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Messaggi del 18/05/2020
Post n°2941 pubblicato il 18 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 01 MAG 2020 FIOTTI D'ACQUA DALLA COMETA ALIENA Posted at 17:33h in Astronews, Comete, asteroidi e oggetti minori by Barbara Bubbi Osservazioni in luce ultravioletta del telescopio spaziale Swift rivelano che la cometa interstellare 2I/Borisov, durante il suo massimo avvicinamento al Sole, ha perduto poderose quantità di vapor d'acqua, ad un tasso equivalente al riempire una vasca da bagno in 10 secondi. "2I/Borisov non rientra con precisione in nessuna delle classi in cui vengono suddivise le comete del Sistema Solare, ma non è neppure particolarmente differente", spiega Zexi Xing dell'University of Hong Kong, a guida dello studio. "Conosciamo comete che condividono almeno una delle sue proprietà". Le comete sono addensamenti ghiacciati di gas mischiati con polveri, una sorta di "palle di neve sporca". Secondo gli scienziati, potrebbero orbitare attorno al Sole centinaia di miliardi di questi oggetti. 2I/Borisov, tuttavia, proviene da regioni al di là del nostro sistema e rappresenta il nostro secondo visitare interstellare conosciuto, dopo il famoso 'Oumuamua. La cometa è stata scoperta il 30 Agosto 2019 da Gennady Borisov utilizzando l'osservatorio MARGO a Nauchnij, Crimea. Dopo una settimana di osservazioni da parte di astronomi in tutto il mondo, il Minor Planet Center dell'International Astronomical Union ha calcolato un'orbita per la cometa, dimostrando la sua provenienza dallo spazio interstellare. 2I/Borisov potrebbe rappresentare soltanto uno tra migliaia di oggetti interstellari in passaggio nel nostro Sistema Solare, la gran parte dei quali troppo fiochi per essere scoperti dagli attuali telescopi. Lo scorso Ottobre gli scienziati avevano utilizzato l'Apache Point Observatory a Sunspot, New Mexico, per individuare per la prima volta la firma dell'acqua nella chioma della cometa. Nei mesi successivi il telescopio Hubble ha ripreso immagini della cometa, man mano che sfrecciava a velocità di circa 160.000 chilometri all'ora. Quando una cometa si avvicina al Sole, il materiale ghiacciato presente sulla sua superficie, ad esempio il monossido di carbonio, si riscalda e inizia a convertirsi in gas. Una volta raggiunta una distanza inferiore a 370 milioni di chilometri dalla nostra stella, l'acqua si trasforma in vapore. Xing e i suoi colleghi hanno confermato la presenza di acqua che fuoriesce dalla cometa 2I/Borisov e hanno misurato la sua fluttuazione in luce ultravioletta. Quando la luce solare spezza le molecole d'acqua, si forma una molecola composta da un atomo di ossigeno e uno di idrogeno, l'idrossile. Swift ha individuato la firma della luce ultravioletta emessa dall'idrossile grazie al suo Ultraviolet/Optical Telescope (UVOT). Tra Settembre e Febbraio, il team ha effettuato sei osservazioni della cometa utilizzando Swift, rilevando un incremento del 50 percento della quantità di idrossile, e quindi di acqua, prodotta da 2I/Borisov tra l'1 Novembre e l'1 Dicembre, cioè appena sette giorni dopo il massimo avvicinamento al Sole. Al picco della sua attività, la cometa ha espulso 30 litri di acqua al secondo, una quantità sufficiente a riempire d'acqua una vasca da bagno in circa 10 secondi. Durante il suo viaggio attraverso il Sistema Solare, la cometa 2I/Borisov ha rilasciato quasi 230 milioni di litri d'acqua, abbastanza da riempire 92 piscine olimpioniche. Via via che la cometa si è allontanata dalla nostra stella, la perdita d'acqua è diminuita, e lo ha fatto più rapidamente rispetto ad ogni altra cometa osservata. Quesro fenomeno potrebbe essere dovuto a una varietà di fattori, come erosione superficiale, mutamenti nella rotazione o frammentazione. La misurazioni di Swift hanno permesso di calcolare la dimensione minima della cometa, che risulta di 0,74 chilometri. Almeno il 55 percento della superficie della cometa perdeva materiale durante il suo massimo avvicinamento al Sole: si tratta di un'area almeno 10 volte più grande rispetto alle aree attive osservate su gran parte delle comete del Sistema Solare. Grazie a dati di Hubble e del radiotelescopio ALMA gli astronomi hanno inoltre