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Messaggi del 16/05/2020
Post n°2934 pubblicato il 16 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Il Salone del Libro di Torino diventa digitale Per la prima volta in 32 anni il Salone del Libro si trasforma: a causa del Coronavirus la manifestazione culturale di quest'anno si tiene in forma digitale Il Salone del Libro di Torino cambia veste e diventa digitale. La manifestazione, rinviata a causa dell'emergenza Coronavirus, si trasforma in un evento online. Dal 14 al 17 maggio, il Salone del Libro trasloca dal Lingotto al web. Nonostante il nuovo format, l'evento ha fatto registrare un'ampia adesione da parte degli autori: da Alessandro Baricco a Jarde Diamond, passando per Javier Cercas, Zerocalcare, Roberto Saviano e Paolo Rumiz, sono tante le grandi firme che parteciperanno. Il titolo della grande manifestazione culturale che sbarca su internet dopo 32 anni di presenza fisica al Lingotto è "Altre forme di vita". Il direttore del Salone, Nicola Lagioia, lo ha presentato così sulla pagina ufficiale dell'evento: "Ci daremo ancora una volta appuntamento intorno al focolare del Salone. Nel nome della solidarietà, della condivisione, dell'amicizia. Se faremo scattare in noi quell'antica scintilla, ne sapremo molto di più, e allora sapremo anche di avere un futuro". La manifestazione partirà con il live streaming di Alessandro Barbero dalla Mole Antonelliana. Seguiranno quattro giorni di cultura, tutti in diretta, nei quali autori e autrici di tutto il mondo si passeranno il testimone. Venerdì 15 maggio è in programma la maratona in live streaming su salonelibro.it e su Radio3 Rai, alle 9.30 alle 20.00. Domenica 17 il gran finale con la diretta dalla Torre di François Confino, la torre di libri che colora il Lingotto a Torino. La nuova edizione del Salone del Libro è dedicata alle vittime del Covid-19, ai loro parenti, ai medici e ai paramedici protagonisti in questi mesi dolorosi. In pochi giorni sono state contattate le migliori menti di diverse generazioni che hanno accettato di intervenire in diretta per parlare di libri, scienza, storia, musica, cinema e del tempo e di quanto sta succedendo in tutto il mondo a causa del Coronavirus. Dopo la lezione dello storico Alessandro Barbero in diretta dalla Mole Antonelliana nella giornata inaugurale, il Salone del Libro andrà avanti per altri tre giorni, nei quali si alterneranno molti ospiti: Samantha Cristoforetti e Paolo Cognetti, Salman Rushdie e Javier Cercas, Roberto Saviano e Paolo Rumiz, Jared Diamond e Ocean Vuong, Amitav Ghosh e Annie Ernaux, Vinicio Capossela e Valeria Parrella, Paolo Giordano e Alessandro Baricco, Jovanotti e Saviano, Enzo Bianchi e Zerocalcare, Roberto Calasso, Linus e tanti altri ancora. |
Post n°2933 pubblicato il 16 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonti: articolo riportato dall'Internet Le scoperte scientifiche più importanti del 2017 La nascita di una nuova stella e - allo stesso tempo - di una nuova astronomia; i progressi nell'editing genetico e nella comprensione delle prime migrazioni umane; le imprese eroiche delle sonde e la caccia a nuove Terre. La scienza è meravigliosa, e anche quest'anno ne abbiamo avuto prova. La collisione tra due stelle di neutroni, in un'elaborazione artistica. | NATIONAL SCIENCE FOUNDATION/LIGO/SONOMA STATE Ogni piccola scoperta scientifica è un passo avanti nella comprensione dell'Universo. Ma in tempo di bilanci di fine anno, ce ne sono alcune che ricorderemo più di altre, e il 2017 - segnato dal boom delle fake news e dei tentativi di screditare la scienza - è stato particolarmente ricco di risultati importanti. Eccone alcuni tra i più significativi, per rinfrescarci la memoria. NUOVI OCCHI SUL COSMO. Il 2017 sarà ricordato come l'anno della svolta nelle osservazioni celesti. Il 