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Post N° 115

Post n°115 pubblicato il 25 Marzo 2006 da stella_alpina72

Oggi ho ricevuto questa mail da un mio carissimo amico alla quale ho risposto e non potevo non farla leggere a quanti passeranno di qua...la inserisco perchè si rifletta, perchè si pensi, perchè si possa imparare a capire...insieme 

Ciao Lara,

ti scrivo solo due righe perché ho letto qualcosa sul tuo blog dove hai inserito il video che ti ho inviato, e che tra l’altro hai detto che eri già a conoscenza, ho visto che ci sono solo 18 commenti. Vedi Lara il motivo per cui ti scrivo stasera è legato ad un fattore molto importante, noi, io, tu, cerchiamo in qualche maniera di evidenziare delle cose molto importanti, queste cose importati sono legate all’Etica più che ai fatti che determinano questi tristi episodi, di politica e di guerre religiose, ma un po’ di tempo fa ti avevo fatto capire che a molte persone non interessa più di tanto il problema etico, interessa principalmente il pensiero puramente politico o religioso, come se l’etica non esistesse. Questo è uno dei motivi per cui un po’ di tempo fa mi sentivo da solo nelle mie battaglie. Ho visto e constatato che alla gente piace la superficialità, senza andare in profondità. Alle radici di questi fenomeni. È chiaro che mi riferisco agli ultimi sviluppi di corruzione tra Stato e chiesa cattolica, in quanto, come giustamente hai affermato più volte, non esiste uno Stato laico. E non esisterà mai, fino a quando la religione cattolica con la sua “egemonia politica”, lontanissima dal Vangelo di Gesù, prende il sopravvento sulle persone con dei falsi modelli etici. Questa ultima affermazione è un po’ da spiegare, ma forse sei già a conoscenza. Il vecchio modello della Democrazia Cristiana assieme al Vaticano, ha infuso nelle persone un fattore determinante, e cioè: se si vota per la sinistra si vota per il “diavolo”. A prima vista potrebbe essere una frase un po’ banale, ma se si va alle radici di questo fenomeno si capisce come e quanto la religione cattolica possa influire sul voto politico. La gente sa benissimo di Berlusconi e di tutte le sue manovre corrotte da un’ideologia di potere, ma preferisce non tradire alcuni principi che la religione cattolica detta in maniera molto categorica, senza sapere i risultati etici catastrofici che può provocare sulle persone. È un discorso molto complesso che parte dall’era dei Papi Ottoni I – II e tanti altri Papi corrotti dalla sete di potere che hanno portato pian piano un paese intero a non pensare con la loro testa. Mi riferisco in particolare ad uno Stato che dovrebbe essere Laico. Non ci può mai essere uno Stato Laico, fin quando ci saranno degli influssi di questa natura, perché la gente continua a pensare che votando la sinistra si è nel peccato. Non è una cosa banale, è una realtà oggettiva, per cui la maggioranza dei cattolici sono la forza attiva della deleteria destra politica, capeggiata da gente senza scrupoli e che approfittano di queste componenti per racimolare una grande percentuale di voti. Basta pensare al discorso che ha pronunciato il Cardinale Ruini per capire come la religione cattolica è impregnata di politica. Basta pensare a questo Papa, quando proibisce di votare per i referendum sulla procreazione assistita. Ecco questo è un esempio di come la religione cattolica agisce sulle masse, che a mio avviso è un modo deleterio per condizionare il pensiero di molti cittadini.

Piero Calzona IMPRESSIONI SOGGETTIVE

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Devo necessariamente dare una spiegazione più completa per quanto riguarda la mia precedente mail, relativa all’Etica, alla politica e alla Laicità dello Stato. Quali sono state le ragioni che mi hanno indotto a scrivere quello che ho scritto? Non è stata una semplice opinione! Ma fa parte di un lavoro che ho iniziato circa venticinque anni fa, con una ricerca; una sorta di libro on line, che sto pubblicando pian piano sul mio sito www.impressionisoggettive.it. Non mi dilungo più di tanto a spiegare le varie tappe di questo progetto, posso, sinteticamente, dire che la ragione principale è quella di capire come sta girando questo nostro mondo, cercando di evidenziare, con un’attenta analisi, le varie problematiche che stanno portando la nostra cultura verso una involuzione irreversibile.

