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Messaggi di Luglio 2019
Post n°2309 pubblicato il 31 Luglio 2019 da blogtecaolivelli
La storia economica dell'Impero Romano è scritta nei ghiacci della Groenlandia I livelli di piombo nelle carote di ghiaccio riflettono le fluttuazioni economiche dell'Urbe più fedelmente di qualunque altro indicatore. Guerre, carestie, periodi di pace e di conquista hanno lasciato tracce riconoscibili nella calotta glaciale. Un libro aperto (o quasi).|SHUTTERSTOCK Un resoconto dettagliato, anno per anno, della fortuna economica dell'antica Roma è stato ricavato dall'analisi di una fonte inaspettata: non antichi documenti, ma antichi ghiacci estratti dalla calotta della Groenlandia. Duemila anni fa i Romani fondevano preziosi minerali nelle fornaci, estraendo argento per le monete e immettendo piombo in atmosfera. Ora un gruppo di scienziati ha studiato i depositi annuali di queste particelle inquinanti, e ha scoperto che picchi e cali nella loro quantità corrispondono con assoluta precisione a periodi più o meno prosperi della storia di Roma. La ricerca è stata pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences. MAGGIORE DETTAGLIO. Gli antichi Romani usavano il piombo per le tubature dei loro acquedotti e per rivestire gli scafi delle loro navi. Ma questo metallo, si diceva, è anche un fedele indicatore della salute della loro economia perché per produrre il denario, una piccola e assai diffusa moneta in argento dell'epoca, era necessario un processo metallurgico che liberava in atmosfera particelle di piombo. Che in parte sono finite imprigionate nei ghiacci artici dove, tutt'ora, vengono ricercate da alcune missioni scientifiche. Le misurazioni sono iniziate negli anni '90, ma finora avevano fornito valori riferiti a intervalli di tempo di almeno due anni, con la possibilità dunque di ricostruire l'evoluzione delle concentrazioni di piombo in modo abbastanza approssimato. Andrew Wilson, archeologo dell'Università di Oxford, e Joseph R. McConnell, esperto in analisi di carote di ghiaccio del Desert Research Institute di Reno, Nevada, hanno tentato un approccio più preciso. I due hanno misurato le concentrazioni di piombo in una carota di ghiaccio lunga 423 metri già estratta per un altro progetto di ricerca, il North Greenland Ice Core Project. Il campione corrispondeva a un periodo compreso tra il 1100 a. C. e l'800 d. C. Gli scienziati hanno fuso il ghiaccio poco a poco, trasferendo di volta in volta i campioni in spettrometri di massa, per analizzare la quantità di piombo con una precisione corrispondente a un miliardesimo di grammo. Il lavoro certosino ha permesso di ottenere la ricostru- zione di 1.900 anni di storia economica di Roma, con 12 rilevazioni di piombo per ogni anno: una misura incredibilmente puntuale e dettagliata dei picchi e dei cali di inquinamento, che è stata confrontata con i dati su eventuali emissioni non antropiche, come quelle dovute ad eruzioni vulcaniche (che sono state sottratte dal totale). CRONACA FEDELE. Le fluttuazioni di piombo sono parse allineate con i momenti più salienti della storia dell'Impero. Salivano nei periodi di pace e prosperità economica, come durante la Pax Romana (27 a. C-180 d. C.) e calavano in corrispondenza delle guerre civili (come quelle che precedettero la Pax e che portarono all'ascesa dell'Imperatore