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Messaggi del 29/05/2020
Post n°2994 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Bimbo precipitato: pm, maestre e bidella causarono la morte Chiusa l'indagine per tre donne accusate di omicidio colposo I funerali del bimbo il 25 ottobre 2019 (archivio) - RIPRODUZIONE RISERVATA+CLICCA PER INGRANDIRE Redazione ANSAMILANO28 maggio 202021:15NEWS "Hanno cagionato la morte del bambino" "per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme" le due maestre e la bidella accusate di omicidio colposo in relazione al caso del bimbo di quasi 6 anni che lo scorso 18 ottobre è precipitato nella tromba delle scale della scuola Pirelli, a Milano. Il piccolo salì su una sedia girevole con rotelle, precipitò per circa 10 metri e morì il 22 ottobre in ospedale. Lo si legge nell'avviso di conclusione indagini firmato dal pm Maria Letizia Mocciaro. Come viene ricostruito nell'atto, intorno alle 9.30 dello scorso 18 ottobre il piccolo "chiedeva alle insegnanti presenti di potersi recare ai servizi; le insegnanti, nonostante l'assenza della collaboratrice scolastica assegnata al piano (circostanza che non verificavano) e senza accompagnarlo (nonostante fossero in due in classe) gli consentivano di uscire". Così, si legge ancora nell'atto notificato questo pomeriggio alle tre donne indagate, "si recava da solo ai servizi e nel fare rientro verso la classe (...) si avvicinava al pianerottolo della tromba delle scale dove trovava una sedia girevole con rotelle (abbandonata e incustodita) si arrampicava su detta sedia presumibilmente incuriosito dal vociare" dei bambini di una classe che al piano di sotto usciva per andare in palestra. Dopo di che, "dalla sedia si sporgeva, perdeva l'equilibrio e cadeva nel vuoto (dalla sommità del parapetto al punto di caduta è stata misurata un'altezza di circa 13,50 metri), procurandosi gravissime lesioni che ne causavano il decesso qualche giorno dopo in ospedale". Come si legge nell'avviso, in particolare la maestra di italiano e la docente di sostegno sono accusate di avere "omesso la dovuta vigilanza sul bambino" avendogli consentito di "recarsi ai servizi igienici fuori dall'orario programmato" e violando così il regolamento dell'Istituto e la direttiva della scuola avente ad oggetto la vigilanza sugli alunni. La collaboratrice scolastica invece è accusata di "non avere prestato servizio nella zona di competenza secondo la mansione assegnatale", di "non avere vigilato sulla sicurezza ed incolumità dell'alunno (...) in particolare nello spostamento per recarsi ai servizi, per avere utilizzato il telefono cellulare per scopi personali durante il tempo in cui avrebbe dovuto effettuare la sorveglianza al piano". Inoltre quest'ultima non avrebbe"sorvegliato il corridoio a lei affidato, non collocandosi nella postazione prevista dal piano delle attività del personale Ata", ovvero in un gabbiotto da cui avrebbe potuto vedere il piccolo, non avrebbe "controllato il tempo di permanenza ai servizi del bambino" e non lo avrebbe "riaccompagnato in classe". Inoltre, avrebbe "lasciato incustodita una sedia girevole tipo ufficio in prossimità delle scale, determinando il pericolo che poi si è concretizzato, anziché riporla all'interno del gabbiotto". |
Post n°2993 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Egitto: scoperta la più antica mappa per l'Aldilà Un frammento del Libro delle due Strade trovato in un sarcofago dell'Antico Egitto di 4000 anni fa: è forse la più antica guida illustrata. Un antico sarcofago dipinto di recente scoperto nella necropoli di al-Asasif, nella Valle dei Re (Egitto). In un sarcofago egizio di 4000 anni fa sono stati trovati i più antichi frammenti del Libro delle due Strade, una "guida illustrata" per l'Aldilà. | REUTERS/MOHAMED Nell'Antico Egitto neanche il decesso concedeva il meritato riposo - o almeno, non subito: prima di raggiungere Rostau, il regno glorioso di Osiride, signore della morte, il defunto doveva intraprendere una sorta di simbolica corsa ad ostacoli nell'Aldilà, un viaggio verso una nuova vita a tutti gli effetti, talmente pericoloso da meritare un'apposita guida scritta. Un frammento di questo testo - chiamato Libro delle due Strade, per via dei due percorsi (via terra o via acqua) che conducevano a Rostau - è stato ritrovato in un sarcofago di almeno 4000 anni fa. Secondo gli archeologi si tratterebbe della più antica copia nota di questo testo sacro, nonché, forse, del primo "libro illustrato" di cui si abbia conoscenza.
