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Klimt, il bacio

 

 

Esiste il rapporto sessuale?

È la domanda che si pone Massimo Recalcati nella sua ultima opera dal titolo Esiste il rapporto sessuale? Nel sesso cioè esiste davvero un rapporto? Le due sessualità maschile e femminile riescono davvero ad incontrarsi e a capirsi? Le due individualità giungono ad aprirsi ed unirsi all'altro?

Per rispondere a questa domanda l'autore affronta il tema del godimento, che è tipico dell'essere umano il quale, svincolato dall'istinto, che invece regola il comportamento animale, vede la sessualità fortemente condizionata dall'infanzia, dalle esperienze vissute, dall'educazione ricevuta, dal linguaggio che, secondo Lacan, regola le relazioni umane e dà senso alla sessualità.

Nel linguaggio infatti è la chiave del desiderio ma anche della proibizione, che Freud chiamava castrazione, inconscia minaccia che pende sulla testa del bambino per sua natura polimorfo e perverso. In questo gioco di pulsioni, desideri, linguaggi e proibizioni, l'uomo vive tutti i drammi della sessualità da cui discendono i modi più disparati che deve cercare per trovare soddisfazione. Desiderio, fortemente condizionato dal linguaggio, e corporeità, dominata dalle pulsioni, non sempre infatti vanno d'accordo generando sintomi disfunzionali.

Sintomi che ci parlano del "fantasma" inconscio che accompagna e controlla la sessualità umana. Un fantasma che nasce nella prima infanzia e definisce la struttura stessa del comportamento sessuale e delle sue motivazioni. La presenza del fantasma è così importante che fa dire all'autore che non si è mai solo in due in un rapporto sessuale ma almeno in quattro, ognuno si porta dietro il suo fantasma.

Il fantasma è ciò che motiva Il Don Giovanni di De Molina orientato a fare sesso con più donne possibile allo scopo di spogliarle dell'immagine di perbenismo borghese o di religiosa di purezza e svelare la natura della donna come puro essere del godimento. Svelando in questo modo la natura stessa del sesso come ricerca di un godimento fine a se stesso slegato dall'amore e dalla morale.

Per il Casanova di Fellini ciò che motiva la sua seduzione è la sua lotta fantasmatica contro la morte, finché c'è godimento c'è vita e quindi non c'è morte.

Il fantasma, inoltre, determina il fallimento di un uomo, paziente dell'autore, abituato a frequentare delle escort ma, nel momento in cui si innamora di una di loro che lo ricambia ed è disposta a cambiare vita per lui, il suo "arnese" si inceppa, con l'innamoramento scatta l'idealizzazione della donna che diviene così irraggiungibile e proibita, il suo desiderio era legato all'anonima corporeità della sconosciuta e s'inceppa di fronte al nome della donna amata con cui sta cercando una relazione stabile.

Per l'altro grande mistero delle problematiche maschili quale l'eiacutio precox, sembra che la sua spiegazione sia a volte nel rifiuto inconscio di soddisfare la donna e vedere nel suo volto lo sconvolgimento che ne deriverebbe, oppure nel timore sotterraneo che lei possa cambiare e aumentare le sue pretese fino all'insostenibile o allo sconveniente, oppure ancora in una forte identificazione col femminile per cui appena lei accenna al godimento lui ne viene trascinato prima che il godimento dell'altra si esaurisca.

Nel profondo agiscono i "fantasmi" dell'infanzia che accompagnano la vita adulta, può essere l'immagine distorta della donna che oscilla tra la fata e la strega o il timore inconsapevole di scoprire in lei qualcosa di inaccettabile; agisce il linguaggio con cui il piacere femminile è stato rappresentato come forma di corruzione o di inganno, oppure la rappresentazione del piacere maschile come espressione dell'egoismo, del narcisismo, del potere o dello spirito stuprativo con cui spesso la sessualità maschile è rappresentata dai media e dal femminismo tossico divenuto vangelo.

Agisce ancora l'immagine della penetrazione come causa di maternità indesiderate, della doglia del parto o della morte per parto che spesso ha colpito la donna in tempi passati.

Macigni insopportabili caricati addosso fin dall'infanzia che continuano ad agire nell'inconscio agendo direttamente sul sistema nervoso e sfuggendo al controllo della volontà con il risultato di impedire il godimento cercato.

"L'infanzia insuperabile del sesso" è certamente il fulcro del testo di Recalcati, la sessualità adulta, egli scrive ispirandosi a Jaques Lacan, si struttura sul carattere polimorfo e autoerotico della sessualità infantile per cui la sessualità umana rimane svincolata dall'istinto animale legato alla riproduzione, è invece orientata al godimento per il godimento costruito dal linguaggio; la sessualità umana non è "naturale", non risponde ad automatismi istintuali e basta, è costruita e condizionata dal linguaggio che può esaltarne il godimento oppure proibirlo, ridurlo, disfunzionarlo.

LO SCENARIO FANTASMA

La sessualità infantile dunque condiziona quella adulta perché le fasi dello sviluppo sessuale: orale, anale e fallico dell'età pregenitale non muoiono con la fase genitale ma continuano ad esistere e condizionare la fase adulta attraverso l'attività fantasmatica che si è instaurata e nell'infanzia e sopravvive per tutta la vita.

L'attività del fantasma, secondo Lacan, ed il suo carattere autoerotico è responsabile della impossibilità di intima e profonda relazione tra i godimenti dei partner che rimarranno sempre estranei e sconosciuti gli uni agli altri, ciò che invece accade è che ognuno usi l'altro per il suo piacere.

