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A Cesare Pavese confinato in Calabria

Post n°254 pubblicato il 09 Maggio 2009 da ditz

A te Pavese,

che hai pizzicato la corda in culo al mondo

e la corda in culo al mondo

ha risuonato cupa il verso nero

del mare lento.

Ti sei rotta in due la schiena, Pavese, a tradurre gli americani:

c' hai vinto il premio di un viaggio al confino.

Le Langhe che suono hanno, che suono fanno?

Le Langhe lo battono il tempo del mare nero, del male dentro?

Al confino, al confino. Coi libri dentro alla giacca

hai alzato gli occhi che ti erano rimasti tristi

nonostante il nome fiero. Non so se ti ricordi

di Tito tra i Cesari il più bello. Non so se ti ricordi

di Svetonio che scrive la vita di Tito. E Tito che fa?  Rivive,  sopravanza.

Ci resta la speranza d'un fiato di parole. Oltre la porta

c'è una stanza dove s'annida il nero. Lontano resta il bisbiglio

di uomini in dialetto e passi lenti. Li senti, Cesare Pavese?

C'hai acceso gli orizzonti coi tuoi racconti, e le parole in fila ai versi lunghi.

Eri a Brancaleone per un errore. Ti sei trafitto gli occhi con tutto quel nero davanti.

Tanto che manco lo guardavi, il mare.

Te ne sei andato dal barbaglio accecante delle Langhe,

dai bianchi soffocanti delle nebbie per aver parlato con Ginzburg, con Spinelli.

Il confine è qui: pullula di mare. Di notte si sveste e cresce

con l'amore della luna. Senza falò, per pudore. Così nessuno li vede.

Te ne sei andato, Cesare Pavese, insieme a quelli come te: il nero

s'impiglia sempre dentro a un non so che, Pavese.

 Il millenovecentotrentacinque, Cesare, è stato lungo

e lento, a Brancaleone. A partire dall'estate e forse non è più finito.

Hai letto, quell'anno? hai scritto, Pavese? quanto t'è durato? i calabresi

c'hanno provato ad allietartelo. Ma niente. Il tedio prende sempre il sopravvento,

Cesare.

Lo spleen t'ha arrovellato. Ha bruciato fino al condono. E te ne sei tornato

alla tua terra. Un tuo amico, Davide Lajolo,  t'ha ricordato nel Vizio assurdo.

C'hai portato a spasso con Dos Passos, Pavese. Niente pettegolezzi, come c'hai

lasciato scritto sull'ultimo pezzetto di carta. Quella notte d'agosto del

millenovecentocinquanta. Una bustina di sonnifero di troppo, per terra.

 
 
 
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È RIDICOLO CREDERE

È ridicolo credere
che gli uomini di domani
possano essere uomini,
ridicolo pensare
che la scimmia sperasse
di camminare un giorno
su due zampe

é ridicolo
ipotecare il tempo
e lo è altrettanto
immaginare un tempo
suddiviso in piú tempi

e piú che mai
supporre che qualcosa
esista
fuori dall'esistibile,
il solo che si guarda
dall'esistere.



(Eugenio Montale, Satura; Satura II)

 
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TAMARA

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PARANOID ANDROID - RADIOHEAD

Please could you stop the noise
I'm trying to get some rest?
From all the unborn chicken voices in my head
What's that, what's that

When I am king you will be first against the wall
With your opinion which is of no consequence at all
What's that, what's that

Ambition makes you look pretty ugly
Kicking squealing gucci little piggy

You don't remember, you don't remember,
why don't you remember my name
Off with his head man, off with his head man
Why don't you remember my name?
I guess he does

Rain down, rain down, come on rain down on me
From a great height, from a great height, height
Rain down, rain down, come on rain down on me
From a great height, from a great height, height

That's it sir, you're leaving,
the crackle of pig skin,
the dust and the screaming
The yuppies networking
the panic, the vomit,
the panic, the vomit
God loves his children,
God loves his children, yeah

 
 

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