DI FACILE CONSULTAZIONE. La scoperta, di recente descritta sul Journal of Egyptian Archaeology, risale in realtà al 2012. Un team di archeologi delle Università di Liverpool (Regno Unito) e di Leuven, in Belgio, stava conducendo una serie di scavi nella necropoli di Dayr al-Barshā, un antico cimitero per le personalità di alto rango in uso nel Medio Regno (2055-1650 a.C.). In fondo a una tomba ignorata dalle precedenti generazioni di archeologi, perché chiaramente saccheggiata dai tombaroli, i ricercatori hanno trovato i resti di un sarcofago di legno decorato con una serie di geroglifici - una sorta di guida portatile al viaggio nell'Aldilà illustrata direttamente sulle assi interne della cassa, dove sarebbe stata facilmente accessibile al defunto. UN COLPO DI FORTUNA. Le istruzioni sono risultate - a sorpresa - i resti di una copia del Libro delle due Strade, una versione incompleta e non in forma "di libro", ma comunque la più antica finora descritta in una pubblicazione scientifica. La tomba risale all'epoca del faraone Mentuhotep II, che regnò fino al 2010 a.C.: la guida è dunque almeno 40 anni più vecchia di tutte le altre copie scoperte da un secolo a questa parte. Benché esistano altre rappresentazioni più arcaiche e più semplici dell'Aldilà egizio, il Libro delle due Strade lo descrive in un modo più complesso ed elaborato: alcuni studiosi lo considerano per questo motivo "il primo libro illustrato" della Storia.
LIBRETTO DI ISTRUZIONI. La guida appena scoperta decorava il sarcofago di una donna di alto rango di nome Ankh, alla quale però ci si riferisce, nel testo, con pronomi maschili. Un particolare importante, per comprendere l'origine di questo testo: secondo la religione egizia, Osiride dominava l'Aldilà... da morto, e l'intero culto in suo onore ruotava attorno alla possibilità di riportarlo in vita attraverso i riti sacri. Le "istruzioni" contenute nel Libro delle due Strade potrebbero aver avuto origine dalle cerimonie religiose in cui i sacerdoti tentavano di far rivivere Osiride attraverso la preghiera. Solo successivamente, queste stesse formule sarebbero state usate per i comuni defunti, mantenendo però il pronome maschile usato per la divinità. Nell'impianto generale della guida rimaneva comunque spazio per la personalizzazione. Per esempio il viaggio di Ankh sarebbe stato funestato, stando ai simboli, da un anello di fuoco, da demoni e spiriti, contro i quali ci si poteva difendere solo a colpi di incantesimi. Il frammento di libro scoperto sembra contenere istruzioni specifiche per formulare questi sortilegi. |
Post n°2992 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Decine di mummie di gatto e di scarabeo in 7 tombe egizie appena scoperte Sette tombe nel complesso di Saqqara, risalenti a oltre 4000 anni fa, hanno rivelato il prezioso contenuto: grandi quantità di felini mummificati cari alla dea Bastet, e - per la prima volta - mini sarcofagi per scarabei. Alcuni dei gatti mummificati rinvenuti nel complesso funerario a Saqqara. | REUTERS/MOHAMED ABD EL GHANY Uno zoo in viaggio verso l'Aldilà, formato da decine di mummie di gatto e da alcune di scarabeo, è venuto alla luce in sette tombe egizie di età faraonica ritrovate al limitare del complesso piramidale del faraone Userkaf a Saqqara , non lontano dal Cairo. Il vasto complesso cimiteriale serviva la città di Memphis, capitale dell'Antico Regno per 2000 anni. Alcune delle sepolture rinvenute da una missione archeologica iniziata lo scorso aprile risalgono ad oltre 4000 anni fa; di tre si è certi del contenuto, e furono usate per inumare le mummie di gatti insieme a decine di statuette di legno raffiguranti animali. Una delle quattro rimanenti, risalente alla Quinta Dinastia dell'Antico Regno è stata trovata con la porta e la facciata ancora intatte, segno che il suo contenuto è forse rimasto inaccessibile per millenni. Gli archeologi dovrebbero esaminarla nelle prossime settimane. L'interno di una delle tombe. | REUTERS/MOHAMED ABD EL GHANY ANIMALI SACRI. Le mummie di gatto ("piene" o, talvolta, vuote) sono un reperto ricorrente, per chi lavora a scavi di questo tipo: studi genetici hanno confermato che i gatti avevano un ruolo di primo piano nell'Antico Egitto, dove conquistarono un posto come compagni fedeli dell'uomo e non erano solo "lavoratori" a difesa dei raccolti. Inoltre, per questa civiltà il gatto incarnava la dea Bastet, protettrice della casa, delle donne e delle nascite. Ciò che ha lasciato di stucco gli archeologi è stato trovare, nell'area, i primi esempi di mummie di scarabeo, una scoperta rarissima, se non adirrittura inedita: due degli insetti mummificati si trovavano in un sarcofago in pietra con un coperchio bianco bombato, decorato con raffigurazioni di scarabeo in nero. Un'altra collezione di scarabei mummificati è stata rinvenuta in un sarcofago più piccolo (nell'antico Egitto, lo scarabeo era simbolo di eterna rinascita). Tra i reperti più rari e sorprendenti figurano alcuni scarabei mummificati. Lo scarabeo era, per gli egizi, un simbolo di rinascita legato a Ra, il Sole. | REUTERS/MOHAMED ABD EL GHANY SCULTURE. Nello stesso sito a Saqqara sono venute alla luce un centinaio di statuette in legno, alcune delle quali dorate, e in particolare, tra le più belle, le piccole effigi di una mucca, di un leone e di un falco. Nella necropoli gli archeologi hanno infine rinvenuto altri oggetti come amuleti, strumenti per scrivere, ceste per papiri e vasi canopi. |