scoperto che 2I/Borisov ha prodotto i livelli di monossido di carbonio più elevati mai osservati per una cometa a quella distanza dal Sole. Tuttavia, vi sono alcuni aspetti che rendono l'oggetto alieno simile alle comete del nostro sistema: la sua produzione di acqua aumenta con l'avvicinarsi al Sole in modo analogo. Anche l'abbondanza delle altre molecole scoperte nella cometa è simile a quella degli corpi cometari che conosciamo nel Sistema Solare. Le caratteristiche combinate della cometa impediscono la sua classificazione all'interno di una singola famiglia di comete tra quelle note. Gli scienziati stanno ancora cercando di capire che implicazioni abbiano queste scoperte per comprendere caratteristiche ed evoluzione delle comete in altri sistemi planetari diversi dal nostro. Lo studio è pubblicato su The Astrophysical Journal Letters. Nell'immagine composita la cometa raffrontata con una foto della Terra per mostrare la scala Laughlin https://www.nasa.gov/feature/goddard/2020/nasa-s-swift-mission-tallied- water-from-interstellar-comet-borisov |
Post n°2940 pubblicato il 18 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 25 APR 2020 UN PIANETA IN FIN DI VITA Posted at 15:51h in Astronews, Esopianeti by Barbara Bubbi . Un rovente mondo alieno simile a Giove percorre a rotta di collo l'orbita attorno alla propria stella, tanto che il suo anno dura meno di un giorno terrestre. E' il ritratto di NGTS-10b, un gioviano caldo pericolosamente vicino al suo sole, tanto da essere probabilmente destinato alla totale distruzione. Lo studio relativo è pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Gli astronomi dell'Università di Warwick un esopianeta che orbita attorno alla sua stella in appena 18 ore: il periodo orbitale più breve mai osservato per un mondo di questo genere. NGTS-10b è un gigante gassoso distante un migliaio di anni luce da noi, simile a Giove ma molto più vicino alla sua stella, e pertanto particolarmente caldo. Secondo gli scienziati lo studio di questo strano mondo potrebbe portare farci comprendere quanto a lungo possa orbitare un pianeta così vicino alla sua stella prima di iniziare a compiere una spirale mortale verso la stella. NGTS-10b è stato scoperto dal progetto Next-Generation Transit Survey (NGTS), con base in Cile, utilizzando il metodo del transito, che rivela il calo di luce stellare dovuto al passaggio del pianeta davanti alla sua stella dal nostro punto di vista. "Siamo orgogliosi di annunciare la scoperta di NGTS-10b, un pianeta simile a Giove con un periodo orbitale estremamente corto, in orbita attorno a una stella non troppo diversa dal nostro Sole. Sebbene in teoria i gioviani caldi con periodo orbitale inferiore alle 24 ore siano i più facili da individuare per la loro dimensione e la frequenza dei transiti, è dimostrato che sono estremamente rari. Fra le centinaia di gioviani caldi attualmente noti, soltanto sette presentano un periodo orbitale inferiore a un giorno". NGTS-10b orbita così rapidamente perché è molto vicino al suo sole, ad appena il doppio del diametro stellare: se si trovasse nel Sistema Solare, sarebbe 27 volte più vicino al Sole rispetto a Mercurio. Il pianeta è probabilmente in orbita sincrona, presentando sempre la stessa faccia alla stella ed è più grande del 20 percento rispetto a Giove. Secondo gli astronomi, la sua temperatura media è superiore a un migliaio di gradi Celsius. La stella è più vecchia del Sole, ha un raggio circa il 70 percento di quello solare ed è un migliaio di gradi più fredda, con temperature superficiali attorno a 4000 gradi. Gli astronomi hanno intenzione di continuare le osservazioni di NGTS -10b nei prossimi anni, per determinare se il pianeta rimarrà nella sua orbita per qualche tempo o se inizierà a spiraleggiare verso la stella, avviandosi verso la distruzione. Nell'immagine rappresentazione artistica di un gioviano caldo https://warwick.ac.uk/newsandevents/pressreleases/18-hour_year_planet |
