Post n°16 pubblicato il 08 Dicembre 2014 da la_fenice00
Una botta di nostalgia. Dall’altra parte, invece, sull’Alzaia Naviglio Grande c’era il Bar Stazione, l’Osteria del Pallone, la risoteca L’isola Fiorita e, in Vicolo delle Lavandaie, El Brellin… e tanti altri posti dove ho passato parecchie ore e di cui non ricordo più il nome. È passato tanto tempo, la memoria vacilla un po’…E ancora, il Dylan Pub dove si beveva un drink verdastro chiamato zombie, e Al 113, un piano bar che diventò il nostro locale preferito per almeno tre, quattro anni.
Daitarn, Daitarn, Daitarn Daitarn 3 - I Micronauti |
Post n°15 pubblicato il 29 Novembre 2014 da la_fenice00
Alice “Per quanto tempo è per sempre?”
42.
Tutte queste luci
Un colpo all'anima - Ligabue
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Post n°14 pubblicato il 26 Novembre 2014 da la_fenice00
“Gli amici entrano ed escono dalla nostra vita come fattorini attraverso le porte girevoli di un hotel”
Un giorno ho fatto una considerazione: un grande dolore apre la mente e ti costringe a guardare le cose alle quali prima non davi importanza. Le persone, soprattutto. Ce ne sono alcune che ho rivalutato e altre che ho abbandonato al loro destino perché non mi danno niente. Non mi davano niente neanche prima, ma forse non me ne accorgevo, oppure non mi interessava saperlo. Adesso invece la separazione è netta. Tagliare i rami secchi. Sono noiosi, saccenti, fanno battute idiote, nessuno glielo chiede e ti raccontano i loro scazzi personali. Poi li incontri in corridoio e ti danno una pacca sulla spalla come a commiserarti, come se ti dicessero “Io ci sono”. Gli amici veri, invece, sono ben altro. Prima fra tutte D. l’unica tra i tanti sul lavoro a tendermi una mano quando ne avevo bisogno. Se non sono affogato è soprattutto merito suo. Mi ha fatto sentire considerato in un momento in cui ero completamente disconnesso dal mondo reale e da quel momento le cose hanno iniziato lentamente a cambiare. Non ha dovuto fare grandi cose, mi ha semplicemente invitato in mensa con il suo gruppo e per me è stato come rinascere. Ho ripreso a mangiare, a parlare con qualcuno, accennare a un sorriso. Poi sono arrivati gli inviti per Natale, le uscite serali, gli happy hour. D. la conosco da 25 anni e mi piace perché è una persona diretta che ti dice le cose in faccia e soprattutto perché sa esserci quando hai veramente bisogno. Se per caso ti comporti da stronzo non te lo manda a dire. Quando ha iniziato a invitarmi con la sua compagnia le ho detto “D. sei mia amica da venticinque anni, le cose me le puoi dire in faccia… non sei obbligata a invitarmi con i tuoi amici, non mi hai adottato. Se ti devi sentire in obbligo, non farlo. Se ti fa piacere chiamami, ma non farlo per pietà o per dovere” E lei rispose “Lo faccio perché mi sento di farlo, perché sei mio amico, non per obbligo” Quante volte mi è arrivato un suo sms durante una crisi serale, oppure una telefonata dopo che avevo appena smesso di piangere. Magari solo per augurare la buonanotte o per chiedermi come stavo… ma così importanti da avere il potere di riuscire a spezzare, anche solo per un momento, la catena del dolore e farmi sentire parte di questo mondo. Sono frasi, sono momenti, che uno non si scorda… Fuori dall’ambiente di lavoro ci sono A., M. e G. e ognuna di loro, a suo modo, mi ha aiutato a guardare avanti e rialzarmi tutte le volte che sono caduto. M. è mia cugina e vive sul lago Maggiore. Ogni giorno telefonava a F. prima in ospedale, poi a casa e infine alla Vidas. Mi è stata vicina fino all’ultimo, mi ha sentito piangere e bestemmiare durante le nostre lunghe telefonate della domenica sera. Mi ha consolato e mi ha sgridato, mi ha scosso quando ne avevo bisogno e mi ha mandato a fanculo quando era il momento di farlo. Non si è mai trincerata dietro il pietismo da due soldi, ma fin dall’inizio mi ha costretto a guardare la realtà ripetendomi tante volte “La F. non torna indietro, fattene una ragione. Vuoi che ti dica che domani torna a casa? Lo sai che non è così. Non torna più” Quante lacrime durante quelle telefonate! Ma mi è servito, avevo qualcuno con