Creato da anonimo.sabino il 06/09/2006

L'altra campana

Itinerario spirituale di un pagano

 

Messaggi di Agosto 2015

MADONNA DELLA STRADA - 6

Post n°1973 pubblicato il 31 Agosto 2015 da anonimo.sabino
 

 

La mia nuova prigione (ché tale mi sarebbe apparsa presto) tornò a chiamarsi Monteflavio. Da Camino avevo portato con me soltanto alcuni quaderni di riassunti e di appunti. Su quelli organizzai la preparazione agli esami di maturità, che investivano allora tutte le materie dell’ultimo anno.

 

A Monteflavio ricevetti un primo biglietto, dall’Umbria:

 

Al signor Fabio De Mico – Monteflavio (Roma). Spello 19.6.59 A grandi prove profondo silenzio. Auguri d’ogni bene. P.A.Temofonte crs. Una mazzata peggiore l’avrebbe ricevuta da suo nipote.

 

Un biglietto successivo, del Padre Filippetto, mi confermò il benestare del parroco della Maddalena. Per nulla condizionata dai pregiudizi religiosi, la mamma era felice di riavermi a casa:

 

“Meglio così, figlio mio, meglio così”, ripeteva: “Non potevo più sopportare la tua lontananza. Adesso rimedieremo i soldi per il viaggio a Genova e, quando avrai il tuo diploma, ti cercherai un posto di lavoro. Anzi, pure Franco, che lascia lui pure il collegio”.

 

Sarebbe stata ancora una bella donna, mia madre, se non si fosse un po’ incurvata e non avesse perduto qualche dente. Conservava perfino un paio di pretendenti; e ci rideva sopra:

 

“E’ una sciocchezza che non ho fatto da giovane. Figuriamoci adesso! A me basta il ricordo di Ottavio… che mi sta aspettando. Però è meglio che aspetti ancora un po’, perché voi avete bisogno di me”. E Ottavio l’avrebbe attesa per un altro mezzo secolo. 

 

Dall’America mi giunsero dieci dollari. Mi bastarono per il viaggio di andata e ritorno tra Roma e Genova.

 

Genova 2-VII-1959 Cara mamma, sono arrivato ieri alle quattro pomeridiane con un sonno da... dormire. Oggi ho già fatto il tema: ci ho lavorato più del solito, quindi penso che sia venuta fuori una cosa carina, purché la professoressa lo capisca …

 

Il giorno dopo, durante la prova scritta di matematica, la commissaria d’italiano mi si fermò accanto nel servizio di vigilanza:

 

“Sei tu De Mico?” Alla mia risposta affermativa aggiunse soltanto: “Buon lavoro!” L’aveva capito, il mio tema. Avrei avuto un eccezionale nove.

 

Meno comprensione mi mostrò il mio ospite della Maddalena. Il Padre Boeris mi aveva ricevuto, la sera precedente alla prova d’italiano, con un distacco raggelante. Da un vecchio fratello laico mi fece accompagnare nella mia cella, una delle tante di un’ala dell’edificio completamente vuota, polverose, tutte aperte, ingombre di vecchi mobili e di arredi in disuso. E non lo vidi più.

 

 
 
 

MADONNA DELLA STRADA - 5

Post n°1972 pubblicato il 28 Agosto 2015 da anonimo.sabino
 

 

 

 

1959,ventidue anni. Di cui dieci da fratino e tre da orfanello. Cancellare un passato che non mi apparteneva, perché mi era stato brutalmente imposto; e ricominciare daccapo. Da un paio di calzoni, sì che nessuno mi considerasse nemico del mondo e della vita. Se il racconto della mia liberazione dalla fede religiosa si può sottotitolare Il coraggio della ragione, il seguito si dovrebbe sottotitolare Il coraggio del sorriso. Da quel momento, riconciliato con un mondo che tuttavia avrebbe continuato a rigettarmi, anzi deciso ad appartenere ad esso, tornai a guardare tutti i miei simili negli occhi; e a nessuno ho mai negato un sorriso, nemmeno a quelli che me l’hanno fatto ringoiare.

 

Al bar della stazione la commessa rispondeva ai miei sguardi furtivi con la stessa insistenza, come se per lei fossi stato un ragazzo normale, solo un po’ timido: non si accorgeva che fossi diverso. Nello scompartimento del treno che per Alessandria e Genova mi riportava a Roma un bellimbusto faceva il pappagallo con una ragazza. E lei ci stava. Ma saettava con gli occhi anche me, che me ne stavo lì tutto composto. Sembrava domandarmi: “A te non dico proprio niente?” Dovevo ancora abituarmi all’idea di non avere più la tonaca e di essere finalmente un ragazzo qualunque.