Augusto). Bruschi cali delle particelle coincidono anche con il periodo della peste antonina (165-180 d. C.) - forse un'epidemia di vaiolo, che uccise milioni di persone - e con le guerre in Spagna (un'importante area di conio di monete) degli ultimi secoli prima dell'anno zero. Minori quantità di piombo furono immesse in atmosfera, naturalmente, durante il collasso dell'Impero Romano d'Occidente nel 476 d. C. e, prima, sotto l'imperatore Nerone, (64 d. C.) quando la proporzione di argento nelle monete fu ridotta all'80%, e se ne estrasse di meno perché si riciclava quello già usato. Ora si lavorerà per capire se sia possibile risalire alla provenienza geografica del piombo liberato, e stabilire quali aree dell'Imperofossero economicamente più floride. |
Post n°2308 pubblicato il 31 Luglio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: le Scienze Piantare gli alberi giusti nei posti giusti potrebbe immagazzinare 205 gigaton- nellate di anidride carbonica in 40-100 anni. Si è detto per anni che piantare alberi può aiutare a salvare il mondo dal riscaldamento globale. Quel mantra, però, era per lo più una professione di fede. Ora finalmente sono disponibili i dati per dimostrare che, se le giuste specie di alberi sono piantate nei giusti tipi di suolo in tutto il pianeta, le foreste emergenti potrebbero catturare 205 gigatonnellate di anidride carbonica nei prossimi 40-100 anni. Sono due terzi di tutta l'anidride carbonica che gli esseri umani hanno generato a partire dalla rivoluzione industriale. "Il recupero delle foreste è di gran lunga la nostra soluzione più potente oggi su scala planetaria", dice Tom Crowther, professore di ecologia dell'ecosistema globale presso l'Istituto federale svizzero di tecnologia (ETH) di Zurigo, autore di uno studio pubblicato su "Science" che ha generato questo numero sorprendente. Il gruppo ha analizzato quasi 80.000 misurazioni fotografiche satellitari di coperture arboree in tutto il mondo e le ha combinate con enormi banche dati globali sulle condizioni del suolo e del clima, valutando un ettaro alla volta. L'esercizio ha generato una stima dettagliata di quanti alberi la Terra potrebbe sostenere naturalmente, e una mappa di dove le foreste crescono ora e dove potrebbero crescere, al di fuori di aree come deserti e savane che possono sostenere pochissimi alberi o nessuno. Il gruppo ha poi sottratto le foreste esistenti, nonché le aree urbane e i terreni usati per l'agricoltura, arrivando a 0,9 miliardi di ettari che potrebbero essere coperti da foreste ma non lo sono. Se quegli spazi fossero pieni degli alberi che già crescono nelle vicinanze, la nuova crescita potrebbe immagazzinare 205 gigatonellate di carbonio, quando le foreste saranno cresciute. La mappa elaborata nello studio: in alto, le foreste attuali (in blu quelle più dense); in basso gli 0,9 miliardi di ettari potenzial- mente interessati dalla riforestazione (in verde; in grigio le aree desertiche) (Jean-Francois Bastin et al. in Science, Vol. 365, issue 6448, July 5, 2019) di crescita della cattura si appiattirebbe, via via che la crescita delle foreste si livellerà, ma i ricercatori sostengono che le 205 gigaton- nellate si manterrebbero via via che vecchi alberi moriranno e ne cresceranno di nuovi. Ci sarebbe "un deposito di carbonio in eccesso che non è più nell'atmosfera", dice Crowther.