Post n°2991 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Le geometrie nascoste del tempio più antico del mondo Undicimila anni fa, un gruppo di cacciatori raccoglitori della Turchia eresse il tempio di Göbekli Tepe seguendo un piano architettonico ben preciso. Il sito archeologico di Göbekli Tepe si trova nell'odierna Turchia, al confine con la Siria. | WIKIMEDIA COMMONS Il tempio in pietra più antico del mondo, nel sito archeologico di Göbekli Tepe (Turchia) potrebbe essere stato eretto seguendo un preciso piano architettonico basato su motivi geometrici. Di per sé non sarebbe un fatto così sorprendente, se non fosse che il complesso megalitico fu costruito circa 11.500 anni fa, prima che agricoltura e allevamento diventassero attività economiche stabili: a progettarlo fu probabilmente una popolazione di cacciatori- accoglitori, molto più avanzata di quanto si credesse. SIGNIFICATO RELIGIOSO. Il tempio di Göbekli Tepe, da molti considerato il più antico santuario costruito dall'uomo, precede Stonehenge di 6.000 anni. Consiste in una serie di recinti circolari in pietra grezza delimitati da enormi pilastri calcarei e da una quarantina di pietre assemblate a forma di T, alcune delle quali alte anche cinque metri e pesanti 50 tonnellate. Parte di questo materiale è decorato con incisioni e sculture di ispirazione animale, prodotte tra 9.600 e 8.200 anni prima di Cristo. Poiché attorno al sito non c'è traccia di insediamenti umani, si pensa che Göbekli Tepe ("collina tondeggiante", in turco, "sacre rovine", in curdo) fosse una sorta di cattedrale sopraelevata, un luogo sacro su una collina. I recinti principali del sito di Göbekli Tepe sono disposti a formare un triangolo equilatero. | GIL HAKLAY/AFTAU GEOMETRIE INATTESE. Un gruppo di archeologi dell'Università di Tel Aviv e dell'Israel Antiquities Authority ha sfruttato una tecnica di analisi basata su algoritmi spaziali per misurare il piano architettonico di Göbekli Tepe. È emerso che le tre strutture principali del complesso, i recinti B, C, D, sono "legate" da un motivo geometrico preciso: i loro centri formano un triangolo equilatero praticamente perfetto, nonostante dimensioni e posizioni dei recinti s iano apparentemente causali. Muretti e pilastri sarebbero stati disposti secondo un progetto unitario e - al contrario di quel che si pensava - sarebbero stati eretti nella stessa epoca. Nessuno tra gli archeologi si aspettava questo livello di pianificazione in una cultura distante millenni dalle invenzioni della scrittura. Perseguire forme così precise implicava una conoscenza almeno rudimentale dei sistemi di calcolo e della geometria, e la possibilità di tracciare mappe geometriche sul suolo. IL RIFLESSO DI UN CAMBIAMENTO? L'edificazione contemporanea dei tre recinti "portanti" implica anche un maggiore apporto di manodopera e forza lavoro: un livello di organizzazione sociale più gerarchico e stratificato di quello che attribuiremmo a una popola- zione di cacciatori-raccoglitori. Letta in questa chiave, la costruzione del tempio di Göbekli Tepe potrebbe testimoniare un primo tentativo di esercizio del potere da parte di una figura centrale, e la nascita di una società più disuguale. |
Post n°2990 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il ritratto genetico più completo delle civiltà precolombiane La più ampia analisi di antichi DNA dei popoli delle Ande aiuta a ricostruire storia e migrazioni delle civiltà precolombiane. Il sito Inca di Machu Picchu, in Perù. | SHUTTERSTOCK Un gruppo internazionale di ricercatori ha condotto e pubblicato un importante studio genetico sulle civiltà precolombiane, il più completo svolto finora per arco di tempo analizzato ed estensione geografica. La ricerca, consultabile su Cell, rivela particolari interessanti sulla storia delle popolazioni delle Ande prima dell'incontro con gli europei: dettagli sui loro spostamenti e contatti, sul modo in cui scomparvero o furono conquistate e sulle caratteristiche delle loro città, che in alcuni casi somigliavano alle odierne metropoli cosmopolite. NUOVE INFORMAZIONI. I ricercatori coordinati da antropologi e genetisti della Harvard Medical School e dell'Università della California a Santa Cruz hanno analizzato i dati sulle sequenze di DNA di 89 individui appartenuti a civiltà precolombiane e vissuti tra i 500 e i 9000 anni fa. Tra questi, 25 genomi erano stati sequenziati in studi precedenti, e 64 - risalenti a un arco di tempo compreso tra 500 e 4500 anni fa - sono invece del tutto nuovi. Finalmente, è stato possibile analizzare il DNA di importantissime civiltà precolombiane mai incluse in studi di questo tipo, ma che hanno lasciato note testimonianze archeologiche: i Moche con i loro murales e le sculture a sfondo sessuale, i Nazca, i Wari dei terrazzamenti agricoli e dei capolavori tessili, i Tiwanaku delle cerimonie rituali sul Lago Titicaca, e gli Inca. Un patrimonio genetico di valore inestimabile, se si pensa che la maggior parte degli studi genetici finora si era concentrata sulle popolazioni euroasiatiche occidentali.
