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Messaggi del 02/05/2020
Post n°2858 pubblicato il 02 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Dall'analisi delle fognature:la mappa mondiale dell'antibiotico-resistenza Il DNA presente nelle acque di scarico offre una panoramica globale dei superbatteri, che sono più diffusi nelle aree in cui mancano servizi igienici adeguati. Un'aggregazione di superbatteri resistenti agli antibiotici: illustrazione Si sente spesso parlare di resistenza agli antibiotici, ma dove sono distribuiti, soprattutto, i superbatteri indifferenti ai nostri sforzi per debellarli? Qual è la geografia del fenomeno, tra le principali minacce Informazioni importanti emergono da un nuovo studio, che ha analizzato le acque di scolo nelle fognature di 74 città in 60 diversi Paesi. Dai dati pubblicati su Nature Communications emerge una prima fotografia globale dei livelli e delle tipologie di batteri antibiotico-resistenti che si annidano nelle case, e nei corpi, di persone generalmente sane. L'analisi delle acque fognarie a Sakasaka, Tamale, in Ghana. Superbatteri: abbiamo qualche speranza di vincere? | COURAGE KOSI SETSOAFIA SABA, UNIVERSITY FOR DEVELOPMENT STUDIES, GHANA. QUEST'ACQUA NON MENTE. Gli scienziati del National Food Institute, Technical University of Denmark hanno condotto un'analisi metagenomica (lo studio delle comunità microbiche nel loro ambiente naturale) del DNA raccolto negli scarichi fognari. Ricerche di questo tipo sono economiche, non hanno bisogno di grandi approvazioni etiche (perché non è possibile, dai campioni, risalire alle singole persone) e offrono uno spaccato vario e affidabile sulla popolazione batterica che abbonda in quell'area. È emerso così che Nord America, Europa occidentale, Australia e Nuova Zelanda mostrano in genere i livelli più bassi di resistenza antimicrobica, fenomeno che invece abbonda in Asia, Africa e Sud America. In Brasile, India e Vietnam è stata trovata la più alta diversità tra i geni dell'antibiotico-resistenza; la più bassa è stata osservata in Australia e Nuova Zelanda.
LE SITUAZIONI PIÙ A RISCHIO. L'uso eccessivo e scorretto di antibiotici spiega solo in parte il fenomeno; incrociando i dati raccolti con quelli della Banca Mondiale, il team ha notato che l'antibiotico-resistenza è fortemente collegata alle condizioni socioeconomiche di un Paese e al livello dei servizi igienico-sanitari presenti su quel territorio. Nelle aree in cui l'accesso ad acqua pulita e wc è più difficile, e lo stato di salute della popolazione più precario, i geni della resistenza agli antibiotici sono più abbondanti. Le previsioni di diffusione del fenomeno dell'antibiotico-resistenza nel mondo: l'azzurro chiara indica una bassa prevalenza, il blu scuro le aree più colpite. | FRANK AARESTRUPLa prescrizione di antibiotici in Italia, in base a una mappa fornita dall'AIFA (Agenzia italiana del farmaco) e ripresa su Medical Facts. Nelle cinque regioni blu scuro (Sicilia, Abruzzo, Calabria, Puglia e Campania ) l'utilizzo di antibiotici è doppio rispetto alle sei in azzurro chiaro (Liguria, Veneto, Piemonte, Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia e Provincia autonoma di Bolzano). L'eccessiva prescrizione di antibiotici è tra i fattori alla base dell'evoluzione di superbatteri resistenti e difficili da debellare. | AIFA: ANTIBIOTICI, DISTRIBUZIONE IN QUARTILI DEL CONSUMO 2017 PRESCRIZIONI FACILI. I dati confermano quanto osservato in studi precedenti: la parte più importante dell'aumento mondiale del consumo di antibiotici è ascrivibile ai Paesi in via di sviluppo, sia per via della popolazione in crescita, sia per la carenza, in molte aree, di condizioni igieniche adeguate. Non stupisce, quindi, che la diffusione di superbatteri in queste acque sia particolarmente elevata. Questa correlazione è stata usata per elaborare una mappa "predittiva" (qui sopra) della diffusione dell'antibiotico-resistenza in 259 Paesi del mondo. In base alle stime, Paesi Bassi, Svezia e Nuova Zelanda hanno i livelli più bassi di resistenza agli antibiotici, mentre i più alti si trovano in Tanzania, Vietnam e Nigeria. Lo stesso metodo di analisi potrà servire in futuro per studiare altre condizioni: per esempio, per mappare la diffusione delle malattie che si propagano attraverso le fogne. |