Il corpo dell'altro, riferisce ancora l'autore, non è il vero oggetto del desiderio, si potrebbe perciò dire che non esista la donna oggetto o il toy boy, il corpo invece è causa del desiderio, è ciò che è deputato a scatenare il desiderio, che non è desiderio di un corpo ma possibilità di godimento, tensione e scarica.

LIBIDO E LINGUAGGIO

Nella visione lacaniana della psicanalisi, il linguaggio è la chiave di tutto ma la sua funzione non è tanto motivante del sesso quanto castratoria, l'angoscia freudiana di castrazione si traduce in Lacan in angoscia della proibizione attraverso il linguaggio. Attraverso cui, per esempio, agiscono le leggi, come la morale, le tradizioni o la narrazione.

Anche se la sessualità adulta si struttura su quella infantile, tuttavia, con la pubertà appare l'Altro, sorge il bisogno di essere ad un tempo desiderante e desiderato. Una crescita che però implica il "lutto", cioè la perdita dell'illusione infantile di essere al centro del mondo e di meritare comunque l'amore di tutti, diventare adulti invece, significa dare e accettare anche il rischio del rifiuto o dell'abbandono.

In un certo senso, per dirla in termini lacaniani, si tratta di non essere più il fallo (il cocco della mamma o il tesoro di papà), ma di avere un fallo, per i maschietti, e di poterlo usare con padronanza e cognizione di causa. Essere fallo significa essere amati e adorati a prescindere, avere un fallo significa amare, donare, agire, essere adulti.

La crescita implica il distacco dalle figure genitoriali, un processo non facile da cui possono derivare molti problemi quando si sono interiorizzate figure castranti, come è il caso della ragazza, altra paziente di Recalcati, che quando è innamorata vede il volto di sua madre durante l'amplesso tanto da rimanerne angosciata e dover interrompere il rapporto. L'attaccamento alla madre è talmente forte che non c'è posto per nessun altro.

Anche un'altra donna, cliente di Recalcati, molto focosa a letto ma non per un suo desiderio di godimento quanto per soddisfare il partner, trova la sua spiegazione nell'infanzia e in particolare nel rapporto col padre. Ricevere l'approvazione dell'Altro è il vero motore del suo comportamento, in altri termini l'immagine della donna caliente è il fantasma che accompagna la sua sessualità

Le parole assorbite nell'infanzia riemergono nell'età adulta condizionando la vita affettiva e sessuale, nelle parole vi è l'approvazione, l'accoglienza come anche la svalutazione, l'abbandono, il rifiuto, il tradimento... e tutto ciò che di positivo o negativo condiziona la vita affettiva del futuro adulto.

L'INESISTENZA DEL RAPPORTO SESSUALE

A parte tuttavia le difficoltà che ogni amante si porta dietro, ciò che determina l'inesistenza del rapporto sessuale, secondo Lacan, è la profonda differenza tra la sessualità maschile e quella femminile, in particolare, il godimento maschile è fallico, concentrato nel solo organo sessuale mentre quello femminile è illimitato, si diffonde su tutto il corpo, è più vicino all'esperienza mistica.

Un'illimitatezza che spaventa, che può spaventare l'uomo ma anche la donna che a volte vede nell'illimitatezza del suo orgasmo il rischio della follia. Recalcati arriva ad affermare, sulla base delle confessioni di alcune pazienti, che in molti casi l'anorgasmia dipenda dal timore di abbandonarsi ad un eccesso di godimento che sconfina nella follia, nel delirio, nella perdita del controllo di sé.

Questa profonda differenza tra le due sessualità determina, nella visione lacaniana, l'impossibilità di una vera interazione tra i sessi.

Un'altra differenza importante sembra dipendere in un presunto feticismo degli uomini di essere eccitati solo da qualcosa, da qualche parte del corpo femminile mentre per le donne è l'ossessione di sentirsi amate in modo unico ed esclusivo ciò che le tranquillizza e le predispone al rapporto e al godimento. La necessità della donna, inoltre, di rispondere alla fissità del feticismo maschile la costringe a giocare il ruolo della donna oggetto senza esserlo davvero, la riuscita del godimento femminile è tutta in questa capacità di godere fingendo il ruolo della maliarda o del puro corpo sessuale senza sentirsi tale e quindi senza sentirsi usata, la donna che non riesce a giocare questa partita incontra difficoltà a godere del rapporto sessuale. Di fronte alla difficoltà di "recitare" la parte dell'oggetto sessuale, la donna può scegliere per es. la via dell'isteria che, consiste nel farsi desiderare a discapito del godimento, accade così che la donna può raggiungere il godimento ma solo a condizione di non amare, se è innamorata si sentirebbe usata finendo così per rifiutare il rapporto con la persona amata. L'isterica ha il bisogno compulsivo di sedurre, di essere desiderata evitando però di innamorarsi e legarsi in maniera stabile.

Un'altra differenza interessante tra godimento maschile e femminile è legata al vedere, il feticismo maschile spesso si manifesta nel guardare il corpo della donna o un solo dettaglio mentre la donna è più facile che preferisca il buio come la condizione ideale per lasciarsi andare e abbandonarsi all'altro.