CONTINUITÀ GENETICA. Dalle analisi è emerso che, 9000 anni fa, le civiltà precolombiane che vivevano negli altopiani andini divennero geneticamente ben distinguibili da quelle distribuite sulla costa del Pacifico. Gli effetti di questa prima differenziazione persistono ancora oggi, nonostante le trasformazioni culturali che, negli ultimi 2000 anni, hanno coinvolto le popolazioni circostanti e a differenza del miscuglio genetico avvenuto in Eurasia nello stesso arco di tempo. Gli scienziati hanno osservato una forte continuità genetica durante ascesa e caduta di importanti civiltà, come Moche, Wari e Nazca: la scomparsa di queste popolazioni non fu quindi dovuta alle massicce migrazioni di popolazioni esterne nelle aree assoggettate e alla loro "sostituzione", come per esempio avviene durante le invasioni militari. MOVIMENTI E CROCEVIA. "Firme" genetiche caratteristiche distinsero, fino a 5800 anni fa, le popolazioni del Centro America settentrionale da quello meridionale: dopo di ché, in tutte le regioni delle Ande ci fu un maggiore rimescolamento genetico, che persistette, per poi rallentare nettamente di nuovo, fino a 2000 anni fa. I geni raccontano anche di scambi tra le popolazioni andine e non andine, tra il Perù meridionale e le pianure argentine, tra la costa settentrionale del Perù e l'Amazzonia. Questi spostamenti avvennero quasi sempre evitando l'altopiano delle Ande. Comunque, le popolazioni dell'altopiano andino non erano immuni da contatti con l'esterno. Nelle maggiori città degli Inca e dei Tiwanaku vivevano fianco a fianco persone venute da ogni dove, un po' come avviene oggi nelle grandi città. Questi centri erano veri e propri melting-pot culturali di persone con discendenze molto diverse: gli autori dello studio li hanno paragonati alla New York di oggi. |
Post n°2989 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Il muro del Neolitico contro l'innalzamento del livello del mare Una barriera anti inondazioni proteggeva un villaggio israeliano oggi sommerso: da 7000 anni lottiamo contro l'innalzamento del livello del mare. Innalzamento del livello dei mari: oggi ne siamo i diretti responsabili. | Anche nella preistoria, i popoli che abitavano vicino al mare dovevano fare i conti con il rischio inondazioni. I resti di quello che è stato interpretato come uno sbarramento di difesa costiera sono venuti alla luce al largo della costa israeliana: il muro che si estende per oltre 100 metri fu eretto a protezione di un piccolo villaggio neolitico, fiorito intorno a 7000 anni fa. Secondo gli archeologi dell'Università di Haifa (Israele), si tratta della più antica e imponente barriera marittima mai identificata: purtroppo però non servì ad evitare che l'insediamento finisse sott'acqua.
Heracleion, la città egizia sommersa: la storia può ripetersi? | ARGINE DI MARE. Il muro di protezione si trova oggi a circa 200 metri al largo della costa di Carmel, nel nord dell'attuale Israele, in un'area in cui sono stati scoperti almeno 15 villaggi neolitici sommersi. Il sito archeologico noto da decenni è protetto da vari strati di sabbia, ma occasionalmente una tempesta più intensa delle altre ne lascia esposte nuove parti. Due burrasche invernali nel 2012 e nel 2015 lasciarono scoperte lunghe porzioni di una strana struttura allungata, composta da grossi massi di un metro di diametro per oltre una tonnellata di peso. Sub e archeologi si affrettarono a fotografarne i resti prima che sparissero di nuovo nel fondale. La barriera sorgeva a difesa del lato occidentale del villaggio di Tel Hreiz, quello esposto verso il mare: nel Neolitico, l'insediamento ospitava poche centinaia di persone che vivevano di agricoltura. I resti della barriera anti inondazioni di Tel Hreiz e di alcuni reperti archeologici rinvenuti nel villaggio. | E. GALILI / V. ESHED ESPOSTI AL DISASTRO. Il nucleo abitato risentì del progressivo innalzamento del livello del mare dovuto alla fine dell'Era glaciale. Quando fu costruita, 7000 anni fa, Tel Hreiz si trovava a 2-3 metri sopra il livello del mare. Ma la fusione dei ghiacci con il progressivo apporto di acqua e l'espansione termica dei mari fece salire il livello del Mediterraneo di 70 cm nell'arco di un secolo: una crescita persino più rapida di quella a cui assistiamo oggi (e della quale però siamo, a differenza di allora, anche la causa). Gli abitanti di Tel Hreiz erano consapevoli di questi cambiamenti: l'innalzamento del livello del mare non era sufficiente da solo a sommergere l'abitato, ma rese estremamente più frequente il rischio di inondazioni costiere. Queste informazioni, insieme alla particolare posizione del muro (che scherma solo la parte del villaggio rivolta verso il mare) hanno fatto propendere per l'ipotesi di una barriera frangionde.