Post n°2857 pubblicato il 02 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet La Morte Nera arrivò in Europa dall'EstUno studio genetico si cimenta di nuovo nella ricostruzione del percorso del batterio Yersinia pestis, che nel corso del 1300 decimò la popolazione europea. Le sue origini sembrerebbero riconducibili alla Russia, solo in seguito si sarebbe diversificato. La sepoltura delle vittime della Peste Nera a Tournai, in Belgio: miniatura del 1353 circa. | SHUTTERSTOCK Le analisi genetiche di resti umani rinvenuti in una decina di siti archeologici nel Vecchio continente fanno risalire alla Russia l'origine della peste nera, l'epidemia che tra il 1347 e il 1352, in soli cinque anni, si portò via almeno 20 milioni di persone, un terzo - almeno - della popolazione europea di allora. Le origini della morte nera giunta in Europa nel XIV secolo (e proseguita ad ondate fino al 1700), non sono ancora del tutto chiare. Un'ipotesi largamente accettata è che il batterio Yersinia pestis sia approdato nel nostro continente insieme ad alcune navi provenienti dal Mar Nero e attraccate nei porti italiani, come in quello di Genova. Tuttavia, già allora si vociferava da tempo di una Grande Pestilenza lungo le rotte commerciali di Vicino ed Estremo Oriente. Negli anni '40 del 1300 la peste aveva già lambito parti di Cina, India, Persia, Siria ed Egitto, e quando si affacciò sull'Europa colse i suoi abitanti totalmente impreparati. UNA SOLA ORIGINE. Un gruppo internazionale di ricercatori coordinato da Maria Spyrou, del Max Planck Institute for the Science of Human History, ha ricostruito 34 genomi di Yersinia pestis dal materiale estratto dai denti di altrettanti individui sepolti in 10 siti cimiteriali di Regno Unito, Francia, Germania, Svizzera e - in due casi - dalla regione del Volga, in Russia. La mancanza di varietà genomica tra i campioni indicherebbe una singola discendenza da un singolo ceppo batterico: quello estratto in Russia, il più antico di tutti. «Questi dati indicano un singolo ingresso dell'Y. pestis in Europa da Oriente», spiega Spyrou. «Tuttavia, è possibile che le prossime scoperte rivelino interpretazioni aggiuntive», dato che i campioni analizzati nella parte più orientale del continente europeo sono ancora pochi. Se l'origine fu unica, nella seconda fase dell'epidemia i ceppi si diversificarono, come se la peste avesse continuato a persistere indiversi focolai. I campioni successivi alla fase di ingresso mostrano infatti una maggiore diversità genetica. Nessun discendente di questo lignaggio batterico è comunque sopravvissuto fino a tempi moderni. EVOLUZIONE FINALE. I ricercatori hanno inoltre individuato nel DNA dei batteri più tardivi, una delezione - ossia una mutazione che comporta l'assenza di un tratt o di cromosoma - che include due geni responsabili della virulenza del patogeno. La stessa delezione, nella stessa regione, era stata osservata nei batteri più tardivi della prima epidemia di peste su larga scala. Poiché entrambe queste popolazioni di Y. pestis risultano estinte, sarebbe interessante capire quale impatto abbiano avuto queste alterazioni genetiche nella sopravvivenza dei batteri all'interno degli organismi "ospiti", umani e animali. 11 OTTOBRE 2019 | ELISABETTA INTINI |
Post n°2856 pubblicato il 02 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
La peste nera fece le donne più basse La peste nera causò milioni di morti in Europa. Oltre alla disperazione, lasciò un'altra eredità, tutta femminile: diminuì l'altezza delle donne. L'ondata di peste che nel Trecento ha decimato la popolazione europea, uccidendo un terzo degli abitanti dell'continente (allora circa 75-80 milioni), ha lasciato anche un'eredità curiosa: uno studio recente rileva che, dopo l'epidemia, le ossa delle donne sono diventate più corte - e di conseguenza le donne più basse.