17 agosto gli astrofisici di tutto il mondo hanno assistito "in diretta" alla collisione tra due stelle di neutroni, un evento preannunciato dalle onde gravitazionali - la perturbazione dello spazio-tempo captata dagli interferometri di LIGO e Virgo - e poi rilevato in ogni forma possibile: sotto forma di lampi gamma, nella luce visibile, all'infrarosso e negli ultravioletti, ai raggi X e attraverso onde radio. La storica osservazione ha segnato l'inizio di una nuova astronomia, detta multi -messaggero perché studia in contemporanea tutte le informazioni fisiche disponibili, in uno sforzo condiviso e partecipato, che permette una verifica precisa degli oggetti studiati. Per fare un paragone cinematografico, è come se fossimo passati da un film muto a un colossal con una colonna sonora d'autore, e con una decina di anni di anticipo. Non a caso le collaborazioni internazionali che studiano le onde gravitazionali hanno ottenuto il Premio Nobel per la Fisica. I CHIRURGHI DELL'INVISIBILE. Mai come negli ultimi 12 mesi abbiamo assistito all'espansione degli strumenti di editing genetico, per eseguire riparazioni "chirurgiche" di DNA e RNA. L'ormai nota e rivoluzionaria tecnica CRISPR/Cas9 è passata alla sperimentazione sull'uomo, in approcci inediti per prevenire o trattare tumori o lenire i sintomi di rare malattie genetiche. Un altro tipo di bisturi molecolare chiamato nucleasi a dita di zinco è stato utilizzato anche "in diretta" nel corpo di un paziente affetto da una sindrome genetica ereditaria: lo strumento ha permesso di intervenire sul suo DNA come se un micro-chirurgo fosse stato inviato in loco, e favorire la produzione di un enzima necessario al metabolismo. La "scatola degli attrezzi" dell'editing genetico si è allargata, con nuove tecniche che consentono di intervenire in modo ancora più mirato su DNA e RNA, senza tagliare la doppia elica, ma ridisponendo gli atomi delle basi azotate che li compongono. È la differenza che passa tra usare un machete per togliere una verruca, o ricorrere a un laser. La CRISPR è stata anche utilizzata per studiare le fasi iniziali di sviluppo dell'embrione umano (la prima volta, in Europa) e indagare le ragioni degli aborti precoci. Infine c'è chi vi ha fatto ricorso per trasformare i microbi in banche dati viventi, capaci di trasmettere le informazioni acquisite alle generazioni successive. In ambito medico, inoltre, non va dimenticata la costruzione di uno dei primi sistemi di utero artificiale: alcuni feti di agnello prematuri si sono sviluppati al suo interno per quattro settimane, sopravvivendo senza particolari complicazioni. La sezione della Piramide di Cheope con la posizione dell'area vuota trovata grazie ai muoni. | NOVITÀ DAL PASSATO. In un connubio sempre meno raro tra fisica delle particelle e archeologia, i muoni, cioè le particelle che si formano quando i raggi cosmici ad alta energia colpiscono l'atmosfera, sono serviti a individuare due camere nascoste nella Piramide di Cheope. Una di queste è troppo grande per essere stata creata senza uno scopo preciso. Gli appassionati di civiltà del passato hanno anche seguito le scoperte degli ultimi tesori del relitto di Antikythera, e sulla fine della civiltà dell'Isola di Pasqua: gli abitanti di Rapa Nui non si sarebbero estinti per lo sfruttamento sconsiderato delle risorse ambientali, ma per una verità per noi più scomoda. Il 2017 ha visto anche un intero filone di ricerche mettere in discussione i tempi e le modalità di uscita dall'Africa dei nostri antenati sapiens, che potrebbero aver iniziato incursioni fuori dalla culla dell'umanità 60 mila anni prima del previsto. Un nuovo fossile umano di 300 mila anni fa rinvenuto in Marocco toglierebbe all'Africa orientale il primato di unico luogo di nascita della nostra specie. SEGNALI AMBIENTALI. Nell'anno in cui