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Tante piccole schegge di realtà. Uno sguardo disincantato sul mondo per cercare di conoscerlo e, se possibile, tentare di capirlo.

 

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I rifiuti. Male necessario e inevitabile?

Post n°1173 pubblicato il 22 Marzo 2010 da review
 

 

Nel  gennaio del 2008 a Vienna è stato chiuso
l’ultimo immondezzaio.
Vienna costruisce il suo quarto inceneritore
e dice " auf wiedersehen" a tutte le discariche.

 

 

 

Da noi un ambientalismo malato rifiuta gli inceneritori, e la gente scende in piazza per protestare, senza averci capito niente.

Eppure il più straordinario impianto di smaltimento dei rifiuti che ci sia nell'Occidente è situato a poca distanza dalla cattedrale di Santo Stefano, cuore della vecchia città. La cupola dorata dell’inceneritore/termovalorizzatore di Hundertwasser (architetto, pittore e noto ambientalista), che svetta altissima sulla capitale del fu impero austroungarico sembra lo scrigno di un prezioso ristorante con vista panoramica, invece è solo la parte terminale di una struttura colorata, interrotta da miriadi di finestre ognuna diversa dall'altra, da cespugli e alberi che si arrampicano su una facciata bianca attraversata da linee blu e gialle. E' l'acciaio smaltato di giallo che rende preziosa la cupola, illuminata di notte da 1048 lampadine che trasformano un impianto industriale, da sempre oggetto di repulsione e di tensioni sociali, in un esempio di architettura fantastica, ma anche ecosostenibile; per giunta, visitato anche dai turisti. Non a caso l'architetto ha voluto che sul camino si rimettesse al proprio posto il nido dove ogni anno nascono tre piccoli falchi.
«La nostra sporcizia, i nostri rifiuti vengono gettati lontano. In questo modo avveleniamo fiumi, laghi e mari oppure li trasportiamo in complicatissimi e costosi impianti di depurazione, raramente in fabbriche centralizzate di compostaggio, o invece i nostri rifiuti vengono annientati.

La merda non ritorna mai ai nostri campi e nemmeno là da dove viene il cibo. Il circuito dal cibo alla merda funziona. Il circuito dalla merda al cibo è interrotto.» (Friedrich Hundertwasser)

Che dire di più?

E, naturalmente, tutto ciò non significa che l’incenerimento escluda la raccolta differenziata e il riciclaggio.

 

 
 
 

GRAZIE

Post n°1172 pubblicato il 18 Marzo 2010 da review

Sono stato assente per motivi di salute.
Ora devo trascorrere un periodo di convalescenza e
spero di riprendermi per poterci risentire ancora.
Grazie per tutti i messaggi di amicizia.
Nino

 
 
 

Piccola intrusione

Post n°1171 pubblicato il 15 Febbraio 2010 da princy.in.paris

Vorrete scusare questa piccola intrusione nel blog del nostro carissimo amico e mi scuso altresì personalmente per il ritardo con cui vi avverto.
Nei prossimi giorni il nostro amico sarà assente per degli impedimenti di salute. Spero di non farvi allarmare ma lui stesso ci teneva personalmente ad avvertirvi ma per questioni di tempo non ci è riuscito. Non appena avrò sue notizie tornerò ad informarvi prontamente. Potete contattarmi anche in privato se volete mandargli dei messaggi che gli comunicherò quanto prima.

 

*** AGGIORNAMENTO DEL 23/02/2010***

Ragazzi ho sentito il nostro amico, gli ho riportato tutti i vostri saluti che lui naturalmente ricambia.... Tranquilli.... Gli ho detto di darsi una mossa a tornare.....

 

 

 
 
 

Quante volte ci sarà capitato di dare o di ricevere un rifiuto!

Post n°1170 pubblicato il 12 Febbraio 2010 da review
 

 


Oggi vorrei parlare del rifiuto e, contrariamente al solito, spero di riuscire ad essere sintetico.  Se mi è consentito, vorrei iniziare con una citazione letteraria, ricordando il racconto (uno dei più importanti della letteratura nordamericana) di Herman Melville “Bartleby the Scrivener” ( Titolo italiano “Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street”). Per quale motivo? Bartleby viene assunto come scrivano in uno studio legaledi Wall Street a New York. Al titolare dello studio Bartleby appare, fin da subito, come una persona "pallidamente linda, penosamente decorosa, irrimediabilmente squallida”. Quello che trae origine da questo incontro tra i due personaggi principali è un confronto inquietante, caratterizzato dal reiterato “preferirei di no”, espressione che veniva utilizzata da Bartleby per rifiutare qualunque richiesta del suo datore di lavoro. Un Bartleby che, in qualche modo ricorda nel cinema  Buster Keaton e nella letterature lo scarafaggio di Kafka.
Questo accade nei libri, ma nella realtà? Nella realtà chissà quanti rifiuti avremo anche noi opposto ad altre persone e chissà quanti saremo stati noi a riceverne. Perché i rifiuti sono davvero tanti e non è possibile che anche noi non ne siamo stati, almeno per una volta protagonisti.