 

Vorrei ringraziare di cuore quanti hanno partecipato a questo dibattito, su un tema cosi importante, con opinioni favorevoli o contrari. Ciò è molto positivo per un blog, perché ritengo sia un mezzo di comunicazione libero da ogni condizionamento, e attraverso una discussione democratica ci potrà essere una crescita culturale e una innovazione comunicativa basata soprattutto su elementi che si discostano dai soliti mass media, che tendono sempre di più a nascondere alcune verità.

 

Vorrei ringraziare con tanto affetto Stella Alpina 72, che mi ha dato la disponibilità di intervenire nel suo blog, con un tema che a mio avviso è determinante per il nostro futuro, ma vorrei ringraziarla soprattutto per la sua generosità, per il suo impegno, per la sua instancabile voglia di giustizia.

 

Questo è il link per collegarsi alla mia ricerca, il capitolo è: “Etica e Bioetica”.

http://www.impressionisoggettive.it/cultura_pagina_1.htm

Piero Calzona

 
Rispondi al commento:
attobrado
attobrado il 29/03/06 alle 16:16 via WEB
di CLAUDIO MAGRIS (Corriere della Sera del 6 dicembre 1998) Fra i numerosi equivoci che inquinano la discussione sulla scuola pubblica e privata c'è anche il frequente uso improprio del termine «laico», parola così ricca di significato e valore. Laico non significa affatto, come spesso ignorantemente si presuppone, l'opposto di «cattolico» e non indica, di per sé, né un credente né un agnostico o un ateo. Laicità non è un contenuto filosofico, bensì un abito mentale, la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che invece è oggetto di fede - a prescindere dall'adesione o meno a tale fede - e di distinguere le sfere di ambiti delle diverse competenze, ad esempio quelle della Chiesa e quelle dello Stato, ciò che - secondo il detto evangelico - bisogna dare a Dio e ciò che bisogna dare a Cesare. La laicità non si identifica a priori con alcun credo preciso, con alcuna filosofia o ideologia, ma è l'attitudine critica ad articolare il proprio credo filosofico o religioso secondo regole e principi logici che non possono essere condizionati, nella loro coerenza, da nessuna fede, perché in tal caso si cadrebbe in un torbido pasticcio, sempre oscurantista. In tal senso la cultura - anche una cultura cattolica - se è tale è sempre laica, così come la logica - quella di San Tommaso d'Aquino o di un pensatore ateo - non può non affidarsi a criteri di razionalità e così come la dimostrazione di un teorema, anche se fatta da un Santo della Chiesa, non può non obbedire alle leggi della matematica. I grandi pensatori religiosi hanno spesso dato esempi altissimi di questa chiarezza, di questa esigenza di rispettare la ragione e le sue frontiere. Uno dei più grandi laici che ho conosciuto è stato Arturo Carlo Jemolo, maestro di diritto e di libertà, cattolico fervente, il quale sapeva che il Vangelo può ispirare una visione del mondo e dunque muovere l'animo a creare una società più giusta, ma non può tradursi direttamente in articoli di legge, come pretendono gli aberranti fondamentalisti di ogni specie. Religiosissimo e radicalmente laico, Jemolo aveva un senso profondo e intransigente della distinzione tra Stato e Chiesa, tra ciò che spetta all'uno e ciò che spetta all'altra. Laicità significa tolleranza, dubbio rivolto pure alle proprie certezze, autoironia, demistificazione di tutti gli idoli, anche dei propri; capacità di credere fortemente in alcuni valori, sapendo che ne esistono altri, pur essi rispettabili. Laicità significa fare i conti con le scelte e con le rinunce implicite in ogni scelta, non confondere il pensiero e l'autentico sentimento - che è sempre rigoroso - con la convinzione fanatica e con le viscerali reazioni emotive. Essa costituisce una profonda moralità e si oppone sia al moralismo inacidito, sempre fazioso, sia alla disinvoltura etica. Laico è chi sa aderire ad un'idea senza restarne succube, impegnarsi politicamente conservando l'indipendenza critica, ridere e sorridere di ciò che ama continuando ad amarlo; chi è