l'amministrazione Trump ha deciso per l'uscita degli USA dagli accordi di Parigi, abbiamo assistito al distacco di un super icerberg di 6000 km quadrati dalla piattaforma antartica Larsen C: un fenomeno naturale - quello del calving dalle piattaforme glaciali - avvenuto però con modalità sorprendenti e del quale si sta ora studiando il rapporto con il global warming. Il riscaldamento globale non ha direttamente causato l'ablazione, ma potrebbe averla in qualche modo "accelerata". Le scoperte in tema ecologico non sono state all'insegna dell'ottimismo: nell'anno dei grandi uragani e dell'onnipresente inquinamento da plastica - persino nell'acqua del rubinetto! - siamo però riusciti a trovare una larva ghiotta di polietilen e e a bandire per 16 anni almeno la pesca commerciale nell'Artico centrale. Da qualche parte bisognerà iniziare. Il limitare di A68, l'iceberg di mille miliardi di tonnellate di peso staccatosi da Larsen C . | NASA/NATHAN KURTZ SORPRESE ANIMALI. Gli amanti degli animali hanno appreso quest'anno chi è più intelligente tra cane e gatto (almeno stando alla quantità di neuroni), e quanto arrivano a mangiare, complessivamente, i ragni: 800 milioni di tonnellate di insetti all'anno, due volte il peso degli animali che tutti gli esseri umani consumano in 12 mesi! Anche scimmie e api ci hanno stupito in quanto ad acume: le prime sanno capire quando ci sbagliamo, e le seconde riconoscono lo zero. VISITATORI (E PIANETI) ALIENI. Non abbiamo ancora trovato E.T., ma un asteroide extrasolare è venuto a farci visita. Lo strano oggetto dalla forma allungata, ribattezzato Oumuamua, è il primo oggetto mai osservato proveniente dall'esterno del Sistema Solare, e vi stiamo cercando segni di tecnologia artificiale - per ora, senza grande successo. In quanto a pianeti extrasolari, è stato un anno ricchissimo: a febbraio, a 40 anni luce dalla Terra, sono stati individuati 7 piccoli esopianeti rocciosi attorno alla stella Trappist-1, una nana rossa ultrafredda. Se su alcuni di essi potrebbero esserci le condizioni adatte alla vita, le radiazioni del loro sole rischiano però di renderla impossibile. Kepler ha continuato egregiamente la sua missione di cacciatore di nuove Terre, trovando anche il primo sistema planetario gemello di quello solare, con ben 8 esopianeti. Intanto la stella di Tabby ha nuovamente e più volte richiamato l'attenzione per il suo misterioso comportamento, anche se all'ipotesi della megastruttura aliena se ne preferiscono altre, scientificamente più plausibili. L'ultima immagine di Saturno di Cassini, prima che la sonda venisse fatta precipitare sul pianeta degli anelli. Ingrandisci l'immagine | NASA CASSINI & JUNO. In generale, le ricerche di esopianeti quest'anno si sono concentrate attorno alle meno brillanti e più fredde stelle nane rosse. Per quanto riguarda lo Spazio "vicino", invece, tutti gli ingredienti chimici per sostenere la vita sono stati trovati sulla luna di Saturno Encelado (anche se questo non significa che effettivamente ci sia). Questo è stato anche l'anno in cui abbiamo imparato a conoscere meglio Giove, grazie alle rivelazioni della missione Juno; e quello dell'eclissi solare del secolo, per gli abitanti degli Stati Uniti (un'occasione irripetibile per studiare la nostra stella). Ma soprattutto questo è stato l'anno del saluto a Cassini, la sonda della Nasa, ESA e Asi che ha gloriosamente terminato la sua missione lo scorso settembre. Il 2017 verrà poi ricordato come un'anno chiave per l'esplorazione spaziale: per la prima volta sono stati utilizzati razzi e navicelle di seconda mano, già impiegati in precedenti missioni e poi riciclati. Il ricorso a materiali "ricondizionati" anche in questo settore è una tappa fondamentale nella riduzione dei costi per raggiungere lo spazio. ALLIEVI RIBELLI. Trovare un'altra casa planetaria ci servirà, se nei prossimi mesi i progressi dell'intelligenza artificiale continueranno spediti come è stato nel 2017. Nell'ultimo anno abbiamo assistito a conversazioni autonome e incomprensibili tra i bot di Facebook, e siamo stati battuti a Go - ancora - da un sistema di apprendimento automatico del tutto autodidatta. Che cosa ci riservano i prossimi 12 mesi? Qualunque cosa sia, speriamo che venga in pace... |
