Creato da anonimo.sabino il 06/09/2006

L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi di Luglio 2015

CAMINO MONFERRATO - 6

Post n°1941 pubblicato il 13 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

Allievo pessimo, invero, nei confronti di madonna castità. I miei sfoghi solitari continuavano a nutrire le mie angosce e la convinzione non solo che non avessi la vocazione, ma che essa non esistesse. Che non esistesse neanche Dio. Almeno quel Dio.

Mi domandavo come potesse un Padre buono, il più buono, avere piacere o gloria dalla sofferenza dei figli; come avesse potuto volere o almeno permettere la crocifissione del figlio divino. E se era assurdo che ci avesse maledetti per la mela mangiata da un lontanissimo e improbabile progenitore, era ancora più incredibile che ci avesse poi perdonato grazie alla crocifissione di suo figlio.

Dovevo arrivare al fondo di quella storia. No, non mi bastava sapere se avevo o no la cosiddetta vocazione. Se la mia vita, perfino quella eterna, oltre a quella terrena, dentro o fuori di lì, dipendeva comunque dall’evento della redenzione, dovevo vederci chiaro, in quell’evento. Per il nuovo Padre Maestro (e per la dottrina cristiana) il dubbio era già un peccato contro la fede:

“Devi fortificare la virtù della fede; e devi pregare Dio che non ti venga meno, perché è un suo dono”.

“Sono dogmi, che non posso e non intendo discutere, anche se non vedo come un dono di Dio possa essere un merito nostro, una virtù; è uno dei tanti misteri. E non faccio fatica ad accettarlo, senza bisogno di verificarlo, come gli altri misteri, sapendo che essi vengono da Dio. Ma non può essere oggetto di fede la verità preliminare”.

  “Quale, figliuolo?”

“Che vengano da Dio i nostri misteri. Solo così motivata, la fede ha senso e può diventare virtù. Ha senso così la fede di un coniuge nell’altro, la fede come affidamento e quindi come fiducia e riconoscimento nei confronti della persona che si conosce. Ma se non accertiamo prima che la rivelazione ci venga da Dio, non a lui prestiamo fede, ma a chi parla in suo nome. E potrebbe essere un ciarlatano. Per la Chiesa è sempre benedetto (benedictus qui venit in nomine Domini), ma a dispetto del secondo comandamento: non parlare in nome di Dio”.

“Puoi sospettare di ciarlataneria migliaia di pensatori, che hanno versato fiumi d’inchiostro sull’argomento? O ti credi un pensatore più grande dei dottori della Chiesa?”

Per il Padre Mariani era questo il modo consueto di chiudere l’argomento. L’ultima ragione che gli restava era l’ipse dixit

 

 

 

 
 
 

CAMINO MONFERRATO - 5

Post n°1940 pubblicato il 08 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

Finito il primo anno scolastico di Studentato Filosofico e di Liceo, preclusa ancora ogni visita a casa, invece della consueta vacanza a Somasca che avevo annunciato alla mamma, ci mandarono quell’anno in “villeggiatura” in una villa che una benefattrice aveva di recente donato all’Ordine, ancora nel comasco, a Ponzate.

Della mia villeggiatura di quell’anno non avrei ricordato tanto le escursioni sull’altro Pizzo, il più famoso; quanto la vigliaccata che mi svelò cosa stavo diventando.

Non era una villeggiatura di tutto piacere. Ci toccava dare una mano a figli di papà provenienti dal Collegio Gallio di Como, che potevano permettersi ripetizioni di lusso in ambiente di villeggiatura. Nel dare l’aiuto per il quale i nostri superiori erano ben pagati, mi lasciai prendere da un insospettabile rancore classista misto alla tipica crudezza che avevo detestato in altri religiosi: per me quei ragazzi erano solo viziati e cretini. Ignaro dei problemi psicologici che doveva avere uno che mi guardava con gli occhioni chiari come spenti, senza riuscire a concentrarsi su ciò che dicevo, credetti di poterlo erudire a suon di ceffoni. Vedendo che solo dopo lo schiaffo tornava in sé e azzeccava la risposta, lo picchiai più volte. Soltanto poi, ripensandoci e vedendomi accoppiato nella memoria con suora Artura, ebbi paura di quello che mi stava succedendo. E adesso mi getterei ai piedi di quel ragazzo, per chiedergli perdono.

  Né potevo raccontarlo a mia madre.