libero dal bisogno di idolatrare e di dissacrare, chi non la dà a bere a se stesso trovando mille giustificazioni ideologiche per le proprie mancanze, chi è libero dal culto di sé. Una volta mio figlio, vedendomi troppo coinvolto da un astioso attacco personale, mi rimproverò dicendomi: «Sii più laico!». Non solo il clericalismo invadente e intollerante, ma anche la dominante cultura o pseudocultura radicaloide e secolarizzata è l'opposto di questa laicità, in quanto è caratterizzata da un narcisismo petulante, smanioso di rivestirsi di una nobile aureola ideologica e di declamare nobili battaglie. Non c'è dozzinale avanspettacolo che non si prenda sul serio e non sia persuaso di svolgere una missione libertaria; tutti si sentono Galileo dinnanzi all'Inquisizione anche quando si limitano a innocue spiritosaggini. Questa pomposità è assai poco laica, al pari della bigotteria. I bacchettoni che si scandalizzano dei nudisti sono altrettanto poco laici di quei nudisti che, anziché spogliarsi legittimamente per il piacere di prendere il sole, lo fanno con l'enfatica presunzione di battersi contro la repressione. Il rispetto laico della ragione non è garantito a priori né dalla fede né dal suo rifiuto; molti di coloro che ridono della religione credono pacchianamente alle superstizioni più irragionevoli. E' dunque già un progresso che gli oppositori del finanziamento delle scuole private siano stati accusati - anche se a torto - di essere dei «laicisti», ossia è un bene che si cominci a distinguere fra «laico» e «laicista», termine usato per designare un'arroganza aggressiva e intollerante, opposta e speculare a quella del clericalismo. Esiste certo una spocchia di chi si crede più avanzato degli altri solo perché non professa alcuna fede - come se ciò bastasse a conferire apertura e libertà di pensiero - e guarda con sufficienza i credenti e i praticanti. Questa stolida sicumera benpensante, incapace di mettersi in dubbio e di confrontarsi con le lacerazioni dell'esistenza, è stata messa alla berlina una volta per tutte da Flaubert - che non era un credente - nell'immortale e imbecille figura di Homais, il farmacista ateo di Madame Bovary. Ma questo laicismo deteriore non si combatte, come si illudono - e talora burbanzosamente pretendono - taluni esponenti della gerarchia ecclesiastica, con la scuola privata. La preoccupazione della Chiesa di vedere misconosciuti o deformati i valori del cattolicesimo è giustificata, perché è sempre più diffusa una visione distorta e falsa di esso - per faziosità, per ignoranza da parte dei più e spesso per l'incapacità della stessa Chiesa di presentare il proprio messaggio in tutto il suo spessore, in tutta la sua forza e freschezza. I catechisti d'ogni ordine e grado dovrebbero imparare da scrittori cattolici come Bernanos e non cattolici come Joseph Roth che la fede non è un pudibondo abbassare gli occhi, ma un levarli diritti in alto, a guardare in faccia Dio, la vita, la carne fragile ma incantevole e gloriosa, l'Eros, la materia di cui si è fatti, la Medusa del male e della morte, l'ironia del destino, con fraterna fedeltà a ciò che si ama e picaresca sfida a ciò che incute paura, perché - scrive uno scrittore cattolico come Chesterton - se c'è qualcosa nell'universo che ci fa paura il nostro dovere è andare a stanarla e colpirla sulla bocca. In una pagina de I padri delle colline di Lorenzo Mondo, una ragazza tuffa la mano in una fonte d'acqua e ne getta, con tenero scherzo, uno spruzzo sul viso di un uomo che è innamorato di lei e che riceve quel gesto come un sacramento. Chi, anche non osservante o non credente, ha avuto una esperienza reale del cattolicesimo e di tanti suoi pastori di straordinarie qualità umane e intellettuali, sa quanto esso sia più ricco dell'immagine stereotipa, caricaturale o edificante, così spesso divulgata da molti suoi ignoranti avversari e da molti suoi inadeguati - in certi casi indecorosi - rappresentanti. Ma è possibile ritenere veramente che quel senso così forte della vita, di cui è