Post n°2932 pubblicato il 16 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Calo dell'olfatto, quando è sintomo delle malattie di Parkinson e Alzheimer. Il calo olfattivo prolungato nel tempo può essere un importante campanello d'allarme per Parkinson e Alzheimer. Cosa fare? Federico MeretaGIORNALISTA SCIENTIFICO 21 gennaio 2020 Condividi su Facebook+ La stagione non è proprio ideale per percepire bene aromi, profumi e altro. I virus che attaccano le vie respiratorie, primi tra tutti quelli che provocano raffreddore e naso chiuso per arrivare fino all'influenza di stagione, tendono a rendere più complessa la percezione delle sensazioni olfattive. E tra poco comincerà la stagione delle allergie, con le riniti che certo non facilitano l'olfatto. Insomma, nulla di strano e, soprattutto permanente. Ma ci sono casi in cui un calo olfattivo può anche indicare che qualcosa non funziona per il meglio. E allora, visto che le donne appaiono a maggior rischio rispetto ai maschi su questo fronte, meglio sapere di cosa si può trattare. Le donne rischiano di più Pur se un calo olfattivo può capitare a tutti, ed a tutte le età, i dati resi noti negli USA dal National Institute of Health dicono che soprattutto il gentil sesso, nelle età mediane della vita, può andare incontro a una diminuzione di queste percezioni. I numeri dicono che poco meno del 25 per cento, contro l'11 per cento dei maschi, tra i 60 e i 69 anni riferisce problemi nella percezione di odori e profumi, con una tendenza all'aumento del problema con l'avanzare dell'età. Si dirà: se non riesco a percepire l'aroma del soffritto o del profumo che ho appena scelto, niente di grave. Eppure non è proprio così, come segnala uno studio condotto qualche tempo fa dall'equipe di Johan Lundström del Monell Chemical Senses Center di Philadelphia, apparsa sulla rivista Scientific Reports. Lo studio ha coinvolto oltre 3000 tra uomini e donne di età compresa tra i 57 e gli 85 anni, sottoposti ad un particolare test di identificazione degli odori. Mentre tra i maschi non sono state osservate particolari modificazioni nel comportamento sociale in caso di deficit olfattivi, anche in età avanzata, nelle donne si è notato che quelle che presentavano maggiori carenze nell'odorato aveva anche meno amici e tendevano a vivere un'esistenza più solitaria, quasi come se l'olfatto fosse un segnale d'allarme più generale. Quando la carenza olfattiva diventa un segnale d'allarme Come abbiamo detto, una diminuzione temporanea dell'olfatto - specie se con cause ben definite come una rinite allergica o virale - non deve certo preoccupare. Liberando le narici dal muco che si accumula, infatti, si riesce a superare senza fastidi particolari il disturbo. Il quadro cambia quando invece il deficit olfattivo si mantiene nel tempo, diventando quasi una sorta di compagno di vita per chi ne soffre. Addirittura il fastidio, apparentemente poco significativo, potrebbe essere una sorta di "spia" preventiva di qualcosa che sta coinvolgendo il sistema nervoso. Diverse malattie neurologiche degenerative hanno infatti un lungo periodo che precede l'esordio dei sintomi caratteristici della patologia. In questo senso il calo olfattivo può diventare un segnale di allarme, che marca l'inizio di una disfunzione del sistema nervoso centrale. La perdita dell'olfatto, che può essere un sintomo d'esordio della malattia di Parkinson, della malattia di Alzheimer o