TUTTO INUTILE. Nonostante le energie spese nella sua costruzione, il muro da solo non riuscì ad evitare il peggio. La datazione al radiocarbonio suggerisce che dopo un centinaio di anni, 250 al massimo, di occupazione stabile il villaggio fu definitivamente abbandonato, prima che il mare lo inghiottisse del tutto. Il destino di Tel Hreiz ricorda quello di molti insediamenti costieri oggi esposti all'innalzamento del livello del mare. Entro tre decenni soltanto, se i tagli alle emissioni serra seguiranno un andamento "moderato", oltre 300 milioni di persone correranno un rischio annuale di inondazioni costiere. |
Post n°2988 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 5 cose che hai in comune con gli uomini e le donne della preistoria e (forse) non lo saiLa dieta alimentare, l'amore per gli animali domestici, le droghe, la birra e persino... l'uso di sex toys. Strano ma vero, sono tutte cose che abbiamo ereditato dai nostri antenati. Nella foto: un'illustrazione di Walter Haskell Hinton, che ritrae una coppia preistorica con un cane. | Quello che sappiamo della vita ai tempi delle caverne lo dobbiamo al lavoro certosino di archeologi e ricercatori: con i loro ritrovamenti ci permettono di saperne sempre di più sui nostri antenati preistorici. I quali, avendo vissuto prima dell'invenzione della scrittura, non ci hanno lasciato molti indizi sul loro passaggio. Ma per fortuna i ritrovamenti di alcuni oggetti allo stato attuale sono in grado di rivelarci verità sorprendenti. Proprio come noi, le donne e gli uomini delle caverne... Ci sono varie evidenze archeologiche che alcuni gruppi di individui vivevano assieme ad animali simili agli odierni cani. Secondo uno studio pubblicato su PLoS ONE, in Siberia orientale sono stati scoperti fossili di cani in vasi funerari appositamente realizzati per loro. In alcuni casi, i proprietari li avevano seppelliti anche con alcuni oggetti "preziosi" (ornamenti, utensili, pietre, ecc). I cani, dunque, non erano utilizzati solo per la caccia, ma erano considerati membri a tutti gli effetti del gruppo. I ricercatori asseriscono che la maggior parte delle sepolture canine in questa zona si è verificato durante il Neolitico antico, 7.000-8.000 anni fa. Nel 2005, in una grotta in Germania è stato ritrovato un fallo composto da 14 frammenti di siltite, che può essere considerato una delle prime rappresentazioni della sessualità maschile della storia. Per i professori del dipartimento studi preistorici dell'Università di Tübingen, potrebbe essere stato usato come un aiutino sessuale dai suoi creatori nell'Era Glaciale. Il ritrovamento è avvenuto a Hohle Fels, nella valle del fiume Ach, un sito archeologico che fino ad oggi ci ha restituito migliaia di oggetti del Paleolitico Superiore.
Alcuni archeologi a Cipro hanno portato alla luce i resti di quella che potrebbe essere stata una fabbrica di birra di 3500 anni fa, nel sito di Kissonerga-Skalia. Ma altri loro colleghi, come Brian Hayden della Simon Fraser University in Canada, ritengono che la prima produzione di birra risalga ad almeno 11.500 anni fa, e veniva usata durante le feste. "Queste erano essenziali nelle società tradizionali per l'economia e la creazione di legami tra le persone e di reti di sostegno, tutte cose fondamentali per lo sviluppo di una società", ha spiegato Hayden. "E da che mondo è mondo, nelle feste sono tre gli ingredienti presenti quasi sempre: la carne, i cereali in forma di pane o polenta e l'alcol, usato per impressionare gli ospiti, renderli felici e... più favorevoli nei confronti padroni di casa". Credevate che i nostri antenati preistorici fossero esenti da tentazioni? Non è proprio così: anche loro apprezzavano le droghe ricreative. Lo ha rivelato uno scavo archeologico nell'isola caraibica di Carriacou, dove sono state scoperte ciotole in ceramica e tubi usati per inalare fumi allucinogeni e polveri. Gli archeologi Quetta Kaye (University College di Londra) e Scott Fitzpatrick (North Carolina State University) ritengono che si utilizzassero le droghe per raggiungere uno stato di trance per scopi spirituali. La sostanza in questione è il cohoba, un allucinogeno derivato da una specie di mimosa. Secondo l'antropologo Glynn L. Isaac che ha dedicato parte della sua vita alle ricerche sul cibo nella preistoria, anche senza consultare riviste di salute, i nostri antenati preferivano seguire una dieta equilibrata a base di carne e verdure, simile alla nostra. Isaac il suo team hanno infatti scoperto che gli uomini preistorici avevano una serie di strumenti per tagliare la carne e un altro set di utensili da taglio per la raccolta di frutta a guscio e altre piante commestibili. Sarebbe la prova che si nutrivano di entrambi. 24 DICEMBRE 2013 | EUGENIO SPAGNUOLO |
