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Messaggi di Giugno 2020

Un vecchio ai tempi del coronavirus - Quinta puntata

Post n°897 pubblicato il 09 Giugno 2020 da belf9
 

Ho fatto l’esame di terza media!

Beh, non esageriamo, non l’ho fatto proprio io, l’ha fatto la Puppa, ma mi sono sentito coinvolto come se l’avessi fatto io.

Quest’anno l’esame consisteva nella elaborazione di una tesina e nella sua discussione on line. A causa della prigionia da Coronavirus, ho seguito la Puppa fin dall’inizio: dalla determinazione del titolo alla scelta degli argomenti. Il titolo era: “Viaggio nel cervello umano” e il sottotitolo: “Genio, sregolatezza, creatività, follia”.

Come ha detto la Puppa nella sua esposizione era uno studio della creatività dell’uomo, in tutte le sue molteplici manifestazioni. Omero, Ariosto, Machiavelli, Alda Merini, Bosch, Pollock, Beethoven, Einstein, Shakespeare, Cervantes, sono stati gli autori trattati. Non è mancata la follia di Hitler nella seconda guerra mondiale e un progetto per un centro benessere alimentato con energia verde.

Gli esami erano schedulati con cadenza di quindici minuti uno dall’altro e la Puppa ha parlato a mitraglia per far entrare in quei quindici minuti tutte le cose che aveva preparato e studiato.

La tecnologia l’ha fatta da padrona. Ho scoperto che vi sono strumenti che si chiamano Padlet, Screencast, Powtoon, Webex per mettere insieme, sviluppare e condividere un’idea. Ma quello che mi ha sorpreso è stata la sconvolgente velocità con la quale la mia deliziosa nipotina manipolava tutti questi prodotti. Lei non aveva mai usato Google Drive, ma le è bastato che le facessi vedere come si carica un file in una cartella condivisa per diventarne subito padrona. Si vede che è una millennial.

Ho messo a confronto questa prova con quella che feci io a suo tempo. Era il 1961. Facemmo un tema di Italiano e un esercizio di matematica con un’equazione di primo grado. Fu in quella occasione che uno dei professori parlò di “questi giovani virgulti”. Afferrai il senso del termine, ma poi andai a consultare il dizionario per vedere esattamente cosa fosse un virgulto.

Un’altra esperienza la ebbi con l’esame di terza media di mio figlio. Eravamo alla fine degli anni ‘80 e qui il mio contributo fu molto modesto: mi limitai a scrivere al computer una mezza paginetta in inglese.

L’esperienza di oggi è stata decisamente più entusiasmante.

La Puppa non ha mancato di mettere, alla fine del lavoro, un breve post in cui ringraziava e salutava tutti i professori. E’ stata un’idea tutta sua ed è stata molto apprezzata.

Alla fine la Commissione ha messo in rilievo il fatto che aveva trattato l’argomento a 360 gradi, ma ha notato soprattutto l’entusiasmo che ha messo nell’esposizione.

E’ stata la prima vera prova d’esame della Puppa, e non poteva andare meglio. Ha avuto anche l’applauso dei professori.

Sono proprio contento.

 
 
 

Un vecchio ai tempi del coronavirus - quarta puntata

Post n°896 pubblicato il 06 Giugno 2020 da belf9
 

 

Ultimo giorno di scuola

Ci stiamo avvicinando all’ultimo giorno di scuola

A dire il vero, in alcune Regioni, l’ultimo giorno di scuola è stato ieri, ma in altre deve ancora venire.

Negli ultimi giorni se ne è parlato.

Sì, no, dove?

Ma non mi pare sia stata trovata una soluzione.

Perchè bisogna celebrare l’ultimo giorno di scuola e non lasciarlo passare come un giorno qualunque?

Perchè anche questo, come l’esame, è un rito di passaggio, ed è anche un rito importante.

Pensate ai nostri ragazzi, che in quest’anno di pandemia hanno condiviso solo sei mesi di scuola. Sei mesi in cui sono stati sempre insieme. Hanno sofferto, gioito, cazzeggiato insieme, si sono divertiti, si saranno anche divisi in gruppetti e presi reciprocamente a parolacce, ma il tutto nell’ambito della classe, loro piccola comunità di riferimento, con tutte le cose piacevole e spiacevoli che questo comporta.

Soprattutto quelli della quinta elementare e quelli della terza media non torneranno più nelle loro scuole e l’anno prossimo faranno parte di nuove comunità.