Post n°2939 pubblicato il 18 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 25 APR 2020 I SEGRETI DELLA SUPER ROTAZIONE DI VENERE Posted at 15:08h in Astronews, Pianeti, Sistema Solare by Barbara Bubbi ShareImmagini riprese dalla sonda Akatsuki rivelano nuove informazioni sui meccanismi responsabili di un misterioso fenomeno che caratterizza il pianeta Venere: nonostante la rotazione particolarmente lenta attorno al proprio asse, i venti sfrecciano nella sua atmosfera a un ritmo poderoso, percorrendo un giro attorno al pianeta con velocità di gran lunga superiore. Lo studio è pubblicato su Science. Talora si pensa a Venere come a un pianeta simile della Terra perché i due mondi hanno dimensione, densità e composizione superficiale simili, oltre a un'atmosfera che presenta complessi sistemi meteorologici. Ma la somiglianza finisce qui. Venere è uno dei luoghi più inospitali del Sistema Solare: torrido, arido e ricoperto da una spessa coltre di nubi tossiche. La sua atmosfera consiste per il 96,5 percento di anidride carbonica, con temperature superficiali medie di circa 500 gradi Celsius, superiori a quelle di Mercurio. Venere gira lentamente e impiega quasi 243 giorni terrestri per ruotare attorno al proprio asse, ma, sorprendentemente, la sua atmosfera non procede allo stesso ritmo: infatti, negli strati superiori, impiega appena 4 giorni per ruotare attorno al pianeta. Questo fenomeno si chiama super-rotazione e provoca turbolenze considerevoli nell'atmosfera del pianeta. Gli scienziati non conoscono ancora il motore che alimenta un meccanismo così particolare, ma la presenza di onde atmosferiche di varia natura, instabilità che mettono in oscillazione vari strati dell'atmosfera, potrebbe rivestire un ruolo importante. L'atmosfera in rapido movimento trasporta calore dal lato diurno del pianeta verso quello notturno, riducendo le differenze di temperatura tra i due emisferi. Horinouchi e i suoi colleghi dell'Institute of Space and Astronautical Science (ISAS, JAXA) hanno sviluppato un nuovo metodo di elevata precisione per mappare le nubi e derivare così la velocità dei venti, sulla base di immagini nell'ultravioletto e nell'infrarosso fornite dalla sonda Akatsuki, che ha iniziato ad orbitare attorno al pianeta nel Dicembre 2015. Le analisi hanno permesso ai ricercatori di stimare i contributi delle onde atmosferiche e della turbolenza alla super-rotazione. Il team si è reso conto che le differenze di temperatura atmosferica tra alte e basse latitudini erano così minime da poter essere spiegate solo dalla presenza di una circolazione attraverso le latitudini. "Dal momento che una simile circolazione dovrebbe alterare la distribuzione dei venti e rallentare il picco della super-rotazione, deve esserci un altro meccanismo che rinforza e mantiene la distribuzione osservata dei venti", spiega Horinouchi. Ulteriori analisi hanno suggerito che questo meccanismo aggiuntivo sia la marea termica: un'ondata di calore, responsabile delle variazioni di pressione sulla superficie del pianeta, generata dal riscaldamento differenziale tra il lato illuminato dal Sole e quello in ombra. Tale meccanismo provoca l'accelerazione osservata alle basse latitudini. In pratica, le forze mareali dovute al riscaldamento solare sul lato illuminato e al raffreddamento sul lato in ombra del pianeta alimentano il meccanismo della super-rotazione nelle fasce equatoriali. Studi precedenti avevano ipotizzato che a provocare questa accelerazione fossero turbolenze atmosferiche oppure onde non collegate alla marea termica. Tuttavia, lo studio dimostra che simili meccanismi lavorano in modo opposto, causando una debole decelerazione della super-rotazione alle basse latitudini, anche se giocano un ruolo importante alle altitudini medie e alte. Le nuove scoperte suggeriscono anche un sistema doppio di circolazione che in effetti trasporta il calore attraverso il globo planetario: la circolazione meridionale che trasporta lentamente calore verso i poli e la super-rotazione che trasporta rapidamente calore verso il lato notturno del pianeta. "Il nostro studio potrebbe aiutare a comprendere meglio i sistemi atmosferici negli esopianeti bloccati in rotazione sincrona, che presentano sempre la stella faccia rivolta verso la stella", conclude Horinouchi. Nell'immagine una visione di Venere in falsi colori basata sui dati nell'ultra- violetto della sonda Akatsuki. Da notare la distinzione tra le regioni tropicali più turbolente e le regioni polari più lisce e omogenee https://eurekalert.org/pub_releases/2020-04/hu-at042320.php |