Boccaccio, autore del Decameron: l'opera venne scritta a metà del Trecento ed è ambientata fuori Firenze durante la cosiddetta "peste nera". | I FATTI. A sostenerlo è Sharon DeWitte, dell'Università della Carolina del Sud (Usa) che - dopo aver confrontando le tibie e i canini di donne morte prima e dopo la peste - ha pubblicato i risultati del suo studio nell'American Journal of Human Biology. A fine Trecento, a peste conclusa, le condizioni di vita della popolazione erano migliorate in tutta Europa: c'era più lavoro, le persone erano in media più sane e circolava più cibo. Come spiegare allora questo fatto? La ragione, afferma DeWitte, è nell'alimentazione: una dieta ricca di grassi (che incidono sugli ormoni) potrebbe aver accellerato la pubertà delle donne. Il raggiungimento anticipato della fase dello sviluppo (il menarca) avrebbe provocato un arresto nella crescita. LE ALTRE SPIEGAZIONI. Questa, precisa la studiosa, è un'ipotesi: la causa potrebbe essere anche di tipo opposto. Le donne, cioè, mangiavano troppo poco e questo potrebbe aver rallentato il loro sviluppo. Il che significherebbe che il miglioramento globale dell'alimentazione sarebbe andato a vantaggio solo degli uomini. È possibile anche un'altra spiegazione: una sorta di tragica "selezione naturale". Le donne più alte potrebbero cioè essere morte durante l'epidemia. 17 NOVEMBRE 2017 | GIULIANA ROTONDI |
Post n°2855 pubblicato il 02 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I corpi rinvenuti in una tomba del '300 raccontano com'è arrivata e si è diffusa la peste nera in Europa, provocando 50 milioni di morti in cinque anni. Affresco: Il Trionfo della Morte (Palermo, Palazzo Abbatellis, autore ignoto). | WIKIMEDIA Un team multidisciplinare di ricercatori ha completato la prima parte di uno studio sui resti di una sepoltura rinvenuta nel 2006 nei pressi dell'Ospitale di San Nicolao di Pietra Colice (Genova). La ricerca, pubblicata su Antropological Science, sembra fornire nuove indicazioni su quando e come la Morte Nera sia arrivata a Genova e si sia poi diffusa in parte della nostra penisola (e forse nel resto d'Europa). LA PRIMA PANDEMIA. La Repubblica di Genova del XIV secolo era potente e florida, ma verso la metà del 1300 la città fu colpita da un nemico subdolo e invisibile arrivato dal mare: la peste. Tra il 1348 e il 1353 l'epidemia si diffuse in tutta Europa causando, a seconda delle fonti, tra 25 e 50 milioni di morti solo in questo continente- mentre imperversava anche in Asia e in Medio Oriente. Una cronologia della pandemia di peste del XIV secolo (clicca sull'immagine per avviare l'animazione). | ANDREI NACU / WIKIMEDIA Tra i resti di alcune sepolture del XIV secolo i ricercatori hanno individuato 4 corpi: due bambini di 12 e 3 anni, una donna e un feto. Per questi due si tratterebbe di un caso di espulsione fetale post mortem: un evento raro (e raccapricciante) causato dalla pressione dei gas all'interno del corpo in decomposizione. La datazione della sepoltura coincide col periodo dell'epidemia, perciò i ricercatori ne hanno cercato le tracce nei resti: le analisi hanno infatti confermato la presenza dell'antigene F1 di Yersinia pestis (il batterio che causa la peste) nel corpo della donna, del feto e nell'individuo dodicenne. È la prima evidenza scientifica rinvenuta di infezione da Y. pestis nella Repubblica di Genova del XIV secolo. «Il luogo della sepoltura è un elemento chiave della storia», afferma Raffaella Bianucci, bioantropologa alla Medical School dell'università di Warwick (UK) e della sezione di medicina legale dell'Università di Torino. «L'Ospitale, sul Monte Bracco, era usato come luogo di riposo da commercianti e pellegrini. Era una tappa obbligata nel percorso della Via Francigena che si diramava tra le attuali Liguria, Toscana ed Emilia». La prima ondata dell'epidemia arrivò con le galee nel porto di Genova: dalla zona portuale si diffuse in città e poi nell'entroterra. Lo studio, assicura Bianucci, proseguirà impiegando anche tecniche di sequenziamento genomico: «quando avremo le analisi del Dna potremo confrontare il ceppo della malattia con quello di altri focolai che hanno colpito nello stesso periodo città come Londra e Marsiglia», e lo studio delle mutazioni racconterà esattamente il percorso del batterio attraverso l'Europa di quel periodo. 11 APRILE 2017 | ANDREA RUBIN |