cui potevo parlare di F. potevo tirare fuori il mio dolore, potevo sfogarmi. G. la conosco da 15 anni, ci siamo conosciuti perché entrambi avevamo un cane che portavamo fuori prestissimo alla mattina. Per un po’ ci siamo persi di vista, poi ci siamo ritrovati in occasione del funerale di F. Adesso ci vediamo al sabato e alla domenica al parco con i cani, facciamo colazione insieme, ogni tanto una pizza alla sera. L’ho aiutata a sistemare il computer, le ho dato consigli su quale tablet comperare, le ho insegnato a usare facebook, siamo andati a fare qualche giro insieme. È perennemente incazzata con il mondo, ma dopo il quarto d’ora iniziale di scazzi contro l’intera umanità, torna normale e sa anche ridere. Mi ricordo che al funerale mi disse “Quando te la senti telefonami, io per te ci sarò sempre” Per uno come me, che vive la mia situazione, diventa importante sapere che alla domenica può contare su qualcuno che lo aspetta al parco per scambiare due parole, bere un caffé, decidere se uscire a mangiare una pizza. Spezza la monotonia, ti fa sentire vivo, ti aiuta a sopportare giornate che altrimenti sarebbero piatte. Una volta mi sedevo sulla panchina e piangevo disperatamente, completamente schiacciato dal senso dell’abbandono, adesso la storia è cambiata un po’. Queste persone, ognuno a modo loro, mi hanno raddrizzato tante giornate storte e senza saperlo mi hanno asciugato tante lacrime. Una telefonata, un invito, un consiglio… basta veramente poco per far sentire nuovamente considerata una persona che vive sulla propria pelle il senso dell’abbandono. Perché è questo che si prova quando si perde la persona amata. I punti di riferimento sui quali si è costruita la propria vita vengono annullati, ci si sente smarriti, incapaci di affrontare la realtà, tutto viene deformato e nulla appare più come era prima. Il dolore costringe a riflettere, a guardare le cose in modo differente, a prendere decisioni che mai ci saremmo sognati di affrontare. La vita, come si conosceva prima, non esiste più. Adesso c’è una nuova vita tutta da costruire, una nuova strada da percorrere senza però sapere dove ci porterà. È un cambiamento che investe ogni settore della tua vita, uno tsunami che ti scuote dentro l’anima, lasciandoti addosso la consapevolezza che alcune decisioni saranno dolorose per le persone che ti vogliono bene e altre ti renderanno impopolare agli occhi di molti. Ma non mi interessa, a costo di diventare antipatico non torno sulle decisioni prese. Una volta che si è superata la linea di non ritorno si può solo andare avanti, costi quel che costi.
Il mio secondo tempo - Max Pezzali
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Post n°13 pubblicato il 04 Agosto 2014 da la_fenice00
Tengo la televisione accesa anche se non la guardo. Spesso faccio altro, scrivo, navigo in rete, leggo. Ogni tanto sollevo lo sguardo verso lo schermo, seguo per un momento la trasmissione, poi torno a occuparmi delle mie faccende. È una compagnia, un dolce sottofondo che mi aiuta anche a dormire. Qualche tempo fa, non ricordo il canale e nemmeno se fosse un film o altro, ebbi modo di sentire questo dialogo, due semplici battute scambiate tra una donna e un uomo: “Perché ci hai messo tanto?” Restai folgorato, tanto che le trascrissi subito sul notes per non dimenticarle. C’era dentro una storia, anche se ancora non riuscivo a vederla e in più mi suggeriva l’idea del viaggio. C’era qualcuno che aspettava e qualcuno che era arrivato in ritardo perché si era perso. Mi piaceva. Tutti abbiamo qualcuno che ci aspetta, qui o altrove, e tutti abbiamo una meta nella nostra vita e può capitare di perdere l’orientamento. Più recentemente mi sono imbattuto in una canzone di Alberto Fortis del 1979, “La sedia di lillà”. Bella e triste ha fatto subito breccia nel mio cuore perché tocca alcuni argomenti che ho vissuto personalmente. Ognuno ci può vedere quello che vuole, darle il senso che preferisce, io le ho dato il mio e l’ho subito associata a quelle due battute sentite in TV tempo fa. Qual è il nesso? Eeh… quello che preferite, naturalmente. Buona vita, e alla prossima chi vuole.