pianificazione collegato alla mappa, aperto al pubblico dal 5 luglio. Individui e organizzazioni possono ingrandire qualsiasi posizione per vedere dove si possono far crescere nuove foreste. Crowther non ha studiato altre tecniche di cattura del carbonio che sono state molto discusse ultimamente, come la fertilizzazione oceanica (far crescere alghe per assorbire il carbonio) o la cattura diretta dall'aria (con macchine che estraggono CO2 dall'atmosfera), ma pensa che sarebbero molto più costose che far crescere gli alberi. Egli stima che piantare alberi su 0,9 miliardi di ettari potrebbe costare al mondo 300 miliardi di dollari. E le nuove foreste forniscono un altro grande vantaggio: ripristinano la biodiversità, che è cruciale, perché molte specie vegetali e animali stanno scomparendo. Crowther dice di aver iniziato a studiare la riforestazione perché stava davvero cercando modi per fermare la perdita di specie. I benefici enormi oltre il sequestro del carbonio "derivano dalla biodiversità, poiché forniscono cibo, medicine, acqua pulita e ogni sorta di beni per gli esseri umani", afferma. L'ultima speranzadi Richard Conniff però, potrebbe richiedere più tempo del previsto. Le foreste potrebbero impiegare più di 70 o 100 anni per raggiungere la piena maturità, dice Robin Chazdon, ecologa e biologa evolutiva dell'Università del Connecticut, che non era coinvolta nello studio. Tuttavia, Chazdon afferma che qualsiasi ripiantamento dovrebbe iniziare il prima possibile, perché i cambiamenti climatici possono compromettere la capacità di crescita delle foreste. Le temperature più alte aumentano la traspirazione degli alberi, che causa loro uno stress. E la siccità si diffonderà, riducendo la crescita degli alberi. Crowther aggiunge che, se anche i cambiamenti climatici pemetteranno a più alberi di crescere alle latitudini settentrionali, renderanno più secche le latitudini tropicali. Le perdite di alberi nei tropici, dice, supereran- no i guadagni nell'estremo nord. Chazdon sottolinea anche che il ripiantamento potrebbe non essere così semplice come sembra, e si chiede se potrà riguardare 0,9 miliardi di nuovi ettari, date le priorità sul campo. Più alberi consumano più acqua e questo potrebbe minacciare l'agricoltura o altre attività umane in aree aride. E le popolazioni locali potrebbero non volere foreste, se hanno bisogno di generare reddito dalla terra, per esempio dall'agricoltura o dalla pastorizia. Alcuni importanti programmi di riforestazione, come quelli nelle Filippine, hanno fallito "perché non c'era alcun coinvolgimento locale", dice. I posti migliori per iniziare la riforestazione sono quelli in cui è possibile ottenere facilmente più benefici. In un articolo su "Science Advances" del 3 luglio, Chazdon e colleghi hanno identificato una serie di località nei tropici che presentano un potenziale beneficio superiore alla media e una facilità di avvio. Tutto il nuovo lavoro sugli alberi, dice Chazdon, segnala che "stiamo entrando nella fase dell'applicazione pratica" della riforestazione intelligente. "Siamo in grado di portare tanta scienza interdisciplinare a supporto, spero che ci sarà più interazione tra scienziati e politici, una volta capito che gli strumenti ora disponibili possono guidare la riforestazione che è la più vantaggiosa dal punto di vista economico, e ha molteplici benefici e meno compromessi". (L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Scientific American" il 4 luglio 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.) |
Post n°2307 pubblicato il 31 Luglio 2019 da blogtecaolivelli