di altre forme più rare di decadimento cognitivo. La malattia di Parkinson, ad esempio, si caratterizza nel periodo conclamato per la presenza di sintomi motori classici, come tremore, rigidità muscolare e lentezza nei movimenti, ma può essere preceduta da sintomi non motori, anche anni prima dell'esordio della malattia, con disturbi a tipo depressione, ansia, alterazioni del sonno, sonnolenza diurna, disturbi vegetativi, e, appunto, disturbi dell'olfatto. Non ci credete? In quasi nove casi su dieci la malattia di Parkinson si accompagna a diminuzione della capacità di sentire gli odori. E questo "segnale" può anche precedere di anni l'insorgenza della malattia. Per sapere se qualcosa non funziona, in ogni caso, basta un semplice controllo. In sintesi, quindi, se il naso non vi soddisfa e cambia le sue prestazioni, parlatene con il medico. |
Post n°2931 pubblicato il 16 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Sars-CoV-2, perché il coronavirus fa perdere l'olfattoSecondo un'ipotesi scientifica, il virus potrebbe risalire dall'albero respiratorio fino all'encefalo e influenzare la percezione degli odori Federico MeretaGIORNALISTA SCIENTIFICO 14 aprile 2020 Condividi su Facebook+ Tecnicamente si chiama anosmia. Parliamo dell'incapacità di percepire correttamente gli aromi, i profumi e tutte le sensazioni che si possono cogliere attraverso l'olfatto. Chi si ammala di Covid-19, a volte anche nelle fasi iniziali dell'infezione, può riscontrare questo disturbo. Ad esso, in alcuni casi, si associa anche l'ageusia, cioè la difficoltà a percepire i sapori. Come può succedere? Ecco quanto riporta la scienza. Il virus sale attraverso il sistema nervoso Per spiegare questa situazione, gli esperti parlano di Neuro-Covid. Secondo un'ipotesi molto plausibile, il virus può risalire fino al cervello Poi, passando da un ossicino sottile "bucherellato" come l'Emmenthal (attraverso questi forellini passano le vie nervose), potrebbe arrivare, lungo questa strada, fino all'encefalo. Ovviamente questa "via" neurologica è la stessa che caratterizza le percezioni degli odori fino al punto in cui si raggiunge l'area olfattiva, che si trova nella parte anteriore del cervello. In questo senso, quindi, proprio il deficit dell'olfatto può diventare un segnale d'allarme che può indicare che sta avvenendo o è in corso l'attacco del virus. Ma c'è di più: esiste una profonda correlazione tra olfatto e gusto. Normalmente, quando portiamo alla bocca un alimento, riusciamo a riconoscerlo proprio perché l'odorato, sia attraverso il naso sia anche attraverso la bocca, ci consente di individuarlo. Non appena le papille gustative cominciano a lavorare come dovrebbero, abbiamo la possibilità di confermare la nostra ipotesi anche con il gusto. È per questo che olfatto e gusto lavorano insieme nella nostra vita di ogni giorno, incastrando le percezioni in una sorta di "puzzle" che ci permette di gustare i piaceri della buona tavola e di sentire gli aromi della cucina, a partire dal caffè della mattina. Ed è anche per questo che, in caso di Covid-19, le due sensazioni possono avere deficit che si riflettono appunto nell'anosmia e nell'ageusia. Ovviamente queste conoscenze sono importanti nella lotta al virus e possono essere d'aiuto nelle cure. Quanto ci aiuta l'olfatto L'olfatto, anche se spesso ce ne dimentichiamo, è il senso maggiormente "datato" sotto l'aspetto dell'evoluzione. Ci consente di renderci conto e mantenere in memoria una media di circa 10.000 diversi odori che vengono trasportati attraverso l'aria che respiriamo. Non siamo certo a livello dei cani e dei conigli, che vediamo spesso muoversi "annusando" l'ambiente e che hanno un numero di recettori per l'olfatto notevolmente superiore al nostro. In ogni caso, dobbiamo tenere sempre in forma questa nostra capacità sensitiva, che