 

Proprio come gli altri avevo paura che non sarei mai stato. Ma dovevo provarci, sentendomi comunque inebriato dalla libertà. Avevo già in programma di fermarmi a Genova, per vedere, nei pressi della stazione, dove si trovasse il Liceo-ginnasio “Andrea D’Oria”, nel quale ero iscritto a sostenere, di lì a un mese, gli esami di maturità: eravamo stati aggregati a quella commissione come liceali del collegio somasco di Nervi, dove l’anno prima avevamo sostenuto gli esami di ammissione. A Nervi avevo visto il mare per la prima volta ed ero rimasto ammaliato dalle onde che frangendosi sugli scolgi invadevano il terrazzo dell'ennesimo Istituto Emiliani. Vi rivivevo le fantasie tecnofile di Giulio Verne e quelle corsare di Emilio Salgari.

 

Padre Filippetto mi aveva quasi assicurato l’ospitalità alla Maddalena, la parrocchia affidata in Genova ai Padri Somaschi. Così andai a cercare anche la chiesa della Maddalena, con un secondo scopo. Per i vicoli che scendevano verso il porto bisognava chiedere loro permesso, per passare. La lucciola mi alleggerì delle mille lire che dalle spese di viaggio mi avanzavano per un modico pasto. Non fu molto onesta nel lavoro, accortasi subito della mia trepidazione; mabene o male, a spese del mio pranzo, ebbi il mio battesimo del sesso.

 

 
 
 

MADONNA DELLA STRADA - 4

Post n°1971 pubblicato il 27 Agosto 2015 da anonimo.sabino
 

 

Qualche giorno dopo aver ricevuto l’ultima lettera e i soldi della mamma (è strano, ma non ricordo quale fosse di preciso il più bel giorno della mia vita) seduto senza tonaca sul sedile posteriore del motorino di Padre Filippetto per scendere alla stazione ferroviaria di Trino Vercellese, salutai per l’ultima volta, non avendo potuto salutare i compagni, la madonnina bianca della chiesa di Camino.

 

Splendano le stelle, spunti il sole o scenda già,

 

nella sua nicchietta se ne sta.

 

Bianca, sulla ruvida facciata, pare un fiore,

 

sempre in atto tenero d’amore.

 

Scivola la strada e svolta languida nel verde

 

dove ogni cosa si perde.

 

Madonna della strada,

 

da quanti anni tu sei là,

 

tra voci, preci e strepiti

 

che il traffico ti dà!

 

Un venticello raccoglie

 

tutti i profumi dei fiori

 

e ti salutan le foglie

 

laggiù dalla via:

 

buongiorno, Maria.

 

 

 

Torna il vecchierello all’ombra amica. E tu sei là.

 

Sgomma il ragazzotto. E tu: “Ma va’…!”

 

Sola sulla strada che ogni cosa vede andare

 

tu sei sempre ferma ad aspettare.

 

A fissare il tempo d’una vita che fuggì,

 

giovane e bella sei lì,

 

Madonna della strada

 

che da sempre sei lassù,

 

immagine d’un sogno

 

di perenne gioventù.

 

Te, che il sospiro fuggente

 

fai diventar poesia,

 

ora salutan le foglie

 

ch’autunno raccoglie:

 

buongiorno, Maria.

 

 
 
 

MADONNA DELLA STRADA - 3

Post n°1970 pubblicato il 26 Agosto 2015 da anonimo.sabino
 

 

Durantegli esercizi spirituali avevo parlato con il teologo domenicano. Un colloquio brevissimo, risolto in poche battute.

 

“Mi dicono che hai una crisi di fede”.

 

“Non ho più nessuna fede, per l’esattezza”.

 

“Non credi in Dio, non credi in Gesù… in che cosa non credi?”

 

“E’ alla fede nel suo complesso, che non trovo un fondamento, non a questo o a quel dogma (non inseguo eresie); non credo alla religione come rivelazione, alla redenzione… Non credo più a niente, perché non voglio credere, ma sapere. E so che mi sono state raccontate una montagna di menzogne, su Dio, su Gesù, su tutto”.

 

“Metteresti quindi in discussione tutta la religione cristiana…” Sembrava sfuggirmi; non mi guardava negli occhi. Mi chiese:

 

“Quanti anni hai?”