Ma forse la vera differenza sta nella "tirannia " del fallo, scrive ancora Recalcati,  la centralità del fallo si trasforma in tirannia, il suo funzionamento è causa di desiderio e di possibile soddisfazione per la donna ma il suo fallimento, che non è possibile nascondere con un falso godimento, diventa il fallimento dell'essere aggravato dal linguaggio che potrebbe definire l'uomo come impotente invece di dire che ha una disfunzione erettile, il passaggio dall'essere all'avere è fondamentale  nel determinare le conseguenze del linguaggio.

La donna invece può fingere, questa possibilità la salva dall'angoscia del fallimento e dall'ansia della prestazione, per lei il rapporto è sempre possibile (o così' dovrebbe essere) anche senza il godimento, lei piò farlo per amore o per dovere, per mestiere o per amicizia, per interesse o perché la situazione lo richiede e non può più tirarsi indietro senza fare una brutta figura...

Tirannia del fallo per gli uomini, libertà del corpo per la donna è un'altra delle grandi differenze per cui non sarà il sesso il luogo dell'unificazione tra maschile e femminile ma spesso invece può diventare il luogo della divisione e dell'incomprensione.

PERDERE I CONFINI

Se per alcuni la perdita dei confini nell'atto sessuale rappresenta la grande fobia per il timore della follia o di perdere se stessi e la propria identità, come disse una paziente dopo un rapporto fetish: "Non lo faremo più, ho paura di diventare un'altra", per altri è proprio quell'esperienza di perdersi che dà accesso alla pienezza del godimento, della gioia e dell'esaltazione dei sensi che Recalcati definisce vicina all'estasi.

Estasi infatti significa essere fuori da se stessi, come in uno stato ipnotico, in una condizione di stupore per il magnifico e il sublime, come nell'ispirazione artistica, nell'estasi dei mistici e degli asceti.

Una condizione che si raggiunge solo attraverso la perdita del controllo della coscienza, la consapevolezza talvolta tradisce controllo e diffidenza, in una parola paura dell'altro ma anche di se stessi perché la sessualità fa emergere tutte le proprie paure irrisolte. Paura della paura, dubbi sulla propria natura e sui propri sentimenti, sensazione spiacevole di essere usati e traditi, abbandonati e dimenticati. Si gioca col corpo dell'Altro ma anche col proprio, è messa in discussione la propria autostima, la propria accettazione di se stessi mentre si chiede all'Altro di essere accettati pienamente e dimenticare le proprie insicurezze.

Dubbi e insicurezza minano la capacità di lasciarsi andare al tripudio dei sensi e al pieno godimento di cui si sarebbe capaci.

Per quanto riguarda però il godimento femminile, sembra dire Recalcati, proprio perché eccessivo è anche il più temuto: "per la donna, la domanda che accompagna frequentemente la sua vita sessuale è se può veramente permettersi di perdersi nell'Altro, di rinunciare davvero al governo del suo corpo, di disfare il suo essere, la propria identità per raggiungere quella di un godimento senza limite senza però, al tempo stesso, diventare folle, senza perdersi davvero". (op. cit. pag. 183)

È meglio unirsi a chi si ama e si conosce - sembra chiedersi Recalcati - oppure lasciarsi andare ad appuntamenti al buio e concedersi a persone appena conosciute? Non c'è una regola fissa, il testo citato ci porta l'esempio di una donna che solo quando è innamorata può raggiungere il pieno abbandono ed esempi di donne invece che solo con persone anonime appena conosciute sentono profonda attrazione e provano godimenti eccessivi.

 C'è una soluzione? Ci chiediamo noi dopo la lettura di un testo che non sembra proporre soluzioni.

Intanto, forse, nell'attesa di pillole magiche per tutti problemi legati al corpo e al desiderio, bisognerebbe aggiungere alla lunga lista dei modi di essere "diversi" proposti dagli LGBT+ anche i modi di essere "normali" e accettare il fatto che esiste il rapporto breve e il rapporto lungo, la vagina larga e la vagina stretta, lo squirting e la secchezza vaginale, le varie dimensioni del pene, le  performance del porno e la vera e sublime piccola morte degli amanti che si cercano e si annullano nell'altro con la soave incoscienza della passione e del desiderio.

In questo modo, accettando cioè la diversità e l'incompletezza della condizione umana, l'unificazione dei sessi, impossibile sul piano sessuale, può avvenire sul piano dei sentimenti anch'essi orientati dal linguaggio, cioè dalla cultura, dalle leggi, dalle tradizioni; ad un livello più alto il linguaggio può realizzare la riunificazione impossibile del mito dell'androgino.

Secondo il mito platonico, infatti, gli umani in origine erano doppi, maschi e femmine uniti per la schiena, con due teste, quattro braccia, quattro gambe e due sessi, generalmente uno maschile un femminile ma vi erano anche eccezioni con due organi dello stesso sesso. La loro potenza però li portò a ribellarsi agli dei, così Zeus li divise costringendoli a cercare l'altra metà.

Per Recalcati questa unità è impossibile trovarla nella sessualità poiché è costruita sulla sessualità infantile narcisista e autoerotica, possiamo però sperare che sia possibile sul piano del linguaggio e tutto quello che poeti e scrittori hanno scritto esaltando l'amore, il dono, l'esaltazione dell'amata, l'unità anche nel dolore e nel sacrificio o "la social catena" leopardiana che tiene unito il mondo... sia servito a qualcosa malgrado continuamente aggredito dall'antilingua del potere e della proibizione.