Vi pare giusto, alla fine dell’anno dire: “ragazzi, le cose sono andate come sono andate, la scuola è finita, arrivederci e grazie”?

Eh, no, proprio no!

Ci vuole un momento in cui questi ragazzi si possano di nuovo guardare in faccia e salutarsi. C’è bisogno di un momento che segni, in maniera visibile e concreta, il cambiamento di stato che ci sarà per loro l’anno prossimo.

E i professori?

I maestri e i professori hanno il diritto di guardare in faccia per l’ultima volta questi ragazzi. Dopo tutto sono stati quelli che li hanno visti, giorno dopo giorno, cambiare. Li hanno visti trasformarsi da bambini dell’asilo in preadolescenti e da preadolescenti in ragazzi e ragazze oramai autonomi e con una loro personalità.

Li hanno trasformati in giovani cittadini pronti ad affrontare la vita sociale e impegni sempre più importanti. Anche loro hanno diritto a vedere questi giovani che se ne vanno e prepararsi a quelli che verranno.

Ma deve essere necessariamente a scuola?

Direi proprio di no. Motivi di prudenza fanno propendere per un no alla celebrazione nel chiuso di un’aula scolastica.

Ma se questo incontro fosse in uno spazio aperto? Potrebbe essere il cortile della scuola, se sufficientemente ampio, o una palestra scoperta.

Potrebbe andar bene anche un’area verde, una piazza, un posto qualunque dove poter stare una mezz’ora, anche se con la mascherina e ad un metro di distanza uno dall’altro.

Un metro non è poi una distanza così grande per potersi guardare negli occhi e dire: “Ciao, non so se ci rivedremo ancora nella vita, ma questi anni vissuti con te sono stati comunque importanti”.

 
 
 

Un vecchio ai tempi del coronavirus - terza puntata

Post n°895 pubblicato il 01 Giugno 2020 da belf9
 

Gli esami al tempo del coronavirus

 

Per gli esami di maturità si è parlato di rito di passaggio e mi è sembrato giusto che la prova sia svolta di persona, faccia a faccia, anche se in forma molto, ma molto, ridotta.

Un vecchio che ha fatto l’esame di maturità nel 1967 (all’epoca si chiamava anche esame di Stato) lo ricorda ancora con una certa nostalgia. A cominciare dalla preparazione.

Non potrò mai dimenticare quel giorno. Doveva essere metà aprile. Eravamo tutti il fila sulle scale, in attesa di uscire. Ad in certo punto Titina mi chiese se volevo studiare con lei. Non ricordo esattamente quali parole usò, ma ancora oggi mi rendo conto dello sforzo immane che dovette fare per farle uscire di bocca. Lei era timidissima, così timida che, quando i professori la chiamavano a conferire, arrossiva immediatamente e si schiariva solo dopo alcuni minuti. Quel giorno il suo viso era rosso, ma proprio rosso rosso rosso!

Arrivare a casa di Titina non era per me facilissimo perché abitava lontano da casa mia e dovevo prendere ogni volta l’autobus. Durante quelle due/tre ore di studio preparavamo le lezioni del giorno e approfondivamo le parti di programma già svolto.

Nell’ultimo mese eravamo diventati in tre a ballare l’hully gully perché a noi si era aggiunto anche Giorgio, che non voleva prepararsi da solo per la grande prova.

Fu una sensazione strana trovare le aule vuote e i banchi nel corridoio: due file e una bella distanza tra un banco e l’altro. Alle nove in punto fu aperta la busta con le tracce dei tre temi di Italiano e iniziò la partita.

Col senno di poi posso dire che fu l’ultimo anno di esame “tradizionale” con tre prove scritte e tutte le materie all’orale. Dall’anno successivo saremmo passati alle due prove scritte e al colloquio orale. Anche con le date eravamo alla preistoria: si iniziava Il primo luglio e si finiva dopo una ventina abbondante di giorni.

Il giorno prima dell’esame orale di Titina terminammo di studiare all’una di notte e quella volta il fratello mi accompagnò a casa con la macchina.

Gli esami andarono bene, per tutti. Dopo tutto, eravamo una buona classe. Il nostro rapporto con i professori era corretto e costruttivo. Per noi il Professore era ancora un’Autorità, con la A maiuscola e ad ogni cambio di lezione la classe aspettava in piedi l’ingresso del professore. La contestazione non era ancora arrivata….

 

 
 
 

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