…La villeggiatura non poteva essere migliore… Adesso non starò sicuramente in ozio perché c’è sempre qualcosa da fare. Già suono discretamente l’armonium; adesso provo il pianoforte. In questi giorni il castello è sempre visitato da tanti forestieri, perché è una vera rarità: penso che potrei vedermi davanti da un momento all’altro la macchina di Gino…

Argomento di altre lettere erano i preparativi per il matrimonio di Vanda con Luciano. Il figlio dell’ex luogotenente podestà ora rimpiazzava suo padre nell’Ufficio Postale. Prospettai alla mamma la possibilità di vendere la stalla inutilizzata a ridosso del paese, per far fronte alle spese occorrenti. Cosa che lei fece senza indugio.

Gino aveva ritrovato per via epistolare la sua Beatrice; ed era in Italia, fermamente deciso a portarsi in America quel lembo del nostro paese. Chissà se Elena si ricordava di me. Ma che importanza poteva avere, ormai? Io stesso l’avevo scoraggiata… Ero o no un allievo giannizzero? 

 
 
 

CAMINO MONFERRATO - 4

Post n°1939 pubblicato il 07 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

Franco, concluso il corso di avviamento al lavoro, cercava di recuperare un po’ d’istruzione frequentando l’istituto professionale. Noi chierici non subivamo più il controllo della posta. Almeno credo.

E c’era un’altra cosa che nessuno avrebbe potuto controllare, la fantasia. Non che fosse una mia prerogativa. Avvertivo anzi fin da Pescia e da Somasca quando i compagni spiccavano il volo con me. C’erano passaggi della giornata in cui tutti eravamo completamente assenti, come contagiati l’uno dall’altro. E a svegliarci era il solito somaro ossequiente, che guardandosi attorno con aria di rimprovero, rispondeva puntualmente all’oremus o alla domanda del superiore.

Quel castello, poi, sembrava la sede ideale di tutte le fantasticherie. Fatta eccezione per le brevi ricreazioni a passeggio nel parco, o a scalciare nella piccola radura che avevamo anche lì ricavato tra le piante della parte superiore, o nell’atrio se il tempo era brutto, nei momenti di stasi, specialmente durante le meditazioni, volavo subito dai suoi merli ai Monti Sabini o per mondi sconosciuti; andavo a vivere in isole semideserte, paradisiache; o in luoghi a me noti ma in compagnia di alieni. Tra i miei sogni c’erano anche quelli di carattere religioso: a volte conversavo con la Madonna o convertivo da solo la Russia. Ma più spesso mi abbandonavo a folli avventure tra i paladini dell’Ariosto e affrontavo eroicamente i pericoli necessari per la salvezza e la conquista della mia Angelica. Mi facevo vezzeggiare da una Nausica e mi scopavo con ardore una maga Circe.

Fantasticherie e masturbazioni erano un’esigenza fisica irreprimibile. Tranne il tempo di studio, nella mente era un alternarsi sfrenato e continuo di fantasie, a letto, in chiesa, a spasso, dovunque. L’immagine delle mondine che avevo visto attraversare in bicicletta il ponte di Trino con le gambe al vento era un pezzo fisso del repertorio. Ma nobili o popolane, non badavo al sottile, purché fossero donne. Facevo il cascamorto con le contessine e mi scopavo tutta l’area femminile della corte e della servitù. Contemplavo a lungo, come sdraiata nella nivea cinta alpina dominata da un radioso Monte Rosa, perfino la grande valle solcata da un maestoso Po, come se fossi io stesso a penetrare la Val Padana. Cercavo con lo sguardo tra le ombre del parco un vestigio di vita terrestre; e nel volgerlo alle campagne d’intorno, mi soffermavo su qualunque straccio o cespuglio colorato che vedevo lontano, a domandarmi se per caso non fosse una donna.

Che sofferenza, Biotto! Potrai mai uscirne? E che cosa sarai diventato, quando infine ne uscissi? 

 
 
 

CAMINO MONFERRATO - 3

Post n°1938 pubblicato il 06 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

Come il Padre Pellegrini poteva stravolgere le percezioni sensitive, così il Padre Mazzarello, insegnante di letteratura italiana, pretendeva che chiamassimo Riforma la Controriforma cattolica e Controriforma la Riforma protestante; perché in quella cattolica era la verità, in quella luterana l’errore.

