GIORNALE WOLF

Editoriale

 Numero pasquale questo, grazie soprattutto agli articoli di Francesco Grana, che ha pensato a Papa Benedetto, ma non ha dimenticato Papa Giovanni Paolo né le attuali polemiche in tema di religione nella nostra società. Prepara inoltre un importante incontro sull’etica della comunicazione per maggio, il manifesto è nell’Agenda Culturale del nostro blog all’indirizzo http://blog.libero.it/giornalewolf o potete visionarlo cliccando sull’indirizzo a margine
http://digilander.libero.it/giornalewolf/incontrosulleticadellaacomunicazione.pdf.

Per iniziare un discorso sul tema, Wolf pubblica un brano di una tesi sullo scoutismo – un fenomeno centrale nella comunicazione dei popoli da cent’anni a questa parte. S’è tanto parlato di cristianesimo e stato laico nei quotidiani talk show d’informazione che francamente viene voglia solo di tacere. S’è detto tutto ed il contrario di tutto, anche se mi pare che Cavour non sia mai stato nominato: ma - non essendo ubiqua - né dotata di molte televisioni - né comunque capace di sopportarle troppo – probabilmente sarà anche stato citato. Non sarebbe grave comunque la mancanza, tanti laici sono stati presenti e citati ad esempio da Ferrara. Che è e rimane agli occhi di chi parla il fenomeno più sconcertante di tutti, l’indefinibile ircocervo che non so perché – sarà la vastità - a volte ricorda i mille occhi e volti del Leviatano. Benché il suo potere non sia del tipo di quello del mostro di Hobbes. Forse. La verità è che l’editoriale si scrive stavolta per restaurare l’equilibrio bipartisan della redazione di Wolf, che comprende collaboratori alieni ai problemi di religione: dunque, è volto a correggere la dovizia pasquale di articoli su temi religiosi, che non si son voluti rimandare ad altro numero proprio per celebrare a modo nostro il tempo di uova e riflessioni - a modo nostro cioè serio nonostante l’umorismo di fondo – perché le riflessioni di Francesco Antonio sono seriamente pensate e perciò vengono proposte. Visto che il giorno di Pasqua s’è celebrato con una decapitazione, il numero che segue la Pasqua vuole essere una preghiera per la pace.
Qualche parola dunque va detta su questa presenza della CEI così interventista nei fatti dello Stato Italiano, l’unico in cui abbia davvero voce in capitolo, visto che tanto la cattolicissima Spagna quanto le altre nazioni di qua e di là dell’Atlantico paiono meno sensibili. Ed è cosa che un liberale non può accettare, per quanto annacquato o arrossato sia il suo sangue. Suggerimenti sì, intromissioni no, specie quando sia proprio l’8%, amministrato dalla CEI a consentirne l’eco. Si deve dire ciò, se ci si muove da un ambito laico: ma spiace di doverlo dire. Perché sicuramente la CEI ha interpretato il pensiero degli Italiani meglio dei politici. Basta andare per strada e parlare con la gente. C’è in giro molta più intolleranza verso il gay pride (inteso non come manifestazione ma come affermazione di sé) che in passato: la gente non capisce bene perché sia più importante della legge elettorale o della questione del conflitto d’interessi. Anche senza andare a pensare alla fame nel mondo, ci sono problemi molto più urgenti su cui rischiare la coalizione di governo. Quindi, molti dicono, meglio chi pensa che la fame nel mondo sia un problema più urgente delle famiglie speciali. I nostri giovani, anche etero, stentano talmente a mettere su famiglia! Questo stereotipato bisogno alla Elton John di matrimonio è davvero un fatto etico? O si tratta del solito dis-play, dell’esibirsi senza rischiare (disp-play è il contrario di play, nel gioco si rischia, nel display si fa mostra di rischiare). Non mi si accusi di intolleranza – queste cose le sento dire dal giornalaio, al bar, nell’autobus (senza parlare di dis-play, beninteso, di quello mi assumo piena responsabilità).
E una volta di più penso ai nostri poveri politici, isolati nelle auto blu, che non godono di queste libertà consentite a noi poveri ignoti, che sappiamo come la pensa la gente.
Clementina Gily