Fonte: Le Scienze Fonte: Cnr-Ismar/Cnr-Isac © Angelo Cavalli/AGF Un nuovo studio degli Istituti di scienze marine e di scienze dell'atmosfera e del clima CNR pubblicato sul "Journal of Glaciology" stima una forte riduzione di lunghezza, entro il 2100, dei ghiacciai del settore più settentrionale delle Alpi italiane. In quest'area, daI 1982 ad oggi, registrano una diminuzione complessiva di superficie del 40% ed entro il 2100 le proiezioni del modello indicano una riduzione di lunghezza dei ghiacciai montani superiore al 35% con una riduzione della superficie maggiore del 60% Un nuovo studio del Consiglio nazionale delle ricerche - Istituti di scienze marine (Cnr-Ismar) e Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Cnr-Isac) - pubblicato sul "Journal of Glaciology" stima una forte riduzione di lunghezza, entro il 2100, dei ghiacciai del settore più set- tentrionale delle Alpi italiane (versante italiano dei Tauri occidentali), a cavallo con l'Austria. "Si tratta di 46 ghiacciai, di cui solo sette con una superficie maggiore di un km2, prevalentemente di tipo montano (Fig.1), condizionati dalla morfologia dei versanti su cui giacciono e privi di una lingua valliva. E, in misura minore, di ghiacciai di tipo vallivo (Figg. 2 e 3), caratterizzati da una zona di accumulo definita e da una lingua di ghiaccio che si allunga verso il fondovalle" spiega Rossana Serandrei- Barbero, che insieme a Sandra Donnici ha analizzato i dati glaciologici. "Quelli presenti oggi costituiscono solo una parte dei 63 ghiacciai censiti nel 1962 in quest'area dove, daI 1982 ad oggi, registrano una diminuzione complessiva di superficie del 40%". modello matematico per stimare il comportamento di questi ghiacciai nel caso di un aumento di temperatura di 2,7 °C entro il 2100. "Questo aumento di temperatura è compatibile per l'area di studio con lo scenario di emissione individuato dal Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico e noto con la sigla A1B, che descrive un futuro con una crescita economica molto rapida e un sistema energetico caratterizzato da un sostanziale equilibrio tra combustibili fossili e altre fonti", prosegue Stefano Zecchetto, che ha curato la parte modellistica. "Entro il 2100 le proiezioni del modello indicano un comportamento diverso per i ghiacciai di tipo montano o vallivo. La riduzione di lunghezza dei ghiacciai montani risulta superiore al 35% (Fig. 4) con una ridu- zione della superficie maggiore del 60%. Ma questa riduzione rappresenta un valore limite oltre il quale i ghiacciai si frammenteran- no in unità più piccole con un conseguente aumento della velocità di fusione a parità di condizioni climatiche". ghiacciai montani rappresentano circa il 95% dei ghiacciai", conclude Serandrei-Barbero: "La grande riduzione delle loro dimensioni indicata da questo studio, unita alla scomparsa già in corso dei 26 ghiacciai più piccoli (e per questo non trattati dal modello), significherebbe l'estinzione di quasi la totalità degli esistenti ghiacciai entro la fine di questo secolo, lasciando sopravvivere forse solo i tre ghiacciai vallivi che mostrano riduzioni più contenute rispetto ai ghiacciai montani". |
Post n°2306 pubblicato il 31 Luglio 2019 da blogtecaolivelli
fonte: Le Scienze Nubi su Marte riprese nell'infrarosso dalla missione MAVEN (NASA GSFC/ MAVEN/University of Colorado) Le polveri prodotte dalla disintegrazione dei detriti che entrano nell'atmosfera del Pianeta Rosso dallo spazio possono servire da nuclei iniziali per la formazione di nubi I planetologi lo chiamano fumo meteorico. È polvere ghiacciata, prodotta dai detriti spaziali che possono entrare nelle atmosfere dei pianeti, ed è l'anello mancante per spiegare finalmente la formazione delle nubi osservate su Marte a partire da 30 chilometri di quota, secondo quanto riportato su "Nature Geoscience" da Victoria Hartwick e colleghi dell'Università del Colorado a Boulder, negli Stati Uniti. Marte e ad altri pianeti simili come a corpi che contengono tutti i fattori che controllano il loro clima", ha spiegato Hartwick. "Ma il clima dei pianeti non è i ndipendente dal resto del sistema solare circostante". hanno bisogno di nuclei iniziali, cioè piccole particelle su cui si aggregano le molecole d'acqua fino a formare gocce più grandi. Sulla Terra i nuclei sono costituiti da grani di sale marino o di polvere trasportati dall'aria. possono esistere nell'atmosfera di Marte. I ricercatori hanno quindi ipotizzato che le polveri provengano dalle meteore: ogni giorno su Marte arrivano 2-3 tonnellate di detriti spaziali che, disintegrandosi, immettono grande quantità di polveri nell'atmosfera. nubi