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Ripartire dalle origini.

Post n°509 pubblicato il 17 Aprile 2008 da JonathanLivingston.G
 
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Bisogna ripartire dalle origini.
I Leader ed i militanti dei partiti di sinistra che sono stati espulsi dai loro stessi elettori dal Parlamento, e dei sindacati che si sono spenti non difendendo più i lavoratori, ma solo i propri interessi particolaristici, devono tornare a scuola. Devono tornare a ristudiarsi la storia del movimento operaio, delle Trade Unions inglesi, delle Società Operaie di Mutuo Soccorso, per capire che non basta una falce ed un martello gialli su campo rosso, per rappresentare le classi operaie.

Il mondo è cambiato. Le esigenze sono cambiate. La lotta secolare fra capitalisti ed operai non viene più percepita come lotta per la sopravvivenza come nel XIX secolo, ma viene vista, anche dagli operai, come qualcosa di antico.
I politici nostrani, una volta posti i propri deretani sulle poltrone del governo, non solo hanno dimenticato le proprie origini, ma hanno tradito milioni di elettori che avevano sperato in un cambiamento mai arrivato.

La debacle della Sinistra Arcobaleno e degli altri partiti che brandivano falce e martello, però, viene da lontano.

L'uomo per natura deve avere amici e nemici. Dalla rivoluzione industriale in poi la società fu divisa in capitalisti ed operai, con una grande fetta di contadini che erano quelli che oggi definiremmo "ultimi". Questi erano rappresentati dai sindacati e dai partiti socialisti e e comunisti che nacquero a partire dal XIX secolo.
Questo equilibrio in Italia resse, nel secolo scorso, sia dopo la scissione di Livorno del 1921, sia dopo il fascismo. I primi reali sintomi di rottura, causa dello sfascio odierno, a mio avviso, si ebbero dopo la caduta del Muro di Berlino e la svolta della Bolognina che sancì la scomparsa del PCI e la nascita di due sinistre (Pds e Prc) il mondo del lavoro iniziò a perdere i riferimenti. Non al livello di rappresentanza politica nelle stanze dei bottoni, ma al livello di partecipazione attiva, di militanza e di sicurezza data dall'appartenenza al "Partito". Un Partito che si è andato sciogliendo pian piano, il Pds, poi Ds, poi PD. E il Prc che ha generato ieri il Pdci, oggi Sinistra Critica, Pcl e Per il Bene Comune. Una frammentazione dettata da personalismi e discordie interne ai partiti vissute con distacco da un popolo che non trovava più riferimenti nella partitica. Dove c'era un partito oggi ce ne sono una miriade, dove c'era una sezione con degli amici fidati oggi c'è, magari, la sezione della parte di quel partito che si è distaccata e ha creato una formazione politica concorrente.

Mancano i riferimenti, manca una guida, manca un leader, manca la presenza sul territorio nazionale. La gente comune, quella che non arriva a fine mese, è stata abbandonata dalle varie costole dei partiti comunisti e socialisti, tutte impegnate a salvare il proprio giardino, perdendo così la fiducia e il rispetto dei propri elettori.

E questa tendenza, sebbene di livello nazionale, è ancor più evidente al nord dove gli operai hanno votato in massa Lega. Non per convinzione ma perchè la Lega ha trovato un nuovo nemico contro cui combattere. Dal capitalista all'immigrato.
La Lega, partito alleato del partito azienda di Berlusconi, naturalmente non poteva sventolare la bandiera dell'anticapitalismo, ed ha brandito quella del razzismo, spingendo gli "ultimi" di oggi ad una guerra tra poveri che rischia seriamente di far degenerare i rapporti fra italiani e stranieri più di quanto non lo siano.

Nelle Regioni rosse ha vinto, invece, il "voto utile" (che si è rivelato, evidentemente, devastante a sinistra), dettato dall'antiberlusconismo, e il non voto. Al Sud il Pdl ha sbaragliato tutti, fagocitando voti di tutte le classi sociali.

Il risultato di questo sfaldamento della sinistra italiana è stata la netta divisione del mondo del lavoro, che oggi va in ordine sparso e non si sente più rappresentato da nessuno al livello nazionale. Oggi, in Italia, si è svuotato di significato il marxiano "operai di tutto il mondo, unitevi!". Ed i sindacati sono scomparsi, sono frammentati, sono troppo legarti ai partiti, si accosciano ai "governi amici". Tradiscono gli operai ed i giovani siglando accordi come quelli del 23 luglio 2007 che santificano la precarizzazione del lavoro.

Credo si debba ripartire da qui, dal malcontento che ha generato lo scollamento del popolo della sinistra dalla sinistra stessa. Dalle malefatte dei partiti di sinistra e dei sindacati.

I lavoratori italiani, precari, operai, impiegati dipendenti, hanno bisogno di un grande partito di sinistra che li rappresenti e li difenda dai continui assalti dei capitalisti italiani, che hanno già scardinato l’unità dell’Italia che lavora, attraverso quella tv e quei giornali in loro possesso (non solo quelli propriamente Berlusconiani), che hanno fomentato odi razziali e paure da caccia alle streghe.

Un partito unito e coeso, presente da nord a sud, militante sul territorio con la missione di ascoltare ed aiutare le famiglie in difficoltà, i poveri cristi, gli operai.
Un partito scevro da personalismi che non segua le logiche di partito e di poltrona ma che risponda alle richieste degli ultimi del 2000.

In quanto al simbolo beh, se Diliberto e parte di Rifondazione credono che sia l'assenza di Falce e Martello ad averli penalizzati, la loro analisi è alquanto semplicistica e non tiene conto degli insegnamenti di uno dei più grandi rappresentanti del comunismo italiano, Enrico Berlinguer che gia nel 1978, intervistato da Scalfari, diceva:
"Non si rinnega la storia: né la propria, né quella degli altri. Si cerca di capirla, di superarla, di crescere. di rinnovarsi nella continuità".

 
 
 
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