Creato da belf9 il 07/11/2004

Pensieri vaganti

Parole e immagini

 

 

La 5^ F del 1967

Post n°904 pubblicato il 16 Maggio 2023 da belf9
 

Cinquantasei anni! Praticamente una vita. Eravamo così. Oggi siamo molto diversi e forse  ci riconosceremo con una certa fatica. Sarà bello comunque rivedersi.

La nostra 5^ F

 
 
 

Presepe 2022

Post n°903 pubblicato il 13 Dicembre 2022 da belf9
 
Foto di belf9

E' da sempre che ogni anno faccio un presepe nuovo. Nel 1980, l'anno del terremoto, fui colpito da quei

poverini morti sotto le macerie di una chiesa a Balvano e feci nascere Gesù bambino in una chiesa diroccata.

Quest'anno il mio presepe non poteva non tener conto di quella terribile guerra iniziata a febbraio e che

ancora si protrae con sofferenze immense della popolazione. Non è certo una cosa bella stare di notte

al buio e al freddo con la temperatura sottozero e  la paura che arrivi da un momento all'altro un colpo e

distrugga tutto.

Il mio presepe di quest'anno è un teatro di guerra.

Gesù bambino nasce in terra Ucraina, sotto una tettoia  ricavata alla bell'e meglio e in uno scenario

di case danneggiate dai colpi di artiglieria.

E' certamente anomala la  presenza tra i pastori un elemento agguntivo che nessuno vorrebbe

vedere, ma è la tragica realtà, purtroppo.

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Un vecchio ai tempi del coronavirus - Sesta puntata

Post n°898 pubblicato il 28 Ottobre 2020 da belf9
 

Dopo il rompete le righe generalizzato dell’estate credevo che la prigionia di marzo aprile e maggio fosse definitivamente archiviata, e invece….

Invece abbiamo imparato una nuova parola: lockdown e ora questo termine aleggia minaccioso sulle nostre teste. Ci chiuderanno, non ci chiuderanno? Chissà. Speriamo che i numeri, che sono saliti a livello di massima attenzione, si abbassino rapidamente.

Intanto viviamo questo periodo di parziale chiusura. In Campania le scuole sono chiuse e il nonno (io) sta seguendo la didattica a distanza di Andrea.

Quest’anno Andrea fa la prima elementare. Hanno iniziato la scuola alla fine di settembre perchè prima c’erano le elezioni. Si e no hanno fatto due settimane di scuola in presenza. Ora sono passati alla DAD (acronimo creato fresco fresco per indicare la didattica a distanza).

I primi giorni sono stati tragici. Tra maestre poco esperte del mezzo, collegamenti precari fatti col telefonino, genitori imbranati, bimbi spaesati che si rifugiavano piangenti sotto il tavolo per non partecipare alla lezione, era un casino pazzesco.

L’inizio della lezione era segnato da un brusio terribile perché i genitori non ottemperavano alla richiesta delle maestre di tenere i microfoni chiusi e quindi gli alunni non capivano un ca… e le maestre si trovavano in una babele incredibile.

A distanza di qualche giorno, le cose sono notevolmente migliorate: ognuno ha capito il proprio ruolo e fare lezione è diventato per le maestre un poco più facile.

I giovani alunni stentano ancora a capire che, anche se stanno a casa, è come se stessero a scuola. Tenere un bambino di sei anni seduto alla sedia per più di cinque minuti non è tanto facile, soprattutto perché il bambino non è immerso nell’austerità dell’aula scolastica e anche perché sta a casa e accanto a lui c’è la mamma, il papà o un nonno.

Oggi Andrea ha fatto il gioco del prima e dopo. Tra la gallina, il pulcino e l’uovo, chi viene prima? Oppure, viene prima l’albero con le foglie verdi o quello con le foglie gialle che cadono?

