Creato da scrittocolpevole il 15/02/2007

LA COLPA DI SCRIVERE

per sviluppare un'idea, ovvero arte e poesia e letteratura e...

 

 

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Primo giorno in università di Salvatore Genovese

Post n°232 pubblicato il 02 Dicembre 2007 da scrittocolpevole
 

Sono appena uscito dal cesso. Vi sembrerà strano, ma la mia attività principale è sempre stata quella di espellere le feci. E vi sembrerà nuovamente strano, ma ogni volta che caco merda (perché la maggior parte delle volte caco merda, anche se aspetto volentieri di cacare qualcos’altro, magari caramelle, accompagnato da qualche centesimo utile a prendere caffè alla macchinetta) mi nascono dentro parole e frasi a me nuove. E che vicine stanno bene. O perlomeno a me sembra così. E un po’ come quando paghi una tassa in autostrada. Paghi e passi. Così accade a me. Vado in bagno, tiro la catena, e mentre lo sciacquone balla la sua danza del cigno, ecco che nella mia testa escono fuori idee e frasi nuove che spesse volte la mia mano sporca trasforma in racconto, quasi per magia. Ed è anche una magia con un profumo particolare, se non la lavo, quella mano.
Stamattina sono stato per la prima volta all’università; niente affatto male, l’università. Solo che c’era troppa burocrazia; così tanta burocrazia che un ragazzo esclamava arrabbiato vicino alla mensa il suo arcano dubbio: se fosse lì per studiare o per sbrigare infinite pratiche burocratiche.
Io grosso modo lo capisco. E lo capirò ancora meglio domani. Anche io odio la burocrazia, le pratiche, le pratichette e tutto il resto.
Solo che purtroppo vanno fatte, anche se mi sfugge la loro connessione immediata con Virgilio, Dante, Leopardi e tutta l’allegra brigata. Mah, sarà che non capisco. Sarà che il seguente legame è una di quelle solite relazioni che è coperta da quei fastidiosi coprifili invisibili che si vendono in quei grandi ipermercati e centri commerciali. Gli ipermercati. Sembrano le case di Dio. Quel Dio che noi uomini abbiamo creato ad immagine e somiglianza di Mike Buongiorno. Eppure, non è tanto questa riflessione esistenziale che mi assilla, ma la domanda: se Dio esistesse davvero, quando pagherebbe d’imposta sugli immobili? O per lui ci sarebbe un condono previsto da qualche patto lateranense o segreto accordo stipulato nel 2679 dopo Silvio?
Ma basta con queste pedanterie filosofiche, torniamo al racconto, quindi agli ipermercati.
Mah, sinceramente pensavo che dalle nobili ceneri dei defunti bottegai e artigiani potesse nascere qualcosa di meglio. Mi sbagliavo. Di gran lunga.
Resta il fatto che oggi un paio di file le ho fatte, ho preso dei moduli, alcuni li ho compilati; anche se la fila più tremenda e mostruosa mi aspetta domani.
Sto meglio io o un operaio che lavora dodici ore al giorno. Non lo so, avendo lavorato dodici ore sotto il sole, so che li offenderei dicendo che sto meglio io.
Per questo mi gioco la risposta di riserva: secondo me se avessimo creato Dio a immagina e somiglianza di Simona Ventura, sicuramente più gente andrebbe in chiese e le vocazioni diventerebbero numerosissime. Le comunioni poi …
Ma devo abbandonare questo scenario blasfemo. Mia nonna che mi ha dato la possibilità di leggere, in Dio ci crede. Non è colpa sua. E’ stato il suo tempo. La sua storia personale di una vita passata a lavorare e lavare piatti. Non capirebbe che lo studio mi ha fatto capire delle cose. E soprattutto le farebbe male leggere troppe di queste righe. E quindi torno al racconto. Dov’ero? Ah sì, il lavoro. Mettiamola così. Io preferirei lavorare sotto il sole che aderire a faziosi obblighi burocratici. Ma io, io non capisco niente. Scusatemi, ma ho appena letto un racconto di Bukowski in cui diceva che ogni scrittore non capisce niente. Scrive perché è un idiota.
Sono troppo d’accordo con lui per non cercare d’imitarlo in questo racconto che malamente esce dalla mia penna blu per caso.
Ho tanti dubbi. Sul futuro, sulla mia vita, sulla politica, sull’impegno in politica, sul perché la penna si chiama penna e non banana, e tanti altri dubbi.
Ho tante apprensioni; ma sono tranquillo, rilassato e felice. Ho accanto una famiglia che mi vuol bene, e che mi ama così tanto da avermi fatto anche da padre. Quel padre che mi manca ogni volta che mi faccio la barba e mi guardo allo specchio.
Vivrò a casa con gli amici del liceo, gli amici di una vita. Studierò la letteratura, la passione matura che ho scelto. Che in fondo è in grado ancora di rendermi ancora uomo in questo zoo di uomini polistirolo. Ho una vita abbastanza normale. E non mi dispiace. Ma credo mi dispiacerebbe se non ci fosse la magia di aprire questo quaderno e scrivere qualcosa come questa massa di lettere sbriciolate che escono dalla mano di un ragazzo come me, che vuole cambiare il mondo e guardare silenzi bordeaux.
Partorire parole è forse l’unico incantesimo che può ancora pronunciare l’uomo che non è più mago. E’ finita l’era dell’uomo magico.
Sono finite tante cose.
Figurarsi che non esistono più le cassette audio e i calzolai.
E’ tramontato tutto.
Per fortuna mi tengo stretto la mia passione di scrivere. Così stretta che sto stropicciando tutto il quaderno.
Scriverò, forse per sempre. Anche se mi dovessi accorgere di avere meno talento di una scimmia stupida che scrive tenendo al contrario la sua penna.
Scrivere col coperchietto della penna è sempre meglio che scrivere stronzate.
O vederle in TV.
Segni invisibili o quasi sul quaderno, saranno sempre più belli di una puntata di Uomini e Donne.
Mi perdoni Maria De Filippi. Probabilmente anche lei ha i suoi problemi. Solo che lei sa come risolverli subito.
Io no. Ho dimenticato di comprare il rum o la vodka.
Ho solo il succo di pera in frigo.
Quello che ho bevuto prima di andare al cesso.

 
 
 
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IL PIEGHEVOLE

il pieghevole

 

Un nuovo foglio di letteratura e arte nasce in Calabria, frutto della collaborazione tra Giovanni Spedicati, editore della Mongolfiera, Maria Credidio, responsabile della Biennale di Arte Contemporanea Magna Grecia di San Demetrio Corone, Salvatore La Moglie, scrittore, Gianni Mazzei, narratore, saggista e poeta, Salvatore Genovese, scrittore e poeta, Paolo Pellicano e Alfredo Bruni, de La Colpa di Scrivere.

 

Il comitato dei curatori è composto da: Mimmo Aloise, Alfredo Bruni, Romilda Ciardullo, Salvatore Genovese, Gianni Mazzei, Paolo Pellicano.
 

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