Monteflavio 22-5-56 Fabio carissimo, ho ricevuto la tua lettera con un po’ di giorni di ritardo, come veramente lo dici anche te, la quale io già pensavo male come bene mi conosci. Allora se è possibile non allungarmele mai le tue lettere, perché io mi rallegro soltanto quando vedo la tua posta. Sono molto contenta nel sentire che stai bene e della bella gita che ti sei fatta, almeno quando ritorni puoi raccontarci qualche cosa, come sono anche contenta che per un mese riandate a Somasca, basta che non sia perché non ti senti bene, altrimenti anche a me piacciono tanto quelle parti, specie quella bella aria che c’è lassù al Santuario di S. Girolamo. Ti ripeto che anche a me piacerebbe da ritornacce ma stai attento a non rifare il bravo a rirrampicarti a quella montagna facendo l’accorciatoie come facesti l’altra volta, che solo a ripensarci mi fa paura. Fai la strada comoda hai capito! Perché il proverbio dice vita brava vita breve. Mi saluti tanto il padre maestro. Se ci andate li dici che tanto io che Vanda lo ricordiamo sempre per la sua buona accoglienza che ci fece...  

Della mia illetterata mamma (ricordava perfino che lungo l’erta che portava al santuario c’era un sanatorio per la cura della tubercolosi) è una delle pochissime lettere che ho conservato.

Camino maggio ’56. Cara mamma, sai che scrivi delle lettere che sono veri capolavori? Io che non ho letto quasi nessun libro più di una volta, certe le leggo e le rileggo; e le gusto più della Divina Commedia…

Anche con Gino continuava la corrispondenza.

Caro Fabio… spero e desidero senz’altro vederti durante la mia visita in Italia, in programma per la prossima estate... Abbiti per ora tutta la mia ammirazione con l’augurio di un presto arrivederci. Tuo aff.mo cu-Gino.

Camino 8.VI.’56 Cara mamma … sono stato promosso. Mandami notizie di Franco, ché lui m’interessa più di me. Anche qui si sono fatte le elezioni, ma nonostante tutti i voti dei chierici maggiorenni hanno vinto i comunisti… il Monferrato è rosso: un bel colore, d’altra parte!

Di politica non sapevo assolutamente nulla.

 
 
 

CAMINO MONFERRATO - 2

Post n°1937 pubblicato il 03 Luglio 2015 da anonimo.sabino
 

Per i visitatori erano state conservate, nel piano nobile, alcune camere con mobili, baldacchini e arredi originali. E di pregiati mobili antichi, che sarebbero stati poi venduti via via, oltre che di stucchi, di stemmi, di corna, di ritratti a olio e di tendaggi erano corredati un po’ tutti i locali del castello.

C’erano, oltre il corpo merlato, fienili e scuderie, torre, ponte levatoio e veranda panoramica. Non c’erano fantasmi, pur essendo evocati dal grande atrio adorno di multiformi corna che si affacciava sulla veranda, da un marmoreo Cortile del Decapitato ai piedi dello scalone di accesso al piano nobile e dal salone che quivi, con divani, specchi e arredi d’epoca, esponeva i ceffi ritratti a olio di tutti gli Scarampi conti di Camino e marchesi di Villanova.

Il luogo ci rivelò purtroppo due nei che ne svalutavano decisamente le attrattive: la nebbia per nove mesi e le zanzare nei tre residui.

Camino,  aprile 1956. Cara mamma, la primavera irraggia ormai da ogni parte. Ogni tanto arriva qualche razzata di pioggia …Qui intorno nel parco è tutto un chiasso di uccelli; ce ne sono di tutte le specie: gazze, ghiandaie, tordi, merli, pettirossi, scriccioli, codirossi …Gli studi vanno bene… Anche nei vent’anni entro con grande fiducia di finirli bene: Dio m’assiste e la salute non manca… Ho ricevuto proprio oggi una letterina di zia Adalgisa, che fra l’altro mi domanda perché non ritorno… puoi dirle che si rassegni a non vedermi neanche quest’anno…

No, non mi rividero neanche quell’anno, non certo perché io non ci tenessi più, come pensavano le zie. E’ vero che andavo ormai dimenticando nomi e volti della mia gente.

… L’ultima Pasqua che ho passato in paese non me la ricordo… Sabato scorso sono stato in gita scolastica…  

Nel corso di quella gita al Lago Maggiore avevamo incrociato per le vie di Stresa, fra turisti e passanti, tre donne assai procaci, dalle quali sentii mormorare:

“Che peccato di gioventù sprecata!” Avevano ragione. Infatti le avrei montate tutte e tre; e come per giustificarmi mormorai a mia volta:

  “Senti che scia di profumo!”

“Vuole dire di puzza!” si sentì in dovere di correggermi il Padre Pellegrini,  che ci accompagnava. In lui la repressione sessuale era giunta al punto da negare ai sensi anche la funzione di strumento elementare di conoscenza oggettiva, ad essi chiaramente assegnata dalla gnoseologia scolastica.

 
 
 


 

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