 

“Ventidue”.

 

“E a ventidue anni ti ritieni all’altezza di buttare a mare tutto l’edificio della religione cristiana, quello costruito e arredato dai più grandi uomini di studio e artisti di tutti i tempi; a ventidue anni saresti tu in grado di chiamare menzogna la fede propugnata dai più ammirati pensatori?” Me l’aspettavo. Era un modo di chiudere il discorso, perché era una strada interminabile sulla quale non l’avrei seguito. Risposi:

 

“Se non sono in grado di esaminare criticamente la fede celebrata da loro e di giudicarla, come posso essere in grado di abbracciarla e propugnarla?”

 

Soltanto a quel punto alzò la testa:

 

“ Dunque è così… “ E mi congedò.

 

“Allora te ne vai?” Mi chiese Enrico. A lui non nascosi più nulla. Gli parlai delle mie conclusioni e gli consigliai di trovare il coraggio di trarre le sue, sapendo che ci stava vicino, ma che aveva molto meno coraggio di me; anche perché era il nipote di Padre Temofonte e tutta la sua esperienza religiosa era dipesa da quel legame parentale.

 

Ce l’avrebbe fatta l’anno seguente, Enrico, a lasciare la vita religiosa. Ma l’avrei ritrovato solo molti anni dopo. E avrei saputo da lui che, dopo la nostra “apostasia”, fu proprio la “crisi” dello stesso Padre Temofonte, come un crollo mentale, ad avere l’esito più triste e drammatico. Il Rettore paterno che aveva trovato in noi un surrogato alla mancanza di quel calore familiare al quale era stato indotto a rinunciare avrebbe concluso la sua crisi e la sua vita nel manicomio di Martellona.

 

 
 
 

MADONNA DELLA STRADA - 2

Post n°1969 pubblicato il 25 Agosto 2015 da anonimo.sabino
 

 

 

 

Si era diradava la corrispondenza con Gino, che vedevo appagato dalla laurea e dalla raggiunta felicità coniugale nella sua casa ad Hamden. Proseguiva la corrispondenza con Boston, di dove la più istruita dei cugini di mia madre mi raccontava le vicende familiari dei Savini, parenti di nonna Annarella. La Maria Americana chiudeva spesso con un grazie che mi hai scritto.

 

Anche per giustificare la mia presenza alle funzioni, non cessavo dal prestarmi come maestro della schola. Uno degli ultimi impegni fu una messa in greco ortosso, con i ghirigori bizantini delle sue melodie, ricostruita dai pentagrammi che un Padre missionario ritornato dal Medio Oriente aveva riportato con sé.  

 

Per una delle accademie che si tenevano in onore della Madonna degli Orfani e di S. Girolamo avevo accettato di partecipare a una specie di concorso, versione religiosa del festival profano, con una composizione che mi sgorgò da un’anima raggelata: Madonna della strada, la canzone con cui vinsi la gara (scelsi come premio una stupenda edizione spagnola del Don Quijote di Cervantes), fu presa dai Padri per una canzone religiosa, benché più classificabile come musica leggera che come musica sacra. Era un dialogo con la bianca statua, immutabilmente giovane e bella, che balzava davanti al passante dalla facciata della chiesa di Camino, immota nel generale e perenne fluire della vita per la strada sottostante. La Madonna: il simulacro femminile che potevamo concupire spiritualmente; la madre amorevole, antidoto del dio tiranno creato nell’età più scura della storia umana.

 

Monteflavio 28.5.1959 Carissimo mio Biotto… I lavori della chiesa per adesso l’hanno soltanto buttata giù. Da incominciare i lavori per rifarla… Don Giuseppe dice subito, anzi dice che ci deve rinascere il Bambino… un natale senza meno, ma quale anno chissà… Adesso stanno passando con le tubature dell’acqua per tutto il paese. Anche io ho messo il tubo dentro casa e anche nella cantina ci ho fatto una vasca per lavare i panni. Adesso quando possiamo famo il deposito al Comune e ci mandano l’acqua, questo si può fare quando si può… Così anche i gabinetti, che anche quello spero farvi trovare fatto per quando tornate…

 

 Il “miracolo economico” stimolato dal Piano Marshall dell’immediato dopoguerra e da una progressiva politica di indebitamento che ipotecava l’avvenire delle future generazioni, era giunto a lambire anche il mio paese.

 

 
 
 


 

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