Post n°2938 pubblicato il 18 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 19 APR 2020 LE ORIGINI DI 'OUMUAMUA Posted at 15:53h in Astronews, Comete, asteroidi e oggetti minori, Sistema Solare by Barbara Bubbi ShareSecondo un nuovo studio pubblicato su Nature Astronomy, 'Oumuamua, il misterioso oggetto giunto nel Sistema Solare percorrendo le oscure profondità dello spazio, si è formato quando un corpo celeste si è avvicinato troppo a una stella, finendo per essere distrutto dalle tremende forze mareali, nonchè ridotto a una serie di frammenti dalla forma allungata. Il 19 Ottobre 2017 il telescopio Pan-STARRS 1 alle Hawaii individuò un debole punto luminoso in moto attraverso il cielo. Inizialmente sembrava un tipico asteroide in movimento veloce, ma osservazioni aggiuntive hanno permesso di calcolare con accuratezza la sua orbita, rivelando al di là di ogni dubbio che questo oggetto non proveniva dall'interno del Sistema Solare, ma dallo spazio interstellare. Numerosi telescopi e osservatori di ogni parte del mondo hanno diretto lo sguardo verso l'enigmatico oggetto, avendo a disposizione solo qualche settimana per osservarlo. Dopo la scoperta di una piccola ma costante spinta che stava facendo sfrecciare 'Oumuamua al di fuori del Sistema Solare più velocemente del previsto, l'ipotesi iniziale che si trattasse di un asteroide era stata accantonata a favore dell'ipotesi che l'oggetto fosse invece una cometa. Alcuni si spinsero persino a ipotizzare che si trattasse di una sonda aliena. "È davvero un mistero", spiega ZHANG Yun, primo autore dello studio. "Ma alcuni segnali, come il colore e l'assenza di emissione radio sug- geriscono che 'Oumuamua sia un oggetto naturale". "Il nostro obiettivo è individuare uno scenario esaustivo, sulla base di princìpi fisici ben noti, per mettere insieme tutti gli indizi interessanti", aggiunge Douglas Lin, coautore dello studio. Si ritiene che il primo oggetto interstellare scoperto sia un oggetto ghiacciato, come le comete. In effetti, i corpi ghiacciati vengono costantemente espulsi dai loro sistemi planetari, ma dovrebbero essere molto più visibili grazie alla chioma luminosa. L'aspetto "secco" di 'Oumuamua, simile a quello degli asteroidi nel Sistema Solare, suggerisce un differente scenario di espulsione. "La scoperta di 'Oumuamua implica che la popolazione di oggetti interstellari rocciosi sia molto più ampia del previsto. In media, ogni sistema planetario potrebbe espellere un totale di circa centomila di miliardi di oggetti come 'Oumuamua. Dobbiamo ricostruire uno scenario molto differente", spiega Zhang. a basata sullo scenario previsto dallo studio Il team ha effettuato simulazioni a computer ad alta risoluzione per modellare le dinamiche di un corpo celeste che si avvicina troppo a una stella, scoprendo che la stella può frantumare l'oggetto in frammenti estremamente allungati, per poi provocarne l'espulsione nello spazio interstellare. "La forma allungata acquista un senso quando consideriamo la transizione di fase del materiale durante l'incontro con la stella. Il rapporto tra l'asse maggiore e minore può essere anche superiore a dieci", afferma Zhang. A causa dell'intensa radiazione stellare, le superfici dei frammenti si fondono a una distanza molto ravvicinata dalla stella e condensano nuovamente a grandi distanze. I materiali superficiali si assemblano insieme per mantenere una forma allungata. "La diffusione del calore consuma inoltre grandi quantità di elementi v olatili, pertanto i frammenti diventano aridi e acquistano una superficie simile a quella di 'Oumuamua. Tuttavia, parte del ghiaccio d'acqua puòconservarsi sepolto sotto la superficie e può provocare, durante il passaggio dell'oggetto attraverso il Sistema Solare, un moto lievemente differente rispetto a quello previsto dai soli effetti gravitazionali". "Lo scenario della frammentazione dovuta a forze mareali non spiega soltanto la formazione del singolo 'Oumuamua, ma prevede anche la nascita di una vasta popolazione di oggetti rocciosi interstellari",aggiunge Zhang. I calcoli dimostrano la possibilità che questo tipo di oggetti vengano prodotti a causa degli effetti mareali dovuti all'interazione con stelle. Durante incontri stellari, infatti, corpi celesti come comete di lungo periodo, detriti rocciosi e persino pianeti possono trasformarsi in oggetti simili al nostro primo visitatore interstellare. "Oumuamua rappresenta soltanto la cima dell'iceberg. Riteniamo che in futuro verranno scoperti molti altri visitatori interstellari con caratteristiche di questo genere", conclude Douglas Lin dell'University of California, tra gli autori dello studio. Nell'immagine rappresentazione artistica di oggetti simili a 'Oumuamua https://eurekalert.org/pub_releases/2020-04/caos-oot041220.php |