 
 
 

Cosa sappiamo delle carezze?

Post n°1169 pubblicato il 11 Febbraio 2010 da review
 

Parte seconda

Sinceramente, pensavo che  il post sulle carezze avrebbe potuto ottenere un maggiore successo. Invece, se non è stato un flop poco ci è mancato. Ma, evidentemente, chi è passato da queste parti o disponeva di poco tempo o non aveva proprio da perderne. Capita, e a me capita spesso e volentieri. O, forse, i post troppo lunghi e dal tono troppo serioso consigliano ai naviganti di cambiare aria alla svelta. Ma cosa vogliamo farci! Io a scrivere un post di due righe, o con solo un video o una sola immagine, proprio non ci riesco. E  nemmeno mi va di rivolgere domande per sollecitare una risposta, come non mi va di inviare email a raffica per consigliare di vedere questo, o di leggere quest’altro.

E quindi? Quindi, poiché questo preambolo rischia di aumentare ancor di più le dimensioni, già ragguardevoli, del post, entriamo subito in argomento.

Argomento che prosegue  quello che ieri ha sollecitato tutto l’interesse di cui dicevamo. Insomma, dobbiamo andare avanti con  il monologo sulle carezze.

Tralascerei le carezze che i genitori dedicano ai loro bambini, e non perché non sia interessante parlarne, ma solo per ragioni di spazio. Parlerei, invece,  di quelle carezze che, ad esempio partendo dall’erotismo delle mani, rappresentato un momento particolarmente eccitante durante la fase di approccio ai preliminari sessuali. Quello delle carezze è un linguaggio, attraverso le carezze si comunica, e le carezze non fanno altro che completare le parole, trasformando un rapporto d’amore, da qualcosa di meramente meccanicistico e superficiale in una comunicazione che penetra nel profondo, coinvolgendo ogni più piccola fibra della nostra corporeità, ma anche della nostra più interiore spiritualità.

I ricettori delle sensazioni del piacere si trovano su tutto il nostro corpo, ma naturalmente la loro non è una attività permanente, e, quindi, per “risvegliarli”, diciamo così, è necessaria una scintilla e quella scintilla è rappresentata dalle carezze, che, non dimentichiamolo, non sono solo finalizzate alla ricerca del piacere, ma rappresentano un modo particolarmente intenso di raggiungere una reciproca complicità , toccando il corpo del compagno o della compagna per comunicare il desiderio, l’amore, la tenerezza.

 
 
 

Cosa sappiamo delle carezze?

Post n°1168 pubblicato il 10 Febbraio 2010 da review
 

 Parte prima

Ogni essere umano ha bisogno di stimoli, di programmare il proprio tempo e, soprattutto, di trascorrere questo tempo in compagnia dei propri simili. A sostenerlo è l’autore della celebre  teoria chiamata analisi transazionale, lo psicologo canadese Eric Berne.  Uno degli elementi che rendono tutto ciò  possibile è rappresentato da quello che Berne definisce come il “bisogno di riconoscimento”,  caratterizzato da quella che ne è la sua unità fondamentale e cioè la carezza. Carezza, quindi, come riconoscimento della nostra esistenza, carezza come insieme di gesti, di parole, di comportamenti attraverso i quali noi possiamo riconoscere che gli altri si accorgono di noi.

Gesti, parole, comportamenti, quindi, e, dunque, lo sguardo, l’intonazione della voce, l’uso della parola e quello del corpo. Ma qual è il meccanismo neurale che sta alla base del piacere fornito dalle carezze? Immaginiamo una mano che sfiori lentamente e delicatamente, una guancia e che, con la stessa leggerezza segua morbidamente le linee del viso per scendere, infine, sul collo…Bene, le sensazioni tattili che provengono da questo comportamento si trasformano in sensazioni piacevoli, veicolate verso  il nostro cervello da quelle fibre cutanee, chiamate nervi C-tattili del piacere e individuati da una equipe di neuroscienziati che ha effettuato un lungo lavoro di ricerca e di sperimentazione, sotto la guida di Francis McGlone dell' azienda britannica Unilever, in collaborazione con l'Università svedese di Gothen- burg e dell'Università Usa del Nord Carolina.