naturalmente può tendere ad essere meno efficace con il passare dell'età e con la comparsa di alcune patologie. Questo richiamo è importante soprattutto per le donne, a prescindere dal Covid-19. Secondo una ricerca condotta qualche tempo fa dal National Institute of Health americano, quasi una donna su quattro e l'11% dei maschi tra i 60 e i 69 anni riferisce problemi nella percezione di odori e profumi, con una tendenza all'aumento del problema con l'avanzare dell'età. E, come se non bastasse, questa difficoltà percettiva può ripercuotersi nella vita di ogni giorno. Stando a quanto riporta uno studio coordinato da Johan Lundström del Monell Chemical Senses Center di Philadelphia, apparso su Scientific Reports e condotto su più di 3000 tra uomini e donne di tà compresa tra i 57 e gli 85 anni, mentre tra i maschi non sono state osservate particolari modificazioni nel comportamento sociale in caso di deficit olfattivi anche in età avanzata, nelle donne si è notato che quelle che presentavano maggiori carenze nell'odorato avevano meno amici e tendevano a vivere un'esistenza più solitaria, quasi come se l'olfatto fosse un segnale d'allarme più generale. |
Post n°2930 pubblicato il 16 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet RICERCA NEI FONDALI DI ISCHIA La Posidonia ci svela gli effetti dell'acidificazione del mare Le praterie di Posidonia oceanica a Ischia. La Posidonia oceanica ci svela quali effetti avrà a lungo andare l'acidificazione del mare sugli ecosistemi sottomarini. A questo quesito, infatti, hanno cercato di rispondere i ricercatori del Dipartimento di Biologia ambientale della Sapienza e della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, con una serie di indagini nei fondali di Ischia sulle praterie di Posidonia. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Marine Mediterranean Science e varranno su ampia scala. I fondali di Ischia, laboratori naturali Sappiamo che una delle caratteristiche del mare è quella di assorbire CO2 dall'atmosfera. E sappiamo anche che troppa CO2 - come quella prodotta dalle emissioni di natura umana - scatena una serie di reazioni chimiche che finiscono con il ridurre il pH dell'acqua aumentandone l'acidità. Per valutarne le conseguenze sugli ecosistemi, le ricerche dei biologi si sono concentrate in alcune zone sottomarine dell'isola partenopea particolarmente adatte allo scopo: i cosiddetti Vent. Si tratta di siti in cui l'acqua risulta acidificata per l'emissione naturale di CO2 di origine vulcanica. Dunque, dei veri e propri laboratori naturali dove comprendere la capacità di adattamento di specie, comunità ed ecosistemi al ridotto livello di pH. Nelle aree di Castello e Vullatura e lungo un tratto di costa sono state studiate le praterie di Posidonia oceanica, uno degli ecosistemi più ricchi e importanti del Mediterraneo, la cui perdita di biodiversità comporterebbe anche ricadute sociali ed economiche. I ricercatori hanno notato che a risentire dell'acidificazione è soprattutto la comunità di specie associata a questa pianta marina. «Abbiamo riscontrato i segni di acidificazione nelle foglie - spiega Edoardo Casoli del gruppo Sapienza - che si presentano significativamente più corte rispetto a quelle che si formano in condizioni di acidità normale. Questo perché i ridotti livelli di pH influiscono sulla comunità epifita che vive sulle foglie della Posidonia, causando, da una parte, la scomparsa di alghe rosse, molluschi, echinodermi e di tutti gli organismi capaci di fissare il carbonato di calcio nei loro gusci e scheletri, e favorendo, dall'altra, l'adattamento di organismi non calcificanti, come alghe brune filamentose, idrozoi e tunicati. Inoltre, abbiamo visto che, in ambienti acidificati, la mancanza degli organismi calcificanti aumenta la vulnerabilità della Posidonia all'erosione del pesce