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L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

 

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ARRIVANO I NOSTRI - 5

Post n°2080 pubblicato il 29 Gennaio 2016 da anonimo.sabino
 

 

Con ignobile meschinità il parafrancescano stilò contro di me una viscida denuncia di assenteismo dall’ufficio. E trovò un procuratore regionale della Corte dei Conti, certo Sfregola, che, chiusi gli occhi sul precedente bivacco, si gettò addosso a me con tale livore da fare due irruzioni nella sovrintendenza, per il sequestro di atti che bastava richiedere, con un ufficiale dei carabinieri che annunciava che mi avrebbero “spezzato la schiena”. Seppi poi che erano entrambi di destra, come si dice accomunando carogne fasciste e conservatori.

 

Mi vedevo accusato di essere il ladro e il lavativo, io che da supplente (non reggente in missione come il predecessore) ci rimettevo di tasca mia. Quella parodia di magistrato ignorò la nuova norma contrattuale che rendeva libero il dirigente da una presenza obbligata; basò l’accusa su norme abrogate da anni, come un preteso obbligo di residenza nella sede di servizio; pur avendo attivato una ispezione che aveva appurato il perfetto funzionamento (neanche una pratica arretrata) e la totale correttezza degli atti della Sovrintendenza, mi perseguitò per sei anni, anche dopo che avrei lasciato l’Umbria, sottraendo alla mia famiglia un bel po’ di soldi, impugnando la stessa ingarbugliata condanna amministrativa (immagino estorta ai colleghi) per avere una sanzione più “esemplare” e vendicandosi del suo rigetto col promuovere il giudizio penale.

 

Vedendomi particolarmente turbato dall’incredibile persecuzione, che quanto meno mi distoglieva da pensieri più degni, la stessa Antonietta giunse a suggerirmi:

 

“Non potresti interessare qualcuno dei tanti amici che hai tra i magistrati, magari qualche tuo vecchio collega?”

 

“Chiederò qualche consiglio. Ma non cercherò intercessioni”.

 

Sei anni per tre sentenze su una questione di lana caprina, due di condanna e una di assoluzione, che mi resero nauseato da una casta giudicante impegnata più ad erigersi sulla società civile che ad evitare la  prescrizione di processi più utili: altro non piccolo problema di formazione (e di non infrequente deformazione) professionale, attorno al quale gira tutto il blaterare di riforma della magistratura, animato solo dai conflittuali interessi di guardie e ladri e quindi sfasato in partenza.

 

“La gente cattiva ne va”, ripeteva la mia Onne.

 

Il Ministero, che se ne era lavato le mani limitandosi a ignorare l’accusa, dopo più di “qualche mese” mi trasferì. Dal 1° febbraio 1998 fui assegnato in sede definitiva a L’Aquila (non a Roma) come sovrintendente scolastico regionale dell’Abruzzo.

 

 
 
 
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