Oppure vi è anche un altro approccio al sintomo, un modo trascendentale e fenomenologico, un modo esistenziale che non giudica, non classifica, non divide l'essere tra normalità e malattia ma riconosce nel sintomo il messaggio profondo del sé, il non detto, la verità nascosta, il disvelando heideggeriano che parla dell'essere al mondo e della condizione umana; che denuncia la vita inautentica della persona, che costringe a chiedersi "Che ci faccio qui? Chi sono io realmente? Cosa sto cercando? Come posso realizzare me stesso?

In questa prospettiva, fenomenologica ed esistenzialista, il sintomo è rivelatore di verità, è "involontaria rivolta dell'uomo presente alla sua fragilità" (Ungaretti), è trasgressione, è maldestro tentativo si ribellione alla vita inautentica dell'essere "gettato" in un mondo suo, e può essere la messa in discussione radicale del proprio esistere, del modo in cui si sta vivendo la propria esistenza.

Il sintomo, sia esso il tic nervoso, il lapsus, l'andatura asimmetrica, il cronico mal di schiena, il colon irritabile, la tachicardia, le mani fredde e sudate, l'ansia cronica, l'ansia di accettazione o di prestazione, l'immaturità affettiva o il sintomo sessuale... va abbracciato, va amato e riconosciuto come possibile via di salvezza, smagliatura nella rete del pescatore da cui il povero pesce può fuggire.

Il sintomo che sfugge al controllo della volontà sfugge anche al controllo della regola sociale e pone l'essere di fronte alla scelta radicale: cambiare vita, cambiare atteggiamento, cambiare lavoro, cambiare partner, trascendere il proprio esistere nella bieca dimensione del bisogno, assurgere a una visione più elevata del proprio destino, trovare la propria mission, dare un nuovo senso all'esistenza...

Ludwig Binswanger, uno dei grandi padri dell'antipsichiatria, considera la malattia mentale, nel nostro caso il sintomo nevrotico, il segno del fallimento della capacità di autodeterminazione e realizzazione del proprio essere.

Il sintomo svela il fallimento del proprio processo di adattamento al mondo, della maschera pirandelliana che indossiamo per sopravvivere, ma dà anche voce all'élan vital (slancio vitaleche anima il proprio sé e reclama ancora uno sprazzo di vita e di godimento.

 

 

 
 
 

Crisi del maschio? C'è sempre stata

Post n°136 pubblicato il 24 Marzo 2022 da hommelibre10

Il maschio è crisi? Lo è sempre stato

Il maschio è in crisi? La letteratura di stampo più o meno marxista, pecca sempre del solito errore: cercare un'unica causa da cui dedurre ogni realtà, operazione non facile in fisica è biologia, quasi impossibile in sociologia o psicologia.

Si fa così riferimento ai cambiamenti strutturali dell'economia, lo sviluppo del terziario che favorisce il lavoro femminile, la fine della trasmissione del mestiere dal padre al figlio e col mestiere di un modello di uomo da diventare, il prolungarsi dell'infanzia attraverso il prolungarsi del tempo dello studio e della dipendenza economica dalla famiglia e quindi dell'importanza del ruolo della madre incentrata sui bisogni e desideri piuttosto che sugli ideali e sulle sfide. I cambiamenti tuttavia ci sono sempre stati, la storia non è mai ferma, a periodi di movimento seguono periodi di stabilità a cui gli uomini devono adattarsi perdendo qualcosa a favore delle donne, è il normale ciclo della storia. Quello che preoccupa tuttavia è la rottura di un equilibrio, preoccupano gli eccessi, la violazione dei diritti di parità, le leggi ingiuste, l'incoerenza e la menzogna che accompagna l'attuale politica di genere contro gli uomini.

La mortificazione del principio maschile porta con sé la crisi delle idee e dei valori lasciando libero spazio a bisogni e desideri incontrollati, fantasie onnipotenti, narcisismi ideologici, visione unilaterale dei problemi e quindi conflitti nascosti dalla propaganda e dalla mistificazione, situazioni di decadenza nascosta che prima o poi esplode con la fine di una civiltà.

Uno strapotere femminile con tutti i segni della corruzione, le congiure di corte, il lusso dei ricchi e delle corti, la maestosità del potere, l'esaltazione dell'immagine, la negazione della verità, l'ipertrofia delle diplomazie e il totale distacco delle classi ricche o dirigenti dal popolo... li troviamo nell'Egitto di Cleopatra prima della conquista romana, verso la fine dell'impero persiano o romano, nel Trecento dello stilnovismo, dell'amor cortese e di commentatori che si lamentano di uomini che assumono atteggiamenti femminei... prima della peste.

Lo ritroviamo ancora nelle corti del Settecento prima della Rivoluzione Francese come nelle corti europee dell'Ottocento prima che la Grande Guerra le spazzasse via.

La crisi attuale del maschio tuttavia segna il faticoso adattamento ai grandi cambiamenti in atto, crisi necessaria la mutare dei  tempi,  ma c'è qualcosa di nuovo che impensierisce e appare inaccettabile all'attento osservatore, e riguarda la grande menzogna delle politiche di parità, il disconoscimento dei diritti e delle problematiche maschili, la propaganda al posto della discussione, l'informazione a senso unico, le leggi discriminatorie, la svalutazione di tutto ciò che fanno gli uomini ed l'esaltazione di ogni banalità femminile con cui si cerca di dar il colpo di grazia all'intero genere maschile ma con gravi risvolti sulla stabilità del sistema.

La mente ha una sua regola, una sua coerenza che rifiuta l'incoerenza e la contraddizione, adattarsi al mondo che cambia, realizzare i principi di parità di genere affermati in tutte le leggi e costituzioni, è doveroso, ma c'è qualcosa però che non si può accettare.

