando del trasferimento. Sapevo che mi avrebbe disprezzato, convinto però che fosse quello che volevo, sia per punirmi del danno che stavo arrecando alla famiglia (sentivo che era il mio sbandamento la causa degli altri) sia sperando che questo l’avrebbe aiutata ad accettare il distacco. |
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