erbivoro Sarpa salpa». Dunque, in un'intensa attività di pascolo da parte delle salpe starebbe la spiegazione della ridotta lunghezza delle foglie nelle praterie di Posidonia studiate a Ischia. l'acidificazione. Preziose finestre sul futuro È una pericolosa reazione a catena quella innescata dall'acidificazione del mare, che potrebbe compromettere il ruolo ecologico e le funzionalità di interi ecosistemi. «Questi siti sono delle vere e proprie "finestre sul futuro" - spiega Giandomenico Ardizzone, coordinatore del team Sapienza - per osservare i possibili scenari ecologici dei mari, sulla base dei valori di pH previsti da alcuni modelli geochimici per il non lontano 2100". Autrice dell'articolo: Laura Floris © RIPRODUZIONE RISERVATA RIPRODUZIONE CONSENTITA CON LINK A ORIGINALE E CITAZIONE FONTE: RIVISTANATURA.COM |
Post n°2929 pubblicato il 16 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet LUCA SERAFINI parlasse un "terrapiattista" qualunque. Per questo, le dichiarazioni di Luc Montagnier che il virus del Covid-19 sia nato in laboratorio hanno avuto una grande eco su tutta la stampa internazionale, anche se sono state stroncate dalla scienza ufficiale. Luc Montagnier, che nel 1983 scoprì il virus dell'HIV e premio Nobel per la medicina nel 2008, ha spiegato sul podcast frances e specializzato in medicina e salute, Pourquoi Doctor , e sul canale francese di notizie C-News i motivi per cui è convinto che il virus Sars-CoV-2, che causa la pandemia di Covid-19, sia nato e uscito accidentalmente da un laboratorio. Questa presa di posizione di Montagnier contrasta con quanto sostiene in modo pressoché unanime la comunità scientifica, riassunto in un articolo pubblicato su Nature, dove si afferma che il coronavirus non ha alcuna traccia di manipolazione umana e sarebbe frutto di uno spillover, ovvero di un salto di specie da un pipistrello all'uomo. Non siamo certamente in grado di valutare le une e le altre tesi, ma abbiamo fatto uno sforzo per comprendere quali sono le motivazioni espresse da Montagnier (nella versione dell'intervista a CNews) e di spiegarle nel modo più comprensibile possibile, così che ognuno possa fare le proprie considerazioni, sempre ricordando che si tratta di una materia molto complessa e non banalizzabile. L'ipotesi che il Covid-19 sia nato in laboratorio Luc Montagnier: «Siamo arrivati alla conclusione che effettivamente c'è stata una manipolazione di questo virus». In questa frase d'esordio c'è il primo, e fondamentale, punto di divergenza tra la tesi di Montagnier e la versione ufficiale, ben riassunta nell'articolo di Nature: «È improbabile che il virus SARS-CoV-2 sia emerso da una manipolazione in laboratorio di un coronavirus simile ai SARS-CoV. Come notato in precedenza, la RBD (il receptor binding domain, l'uncino con cui si attacca alla cellula, NdR) del SARS-CoV-2 è ottimizzato per il legame con l'ACE2 umano con una soluzione efficiente diversa da quelle precedentemente previste. Inoltre, se fosse stata effettuata una manipolazione genetica, sarebbe stato probabilmente utilizzato uno dei diversi sistemi di reverse-genetic (un particolare approccio che permette la manipolazione dei genomi virali, NdR) disponibili per i betacoronavirus. Tuttavia, i dati genetici mostrano inconfutabilmente che la SARS-CoV-2 non deriva da nessuna struttura virale utilizzata in precedenza. Proponiamo invece due scenari che possono spiegare plausibilmente l'origine della SARS-CoV-2: la selezione naturale in un ospite animale prima del trasferimento zoonotico; e la selezione naturale nell'uomo dopo il trasferimento zoonotico». Perché, invece, Luc Montagnier è così sicuro che ci sia stata una manipolazione? «C'è un modello, che è il virus "classico", ed è un modello che in questo caso proviene dal pipistrello. Ma a questo modello sono state sovrapposte