Ciò che non si sopporta è il femminismo divenuto stato, divenuto legge, divenuto cultura da cui le azioni unilaterali dello stato a favore delle donne e a svantaggio degli uomini. Azioni che corrodono il dettato costituzionale, inquinano l'informazione, favoriscono il clientelismo, devastano l'unità della nazione.

Viviamo in una società dove in nome della parità e della funzione perequativa dello stato,

gli uomini vivono 6 anni meno delle donne e pagano molti più contributi ma vanno in pensione da 1 a 5 anno dopo, perché? Bisogna ripagarle dei lavori di cura? Ma non tutte hanno figli o genitori anziani da accudire per non parlare di uomini che fanno lavori massacranti, turni insostenibili, responsabilità aziendali da cui dipende la vita di decine o centinaia o migliaia di persone... ma il loro lavoro e il loro merito non deve essere riconosciuto.

Lo svantaggio scolastico è maschile, abbiamo oltre 200.000 studenti universitari in meno delle studentesse, ma abbiamo la giornata per le studentesse nelle materie scientifiche, finanziamenti e sgravi fiscali per le studentesse che si iscrivono alla facoltà Stem ma niente per i pochi studenti che ancora si ostinano a frequentare materie umanistiche. È corretto? È costituzionale? Obbedisce ai principi di parità di fronte alla legge? Francamente NO.

La necessità di lavoro è molto importante per gli uomini da sempre impegnati a mantenere la famiglia anche da soli, da sempre condannati a legare la loro autostima e dignità al lavoro e al reddito, ma si fanno leggi per finanziare aziende che assumo donne quindi scoraggiarle ad assumere uomini. È giusto?

Nessuna legge favorisce gli uomini, eppure si parla di patriarcato e lotta al patriarcato ma il patriarcato non ha sottomesso le donne, ha portato a compimento ciò che già il matriarcato aveva introdotto nel costume come il matrimonio, la monogamia, la famiglia, il valore della sicurezza e del benessere... che sarebbe stata la vita delle donne senza le strade, gli acquedotti, i palazzi, le scuole, la medicina, la poesia, la letteratura e le religioni degli uomini? La rivoluzione maschile, come la nascita del patriarcato, è significato la nascita degli stati, del diritto, delle scienze, della scrittura, delle arti... come sarebbe il mondo senza quel salto dal matriarcato ancora avvolto nella superstizione e nell'ignoranza al patriarcato generatore delle scienze e del diritto?

Viviamo nel regno della libertà di parola ma se io non fossi in pensione, se fossi ancora un professore di filosofia e storia, come minimo mi arriverebbe l'ispettore a scuola per quello che sto scrivendo, come già mi è successo nel 1993, come succede ai professori che si distaccano dalla grande menzogna del femminismo, come è accaduto al prof. Will Knowland del liceo di Eton licenziato per aver detto qualcosa di simile sui vantaggi del patriarcato anche per le donne che hanno potuto godere della protezione degli uomini e delle leggi.

Si parla di parità di genere ma le donne hanno il monopolio dell'intera questione della parità, dall'ONU dove opera alacremente una Commission on the Status of Women, ma non una commissione sullo status degli uomini, altrettanto abbiamo nel Parlamento italiano una Commissione parlamentare per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, ma non per i diritti degli uomini, abbiamo le consigliere di parità, ma quanti sono i consiglieri maschi? Ovunque la questione della parità di genere è gestita da sole donne, è giustificato?

La conseguenza dell'avidità femminile e della rinuncia maschile a lottare per se stessi è il totale disconoscimento dello specifico maschile sia nel merito che nelle necessità, nelle sconfitte, nei diritti e nei bisogni. Sono violati i diritti maschili di parità nelle separazioni e divorzi, nell'anzianità di pensionamento, nelle azioni positive, nell'informazione e financo nella libertà di pensiero e di parola su questioni di genere. La dittatura mediatica riguardo le donne oggi lo diventa anche riguardo la guerra in Ucraina dove non sono ammesse le ragioni di Putin e vengono banditi i professori che puntano il dito sulle responsabilità della NATO. D questo passo presto avremo i tribunali speciali per la difesa delle donne e infine quelli per la difesa della democrazia, il Nuovo fascismo è servito.

 

 

 
 
 

NO ALLA GUERRA

Post n°135 pubblicato il 12 Marzo 2022 da hommelibre10
 

NO ALLA GUERRA, perché gli uomini fanno le guerre?