Post n°2987 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Giornata mondiale delle api amara: il maltempo azzera la raccolta di miele Le piogge e il maltempo hanno ostacolato il lavoro delle api, che per sopravvivere consumano le scorte di miele già negli alveari. Il miele: un regalo che, in tempi di ristrettezze, le api non possono farci. Vedi anche: miele, come si fa e si sceglie. | SHUTTERSTOCK Come se non bastasse la minaccia di pesticidi e parassiti, a funestare la Giornata mondiale delle api, istituita dall'ONU il 20 maggio (per la prima volta nel 2018), in riconoscimento del ruolo fondamentale di questi impollinatori, ci si è messo il maltempo. Secondo Coldiretti, le piogge e le basse temperature dei mesi di aprile e maggio, dopo la siccità e le giornate estive del mese di marzo, non hanno permesso alle api di raccogliere il nettare necessario alla loro sussistenza. Per sopravvivere, gli insetti stanno consumando le esigue scorte di miele che erano riuscite a mettere da parte: di conseguenza, la raccolta di miele quest'anno sarà compromessa, forse addirittura azzerata. PRIMAVERA PERDUTA. Quanto sta accadendo è una prova tangibile degli effetti dei cambiamenti climatici sull'andamento regolare delle stagioni. Con buona pace di chi ancora non distingue tra clima e meteo, e coglie nelle temperature "autunnali" di questi giorni il pretesto per esporre posizioni negazioniste, il global warming si manifesta anche con rapidi passaggi da giornate di sole a intense precipitazioni tropicali, fluttuazioni a cui le api sono Il tuo supermercato, se sparissero le api. | CJONELC LE CONSEGUENZE SULLA PRODUZIONE DI CIBO. A rimetterci non è soltanto il settore dell'apicoltura, importante per l'economia italiana, con 50 mila addetti e un giro d'affari di 70 milioni di euro. In gioco c'è la sopravvivenza degli alveari stessi, e con essa la resa di gran parte delle coltivazioni agricole nostrane. Se le condizioni meteo non miglioreranno sensibilmente, saranno a rischio, per Coldiretti, le colture di "mele, pere, mandorle, agrumi, pesche, kiwi, castagne, ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia, girasole e colza", che dipendono del tutto o in buona parte dall'attività delle api e di altri impollinatori. In pericolo sono anche le coltivazioni foraggere destinate agli animali da pascolo: la carestia che le api stanno fronteggiando potrebbe mettere in crisi anche il settore della produzione di carne. |
Post n°2986 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet L'antico gioco da tavolo cinese È stato ritrovato in Cina in una tomba vecchia di 2mila anni: ci sono un dado con quattordici facce, un tabellone decorato e diverse pedine, ma le regole rimangono un mistero.
Il dado a 14 facce, su cui sono incisi numeri da 1 a 6. | In una tomba ultramillenaria nei pressi di Qingzhou, in Cina, sono stati rinvenuti i pezzi di un misterioso gioco da tavolo, caduto in disuso da circa 1.500 anni. I cimeli sono stati descritti per la prima volta nel 2014, ma la scoperta ha trovato risalto di recente, dopo che il relativo paper è stato tradotto in inglese e pubblicato sulla rivista Chinese Cultural Relics. IL LUOGO DEL RITROVAMENTO. La tomba fu costruita 2.300 anni fa nell'allora Stato di Qi, poco prima che Qin Shi Huang unificasse la Cina autoproclamandosi Imperatore. Accessibile mediante due rampe di scale che dalla superficie scendono in profondità, la camera sepolcrale servì forse per ospitare le salme di alcuni aristocratici locali, che vennero sotterrati insieme a oggetti personali di uso quotidiano. Nei secoli, le fosse hanno subito diversi saccheggi, comprovati dalla presenza dei resti di uno sfortunato tombarolo. Vista panoramica dell'antica tomba cinese nelle vicinanze di Qingzhou. | CHINESE CULTURAL RELICS SVAGO PERDUTO. Tra i reperti sfuggiti alle razzie, gli archeologi hanno recuperato i tasselli di un antico gioco, che secondo le ricostruzioni si chiamava Bo o Liubo. Nel report vengono descritti un dado a 14 facce ricavato dal dente di un animale, 21 pezzi rettangolari dipinti e un piastrella rotta che doveva fungere da plancia per le pedine. Delle 14 facce del dado, due risultano vuote, mentre le restanti 12 raffigurano un numero da 1 a 6, inciso mediante un antico stile calligrafico cinese, noto come Zhuanshu (in inglese seal script). La ricomposizione della superficie di gioco ha invece evidenziato una decorazione in cui si distinguono un paio di occhi e delle nuvole tuonanti. SOTTO A CHI TOCCA. I ricercatori ipotizzano che di questo gioco da tavolo si fosse persa traccia da più di mille anni, anche se non è da escludere l'esistenza di qualche intrattenimento simile o derivato dall'originale. Nonostante sia impossibile capire quali fossero le regole, gli studi rivelano l'esistenza di una poesia scritta 2200 anni fa, in cui si parla di pedine che avanzano, punti che raddoppiano, e contendenti che urlano «Cinque bianco!», dando un'idea (a dire il vero molto vaga) di come si svolgesse una partita |