Post n°2854 pubblicato il 02 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Lezioni di storia: peste, influenza spagnola e vaiolo Dalla storia delle grandi epidemie un'amara lezione su che cosa fare o non fare per combattere e fermare la COVID-19, anche se oggi ci sembra inarrestabile. I medici che curavano gli appestati indossavano una maschera a forma di becco, dove erano contenute essenze aromatiche e paglia che fungevano da filtro. | Con il coronavirus sono montati anche miti e fake news (bufale, informazioni errate), diffuse soprattutto attraverso social media. Per esempio, benché la mascherina non serva a proteggere se stessi dal contagio, almeno le mascherine più semplici perché i virus sono "troppo piccoli" per venire bloccati, centinaia di migliaia di persone (sane) in tutto il mondo si sono precipitate a comprarla. Le fesserie sono anche di carattere sociale, come la bufala (fake news) della donna di Wuhan che avrebbe cucinato e messo in tavola una zuppa di pipistrello, e aperto così la strada al coronavirus. Anche se i pipistrelli potrebbero (forse) essere all'origine dell'espandersi dell'epidemia, la storia della "zuppa di pipistrello" nasce nel sud del Pacifico, non in Cina, per un noto programma di viaggi di una blogger cinese, Wang Mengyun. Nonostante gli esperti abbiano lavorato duramente per sfatare molti di questi miti, quella storia è preziosa per inserire l'epidemia di CoViD-19 in un contesto che dovremmo conoscere bene. Cosa che, in teoria, dovrebbe aiutare a ribattere alle falsità e a placare le nostre paure: insomma, peste nera, influenza spagnola e anche il vaiolo possono insegnarci molto.
CORONAVIRUS E ZOONOSI. Il coronavirus che ci sta flagellando, l'ormai famigerato SARS-CoV-2 all'origine della pandemia di CoViD-19, è solo un esempio (uno de tanti) nella lunga storia delle zoonosi (le malattie che passano dagli animali agli uomini). L'addomesticazione del cavallo permise di fare il salto di specie a quello che oggi è il virus responsabile del comune raffreddore; l'addomesticazione dei polli causò malattie come la varicella, il fuoco di Sant'Antonio e diversi ceppi di influenza aviaria; all'origine dell'influenza ci sono i maiali, mentre morbillo, vaiolo e tubercolosi vengono dai bovini. Quando un virus riesce a saltare da un animale a un umano (il "paziente zero", il primo capace di infettare i suoi simili), e quella versione del virus a sua volta riesce a contagiare un secondo individuo, quelle due persone diventano i primi due vettori umani di trasmissione del virus. Tre quarti delle malattie infettive sono il risultato di spillover zoonotici ( salti di specie), e il nuovo coronavirus non è un'eccezione. Il termine "coronavirus" fa riferimento a una famiglia di virus la cui forma ricorda quella di una corona, e racchiude circa il 10% dei raffreddori comuni (la principale causa del raffreddore comune sono i rhinovirus). Nel XXI secolo, i coronavirus hanno compiuto il salto di specie diffondendosi tra gli umani in tre occasioni, ogni volta causando epidemie mortali: la SARS (Severe acute respiratory syndrome, sindrome respiratoria acuta grave) alla fine del 2002, la MERS (Middle East respiratory syndrome, sindrome respiratoria medio-orientale) nel 2012, e la COVID-19 (Coronavirus disease 2019, malattia da coronavirus 2019) all'inizio di questo inverno.