Forse dirò qualcosa che nessuno ha mai detto con tanta chiarezza, ma che si deduce dal discorso junghiano sull'ombra e sul maschile e femminile e che ci aiuta a capire perché gli uomini fanno le guerre divenendo vittime e carnefici di se stessi.
Ogni uomo, poiché è X e Y, nasconde in se stesso un'immagine femminile, che non è la sua parte femminile autentica ma un'imago, un'effigie che di solito richiama la prima donna amata, la madre, una madre che dà il seno e lo toglie, che accudisce e punisce, che educa e ricatta, che seduce e inganna, che nutre e manipola, che rassicura e svilisce, che accoglie e rifiuta... Un'imago che diviene una specie di super-io femminile che fustiga e comanda... ma che sfugge al controllo dell'io e della volontà, sono comandi inconsci a cui obbediamo senza accorgerci ma che ci falsificano, ci costringono ad indossare maschere che conducono a una vita inautentica e talvolta chiedono l'estremo sacrificio della vita.
Crescere significa sempre superare la dipendenza dalla madre, abbondonare la famiglia d'origine e farsene un'altra che riproduca la sicurezza e il benessere perduto. Gesù ci dà un esempio formidabile di questa rottura: "31 Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. 32 Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano». 33 Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 34 Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! (Marco 3,31-34).
Non è un caso che la Chiesa normalizzatrice non enfatizza mai questo passo preferendo invece le nozze di Canaan dove la madre convince Gesù a fare un miracolo e uscire allo scoperto; la Chiesa, sposa di Cristo e identificata con la madre piuttosto che con Cristo, vuole dire a Dio cosa deve fare piuttosto che interpretare la sua volontà ed eseguirla.
Lasciare la casa, tuttavia, implica l'esperienza di un vuoto, sia emotivo che economico e di sicurezza, il singolo ricostruisce la famiglia perduta ma la collettività degli uomini ha costruito tribù, villaggi, città, stati, imperi e poi Chiese, partiti, sindacati oppure gang, cosche mafiose, eserciti... tutte immagini della grande madre interiore che può essere giusta e amorevole oppure manipolatrice e assassina.
Ognuna di queste organizzazioni doveva essere una nuova famiglia, Hegel dice che lo stato non è altro che una famiglia allargata, ma in seguito divengono un altro da sé, assumono una vita propria, un mito, un super-io arcaico che rispecchia la madre interiore, un'imago che piega l'uomo al suo volere, che usa il suo creatore per il suo potere e la sua avidità invece di rimanere al servizio dell'uomo.
Abbiamo deificato il frutto dell'opera dell'uomo e schiavizzato il suo creatore divenuto soltanto una formica operaia al servizio della dea che chiamiamo madre terra o madre patria, ma la madre non è fuori ma dentro di noi, è una nostra creatura.
Il mito, infine, ha in sé una droga, come gli eserciti che offrono brandy ai soldati prima dell'assalto, il mito offre l'esaltazione di sentirsi eroi per ingannare l'istinto di sopravvivenza e il gioco è fatto, il soldatino è pronto ad uccidere e farsi ammazzare per sentirsi un eroe. L'ometto, come il pesciolino allarmista, muore per salvare la collettività che spesso però è un mito assassino e non la famiglia in pericolo.
Dire no alla guerra significa dire sì alla vita e all'umano e animale istinto di sopravvivenza, significa indagare nel profondo di se stessi e ribellarsi all'imago assassina, significa affermare il diritto di vivere, prosperare e cercare la felicità.
Significa comprendere cosa c'è dietro la Statua della Libertà o la Marianna francese: un mito di pace e prosperità o guerre senza fine?
In questa guerra tra la Russia e l'Ucraina, chi vuole la pace pensa al dopo guerra, non rompe i ponti con la Russia, non isola Putin, non demonizza nessuno, combatte la guerra ma cerca di capire le ragioni di ognuno, non rompe i legami tanto faticosamente costruiti con l'Est Europa ma prepara la pace.

 
 
 

L'ONU incoraggia le donne, ma lo svantaggio scolastico è maschile

Post n°134 pubblicato il 23 Gennaio 2021 da hommelibre10
 

11 febbraio, giornata per la parità di genere nelle materie STEM, ma in tutte le altre facoltà lo svantaggio è maschile.

Lo svantaggio scolastico è maschile, ma l'ONU, la grande organizzazione internazionale convertita al femminismo, proclama l'11 febbraio giornata internazionale per promuovere le donne e le ragazze nelle facoltà scientifiche, unico settore in cui, per scelta personale delle donne, si hanno più iscritti maschi che femmine. Una giornata per "promuovere l'uguaglianza di genere nella scienza" ma non nell'insegnamento, nelle materie giuridiche, nella sanità, nella formazione universitaria in genere dove solo in Italia si contano circa duecentomila studenti in meno delle studentesse. Se guardiamo questa pagina del MIUR, notiamo che gli studenti maschi non sono nemmeno nominati, c'è il numero totale e le donne , per i maschi, se ti interessa, fattela tu la sottrazione: totale laureati 330.898 -182.604 donne =146.858 maschi, cioè37.232 laureati maschi in meno nell'anno accademico 2017-18. Se guardiamo invece gli iscritti abbiamo 1.009.210 donne e 784.101 uomini, cioè 225.109 maschi in meno.

Il ministero si vergogna ad evidenziare il gap maschile? Smentirebbe i grandi privilegi del nascere maschi sul suolo italiano? Oppure il genere sconfitto non merita nemmeno di essere combattuto, meglio ignorarlo?

La giornata delle donne nella scienza si configura così come l'ultimo schiaffo, l'ultimo calcio in pancia agli uomini, alla verità, alla parità, alla lotta alle discriminazioni, alla funzione perequativa delle istituzioni, allo Stato super partes, alla legge uguale per tutti, all'universalità dei diritti e dei doveri, al merito, alla libertà, alla liberazione dall'ingiusta ingerenza dello Stato nelle scelte individuali dei cittadini. I motivi dello svantaggio scolastico maschile sono tanti: diversi tempi di crescita, il predominio delle abilità linguistiche nel processo di apprendimento e trasmissione del sapere che vede le donne avvantaggiate, la posizione seduta e ferma, la capacità di concentrazione, la motivazione, lo studio come principale chance di emancipazione sociale per la donna, l'impiego e la professione come lavori più sicuri, puliti, prestigiosi e meglio coerenti alla vita privata della donna, la coscienza che la società oggi punta sulle donne, la conoscenza come scoperta di sé e del proprio potere. Al contrario, lo svantaggio maschile è legato ai bisogni cinesici degli uomini, poco compatibile col setting scolastico, a un più lento sviluppo fisico e caratteriale, minori capacità linguistiche ed espressive, la memoria di un tempo in cui non era la laurea la certezza del successo sociale, la voglia di esperienze dirette, di fare, di agire, di riparare, costruire, apprendere attraverso l'esperienza piuttosto che con lo studio e la teoria.