Post n°2985 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I pipistrelli furono usati come armi segrete? Pipistrelli Bat Bomb: un costoso fallimento dei servizi segreti e degli scienziati USA impegnati a costruire armi micidiali durante la Seconda guerra mondiale. Per i pipistrelli, così sotto osservazione perché si sospetta che il nuovo coronavirus Sars-CoV-2, responsabile della Covid-19, arrivi da loro, non è mai stata vita facile. Nel loro curriculum vitae di mammiferi volanti bruttini e inquietanti - benché molto utili all'agricoltura e nonostante si cibino anche di insetti per noi molto fastidiosi, come le zanzare) - c'è anche un'esperienza in cui furono utilizzati come armi sperimentali: le cosiddette Bat Bomb. La Bat Bomb: il contenitore-bomba lungo 23 cm conteneva migliaia di mini-pipistrelli al napalm da sganciare sulle case giapponesi durante la Seconda guerra mondiale. | WIKIPEDIA MAMMIFERI AL NAPALM. Durante la Seconda guerra mondiale, tra i tanti progetti bizzarri concepiti dai servizi segreti americani (e che non andarono a segno), ce ne fu anche uno che prevedeva l'uso di pipistrelli della specie Tadarida brasiliensis, grandi pochi millimetri e del peso massimo di 13 grammi. L'idea era questa: all'interno di contenitori a forma di bomba lunghi 23 cm venivano disposti migliaia di pipistrelli ibernati, ciascuno dei quali dotato di un piccolo dispositivo incendiario al napalm (altra invenzione USA dell'epoca) programmato con un timer. La Bat Bomb, sganciata dai bombardieri sull'area e rallentata da un paracadute, si sarebbe riscaldata durante la discesa, risvegliando i suoi ospiti. A 1.500 metri di altitudine circa, la Bat Bomb si sarebbe aperta e oltre un migliaio di pipistrelli sarebbero volati in un raggio di 30-60 chilometri, per poi posarsi sulle case in legno e carta dei giapponesi, altamente infiammabili. I dispositivi al napalm sarebbero stati innescati contemporanea- mente, provocando migliaia di incendi. OBIETTIVO IN FIAMME. Il risultato del primo test, condotto nel maggio del 1943 nel deserto del Mojave, fu uno schianto (letteralmente): 35.000 pipistrelli ibernati, caricati su un bombardiere B52 e sganciati a 1.500 metri, si spiaccicarono ancora congelati al suolo. Al test successivo alcuni si risvegliarono e colpirono l'obiettivo (un villaggio finto), altri invece tornarono all'hangar di partenza, che, insieme agli uffici e alla torre di controllo, bruciò sotto gli occhi dei militari. Il terzo test in programma fu cancellato nel 1944. L'operazione pipistrelli costò al governo degli Stati Uniti circa 2 milioni di dollari dell'epoca, circa 30 di oggi. |
Post n°2984 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Potrebbe esserci un'attività tettonica ancora in corso sulla Luna Rughe che lasciano esposti pezzi di manto roccioso sulla faccia visibile della Luna rivelerebbero movimenti iniziati tempo fa e non ancora finiti. Dal punto di vista geologico, il nostro satellite non sembra così "morto" come si pensava. | SHUTTERSTOCK Alcune "ferite fresche" visibili sulla faccia vicina della Luna sembrereb- bero il risultato di una recente attività tettonica, eco di un antico impatto celeste dal quale il nostro satellite non si è ancora del tutto ristabilito. Lavorando sui dati del Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA, un gruppo di scienziati della Brown University (USA) ha individuato un sistema di increspature attorno e all'interno dei mari lunari (le parti più scure visibili sulla Luna), alcune delle quali lasciano esposte parti di manto roccioso. Poiché la superficie lunare è costantemente ricoperta di regolite, un materiale polveroso generato dal continuo impatto di micrometeoriti e dalla disgregazione delle rocce superficiali, trovare parti di roccia esposta può essere un indizio di una recente attività geologica. DIVERSE TEMPERATURE. «I blocchi esposti sulla superficie hanno una vita relativamente breve perché la regolite si accumula di continuo» spiega il Professor Peter Schultz, tra gli autori. «Per questo motivo, quando li vediamo, deve esserci una qualche spiegazione su come e perché siano rimasti scoperti in certi luoghi». I ricercatori hanno sfruttato lo strumento Diviner del LRO, che misura la temperatura della superficie lunare. Proprio come l'asfalto cittadino trattiene più a lungo il calore rispetto al terriccio, le parti di roccia esposta restano più calde durante la notte lunare , rispetto a quelle ricoperte da regolite. Sono così emerse più di 500 zone di roccia lunare scoperta distribuita lungo sottili creste che solcano i mari lunari. IL RICORDO DI UN BRUTTO INCONTRO. Il team ha inoltre trovato una correlazione tra le creste appena individuate e una serie di antiche fratture nella crosta lunare in seguito riempite da intrusioni di magma, scoperte nel 2014 dalla missione della NASA GRAIL. In