Poi ha fatto i numeri: 1, 2 e 3: un fantasmino, due pipistrelli, tre zucche. Non per niente siamo sotto Halloween.

E’ la nonna che segue Andrea, il nonno (sempre io) sta di lato a lui con l’altro computer e fa altre cose, ma è comunque partecipe a quello che accade e fa i raffronti col passato.

Nonno aveva due piccoli tristi quaderni con la copertina nera e i bordi rossi. Uno era a quadretti e l’altro a righe. Andrea ha tre bei quadernoni con le copertine variopinte, a righe o a quadretti belli grandi che permettono di scrivere numeri di dimensioni generose e fare disegni.

Il primo giorno di scuola Nonno fece una paginetta di mazzarelle (in italiano si chiamano aste) verticali. Nei giorni successivi le aste diventarono orizzontali e poi si passò ai cerchietti.

E i libri? Nonno aveva il libro di lettura e il sussidiario. Andrea ha avuto 12 (dico dodici) libri, tutti belli colorati e nei quali si può anche scrivere.

Non parliamo delle maestre! Andrea ne ha tre, o forse più. Nonno ne aveva una sola ...ed era pure una monaca! :-(.

Andrea, e tutti i bambini suoi contemporanei sono arrivati in prima che già conoscevano alcune lettere e sapevano anche scrivere il loro nome in stampatello.

Tutti quegli stimoli che i bambini d’oggi ricevono, il fatto di dover ragionare fin da subito sulle cose, sono la differenza tra uno scolaro del 1954 e quello del 2020.

 

Beh, guardando questi nuovi metodi didattici, mi piacerebbe tanto essere uno scolaro di oggi.

 
 
 

Un vecchio ai tempi del coronavirus - Quinta puntata

Post n°897 pubblicato il 09 Giugno 2020 da belf9
 

Ho fatto l’esame di terza media!

Beh, non esageriamo, non l’ho fatto proprio io, l’ha fatto la Puppa, ma mi sono sentito coinvolto come se l’avessi fatto io.

Quest’anno l’esame consisteva nella elaborazione di una tesina e nella sua discussione on line. A causa della prigionia da Coronavirus, ho seguito la Puppa fin dall’inizio: dalla determinazione del titolo alla scelta degli argomenti. Il titolo era: “Viaggio nel cervello umano” e il sottotitolo: “Genio, sregolatezza, creatività, follia”.

Come ha detto la Puppa nella sua esposizione era uno studio della creatività dell’uomo, in tutte le sue molteplici manifestazioni. Omero, Ariosto, Machiavelli, Alda Merini, Bosch, Pollock, Beethoven, Einstein, Shakespeare, Cervantes, sono stati gli autori trattati. Non è mancata la follia di Hitler nella seconda guerra mondiale e un progetto per un centro benessere alimentato con energia verde.

Gli esami erano schedulati con cadenza di quindici minuti uno dall’altro e la Puppa ha parlato a mitraglia per far entrare in quei quindici minuti tutte le cose che aveva preparato e studiato.

La tecnologia l’ha fatta da padrona. Ho scoperto che vi sono strumenti che si chiamano Padlet, Screencast, Powtoon, Webex per mettere insieme, sviluppare e condividere un’idea. Ma quello che mi ha sorpreso è stata la sconvolgente velocità con la quale la mia deliziosa nipotina manipolava tutti questi prodotti. Lei non aveva mai usato Google Drive, ma le è bastato che le facessi vedere come si carica un file in una cartella condivisa per diventarne subito padrona. Si vede che è una millennial.

Ho messo a confronto questa prova con quella che feci io a suo tempo. Era il 1961. Facemmo un tema di Italiano e un esercizio di matematica con un’equazione di primo grado. Fu in quella occasione che uno dei professori parlò di “questi giovani virgulti”. Afferrai il senso del termine, ma poi andai a consultare il dizionario per vedere esattamente cosa fosse un virgulto.