Si fanno politiche di privilegio a senso unico.

Il successo scolastico femminile ha aperto le porte a tutte ai lavori più sicuri e meglio garantiti: l'impego pubblico e privato, le libere professioni, sanità, insegnamento, avvocatura, magistratura, spettacolo, cinema, televisione, giornalismo, pubblicistica, musica, danza e, grazie anche alla riforma elettorale "Renzi", il Parlamento è stato invaso da schiere di parlamentari donne e femministe decise a piegare le leggi al vantaggio e al potere femminile distorcendo la verità con indagini ISTAT discutibili, l'informazione a senso unico, la demonizzazione del maschio, la svalutazione degli uomini delle loro storia e dei loro meriti. Eppure era tutto scritto. Hanna Rosin ne "La fine del maschio": «I numeri illustrano il quadro di un sistema educativo che gioca a favore dei punti di forza delle ragazze e formano una nuova generazione di ragazze sicure e pronte ad essere all'altezza delle migliori aspettative (...) Al di là delle competenze verbali, i ragazzi tendono ad inciampare su quelle che i ricercatori chiamano "competenze non cognitive", fra cui la capacità di focalizzare, di organizzare e stare lontano dai guai. I ragazzi di tutte le razze ed estrazioni sociali tendono ad avere più problemi disciplinari, di condotta e sospensioni da scuola... Hanno molte più probabilità di finire in un programma di educazione speciale o di ricevere una diagnosi di disabilità».

La società lo ha sempre saputo, e gli insegnanti pure, tuttavia ogni programma speciale rivolto al genere ha sempre avuto come obiettivo valorizzare le ragazze in virtù di inesistenti svantaggi storici da recuperare. Già dagli inizi degli anni '90 la ministra dell'istruzione Rosa Russo Jervolino mandò a scuola una circolare in cui si chiedeva agli insegnanti di addestrare le ragazze al discorso assertivo. Perché solo alle ragazze? Si parla sempre di recuperare un gap ma in realtà si promuove sempre il motto: "A chi sarà dato e a chi non ha sarà tolto pure quello che ha". Da sempre le difficoltà dei ragazzi e degli uomini sono giudicati con lo stigma della condanna morale e della colpa, i ritardi delle ragazze invece come colpa maschile da riparare e da ripianare. Le donne vanno aiutate e sostenute, gli uomini emarginati e condannati, crocifissi alla colpa e all'errore. L'unica spesa maschile che grava fortemente sul bilancio dello stato è il carcere, mentre quella assistenziale dell'istruzione, della sanità, delle pensioni sono a maggior vantaggio delle donne. Agli uomini la colpa e alle donne la cura, questo è il patriarcato femminista in cui siamo immersi. Si parla sempre di politiche di parità, in realtà si fanno politiche di privilegio a senso unico; si parla di valorizzazione delle risorse umane, ma solo per il genere femminile. Coloro che tutto vedono e tutto possono hanno puntato sulla valorizzazione delle donne e sulla sconfitta degli uomini, sull'innocenza femminile e sulla colpa maschile. Gravare gli uomini di un senso di colpa asfissiante deve servire a far loro accettare l'emarginazione, la sconfitta sociale, il furto delle risorse materiali, la negazione dei bisogni, la cancellazione della soggettività maschile e scongiurare una possibile rivolta antisistema.

Rallentare il processo di decrescita maschile.

Hanno puntato tutto sulla rivoluzione di genere a costo di forzare la mano al graduale e legittimo riequilibrio comunque già in atto, hanno violato le giuste leggi del merito e dell'equità, hanno offeso la verità sulla condizione degli uomini e delle donne a costo di delegittimare cambiamenti in atto dovuti al merito e all'impegno personale. Hanno forzato la mano con le quote rosa, la legge elettorale, i vantaggi pensionistici, i ministeri delle Pari Opportunità di sole donne per le donne, gli sgravi fiscali per le assunzioni femminili, gli assegni divorzili devastanti per i mariti e padri separati. Stanno forzando la mano perché gli uomini, quando non si sentono colpevoli, si sentano indegni, incapaci, inadeguati, perché colpa e vergogna sono i mezzi più potenti per tenere il popolo sottomesso. Per paralizzare gli uomini affinché non si ribellino, teorizzano che ogni merito maschile è niente di fronte a un solo femminicidio, basta una donna uccisa da un uomo per condannare l'intero genere maschile. Ma è stato scritto anche: "Come per la colpa di un solo uomo gli altri furono costituiti peccatori, così per il sacrificio di uno solo gli altri sono resi giusti" (Paolo di Tarso - Lettera ai Romani), per il neomatriarcato invece il male di un uomo li condanna tutti, il bene basta non citarlo.

