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L'etica del mondo d'oggi

Post n°47 pubblicato il 25 Marzo 2007 da giornalewolf
 

di Clementina Gily

Nel numero di Wolf di marzo pubblichiamo un interessante articolo di Magda Tomei, della Fondazione Internazionale Lelio Basso, che raccomandiamo in modo speciale ai lettori.Il numero del Giornale di Filosofia è dedicato per intero al mondo dei media e delle sperimentazioni.

Scalfari nel mese di marzo è tornato a titolare i suoi interventi sulla Repubblica ai temi dell’etica: cominciando dal tema più scottante degli ultimi tempi, la presenza interventista dei cattolici sul relativismo, che prende spunto dall’idea di famiglia. E’ in corso una serrata degli schieramenti sul tema, generato dalla forse inopportuna – politicamente -  battaglia all’ultimo sangue sui Pacs/Dico.

Inopportuna perché la politica è questione di tempi, di scelte adeguate – una battaglia, che non è nemmeno prioritaria per la maggior parte dei cittadini di sinistra, da due mesi rende insopportabile la contesa politica, facendo emergere il peggio di tutti. Non conviene entrare nella polemica, ma francamente l’Italia sembra avere ben altri problemi, la sinistra sembra avere ben altri valori. Il valore della libertà, che è l’unico condiviso presente nella questione, ha ben altri nodi da risolvere che non la questione delle coppie non legali. Non sembra che l’etica della sinistra possa trovare in simili battaglie la propria configurazione.

Quel che non è condivisibile nell’etica della sinistra non è l’illuminismo di fondo: Scalfari nel suo articolo è animato dallo spirito di Voltaire, e tuona contro l’accusa di relativismo. E’ ideologia di parte della sinistra; perché l’ex marxista non so fino a che punto possa ritrovarsi in questa battaglia, che trova concordi gli azionisti in pectore - che sono sempre stati pochi e divisi. L’etica politica non è un decalogo che arriva da un profeta; è una scelta condivisa e democratica: non è esattamente questione di numeri ma conta quanta parte del popolo ne è convinto.

Quel che soprattutto non è condivisibile è che a duecento anni di distanza dall’Illuminismo le etiche laiche siano ancora così balbettanti e incapaci di reggere il confronto con le etiche religiose.

Questo va detto, questo va pensato, da chi divide i valori dell’Illuminismo ma a questo punto deve, proprio deve, farsi delle domande e darsi delle risposte. Di fronte all’evoluzione della storia l’autocritica era giusta, come idea, pur se è stata meschinamente adoperata. L’uomo se si dice ateo e non religioso dovrebbe evitare di deificare, in sostituzione, opinioni largamente sconfitte dalla storia: come questa dell’etica laica.

La risposta va argomentata con calma, ma anche in poco spazio si può ricordare che non sono certo mancate figure grandi, nell’etica laica, grandi quanto incapaci di ascolto. Non è Jonas, io credo, il paladino, benché la sinistra sia l’unico che pone sulla bandiera, non è Jonas perché il mondo tecnologico non può porsi le questioni della bioetica e della corsa agli armamenti sulla base del principio della responsabilità: sarebbe come se la Chiesa ad ogni passo rimandasse al decalogo: mentre tutto il suo lavoro di comunicazione dal decalogo scende ogni volta al mondo d’oggi, percorre le strade molteplici che danno problemi alle soluzioni semplicistiche. La responsabilità verso le future generazioni è un tema condivisibile, ma alquanto ovvio.

E poi se davvero la sinistra ci credesse, davvero rischierebbe di far naufragare il governo su generazioni che non dovranno nascere, perché le coppie devono scegliersi e costituirsi in modo indipendente dalla procreazione responsabile? Quale è la prima responsabilità verso le future generazioni, se non di far nascere anche bambini europei, eredi della cultura illuministica come di tanti sforzi di civiltà? Siamo sicuri che il sistema pedagogico islamico sia tanto migliore del nostro, visto che le loro famiglie continuano ad esistere e le nostre crollano? Non ci si nasconda dietro la nuova ondata rosa: non sono le donne ad aver messo in crisi le famiglie, è l’egocentrismo, come sempre, che le donne non riuscivano a difendere nemmeno quando erano il secondo sesso. Figurarsi oggi che sono il terzo.

Una posizione bellissima quanto inascoltata è quella di Bloch, che ne Il principio speranza operava una traduzione splendida del fondamento di ogni valore nella speranza, recuperandone l’importanza in senso laico. Perché è il futuro vero, non quello della responsabilità dei lacci che ci stringono alla poltrona e ci impediscono di fare quello che vorremmo se potessimo.

La speranza è la musica del futuro che si intravede e che circonda il presente di alacrità, è il sorriso di chi parla convinto di poter realizzare cose, perché esse derivano da quel che vede e capisce, più che dalla propria personale volontà di potere quel che vuole. Bloch ha proprio questo tono che stiamo cercando di rendere, messianico, di una religiosità che  di chiunque non si ponga contro il modno, come spesso l’Illumisnismo tende a fare. Invece, è parola morta. Certo, il marxismo difficilmente poteva accettare queste posizioni. Ma oggi non c’è più.

Perché l’Illuminismo di Voltaire aveva ragione e ragionissima ad essere contro; senza la Rivoluzione, difficilmente un rivolgimento di quel genera poteva accadere (e comunque la rivoluzione non è come immagine Voltaire ma Robespierre e ricordiamolo sempre). Ma quando l’Illuminismo è ormai in tutti i libri di storia, non c’è filosofo che non si ricordi di Kant e del Sapere Aude: a che servono le filippiche? Credo sarebbe meglio pensare un po’ in silenzio, e ricordare quante volte si sono messi i silenziatori sulle voci migliori.

E bisognerebbe evitare che oggi, alla ricerca disperata di idee, si vada a cascare su quelli che i marxisti continuano a ricordarsi molto meglio degli eroi del pensiero, che le cose giuste le hanno dette tutte, e sono in genere finiti male. O, almeno, inascoltati. 

  

 

 

 

 

 

 
 
 
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