pervasa la religione, possa essere appreso o difeso nel timoroso autoisolamento di una scuola confessionale? + ingiusto accusare di deteriore laicismo chi si oppone al finanziamento della scuola privata - è ingiusto per molte ragioni, ma anche perché essa non giova affatto a una formazione religiosa. Anzitutto - cosa ovvia, ma sempre più taciuta - non esistono solo scuole cattoliche e tutte le scuole private devono godere di eguali diritti, secondo la Costituzione, e dovrebbero godere di eguale sostegno, in proporzione ai loro iscritti. Fra le scuole religiose non ci sono soltanto quelle di altre grandi Chiese e fedi che - piaccia o non piaccia a qualche arrogante prelato -, nonostante il numero minore di fedeli, non hanno minore dignità della Chiesa cattolica nell'annuncio e nel messaggio della salvezza. In nome del desiderio dei genitori di far studiare i loro figli in scuole che si richiamano ai loro principi (religiosi, politici e morali), sorgerebbero scuole ispirate ai vari ciarpami occult istici che vanno diffondendosi sempre più, a conventicole bislacche e a ideologie di ogni genere. Ci sono certo genitori razzisti, nazisti, stalinisti vogliosi di educare i loro figli (a nostre spese) nel culto del loro Moloch; genitori che chiederebbero scuole in cui i loro rampolli non siedano accanto a condiscepoli meridionali. Nascerebbero probabilmente scuole sataniste, altre pronte a chiamare quali «esperti» cartomanti e maghi e così via. Sarebbe difficile fare distinzioni fra l'una e l'altra in termini di legge, anche quando la differenza apparisse evidente al senso comune, perché in democrazia, si sa, le teste si contano, anche quelle vuote e quelle disoneste, e d'altronde questo sistema rimane il migliore, visto che, come diceva Einaudi, l'unica alternativa a contare le teste è quella di romperle. Una società sempre più eterogenea vedrebbe un pullulare di scuole imprevedibili. Una scuola, è ovvio, deve essere efficiente e ci sono esempi di disastrosa inefficienza dell'insegnamento sia pubblico sia privato. A scuola in primo luogo si deve studiare e imparare, mentre negli ultimi anni o decenni si è purtroppo soprattutto blaterato in assemblee e organi collegiali, a spese della preparazione di docenti e studenti. Ciò premesso, mai come in questo momento è necessaria una scuola pubblica, ovviamente seria, laica e non laicista, che non forma - come è stato detto infelicemente dall'Osservatore romano - figli dello Stato e della Lupa, perché non inculca fedi o ideologie, bensì insegna nozioni e discipline, sul fondamento di quei valori comuni che sono la base e la premessa della vita democratica e ai quali si richiamano, in democrazia, tutti i cittadini, credenti e non credenti. Inoltre solo la scuola pubblica permette il pluralismo, che non consiste in un coacervo di ghetti reciprocamente isolati - in cui si ascolta una sola campana - bensì nel dialogo e nel confronto di opinioni, fedi e valori diversi. Ho avuto la fortuna di frequentare una scuola pubblica pluralistica e non faziosa, né anticlericale né clericale, in cui insegnanti e compagni professavano ed esprimevano idee diverse, senza che ciò diventasse l'alibi per trascurare il latino o la geografia; l'esperienza di quel confronto è stata essenziale per la mia maturazione e mi ha insegnato pure a rispettare la fermezza di chi testimonia la sua fede senza «rispetti umani», come dice la Chiesa, senza quei pusillanimi riguardi sociali che spesso ci rendono titubanti, quando siamo nella buona società, a dichiarare liberamente i nostri dèi. La vera fede non si rintana in una serra protetta, ma scende nelle strade, come Cristo e gli aspostoli, e questo lo si deve imparare da ragazzi, perché altrimenti non lo si impara mai più. Quei laici - fra i quali ci sono molti cattolici - che difendono la scuola pubblica difendono forse la religione meglio dei suoi zelanti avvocati.
 
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( dalla confessione di ACCRA)

 

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