Stava immobile nel letto, con le gambe inesistenti La sedia di lillà - Alberto Fortis |
Post n°12 pubblicato il 01 Luglio 2014 da la_fenice00
Domenica sera. Happy hour nel solito locale. Gruppo di sette persone, i soliti affezionati. Chiacchiere in libertà e foto di rito che finiranno su facebook. Le donne si fotografano le scarpe, non ho mai capito il perché. Foto dei cocktail, foto del cibo. Sono seduto vicino a D., mia amica da venticinque anni. Conosce tutta la mia storia, quello che ho passato e quello che ho dentro. Una delle poche persone che mi è stata veramente vicino. A un certo punto mi dice “Perché non provi con i siti d’incontri? Non devi per forza trovare quella da scopare, ma tanto per conoscere qualcuna, poi magari ci esci. Fossi in te ci proverei” Il giorno dopo cerco su google ”Supermercati per single” e qualcosa viene fuori Alcuni anni fa, l’Esselunga di viale Papiniano si era guadagnata la nomina come luogo d’incontro per single perché ci bazzicavano alcune modelle, ma ha più l’aria di essere una leggenda metropolitana. C’è anche un articolo di Donna Moderna che spiega come riconoscere il single maschio che fa la spesa. Orario tra le 19 e le 20, dopo il lavoro Niente carrello, ma cestello pieno a metà di confezioni monodose, merendine e dolciumi. Niente pannolini e assorbenti perché indicatori di famiglia. Assenza di verdura e frutta perché cibi deperibili. Ma dai! Provo anche a tornare su Badoo, alcune foto e commenti si possono vedere anche senza essere iscritti. Comincio il tour. La fauna è sempre quella, trans, gente offline da tempo, ritratti photoshoppati, commenti da bar, un sacco di selfie di uomini con gli addominali in bella mostra e nickname che sono un programma: Succhio, Lingua di Velluto, Verotrans, Donnatrav (starà per travestito?) E poi molte straniere, brasiliane, dell’est, nere.
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Post n°11 pubblicato il 27 Maggio 2014 da la_fenice00
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Post n°10 pubblicato il 07 Maggio 2014 da la_fenice00
"Abbracciami. Stringimi forte" (F.)
Ci sono gesti che toccano il cuore.
Una telefonata quando hai avuto una giornata storta, un SMS con scritto “ti voglio bene”, un invito a uscire quando il mondo sembra essersi dimenticato che esisti, una carezza che ti asciuga le lacrime. Tanti gesti, ciascuno con il proprio significato, ma uno è in assoluto quello che ti fa sentire più considerato, quello che fa la differenza, che ti fa sentire ancora vivo. Un abbraccio. Abbracciare qualcuno significa accoglierlo, sostenerlo, non farlo sentire solo. Un abbraccio annulla la distanza. Un abbraccio può salvare la vita. A volte
Life on Mars - David Bowie |
Post n°9 pubblicato il 15 Aprile 2014 da la_fenice00
Un giorno mi è girato per la testa di iscrivermi a una chat. |
Post n°8 pubblicato il 22 Febbraio 2014 da la_fenice00
Un giorno in metropolitana ho visto una coppia. Erano in piedi e parlavano tra loro, forse si raccontavano come avevano trascorso la giornata, oppure facevano progetti per la serata, poi quando il vagone si è svuotato si sono seduti ciascuno su un lato della carrozza e di colpo sono diventati due estranei. Li guardavo mentre giocavano con i loro cellulari, mentre facevano scorrere le schermate con il dito, mentre messaggiavano, chattavano o leggevano chissà che. Avevano smesso di guardarsi e di parlarsi, stregati da quell’oggetto con il quale potevano condividere tutto tranne una cosa: il loro cuore. Li avrei presi a sberle, avrei voluto gridare loro “Parlatevi! Guardatevi negli occhi e parlatevi. Fatelo, finchè potete, finchè avete chi vi ascolta. Condividete le vostre emozioni tra di voi, ditevi qualunque cosa, ma parlatevi” |
Post n°7 pubblicato il 05 Febbraio 2014 da la_fenice00
Vi è mai capitato di camminare con l’ombrello aperto, accompagnando al braccio una donna più bassa di voi e che calza scarpe con i tacchi di 15 cm? Sarete ingobbiti, con le spalle doloranti, completamente inzuppati e vi verrà il mal di mare cercando di mantenere il passo ondeggiante di lei.