CHE COSA CI INSEGNA LA MORTE NERA. L'altro microrganismo protagonista della lunga storia delle epidemie dell'umanità non è un virus, ma un batterio: lo Yersinia pestis, responsabile dell'epidemia di peste bubbonica scoppiata a metà del XIV secolo, alla quale ci si riferisce normalmente con l'appellativo di Morte Nera. Nella memoria storica popolare, l'origine della Morte Nera è spesso associata alla Cina, ma secondo altri studi sarebbe nata in Asia Centrale (probabilmente nel Kazakhistan sudorientale), da dove si sarebbe poi diffusa in Cina e in Europa. Sottolineare l'origine esatta non è solo un esercizio accademico: si ripercuote sulla xenofobia che a volte accompagna le epidemie. Nonostante l'origine della Morte Nera sia spesso associata a topi e pulci, il vettore originale fu con maggiore probabilità un mammifero, come la marmotta (Marmota Blumenbach) o il grande gerbillo (Rhombomys opimus Lichtenstein). Entrambi sono roditori socievoli: le marmotte misurano dai 30 ai 60 centimetri, mentre i grandi gerbilli circa 20 centimetri; le marmotte, in particolare, sono così diffuse che Marco Polo le definì "topi di Faraone". È probabile che una pulce abbia punto una marmotta o un grande gerbillo, e che il roditore abbia poi trasmesso il batterio a un umano. Nel 1894 un'altra pandemia di peste bubbonica originò dalla provincia cinese sudoccidentale dello Yunnan, e si diffuse poi a Canton e Hong Kong, raggiungendo Mumbai nel 1896. Per il 1900 aveva raggiunto i porti di ogni continente, portata da ratti infetti che viaggiavano sui piroscafi, lungo le rotte dei commerci internazionali. In trent'anni l'epidemia uccise, solo in India, 12 milioni di persone.
E fu così che iniziarono a diffondersi i cliché xenofobi: le vignette satiriche e le copertine dei giornali californiani raffiguravano cino-americani mentre mangiavano topi vivi in abitazioni sporche e affollate. Come ha scritto Jessica Hauger in un recente articolo pubblicato sul Washington Post, «l'idea che i cino-americani rappresentassero una minaccia per la sanità pubblica spinse le autorità di San Francisco a mettere in quarantena Chinatown e a effettuare controlli e sgomberi anticostituzionali durante l'epidemia di peste del 1900». Allo stesso modo, il Ministero della Salute di Honolulu mise in quarantena la Chinatown della città, bruciando la spazzatura e innescando un incendio che distrusse 4.000 abitazioni. L'epidemia da COVID-19 ha suscitato nuovi interessi per la Morte Nera. Un articolo del Washington Post avverte che trattare il coronavirus come la Morte Nera è "pericoloso", sostenendo che in questo modo si tramanderebbe una falsa "storia dell'epidemia", secondo la quale le epidemie seguirebbero sempre la stessa traiettoria, sui grafici, e avrebbero lo stesso grado di gravità. Effettivamente, confrontare la COVID-19 con la Morte Nera non fa altro che aumentare la paura tra la gente, anche se il patogeno con cui abbiamo oggi a che fare non è fatale quanto quello che provocò la pandemia medievale.