Esistono le carezze dell’anima ed esistono le carezze del corpo. Esistono le carezze senza scopo sessuale, ma esistono anche le carezze con una specifica connotazione sessuale. Rivolgere delle parole di complimento, o di comprensione, parole di consolazione e di gratitudine, significa “accarezzare” l’anima. Il massaggio è, invece, una forma di carezza finalizzata a creare nel corpo una sensazione di benessere e di piacere, ma senza una specifica connotazione sessuale, anche se in grado di creare un feeling corporeo particolarmente positivo con il partner, anche (perché no?) come preliminare ad un successivo approccio di carattere sessuale.

Come ho ricordato in precedenza, anche lo sguardo e l’intonazione della voce permettono a due persone di scambiarsi tutta una molteplicità di sensazioni positive, e cariche di significato, ma, naturalmente, le sensazioni più piacevoli sono rappresentate dalle carezze che vengono effettuate attraverso il corpo, e , particolarmente, quelle che provengono da un uso sapiente delle mani. E l’eccitazione prodotta dalle mani può essere talmente intensa da portare all’orgasmo tanto un uomo quanto una donna, in una intimità caratterizzata da tutta una particolare varietà di effusioni che si accompagna a teneri morsi e a baci più o meno timidi o, se vogliamo, più o meno appassionati e carnali.

 
 
 

Emigrazione e integrazione. Un’esperienza che dovrebbe fare riflettere: quella di Riace

Post n°1167 pubblicato il 07 Febbraio 2010 da review
 

 

Riace è un comune della Locride, in Calabria, arrivato alla ribalta della cronaca quando, qualche anno fa, nelle acque del suo mare vennero ritrovati e riportati alla luce i famosi bronzi, ora esposti al museo di Reggio. Come tanti altri piccoli centri del meridione anche Riace ha vissuto un passato di decadenza e di spopolamento, conseguenza dell’emigrazione di massa nel Nord Europa e in America, passando progressivamente da 3mila a 1.650 abitanti, con la sola prospettiva di un futuro attraversato dal malessere e dalla povertà.  Ma quel riscatto che i locali, supportati dall’Associazione  “Città Futura” di don Giuseppe Puglisi, andavano invano inseguendo, ha iniziato a diventare realtà quando, a partire dal 2001, il comune decise di aderire al Piano nazionale di accoglienza denominato Recosol (Rete dei comuni solidali). Aver capito che ridare vita agli immigrati avrebbe potuto significare anche riceverne,  permise a Riace di trasformare l’emergenza in un’opportunità.

Le case abbandonate da decenni sono state ristrutturate e riaperte. È stato creato il “Riace Village”, con l’obiettivo di privilegiare e di  valorizzare nell’interno un  turismo ecosolidale, ben più attento di quello costiero, alla conservazione e alla promozione della cultura locale. Sono state riaperte botteghe artigiane e create imprese edili miste. La scuola ha ripreso a funzionare e adesso può contare su ben 25 iscritti, di cui 15 figli di stranieri. Di serbi, di eritrei, di iracheni. E tutto è un po’ come se il mondo fosse racchiuso in una stanza. Senza tensioni e con l’orgoglio di tutti per i risultati conseguiti.

 

 
 
 

Una relazione finisce senza sprangare la porta. Ma è mai possibile?

Post n°1166 pubblicato il 05 Febbraio 2010 da review
 

Questa bella canzone di Federica, intensa e
vibrante nelle parole sottolineate da una
musica splendida, tratta il tema del post di oggi.
Quello della fine di una storia e della separazione

 

 

Magari oppure no

 Ancora una parola
prima di non dire niente
ancora una occasione
per sentirti così inconsistente
per sintomo di assuefazione
me ne starò in silenzio
non c'è comunicazione
esco chiudi a chiave
quando te ne vai

Intanto tutto fuori
continua a continuare
eravamo solo noi
quelli bravi a camminare insieme
affitterò una casa nuova
e forse non la vedrai mai
e in questa agitazione
senso del mio gesto
che non capirai

magari è meglio
stare un pò lontani
considerando che non siamo poi così vicini
magari è un male istantaneo che invece fa bene
credi che vale la pena e riprovi a sognare

Magari è un modo per ricominciare
e avrai qualcuno con cui potermi dimenticare
magari invece ci rincontreremo più grani
ci prenderemo per mano e non sarà troppo tardi

Magari oppure no
magari oppure no

Ancora una carezza
prima di non fare niente
ancora un'emozione
a provare che sei inesistente
mi comprerò un vestito nuovo
che non mi toglierai
e in questa agitazione
senso del mio gesto
che non capirai

Magari è meglio
stare un pò lontani
considerando che non siamo poi così vicini
magari è un male istantaneo che invece fa bene
credi che vale la pena e riprovi a sognare

