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Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 14 Agosto 2006 da frapeace
 

…cum tucte le Tue creature…

      Vi è mai capitato di visitare la Cappella Sistina ed essere avvolti dall’atmosfera che la spettacolare opera di Michelangelo dona a quel luogo? Vi posso assicurare che lo stupore riempie gli occhi e il cuore… una esperienza così dovrebbero viverla tutti. Certo se ancora oggi possiamo godere di questo "miracolo" lo dobbiamo a chi, durante tutti questi secoli, ha contribuito a preservare l’affresco dai pericoli a cui tutto ciò che non è eterno resta esposto.

      Questo stesso stupore deve aver dimorato in noi quando, da bambini, ci meravigliavamo di tutto ciò che di nuovo capitava sotto i nostri occhi… già… Senz’altro, la prima grande opera che abbiamo ammirato, era quello che ci circondava e avvolgeva come l’abbraccio di una immensa madre: la Creazione. Senza saperlo eravamo grandi ammiratori di Dio e delle sue opere, lo lodavamo con indecifrabili balbettii ogni volta che la gioia di una nuova scoperta ci invadeva.

       Ma molti di noi, troppi, hanno dimenticato questa sana ammirazione. Con il tempo il mondo cessa di stupirci, i nostri occhi cercano altro, i nostri desideri vanno altrove, fino al punto che la più grande opera esistente (il Creato) diventa una banalità o peggio, qualcosa che serve esclusivamente ad esaudire i nostri desideri. Rischia cosi di essere non più ciò che “sustencta” la nostra esistenza ma quello che dobbiamo usare per saziare le nostre più superflue ( spesso anche dannose) brame.

       Chi ha scritto il “Cantico di frate Sole” aveva sicuramente recuperato l’antico stupore. I santi, infatti, hanno la straordinaria capacità di mantenere vivo tutto ciò che fa dei bambini i prediletti del Signore. San Francesco da vero amante e seguace dell’Altissimo aveva ben presente l’importanza e La bellezza dell’opera di Dio. Gli occhi puri del santo di Assisi non si lasciavano ingannare da ciò che getta sgomento e affanno nei cuori degli uomini. La serenità di un cielo limpido, l’amenità di un prato fiorito assieme alla morte, la sofferenza e persino il peccato, tutto trova un posto nell’opera divina, tutto è destinato ad essere ricapitolato in Cristo ( cfr. Col 1,16 ).

       Francesco non vedeva contraddizioni nella creazione (un risultato che stato raggiunto da pochi) egli aveva trovato la chiave di lettura, il “La” a cui le armonie cosmiche fanno riferimento, il principio ordinatore: L’Amore. La risposta semplice ed ardua, costante, mai sbagliata che i veri servi di Dio (ovvero i suoi più fedeli imitatori) danno all’esistenza di tutto e tutti.

        Non si rischia di divinizzare la natura amandola, se si ha un chiaro concetto dell’amore              ( cfr .1Cor 13, 1-13). Avendo imparato la difficile arte della Carità, Francesco non si preoccupava di razionarla (come se troppa facesse male), non aveva problemi ad effondere la sua tenerezza anche sulle creature più semplici e comuni. “Ama e fa quello che vuoi” ( S. Agostino ) non penso affatto esagerato pensare che Francesco è stato l’uomo che è riuscito ad incarnare questa storica frase.

        Le fonti traboccano di episodi che confermano l’amore che questi aveva per l’opera di colui che amava sopra ogni altra cosa. L’esempio più famoso, direttamente tramandato da lui, è di certo il Cantico di frate Sole, ritenuto una delle testimonianze più antiche della nostra lingua. “ Laudato sii mi Signore cum tucte le tue creature”: questa breve citazione basta a rivelare quanto fosse importante per il padre serafico non scindere l’amante (Dio) dall’amato (la Creazione). Chi ama Dio, lo ribadisco, non può che amare le sue opere e fra queste più di tutte la creatura per la quale non ha esitato a dare Suo Figlio: l’uomo. Ma se la maggior dignità dell’uomo appare palese alla nostra cultura (almeno a parole) ciò non si può affermare per ciò che riguarda il resto dell’opera divina. Anche in ciò Francesco ci fa da battistrada. A questo proposito vorrei condividere con voi questa testimonianza tratta dalla “Vita prima” di  Tommaso da Celano (frate minore, 1190-1260 ca.) :

          “La sua Carità con cuore di fratello non si solo agli uomini provati dal bisogno ma anche agli animali senza favella, ai rettili, agli uccelli , a tutte le creature sensibili   e insensibili (cfr. FF 455)” .

           Non penso servano ulteriori commenti, certo potremmo trovare, a conferma di questa tesi, citazioni bibliche a non finire  ma lo scopo che mi ha spinto a scrivere questo piccolo lavoro era solo quello di suscitare una sana e benefica riflessione.

           Concludendo vorrei proporvi un ultima riflessione: all’inizio della nostro percorso abbiamo esordito con una constatazione: non potremmo godere delle opere prodotte dai maestri di altri secoli se non fosse per chi se ne prende cura… Permettete una domanda: ci stiamo occupando abbastanza dell’opera che Dio ci ha affidato perchè anche le generazioni future possono goderne?

Fra Umberto Pacifico Panipucci

 

 

 

 

 

 
 
 
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Data di creazione: 20/07/2006
 

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