marziane? Per rispondere, Hartwick e colleghi hanno effettuato simulazioni al computer che riproducono flussi e turbolenza dell'atmosfera del Pianeta Rosso. E quando si includono le meteore nei calcoli, ecco che fanno loro comparsa anche le nubi. prevedere la formazione delle nubi a queste quote", ha aggiunto Hartwick. "Ora che abbiamo messo dentro tutti gli ingredienti, le cose sembrano essere al posto giusto". hanno comunque un effetto sulla dinamica del clima. Le simulazioni, per esempio, mostrano che possono far oscillare le temperature nelle zone alle alte latitudini anche di dieci gradi Celsius. fare luce sul passato del pianeta. "Sempre più modelli indicano che l'antico clima di Marte è stato riscaldato dalla presenza di nubi ad alta quota, permettendo la presenza di fiumi di acqua liquida sulla superficie", ha concluso Brian Toon, coautore dell'articolo. "È possibile che il nostro risultato sostenga queste ipotesi". (red) |
Post n°2305 pubblicato il 31 Luglio 2019 da blogtecaolivelli
Letteratura postmoderna Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. La tendenza letteraria che nasce come una serie di stili e idee dopo la seconda guerra mondiale in reazione alle teorizzazioni del modernismo viene chiamato letteratura postmoderna, ed estende molte delle tecniche e assunzioni fondamentali della stessa letteratura modernista. La letteratura postmoderna è caratterizzata dalla dipendenza da tecniche narrative come la frammentazione, il paradosso e il "narratore inaffidabile" (unreliable narrator); e spesso è (sebbene non esclusivamente) definita come uno stile o una moda che emerse nel secondo dopoguerra. Le opere postmoderne sono viste come una risposta al seguito dogmatico del pensiero illuminista e agli approcci letterari modernisti. Panoramica La letteratura postmoderna, come il postmodernismo nel suo insieme, tende a resistere a una definizione o classificazione come "movimento". Infatti, la convergenza della letteratura postmoderna con varie modalità di teoria critica, in particolare gli approcci reader-response e decostruzionista, e le sovversioni dell'implicito contratto tra autore, testo e lettore (caratteristiche delle opere postmoderne), hanno portato alcuni romanzi premoderni come il Don Chisciotte di Cervantes e ilTristram Shandy di Laurence Sterne, a essere considerate da alcuni come primi esempi di letteratura postmoderna. Si può affermare che sia la letteratura modernista sia quella postmodernista rappresentano una rottura rispetto al realismo delXIX secolo, in cui una storia veniva raccontata da un punto di vista oggettivo o onnisciente. Eppure è stato rilevato che alcuni scrittori postmoderni (per ad esempio Steven Millhauser o talvolta John Barth) riprendano idee, stili, tecniche della letteratura ottocentesca. Mentre c'è un minimo consenso sulle precise caratteristiche, scopi, e importanza della letteratura postmoderna (come spesso capita con i movimenti artistici), essa è comunemente definita in relazione a un precursore. In particolare, gli scrittori postmoderni sono visti come ribelli nei confronti dei precetti del modernismo, e spesso operano come dei "bricoleurs" letterari, parodizzando forme e stili legati a scrittori e artisti modernisti (e altri). Le opere postmoderne inoltre tendono a celebrare il caso sull'astuzia, oltre a impiegare la metanarrazione per indebolire l'autorità o autenticità del testo. Un'altra caratteristica della letteratura postmoderna è il domandarsi sulle distinzioni tra cultura bassa e cultura alta, per mezzo delpastiche, la combinazione di soggetti e generi precedentemente non ritenuti adatti per la letteratura. Certamente il citazionismo, l'imitazione e il pastiche sono tratti caratteristici della letteratura postmoderna più che di quella modernista, quindi è facile ritrovare negli scrittori postmoderni deliberate imitazioni dello stile di scrittori nel passato. Ne è un ottimo esempio il romanzo di Thomas Pynchon Mason & Dixon, che imita il tono e addirittura l'ortografia degli scrittori del Settecento inglese (come Henry Fielding e Nello sviluppo dei personaggi, sia la letteratura