Magari è un modo per ricominciare
e avrai qualcuno con cui potermi dimenticare
magari invece ci rincontreremo più grani
ci prenderemo per mano e non sarà troppo tardi

Magari oppure no

Magari è un modo per ricominciare
e avrai qualcuno con cui potermi dimenticare
magari invece ci rincontreremo più grani
ci prenderemo per mano e non sarà troppo tardi

Magari oppure no
magari oppure no oppure no

Magari oppure no
magari oppure no

"Magari oppure no" è il primo singolo della
cantautrice Federica Camba
, estratto dal suo
album d'esordio dal titolo omonimo, uscito
il 29 gennaio 2010.
Un disco metropolitano, ruvido, caldo ironico
e dolce.

 
 
 

MA COME PARLI? E LA RAI CHE FA?

Post n°1165 pubblicato il 02 Febbraio 2010 da review
 

 

Ascoltando Radio Rai e seguendo i programmi televisivi, ci rendiamo conto che i primi a utilizzare tranquillamente strafalcioni a iosa sono proprio i suoi dipendenti. Presentatori, speakers, giornalisti. Per non parlare degli errori di pronuncia! Eppure la RAI ha messo on line un'opera monumentale, tuttora "in progress": 129.000 voci (92.000 italiane e 37.000 d’altre lingue) da leggere trascritte. Seimila citazioni tratte da scrittori di ogni secolo e ascoltabili a corredo di singole voci italiane, cinquemila ore di registrazione nelle sedi della RAI di Genova, Firenze e Roma (un lavoro di quasi dieci anni). Questi i numeri del nuovo Dizionario Italiano d'Ortografia e di Pronunzia, un'operazione monumentale e ancora incompleta, come umilmente sottolinea il sito stesso. GUARDA. Perchè la RAI non inizia a dare il buon esempio, sottoponendo tutti i propri dipendenti, che hanno un rapporto diretto con il pubblico, a dei corsi adeguati?

 
 
 

MA COME PARLI?

Post n°1164 pubblicato il 01 Febbraio 2010 da review
 

 

 

Povera lingua italiana! A maltrattarla sono proprio tutti, nessuno escluso. Media, Radio e televisione, per non parlare del linguaggio usato nella maggior parte dei blog. Un disastro.

Vittime di un tale sconcio linguistico sono tanto la grammatica, quanto la sintassi, ma in questo post io desidero soffermarmi sull’uso della proposizione relativa e della forma passiva.

La forma passiva è ormai un oggetto misterioso per tutti. La proposizione relativa tutti la usano, ma quasi nessuno la usa in modo corretto.

Cerchiamo di capire il perché attraverso qualche esempio.

Il primo è tratto dal programma  “Mediterraneo, che va in onda nella tarda mattinata del sabato, sulla Rete Tre.

---     “Potrebbe dirmi le erbe che usano le donne?”

 La proposizione relativa è “che usano le donne”, il verbo è “che usano”, l’azione è quella dell’usare e l’azione dell’usare viene compiuta dalle donne. Sono proprio loro, infatti, a usare le erbe, e non viceversa. Ci si dimentica che nella frase italiana il soggetto precede il verbo, quindi nella proposizione relativa “che usano”, la parte del discorso con funzione di soggetto è proprio il “che”. Ma a quale termine si riferisce questo "che, questo pronome relativo, in quanto pronome, fa, ovviamente, le veci del nome, lo sostituisce. E qual è il nome sostituito dal pronome “che”? “Che” in questo caso sta per “le quali”: Potrebbe dirmi le erbe le quali usano le donne?”. Ed è chiaro che, in questo caso sono le erbe a usare le donne. Ma non abbiamo detto che l’azione dell’usare viene compiuta non dalle erbe, ma dalle donne? E pertanto qual è la forma corretta per esprimere questo concetto? Semplice. Bisogna usare la forma passiva. Ricorderete certamente che il verbo ha tre forme: attiva, passiva e riflessiva. Noi in questo caso dobbiamo usare la forma passiva. E come si fa? Ecco la frase corretta.

---      “Potrebbe dirmi (quali sono)
        le erbe usate dalle donne?”
In questo caso chi compie l’azione (le donne) viene correttamente espresso con un complemento d’agente (dalle donne).

ALTRI ESEMPI
DI PROPOSIZIONI
RELATIVE SCORRETTE

"L'unica maionese è quella che fa mia madre."
"Il servizio che ci ha inviato il nostro corrispondente."

Ma adesso sapete
già qual è la forma
corretta.
Ci scommetto!
E spero di essere stato chiaro.

 
 
 
 
 

INFO


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Data di creazione: 13/02/2007
 

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