CHE COSA CI INSEGNA LA SPAGNOLA. Dall'influenza spagnola abbiamo appreso lezioni importanti sull'importanza della trasparenza e sull'efficacia della quarantena. Quella pandemia, che fu probabilmente di origine aviaria, infettò un quinto della popolazione mondiale, uccidendo 50 milioni di persone - molte più delle vittime della Prima Guerra Mondiale - che fu peraltro in parte all'origine della diffusione del virus nel mondo, per via dello spostamento massiccio di soldati. Per quanto riguarda la questione trasparenza, la storia del nome della malattia è rivelatore. Venne chiamata "spagnola" non perché ebbe origine in Spagna, ma perché la Spagna fu il primo paese a rendere nota l'epidemia. Dal momento che la Spagna non prese parte alla Prima Guerra Mondiale, nel paese non era in vigore la censura di guerra: altre nazioni, al contrario, avevano censurato la notizia della pandemia. Leggendo i titoli e gli articoli della stampa spagnola, molti dedussero che l'epidemia fosse iniziata lì. Dal canto loro, gli spagnoli pensarono invece che la malattia arrivasse dalla Francia e la chiamarono influenza francese. La CoViD-19 è anche il risultato di una mancata trasparenza da parte dei funzionari di Wuhan, che hanno ignorato e censurato gli avvertimenti iniziali. La trasparenza è essenziale per ottenere la fiducia dei cittadini, che in questo contesto è necessaria per controllare l'epidemia. La fiducia determina se la popolazione crede nelle azioni del governo e ne ascolta i consigli. È inoltre necessaria affinché la gente si fidi degli annunci pubblici che spiegano come evitare di venire infettati. La Cina e l'Iran, per esempio, trasmettono informazioni sulla salute pubblica attraverso i canali della tv di stato, e queste misure sono essenziali per mettere a tacere le chiacchiere ed evitare che il pubblico si affidi a metodi poco adatti di medicina popolare. Entrambi gli stati, tuttavia, sembrerebbero aver perso questa battaglia per la credibilità, visto l'iniziale occultamento della malattia avvenuto in Cina, e il mancato riconoscimento dell'abbattimento accidentale di un aereo civile all'inizio di gennaio in Iran. |
Post n°2853 pubblicato il 02 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet La malattia era inspiegabile e ci furono vari modi in cui essa si abbatté sui singoli individui, con troppa violenza perché la natura umana potesse sopportarla... Non è il resoconto della pandemia da Covid19, ma della prima cronaca di un virus devastante. Era il 430 avanti Cristo, ad Atene, e Tucidide descrisse così il flagello che si abbatté sulla città. La storia è costellata di epidemie, e di questo viaggio tra virus devastanti e contagi di massa si scrive sul numero 162 di Focus Storia (in edicola e in digitale), nell'articolo "Travolti da morbi e bubboni", che vi proponiamo in PDF in versione integrale. | FOCUS STORIA L'influenza spagnola fornisce un importante contesto storico anche per quanto riguarda la quarantena. Questa, che definisce un intervallo di tempo di quaranta giorni, venne impiegata per la prima volta a metà del XIV secolo per contenere la peste bubbonica, evitando che si diffondesse dalle navi in arrivo dall'Oriente e dalla Via delle Spezie. Alcuni anni fa (2007), ricercatori coordinati da Howard Markel (Soria della medicina, University of Michigan) hanno pubblicato uno studio che valuta l'efficacia della quarantena utilizzando i dati ricavati dall'epidemia di influenza spagnola del 1918. Secondo la ricerca, per fermare un'epidemia è necessario agire presto, combinando anche misure come la chiusura delle scuole e la proibizione dei raduni pubblici. Nel caso del coronavirus, le autorità cinesi hanno messo Wuhan e più di una dozzina di altre città in quarantena, isolando completamente circa 50 milioni di persone dal resto del mondo e rinchiudendo i malati con i sani: lo sforzo più grande che si sia mai visto nella storia, definito, da uno storico della medicina, "la madre di tutte le quarantene". Le preoccupazioni erano diverse, da come rifornire di cibo, acqua e altri prodotti chi era in isolamento, ad altre considerazioni pratiche: come sarebbe stato possibile recarsi al lavoro? Le famiglie sarebbero state separate? Sarebbe stata chiusa ogni strada? Come se non bastasse, gli ufficiali locali di Wuhan non si sono mossi in tempo, come accade spesso in quell'intervallo di tempo tra le prime indicazioni di epidemia e una conferma sicura. Inizialmente hanno ignorato le