Post n°2937 pubblicato il 18 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet
17 APR 2020 STELLE COME RUBINI NEL SERPENTE Posted at 08:15h in Immagini, Immagini top, Nebulose, Spitzer, Stelle by Barbara Bubbi Share Stelle neonate risplendono orgogliosamente in questa immagine mozzafiato della regione di formazione stellare del Serpente. Nella ripresa in luce infrarossa dal telescopio Spitzer, catturano particolarmente lo sguardo molteplici puntini rosa acceso, in realtà baby-stelle, ancora avvolte nelle nubi cosmiche di gas e polveri da cui si sono formate. Un disco polveroso di detriti, in cui probabilmente nasceranno nuovi pianeti, circonda le stelle infanti. I filamenti verdi che percorrono l'immagine indicano la presenza nelle polveri cosmiche di molecole organiche ricche di carbonio, chiamate idrocarburi policiclici aromatici, mentre i punti blu sparsi nella ripresa sono stelle luminose della Via Lattea. La pittorica regione di formazione stellare si trova a circa 840 anni luce di distanza dalla Terra, nella Costellazione del Serpente. Credit NASA/JPL-Caltech/L. Cieza (University of Texas at Austin) http://www.spitzer.caltech.edu/images/2189- sig06-026-Seeing-Stars-in-Serpens. |
Post n°2936 pubblicato il 18 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet 19 APR 2020 ONDE D'URTO PER ILLUMINARE LA NOVA Posted at 15:30h in Astronews, Supernove e Novae by Barbara Bubbi SharUn team internazionale di astronomi ha scoperto che i fronti d'urto generati dallo scontro tra il materiale espulso in fasi successive da una stella esplosa provocano gran parte della straordinaria emissione luminosa delle novae. Lo studio, riguardante l'analisi della brillante nova V906 Car, situata a 13.000 anni luce da noi nella Costellazione della Carena, è pubblicato su Nature Astronomy. Una nova è un'esplosione sulla superficie di una stella, in grado di produrre una tale energia da aumentare di milioni di volte la luminosità della stella stessa . Simili eventi accadono quando una nana bianca strappa via materiale da una stella compagna, fino a raggiungere un limite di massa acquisita tale da innescare un'esplosione termonucleare. Per molti anni gli scienziati hanno ipotizzato che le reazioni innescate sulla superficie della nana bianca alimentassero direttamente tutta la luce dell'esplosione, ma recentemente si è preso in considerazione un altro fattore fondamentale: la creazione di fronti d'urto che si propagano nel materiale in espansione. "Questo è un nuovo modo per comprendere l'origine della luminosità delle novae e di altre esplosioni stellari", spiega Elias Aydi della Michigan State University, a guida dello studio. "La nostra scoperta rappresenta la prima evidenza osservativa diretta del fatto che l'onda d'urto gioca un ruolo primario nell'alimentare simili eventi". Il materiale viene espulso dalla nana bianca in fasi consecutive e con velocità differenti, in modo che la materia collide co n gas già espulso in precedenza, creando onde d'urto che riscaldano il materiale: grazie a questo processo viene prodotta gran parte della luminosità visibile della nova. Ma un altro effetto di questi fronti d'urto è la produzione di raggi gamma, il tipo di radiazione elettromagnetica ad energia più elevata. Gli astronomi hanno rilevato brillante radiazione gamma emessa dalla stella nota come V906 Carinae, la cui esplosione è stata individuata per la prima volta nel Marzo 2018 nella Costellazione della Carena. Gli scienziati, utilizzando il telescopio Fermi della NASA, hanno dimostrato che V906 Car ha prodotto i raggi gamma più brillanti mai osservati