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Sardegna, una storia vera - seconda parte

Post n°596 pubblicato il 05 Febbraio 2015 da chiaracomeilsole1

La storia che viene narrata è un gentile dono di sagredo58, un blogger che io leggo sempre volentieri, anche se non abbiamo sempre lo stesso punto di vista. La riporto qui fedelmente e la potrete trovare identica nel suo blog in una serie di post su ignoranza e intelligenza: http://blog.libero.it/sognidigitali/11139784.html.

L'ufficiale s'infuria parlottando tra sé e sé, non si può cantare facendo la guardia, d'improvviso si rivolge al caporale che lo segue per chiedergli chi monta di guardia sull'ultima altana, il soldato Delogu di Bonorva paesino vicino, a nord di Macomer.

L'avvicinamento ad un'altana prevede un rituale complesso e rigidamente codificato dalle procedure militari. La guardia dell'altana all'approssimarsi di chiunque deve intimare l'altolà; chiedere chi si avvicina, chivalà; imporre a chi si è dichiarato di avanzare lentamente in un luogo illuminato presso l'altana per verificare l'identificazione fornita. Se qualcosa non funziona bisogna sparare un primo colpo in aria a scopo intimidatorio e poi sparare a chi si avvicina.

Il soldato Delogu poeta cantando a piena voce e questo chissà dove lo porta! Certamente lontano dall'altana, dall'ufficiale sempre più incazzato, dagli altri soldati divertiti dal canto ed ignari dei suoi significati.

Il soldato Delogu non è simpatico a molti, gli occupanti della sua camerata sono tutti concordi nel dire che puzza perché si lava poco. Tipo taciturno, se parla è solo in dialetto strettissimo. Dichiara un'improbabile seconda elementare, il cui unico retaggio è una firma incerta e vacillante. Prima del militare faceva il pastore.

Le ragioni per essere un emarginato continuamente deriso nella caserma ci sono tutte, poco simpatico, ignorante, comunicazione inesistente, puzzolente, fortemente individualista.

L'ufficiale ormai corre, urlando a Delogu come un forsennato, di smettere di cantare. La procedura di avvicinamento è saltata ed il caporale rimane astutamente indietro con i soldati ridacchianti, per evitare eventuali pallottole dovute ad un recupero in extremis dei doveri di guardia di Delogu.

L'ufficiale, pistola sguainata nella destra, torcia nella sinistra, mani sui fianchi, è sotto l'altana, illuminato da una pallida lampadina; ancora urla furioso, concitato a viso in aria, verso la siluette, ora perfettamente visibile, del soldato sull'altana.

Delogu ancora canta, impossibile che non si sia accorto dell'ufficiale e dei suoi strilli. I soldati si tengono riparati tra gli alberi, fuori dalla vista del tenente, stravaccati per terra a crepare dalle risate per la situazione, per l'immaginabile punizione che si prospetta per l'antipatico Delogu, per la prova di totale stupidaggine da costui prodotta e, senza ritegno alcuno, esibita.

Il parossismo del tenente Cossu lo porta a continuare ad urlare in sardo verso l'altana.

All'improvviso il canto finisce.

Il tenente continua ad urlare, forse non si è accorto che Delogu si è azzittito.

Il soldato Delogu si affaccia dall'altana e dice di star per scendere. Il tenente si azzittisce improvviso, i soldati corrono verso lo spiazzo dell'altana cercando di ricomporsi e di rimanere seri per godersi il cinico spettacolo della punizione di uno di loro.

Il tenente strappa il fucile ancora carico a Delogu e lo affida al caporale che lo disarma, rinfodera la pistola, getta la torcia a terra, ed afferrato Delogu per il bavero lo scrolla ancora urlando in sardo.