scoperte scientifiche e permesso grandi raduni di persone, per poi mettere in atto la quarantena otto ore dopo averla annunciata, lasciando oltre cinque milioni di persone libere di abbandonare la città dopo l'inizio dell'epidemia e prima dell'inizio dell'isolamento. Markel, sul New York Times, ha definito la drastica quarantena cinese "troppo esagerata, e troppo tardi". CHE COSA CI INSEGNA IL VAIOLO. Mentre un editoriale del Wall Street Journal invoca uno sfortunato cliché storico riferendosi alla Cina come al "malato dell'Asia" (rifacendosi a quando l'Impero Ottomano era chiamato "malato d'Europa"): uno dei popolari articoli sulla storia delle zoonosi offre delle valide lezioni imparate dal vaiolo, lasciando spazio a un po' di ottimismo. L'articolo sottolinea che il vaiolo potrebbe essere stato la causa della morte del 20 per cento della popolazione di Atene, nel 430 a.C., un evento che testimoniò e succes- sivamente narrò lo storico Tucidide. Nel corso del XX secolo, si stima che il vaiolo fu responsabile di 300 milioni di morti. Tuttavia, dal 1966 al 1977, l'Organizzazione Mondiale della Sanità iniziò una campagna di vaccinazione internazionale che riuscì a debellare la malattia, divenendo uno dei successi più sostanziali della sanità pubblica globale del XX secolo. Il programma di eradicamento funzionò per il modo improvvisato e non convenzionale con cui il team dell'OMS gestì gli straordinari ostacoli burocratici, tecnici e fisici che si trovò ad affrontare. Gli articoli pubblicati nel 1975 dall'OMS sul Journal of Clinical Pathology raccontano di operatori sanitari, in prima linea contro il vaiolo nei luoghi più remoti del mondo, rapiti e tenuti in ostaggio o minacciati di morte, o che camminano per centinaia di miglia per visitare i loro pazienti, e che si rifiutano di abbandonare le zone a cui sono stati assegnati. La cooperazione globale per contenere oggi il coronavirus richiederà sforzi simili. Come nel caso del cambiamento climatico, minacce che riguardano la storia del mondo richiedono livelli di cooperazione che siano anche storia del mondo. Cina e Stati Uniti dovranno lavorare vicini, accanto ai governi locali, alle aziende private e alle organiz- zazioni non governative, per fermare la diffusione del virus. LA STORIA SI RIPETE. «Se il passato recente può insegnarci qualcosa, che si tratti di SARS, MERS o COVID-19, è che bisogna affrontare queste epidemie in modo proattivo, dando maggiore importanza alla prevenzione», afferma Peter Daszak, esperto in ecologia delle malattie, in un articolo pubblicato di recente sul New York Times. Le società moderne trattano le pandemie come catastrofi, aspettando che si presentino e poi reagendo e sperando di trovare presto un vaccino. Questo, sostiene Daszak, è un approccio sbagliato. Per quanto riguarda quello che ognuno di noi può fare per fronteggiare l'attuale epidemia, le misure migliori da adottare sono lavarsi spesso le mani e non toccarsi la faccia... Questo non è solo ciò che gli esperti di sanità pubblica raccomandano, ma quello che la storia insegna. Durante la guerra di Crimea, Florence Nightingale era convinta che il problema principale fosse costituito dall'alimentazione, dalla sporcizia e dalle fogne: portò al fronte cibo più sano (almeno per l'epoca) e ripulì cucine e reparti ospedalieri. La Nightingale ci ricorda, allora come ora, gli eroi sconosciuti, gli operatori sanitari in prima linea nel contenere la diffusione di un patogeno. Gli altri eroi sono (oggi) quelli che ai primi sintomi si sono messi in quarantena volontaria: decidere di isolarsi, anche solo per prevenire la diffusione del patogeno, allevierà il peso che grava sulla sanità pubblica. Un altro caso emblematico è quello del colera nella Londra vittoriana: tra le bufale che circolavano vi erano quelle che attribuivano la malattia all'aria malsana e ai miasmi. In altre occasioni si è data la colpa agli ebrei... Le bufale di oggi, col coronavirus, danno la colpa a laboratori clandestini o a qualche improbabile fondazione. Quello che ognuno di noi può fare per combattere il virus... è cominciare a sfatare i miti virali che si diffondono, oggi come centinaia di anni fa.
Articolo tratto dal Bulletin of the Atomic Scientists (thebulletin.org): Black plague, Spanish flu, smallpox: All hold lessons for coronavirus, di Ibrahim Al-Marashi. Traduzione e adattamento per Focus.it di Chiara Guzzonato.
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