corrispondenza di queste creste si registrerebbe ancora un movimento verso l'alto, una spinta che rompe la superficie e fa scivolare di lato la regolite, lasciando la roccia esposta. Questo sistema, che in gergo tecnico è chiamato ANTS (Active Nearside Tectonic System), potrebbe essere in atto ancora oggi, ma le sue origini sono molto antiche: si pensa sia stato innescato dallo schianto, sul Polo Sud lunare, di un corpo celeste di 200 km di diametro, avvenuto 4,3 miliardi di anni fa, quando il nostro satellite si era formato da poche centinaia di milioni di anni. L'impatto creò il Bacino Aitken, il più grande cratere del Sistema Solare, e scosse l'interno della Luna. Le prime fratture furono riempite da magma, ma alcuni aggiustamenti di quel "terremoto" potrebbero essere in corso ancora oggi. |
Post n°2983 pubblicato il 29 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet La collisione planetaria che diede origine alla Luna rese possibile la vita sulla Terra Parte degli elementi precursori della vita sul nostro pianeta potrebbe essere stata consegnata dallo scontro planetario che formò anche la Luna, oltre 4,4 miliardi di anni fa. Collisioni primordiali: è appena dietro l'angolo, la Luna, eppure è ancora in parte un enigma astronomico. | SHUTTERSTOCK La Terra ha ricevuto la maggior parte degli elementi volatili alla base della vita, come carbonio e azoto, nel corso della collisione planetaria che diede origine alla Luna, oltre 4,4 miliardi di anni fa . Uno studio pubblicato su Science Advances propone una risposta a una domanda comune a proposito dell'abbondanza di elementi volatili sul nostro pianeta: come fa la vita sulla Terra a basarsi sul carbonio, dal momento che questo elemento, per le sue proprietà, avrebbe dovuto evaporare durante le prime, roventi fasi di formazione del pianeta, oppure restare intrappolato nel nucleo? I CONTI NON TORNANO. Una delle teorie storiche per spiegare l'abbondanza di elementi volatili sulla Terra è quella che vuole che a portarli siano stati una particolare classe di meteoriti - avanzi primordiali degli elementi costitutivi il Sistema Solare esterno, precipitati sulla Terra quando ormai il nucleo era già formato (evitando così che le sostanze volatili che trasportavano dovessero sopportare l'intenso calore degli inizi, e l'evaporazione). Curiosità: la Via Lattea (radio)riflessa sulla Luna. | DR BEN MCKINLEY, CURTIN UNIVERSITY/ICRAR/ ASTRO 3D - NASA/GSFC/ARIZONA STATE UNIVERSITY Tuttavia, il rapporto tra carbonio e azoto nella parte della Terra diversa dal nucleo - cioè il mantello e la crosta - non corrisponde a quello riscontrato in questi meteoriti, le condriti carbonacee: è di circa 40 parti di carbonio per ogni parte di azoto, mentre nei meteoriti è di circa 20 a 1. PROVE DI SCONTRO. Nel laboratorio di Rajdeep Dasgupta, ricercatore della Rice University (Usa) e co-autore dello studio, è possibile simulare le reazioni geochimiche che avvengono negli strati più interni di un pianeta sottoposto a condizioni estreme di pressione e temperatura. In una nuova serie di esperimenti, Damanveer Grewal, coordinatore della ricerca, ha voluto testare un'altra nota teoria sull'origine degli elementi volatili, secondo la quale queste sostanze sarebbero arrivate durante una collisione con un pianeta allo stadio embrionale della sua formazione, con un nucleo ricco di zolfo. Zolfo, carbonio e azoto sono infatti presenti in ogni parte del nostro pianeta fatta eccezione per il nucleo, che non ha scambi di materiale con i restanti strati e rimane isolato. Andremo presto a vedere di persona che cosa c'è lassù, con la SpaceX Starship Musk? Possibile, sempre che non cada... | UNO O PIÙ VISITATORI ESOTICI? Grewal ha cercato di capire quale fosse la proporzione tra carbonio e azoto nel nucleo di pianeti in tre diversi scenari: senza zolfo, con il 10% e il 25% di zolfo. Dopo aver testato ogni possibilità (conducendo circa 1 miliardo di simulazioni), i ricercatori hanno concluso che «tutte le prove (...) sono compatibili con un impatto con un pianeta delle dimensioni di Marte, che trasportasse sostanze volatili e con un nucleo ricco di zolfo, dall'impatto con il quale ebbe origine la Luna». Gli elementi precursori della vita potrebbero quindi essere arrivati sulla giovane Terra grazie all'impatto con un pianeta composto da elementi di base differenti (il nucleo terrestre è fatto prevalentemente di ferro), formatosi forse in un punto diverso del disco protoplanetario. La ricerca, supportata da tante e complesse simulazioni, sembra dare definitivamente credito all'idea che gli elementi volatili siano arrivati con una collisione planetaria. Questo tuttavia non scioglie ogni dubbio, perché un bilancio degli elementi volatili considerati non è possibile, e forse una singola collisione non è stata sufficiente... |
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