moderna che quella postmoderna esplorano il soggettivismo metafisico, passando dalla realtà esterna per esaminare gli stati interni della coscienza, in molti casi appoggiandosi ad esempi della letteratura moderna come il flusso di coscienza di Ma alcuni narratori postmoderni rifuggono dai personaggi a tutto tondo, privilegiando personaggi monodimensionali, spesso ripresi in modo più o meno esplicito da altre opere letterarie (come il Marco Polo di Italo Calvino ne Le città invisibili). Inoltre sia la letteratura moderna che quella postmoderna esplorano la fram- mentarietà nella narrativa e nella costruzione del personaggio, che riflette i lavori del dram- maturgo svedese August Strindberg e dell'italiano Luigi Pirandello. I personaggi della letteratura postmoderna spesso non ambiscono ad essere ritratti approfonditi di psicologie analizzate in estremo dettaglio: spesso sono personaggi piatti, o allegorici, che non pretendono di avere una profondità psicologica. In questo possono ricordare certe figure che s'incontrano nelle opere di Franz Kafka, scrittore ceco assimilabile al modernismo, ma che ha influito potentemente sulla letteratura post- moderna. Esempi di questa tendenza si possono trovare nei racconti diDonald Barthelme o nei romanzi di John Barth. Riguardo alle modalità di rappresentazione, mentre la letteratura modernista cercava nuovi modi di raccontare una realtà che comunque era ritenuta conoscibile (anche se i modi di rap- presentazione sperimentali di autori come Joyce o Ford Madox Ford o Virginia Woolf possono spiazzare il lettore abituato alla narrativa tradizionale), la letteratura postmoderna si pone il problema di raccontare una "realtà" che non è più data, oggettiva, solida come quella postulata dal Questo può portare l'accento su una serie di fenomeni socioculturali che hanno ripetutamente attratto la narrativa postmoderna: le realtà simulazionali e virtuali (dal mondo artificiale creato dai massmedia alla realtà virtuale); gli inganni e le trappole della narrazione e della letteratura in generale (il concetto di fiction o finzione); i complotti, gli intrighi, i segreti, le messe in scena della storia; i limiti alla nostra capacità di conoscere decretati anche dalle scienze (principio di indeterminazione di Heisenberg, entropia, teoria della probabilità, teorie del caos, ecc.) la società dei consumi con la sua spettacolariz- zazione delle merci; i simulacri nel senso previsto da Jean Baudrillard, cioè di significanti privi di un vero significato; l'impossibilità di ricomprendere la complessità del reale con un unico discorso conoscitivo (o "grande narrazione" nel senso di Jean-François Lyotard). Origine e sviluppo della letteratura postmoderna È come al solito difficile individuare il punto esatto in cui cessa una stagione letteraria e se ne apre un'altra. Nel caso della letteratura postmoderna il problema è complicato dal fatto che essa trova il suo nome e la sua teorizzazione negli Stati Uniti, ma accoglie al suo interno scrittori di altri paesi "adottati" dal movimento nordamericano (i nomi più significativi in questo caso sono quelli di Borges, Calvino, García Márquez, Nabokov). È comunque possibile indicare come momento di transizione tra modernismo e postmoderno quello che va dal 1940 al 1960. In questo periodo si situano opere chiave come The Recognitions (Le perizie) di William Gaddis, del 1955; The Cannibal di John Hawkes, del 1949; Il giardino dei sentieri che si biforcano di Jorge Luis Borges, del 1941; Lolita di Vladimir Nabokov, del 1955. La piena "fioritura" della letteratura postmoderna si ha però negli anni Sessanta, a partire dalla pubblicazione di The Sot-Weed Factor di John Barth (1960), del capolavoro di Joseph Heller, Comma 22, del 1961, e del primo romanzo di Thomas Pynchon, V., nel 1963. Soprattutto il successo commerciale di Comma 22 ha aperto la strada alla narrativa postmoderna che troverà la sua consacrazione nel 1973, con la pubblicazione del capolavoro di Pynchon, L'arcobaleno della gravità, vincitore del premio National Book Award. |
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