delle sequenze dell'HIV, il virus dell'AIDS». Chi le avrebbe sovrapposte?, chiede l'intervistatore. «Beh, questo non lo so. Non è un virus naturale, è un lavoro di professionisti, un lavoro di biologi molecolari, è un lavoro molto minuzioso, si potrebbe dire un lavoro da orologiaio, a livello delle sequenze». Ma a che scopo? «Allora, a che scopo, questo non è chiaro. Il mio lavoro è solo quello di esporre i fatti. Non accuso nessuno, non so chi possa avere fatto questo e neanche il perché. La possibilità è che si sia voluto fare un vaccino contro l'AIDS. Quindi, che si siano prese delle piccole sequenze del virus dell'HIV e che le si siano installate nella sequenza più ampia del coronavirus». Il processo di manipolazione di un virus che descrive Montagnier non è una pratica inaudita o fuori dal mondo; infatti, è una delle strategie perseguite per la ricerca di un vaccino contro l'HIV. Lo spiega bene la Commissione Europea su Cordis (Servizio Comunitario di Informazione in materia di Ricerca e Sviluppo) nell'articolo dal titolo "Un nuovo approccio al vaccino per l'AIDS": «Un'iniziativa dell'UE ha progettato un nuovo vaccino anti HIV utilizzando vettori coronavirus per esprimere gli antigeni HIV. Le scoperte sono molto promettenti per la prossima generazione di vaccini efficaci per combattere la pandemia dell'AIDS». In pratica, si sfrutta la capacità dei coronavirus di colpire le superfici delle mucose nei loro ospiti, per consegnare alle cellule umane degli antigeni che scatenino l'immunità anti HIV. Il giallo del genoma Continua Montagnier: «Con il collega biomatematico Jean-Claude Perez abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma di questo virus a RNA. Il materiale genetico del virus è come un lungo nastro di RNA - come il DNA, ma è RNA (una molecola a singolo filamento, NdR) - e in questo lungo nastro, in un determinato punto, sono state fissate delle piccole sequenze di HIV. Ma queste sequenze non sono sufficientemente piccole da essere insignificanti, hanno la possibilità di modificare quelli che vengono definiti siti antigenici. Ovvero, se si vuole fare un vaccino, si può benissimo modificare la proteina che è esposta per il vaccino con un'altra piccola sequenza proveniente da un altro virus. Un gruppo di ricercatori indiani ha tentato di pubblicare uno studio dal quale emerge che il genoma completo del SARS-CoV-2 conteneva sequenze di un altro virus, l'HIV, ma sono stati costretti a ritrattare la pubblicazione perché le pressioni erano troppo forti». È questa la seconda colonna portante della teoria di Montagnier che viene confutata. Lo spiega bene Giovanni Maga, direttore dell'Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia, in un suo intervento nell'Aula di scienze Zanichelli: «La possibilità che il nuovo coronavirus sia il frutto di una manipolazione intenzionale è stata smentita anche da un altro studio pubblicato a febbraio, grazie al quale è stata confutata l'ipotesi che il genoma del nuovo coronavirus contenesse sequenze derivate dal virus HIV-1». Personaggio "scomodo" e spesso controcorrente, forse proprio per questo la tesi di Montagnier ha trovato solo opposizioni nel mondo scientifico. È, comunque, una materia troppo delicata e complessa per dividersi tra guelfi e ghibellini, lasciamo che siano i ricercatori a farlo, in una sana competizion e di idee. A noi piacerebbe, invece, sposare lo scenario finale che prospetta Montagnier, perché filosoficamente bello e umanamente rassicurante: «Il virus verrà eliminato man mano che si propaga, perché la natura non accetta alcuna manipolazione molecolare ed eliminerà questi cambiamenti innaturali». Autore: Luca Serafini La puntata del 17 aprile 2020 di "L'heur des pros"su C-News. L'intervista a Luc Montagnier comincia al minuto 51. |
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