Sgosh!

Se qualcosa può andar male lo farà.

 

Messaggi del 05/10/2005

L'ANGOLO DEL TERRORE

Post n°138 pubblicato il 05 Ottobre 2005 da ausdauer
 
Foto di ausdauer

Tra le cose più moleste che esistono al mondo credo che il prelievo del sangue corrisponda ad una posizione piuttosto alta in classifica. Nella sala d'aspetto spesso si assiste a manifestazioni di puro terrore, pianti, lamenti, svenimenti. Ho visto gente sbiancare all'inverosimile di fronte all'avvicinarsi del proprio turno e cominciare a singhiozzare senza pudore nel momento in cui il proprio nome veniva pronunciato dall'infermiera.

Io vado in panico per il tampone faringeo, per l'ecografia, per il medico che con il legnetto mi abbassa la lingua, ma al prelievo del sangue resisto stoicamente. All'annunciarsi del mio turno poso il mio libro, raccolgo le mie cose ed entro. Saluto, mi siedo, porgo il braccio, lascio che sia fatto il dovuto e poi me ne vado senza troppi sconvolgimenti interni. Spesso corro a sbaffarmi cappuccino e brioche, per riprendere le forze.

Negli anni ho riscontrato un'allarmante tendenza ad approffittarsi delle persone come me. Si pensa che possano sopportare qualunque cosa, quindi mentre la donna svenevole che striscia singhiozzando verso la porta viene scortata dall'infermiera più esperta, a me non si sa come capitano sempre le più stanche, svogliate, imbranate infermiere della storia.

In quinta superiore la mia gola si fece improvvisamente così stretta che il cibo, la mia fonte principale di gioia, divenne improvvisamente il mio peggiore nemico. Il medico fu categorico: mononucleosi. Feci le analisi, arrivò il risultato: avevano sbagliato il tipo di analisi. Così una volta. Così due volte. Così tre volte. Così quattro volte. Mi ripresentai alla quinta volta con un braccio livido e dolorante che poteva fare invidia a Christiane F., la bucomane per eccellenza. Nessuna delle infermiere voleva credere che fossi ancora lì a ripetere lo stesso esame da settimane. La cosa più divertente è che di fatto non ho mai avuto la mononucleosi, bensì una tonsillite particolarmente fastidiosa.

Una volta mi presentai al cospetto di un'infermiera novella. Le tremavano orribilmente le mani, il che era davvero molto poco rassicurante. In genere non resto a guardare mentre l'ago mi perfora la vena, ma questa mi fece talmente male che mi costrinsi nella visione di qualcosa di agghiacciante. C'erano ben otto fialette di sangue da prelevare e questa ragazza, paonazza in viso per l'agitazione, toglieva e rimetteva l'ago ogni volta che doveva cambiarne una, regalandomi una delle scene più truculente di cui sono stata spettatrice, nonché vittima innocente. Colei che mi torturava non era nemmeno in grado di guardarmi negli occhi tanta era la pena che provava di se stessa nel presentarsi così incompetente. Il mio braccio ne uscì a dir poco massacrato.

L'anno scorso mi presentai in un altro ospedale, tranquilla perché ormai avevo rimosso la precedente esperienza. L'infermiera mi accolse, gentilissima, pregandomi di sdraiarmi. Le risposi che non ne sentivo il bisogno, ma lei mi assicurò che sarebbe stato meglio così. Mentre preprarava la siringa la parte rialzata del lettino crollò miseramente sotto la mia testa, facendomi quasi ribaltare, nonché crepare per lo spavento. "Non era mai successa una cosa del genere". Certo che no, aspettavano che arrivassi io per tentare la perdita di coscienza in seguito al trauma come nuovo metodo di anestesia. La placida signora si assicurò che tutto fosse a posto e mi chiese di rilassarmi. Porsi il braccio sinistro, e la sentii sforacchiare selvaggiamente. Mi voltai inorridita: era in corso una specie di trivellazione a cui non ricordavo di aver dato l'autorizzazione. "Non trovo la vena". Davvero? Dopo avermi procurato infinito dolore fisico trovò le parole giuste per confessarmi che non le era possibile prelevarmi il sangue, poichè non riusciva a beccare il punto giusto e che ormai mi aveva trapanato il braccio a sufficienza. "Proviamo con l'altro?" Mi sentii in dovere di avvisarla che dopo quello però non avrei avuto più braccia da sottoporre alla carneficina, e che sarebbe stato opportuno centrare la vena al primo colpo. Non le dissi che la sua vita era appesa ad un filo, ma sentivo nel suo fiato la responsabilità di salvarsi la pelle.

A completare l'opera mi presentai dall'anestesista, prima di sottopormi ad un intervento, per assicurarmi che i valori delle mie analisi fossero regolari. "Signorina, alcuni di questi valori risultano sensibilmente sballati". Volli dare un'occhiata io stessa alla mia cartellina. In alto a destra notai la scritta "età - 56 anni". "Io non ho 56 anni" mugugnai indispettita, mentre il medico si adoperava nella ricerca del nome del proprietario di quella cartella. "Forse lei non è XXXX Giancarlo". Ma dai. "E che cosa glielo fa pensare??".


Amore
Nel mondo
C'è troppo dolore
E i dottori
Non sanno che fare

(Velvet - Funzioni primarie)

 
 
 
 
 

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