Un’altra esperienza la ebbi con l’esame di terza media di mio figlio. Eravamo alla fine degli anni ‘80 e qui il mio contributo fu molto modesto: mi limitai a scrivere al computer una mezza paginetta in inglese.

L’esperienza di oggi è stata decisamente più entusiasmante.

La Puppa non ha mancato di mettere, alla fine del lavoro, un breve post in cui ringraziava e salutava tutti i professori. E’ stata un’idea tutta sua ed è stata molto apprezzata.

Alla fine la Commissione ha messo in rilievo il fatto che aveva trattato l’argomento a 360 gradi, ma ha notato soprattutto l’entusiasmo che ha messo nell’esposizione.

E’ stata la prima vera prova d’esame della Puppa, e non poteva andare meglio. Ha avuto anche l’applauso dei professori.

Sono proprio contento.

 
 
 

Un vecchio ai tempi del coronavirus - quarta puntata

Post n°896 pubblicato il 06 Giugno 2020 da belf9
 

 

Ultimo giorno di scuola

Ci stiamo avvicinando all’ultimo giorno di scuola

A dire il vero, in alcune Regioni, l’ultimo giorno di scuola è stato ieri, ma in altre deve ancora venire.

Negli ultimi giorni se ne è parlato.

Sì, no, dove?

Ma non mi pare sia stata trovata una soluzione.

Perchè bisogna celebrare l’ultimo giorno di scuola e non lasciarlo passare come un giorno qualunque?

Perchè anche questo, come l’esame, è un rito di passaggio, ed è anche un rito importante.

Pensate ai nostri ragazzi, che in quest’anno di pandemia hanno condiviso solo sei mesi di scuola. Sei mesi in cui sono stati sempre insieme. Hanno sofferto, gioito, cazzeggiato insieme, si sono divertiti, si saranno anche divisi in gruppetti e presi reciprocamente a parolacce, ma il tutto nell’ambito della classe, loro piccola comunità di riferimento, con tutte le cose piacevole e spiacevoli che questo comporta.

Soprattutto quelli della quinta elementare e quelli della terza media non torneranno più nelle loro scuole e l’anno prossimo faranno parte di nuove comunità.

Vi pare giusto, alla fine dell’anno dire: “ragazzi, le cose sono andate come sono andate, la scuola è finita, arrivederci e grazie”?

Eh, no, proprio no!

Ci vuole un momento in cui questi ragazzi si possano di nuovo guardare in faccia e salutarsi. C’è bisogno di un momento che segni, in maniera visibile e concreta, il cambiamento di stato che ci sarà per loro l’anno prossimo.

E i professori?

I maestri e i professori hanno il diritto di guardare in faccia per l’ultima volta questi ragazzi. Dopo tutto sono stati quelli che li hanno visti, giorno dopo giorno, cambiare. Li hanno visti trasformarsi da bambini dell’asilo in preadolescenti e da preadolescenti in ragazzi e ragazze oramai autonomi e con una loro personalità.

Li hanno trasformati in giovani cittadini pronti ad affrontare la vita sociale e impegni sempre più importanti. Anche loro hanno diritto a vedere questi giovani che se ne vanno e prepararsi a quelli che verranno.

Ma deve essere necessariamente a scuola?

Direi proprio di no. Motivi di prudenza fanno propendere per un no alla celebrazione nel chiuso di un’aula scolastica.

Ma se questo incontro fosse in uno spazio aperto? Potrebbe essere il cortile della scuola, se sufficientemente ampio, o una palestra scoperta.

Potrebbe andar bene anche un’area verde, una piazza, un posto qualunque dove poter stare una mezz’ora, anche se con la mascherina e ad un metro di distanza uno dall’altro.

Un metro non è poi una distanza così grande per potersi guardare negli occhi e dire: “Ciao, non so se ci rivedremo ancora nella vita, ma questi anni vissuti con te sono stati comunque importanti”.

 
 
 
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