Lo stigma antimaschile è oggi la croce che siamo costretti a sopportare, ma questo non deve spaventare il giovane guerriero, la tribolazione fortifica il carattere e la difficoltà aguzza l'ingegno ma soprattutto costringe ad ammettere che anche gli uomini possono avere difficoltà e ritardi non dipendenti dalla buona volontà e perciò meritevoli di interventi appropriati da parte dello Stato e della società perché nessuno resti indietro. Ci costringe a chiederci cosa c'è che non va nei politici e negli intellettuali maschi che impedisce loro di riconoscere che esiste anche uno specifico maschile con suoi punti di forza e punti di debolezza, che merita di essere riconosciuto e affrontato. Se guardiamo il cammino fatto dalle donne in questo secolo, sembra che la leva di tutto sia stata l'autocoscienza, il concentrarsi su se stesse, sul proprio essere come genere e come individui unici e irripetibili, rivendicando diritti specifici, ottenendo vantaggi e privilegi, reclamando condizioni adatte al proprio essere, ottenendo ministeri e leggi a proprio favore. Perciò è difficile credere che gli uomini possano crescere rimanendo semplici spettatori della propria sconfitta appollaiati sulla comfort zone dell'universale e dell'oggettivo senza mai cercare la propria specificità. La conoscenza di sé e della propria condizione, volgere lo sguardo sulla propria soggettività sia di genere che individuale è oggi il passo decisivo per rallentare il processo di decrescita maschile e forse dare qualche segno di ripresa.

 

 

 

 

 
 
 

E gli uomini? Come sono messi gli uomini in Italia?

Post n°133 pubblicato il 14 Settembre 2020 da hommelibre10
 

Copio e incolla dal blog:

Lega degli Uomini d'Italia 

CONDIZIONE MASCHILE IN ITALIA

In Italia gli uomini sono:il 93% dei morti sul lavoro (1200 ogni anno).il 96% delle vittime di suicidio (2400 ogni anno).il 79% delle vittime di omicidio (350 ogni anno).il 99.99% dei morti in servizio militare (1.3 milioni dalla fondazione dell'Italia).il 55% delle vittime di violenza domestica (50 mila ogni anno).il 94% senza tetto uomini.l'80% tossicodipendenti uomini.il 97% dei lavori usuranti e mortali vengono svolti dagli uomini(5 milioni di padri separati, di cui 800000 indigenti)Gli uomini subiscono la discriminazione delle istituzioni:Solo gli uomini sono obbligati al servizio militare (in Italia attualmente sospeso, le donne possono fare le soldate, ma i nomi dei soli ragazzi vengono schedati per l'eventualità di una guerra).Le donne possono andare in pensione prima degli uomini (ancora oggi in Italia).Gli uomini pagano il 70% delle tasse, ricevono il 30% delle prestazioni medico-assistenziali.Gli uomini muoiono 5 anni prima delle donne; questa differenza è apparsa con i servizi sanitari moderni.L'occupazione femminile è incentivata a scapito della disoccupazione maschile.Gli stati impongono "quote rosa" di donne, ma solo ai vertici delle aziende e dalla politica, mai nelle miniere o nelle acciaerie.Una madre ha diritto di non riconoscere il figlio alla nascita , liberandosi in quel momento di tutti i doveri materiali e morali. Un padre non ha lo stesso diritto. Addirittura, minorenni sono stati condannati a pagare mantenimenti a pedofile condannate per averli abusati.I centri anti-violenza sono per sole donne e sono gestiti da femministe che spesso li usano per calunniare gli uomini.Gli uomini subiscono la discriminazione della magistratura civile:Il 74% delle separazioni sono chieste da donne.Solo il 4% delle donne paga un assegno di mantenimento.Nell'87% dei casi gli uomini perdono la casa coniugale.Solo il 4% dei bambini venivano affidati ai papà; da quando esiste l'affido condiviso la magistratura ha inventato la figura del "genitore collocatario" (non prevista dalla legge) in maniera che nulla è cambiato.A causa di queste discriminazioni il 93% dei suicidi post-separazione sono maschili.gratuito patrocinio a prescindere dal reddito in caso di violenza subita da una donna. Principio anche giusto, ma inesistente a ruoli invertiti.Nelle separazioni sono false l'80% delle accuse di maltrattamento ed il 92% delle accuse di pedofilia fatte dalle donne.Gli uomini subiscono la discriminazione della magistratura penale:Madri infanticide: 20% in carcere. Padri infanticidi: 80% in carcere.Il 58% degli abusi sui bambini sono commessi da donne.A parità di reato gli uomini ricevono pene 63% più severe.Per violenza domestica vanno in prigione l'83% degli uomini ed il 58% delle donne.Per possesso di droga vanno in prigione il 34% degli uomini ed il 17% delle donne.La discriminazione di genere è 6 volte maggiore della discriminazione razziale. Ad esempio, la probabilità che una persona condannata finisca in carcere è: 18% per le donne bianche, 32% per le donne nere, 48% per gli uomini bianchi, 55% per gli uomini neri (dati a Chicago, USA).Gli uomini subiscono l'81% delle false accuse, che colpiscono 11 uomini ogni 100, sono fatte al 70% da donne, nel 26% dei casi sono finalizzate ad impadronirsi dei figli e dagli assegni che ne derivano: le più usate sono: falsi abusi su minori (74%), falsi abusi sessuali (48%), falsa violenza domestica (29%).In seguito all'invenzione del test del DNA, centinaia di uomini condannati nel passato per stupro sono stati riconosciuti innocenti. Il 41% delle accuse di stupro sono false.Il 96% dei carcerati sono uomini; le donne condannate possono scontare pene detentive ai domiciliari (legge Finocchiaro). 

 

 
 
 
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