Il soldato Delogu è inerte, un sacco scosso dal tenente, silente. Quando il tenente finalmente stanco e bisognoso di riprendere fiato, probabilmente per poter continuare ad urlare, si azzittisce e gli lascia il bavero della mimetica, in quel preciso momento il soldato Delogu inizia a parlare.

Parla lento Delogu, inarrestabile, ancora, come sempre, in dialetto, ma piano, staccando le parole tanto che diviene facile da capire anche per gli altri soldati oltre che per il tenente sardo.

Signor Tenente io sono sardo come Voi. Tengo una moglie e due figli come Voi.

Ma io al contrario di Voi non ho scelto di fare il soldato.

Io, a differenza di Voi che siete di Sassari, vivo a Bonorva dove faccio il servo pastore, a padrone, perché non ho terra mia, perché sono ignorante.

Se a Voi viene nostalgia della famiglia che fate? Scrivete una lettera, telefonate.

Io a differenza di Voi non so scrivere, non tengo soldi, nemmeno i soldi per telefonare a moglie e figli.

L'unico modo per sentirmi in famiglia e così rincuorarmi è quello di cantare, cantare per mia moglie e per i miei figli come se fossero qui con me sull'altana.

Allora solo in questo modo riesco a sfuggire al freddo ed alla mancanza della giacca a vento per ufficiali che Voi portate, al vento che si insinua nelle ossa e mi spacca le mani, alla solitudine della guardia, al servizio militare che mi strappa alla famiglia e così me la rende ancora più povera di quanto già non fosse.

Signor Tenente, avete sentito come canto, come mi appassiono, come posso smettere di cantare su quella schifezza di altana?

Io canterò, ogni volta che sarò solo, perché non si telefona alla moglie in pubblico! Io canterò ogni volta che sarò sull'altana perché la notte lassù non passa mai!

Signor Tenente, io non lo faccio apposta è che mi serve, capitemi!

I soldati ammutoliti, irrigiditi in un attenti mai ordinato, nessuno ride più.

Il Tenente Cossu rimane in silenzio, raccoglie la lampada da terra, esegue un perfetto dietrofront, dispone che il manipolo di soldati si raccolga e si allinei con Delogu in coda e sempre a passo concitato dirige il gruppo verso il corpo di guardia.

Dopo quella notte Delogu è rimasto antipatico a molti, certamente ha continuato a puzzare, ha perseverato a cantare sull'altana.

Sempre sull'ultima altana in modo che solo l'ufficiale di picchetto, e non il Colonnello comandante della caserma, potesse accorgersi dei suoi improvvisati e sempre cangianti mutos di Bonorva così caratterizzati dal puntiglio metrico compositivo espresso da quel povero servo pastore.

Nessuno ha più osato ridere alle sue spalle.

Tutti nell'incontrarlo hanno continuato a riconoscere l'estrema ed assoluta dignità umana e morale mostrata nell'unico discorso, intellegibile anche ai continentali, che abbia mai fatto in quel lungo anno di caserma lontano dalla famiglia.

Aggiungerei anche che quegli incomprensibili ed ipnotici canti sono espressione di una profondità culturale e di una sensibilità inespressa dal suo povero titolo di studio.

Il soldato Delogu è una persona ignorante molto intelligente, ha saputo pienamente dimostrarlo, a lui va il mio rispetto e la mia stima ancora dopo tutti questi anni.

 

                                                      Grazie Sagredo, o meglio, Grazie Marco.  Chiara


 

 
 
 
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" Siamo pervase dalla nostalgia per l'antica natura selvaggia. Pochi sono gli antidoti autorizzati a questo struggimento. Ci hanno insegnato a vergognarci di un simile desiderio. Ci siamo lasciate crescere i capelli e li abbiamo usati per nascondere i sentimenti. Ma l'ombra della Donna Selvaggia ancora si appiatta dietro di noi, nei nostri giorni, nelle nostre notti. Ovunque e sempre, l'ombra che ci trotterella dietro va indubbiamente a quattro zampe"

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