per una nova. Per un caso fortuito, la costellazione di nanosatelliti Brite, osservava il cielo in luce visibile proprio nella direzione della nova individuata da Fermi. Questa coincidenza ha permesso ai ricercatori di confrontare i dati ottici con quelli nei raggi gamma, scoprendo che ogni volta che era presente una fluttuazione nei raggi gamma, fluttuava allo stesso modo anche la luce visibile emessa. "Abbiamo osservato fluttuazioni simultanee sia nella luminosità ottica che nei raggi gamma, a dimostrazione che entrambi le emissioni erano originate da onde d'urto", spiega Kirill Sokolovsky, coautore dello studio. "Questo ci ha portati a concludere che i fronti d'urto sono responsabili di gran parte della luminosità dell'evento". Le nuove scoperte possono aiutare gli astronomi a spiegare come vengano generate brillanti esplosioni di luce anche durante altri eventi stellari, come supernove e fusioni tra stelle. Nell'immagine V906 Carinae, evidenziata da un cerchietto, raggiunge la sua luminosità di picco nel Marzo 2018. La nube gassosa fa parte della Nebulosa della Carena https://eurekalert.org/pub_releases/2020-04/msu-stl040920.php |
Post n°2935 pubblicato il 18 Maggio 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Farfalla rara al Giardino di Ninfa: ha fatto 10mila km di viaggioLa farfalla avvistata nel Giardino di Ninfa, rara in queste zone, è un esemplare rosso e nero di Nymphalis atalanta che ha percorso diecimila chilometri Un viaggio migratorio di diecimila chilometri. A compierlo è stata una farfalla avvistata nello splendido Giardino di Ninfa di Cisterna di Latina. Se l'emergenza Coronavirus non permette ai visitatori di godere, dal vivo, di questo incantevole monumento naturale che il New York Times ha definito il giardino "più bello del mondo e romantico del mondo", la natura non si arresta e continua a sorprendere. La farfalla, rara in queste zone, è un esemplare rosso e nero di Nymphalis atalanta, che solitamente dall'America meridionale o dall'Africa si dirige verso il Nord Europa. Questa primavera, invece, la Nymphalis atalanta è approdata nel famoso giardino all'inglese di Cisterna di Latina, che si estende su un'area di circa otto ettari e ospita al suo interno oltre un migliaio di piante, circondate da numerosi ruscelli e dal fiume Ninfa. Quando è stata immortalata dall'obiettivo, la farfalla dai colori rosso e nero era poggiata su uno Stachyurus praecox, un arbusto della famiglia delle Stachyuraceae, originario del Giappone. Per Antonella Ponsillo, direttrice del Giardino di Ninfa è stata una bellissima sorpresa, dato che un esemplare così non si vedeva da tempo in questi luoghi. Oltre alla particolarissima Nymphalis atalanta questa primavera ha riportato nel giardino realizzato sui ruderi della scomparsa città medievale di Ninfa anche tantissime api, il cui ronzio si può ascoltare in tutto il parco. Il Giardino di Ninfa avrebbe dovuto riaprire i battenti a marzo. Purtroppo, però, questa primavera, l'epidemia di Coronavirus ha impedito ai visitatori di godere delle meraviglie di questo monumento naturale a pochi chilometri da Roma. La Fondazione Roffredo Caetani, che si occupa della gestione del monumento naturale, sta studiando un modo per riaprire al pubblico il giardino, quando l'emergenza sarà rientrata, facendo delle simulazioni con ingressi distanziati. Nel frattempo, la Fondazione ha realizzato un video attraverso il quale, la direttrice del Giardino di Ninfa, Antonella Ponsillo, accompagna i visitatori virtuali tra le rovine della città medievale, mostrando le prime fioriture delle piante provenienti da ogni angolo del mondo e che crescono rigogliose grazie al particolare microclima della zona. Proprio quest'anno, il Giardino di Ninfa ha festeggiato il suo centenario il primo giorno di primavera, con una visita speciale online, disponibile sul canale YouTube della Fondazione Roffredo Caetani e sulla pagina Instagram del Giardino di Ninfa. Tramite i tour virtuali, gli utenti potranno inoltre scoprire l'antica città di Ninfa, con contenuti inediti che mostrano le rovine delle chiese negli angoli conosciuti e in quelli più nascosti del giardino più romantico del mondo. |
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