Provateci e mi saprete dire…
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Post n°6 pubblicato il 24 Gennaio 2014 da la_fenice00
Può capitare che si debba partire per un viaggio. Non lo hai programmato, non hai nemmeno voglia di partire, ma improvvisamente ti ritrovi in mano il biglietto. La vita ha deciso per te e non puoi fare altro che preparare la valigia e prendere il tuo treno. Non conosci la destinazione, l’unica cosa che sai è che sarà un viaggio lungo. Avrai tutto il tempo per pensare alle cose che hai perduto, ti sentirai fragile e piangerai. Urlerai il tuo dolore nella notte, mentre il treno viaggia verso la sua ignota destinazione. Ti sembrerà di impazzire e implorerai mille volte di morire. Sarai solo come non lo sei mai stato e disperato per ciò che hai lasciato. Maledirai Dio, la vita e il destino e piano piano ti trasformerai. Farai i conti con i tuoi pensieri e alcuni di essi ti spaventeranno. Guarderai nell’abisso e lascerai che l’abisso guardi dentro di te. Cambierai modo di vedere le cose, imparerai nuove abilità, riconsidererai le persone che ti sono state accanto. Farai delle scelte, alcune giuste, altre sbagliate. Finché un giorno il treno rallenterà la sua corsa e sarai finalmente giunto alla tua destinazione, consapevole di non essere più la persona che eri quando partisti. Sei cambiato. Sei pronto. Io sono ancora in viaggio… |
Post n°5 pubblicato il 19 Gennaio 2014 da la_fenice00
“Guarda come brilla quella stella nel cielo"
Era l’estate del 1995, il tempo delle passeggiate sui Navigli e della lemonsoda sui barconi. |
Post n°4 pubblicato il 27 Dicembre 2013 da la_fenice00
L’onda e il mare Un giorno l'onda chiese al mare: "mi vuoi bene?". Ed il mare le rispose: "Il mio bene è così forte che ogni volta che t' allontani verso la terra io ti tiro indietro per riprenderti tra le mie braccia. Senza te la mia vita sarebbe insignificante. Sarei un mare piatto, senza emozione. Tu sei l' essenza del mio esistere." L'onda fu felice tra le braccia del mare, facendo finta ogni volta di volare via, per dare quel senso di precarietà alle cose, per renderle preziose. Ed ogni volta il mare la riprendeva con le sue braccia grandi, per riportarla a sé. Raccontano che una notte la luna illuminava il mondo e l'onda bianca lentamente, in un ballo infinito, scivolava tra un prendersi e un lasciarsi col mare che stendeva le braccia per poi ritirarle, facendo finta a volte di non poterlo fare, perché l'onda potesse assaporare anch' essa quella precarietà che rende le cose preziose. L'onda ed il mare sono ancora lì, nel gioco infinito delle emozioni. E fanno finta che sarà l'ultima volta che l'onda partirà verso la terra, per non tornare più, ma poi, alla fine, è più forte su tutto il bisogno di riprendersi. Nel sogno di un bene senza fine. (Tony Kospan)
Oggi ho approffittato per fare un po’ di pulizia tra le mie cose. Appunti, bollette pagate, estratti conto della banca… ho messo via tutto. Una volta c’eri tu che tenevi in ordine. Ho sistemato anche i cassetti del tuo comodino, dove adesso metto la posta e tutte quelle cose in attesa della loro giusta collocazione. Ci sono dentro le tue foto, le chiavi di casa che usavi tu, un numero della Settimana Enigmistica di marzo, quando ancora ci divertivamo a risolvere insieme gli schemi. Poi mi sono messo sul letto, ho acceso una sigaretta e ti ho pensato. Mi manchi amore, in un modo che toglie il respiro, e non ho potuto fare a meno di tornare all’ultimo Natale, quando eri felice perché gli esami erano risultati negativi. Forse il periodo più bello durante la malattia, quando ancora ci credevamo.
A te - Jovanotti |
Post n°3 pubblicato il 24 Dicembre 2013 da la_fenice00
Si è rotta la fotocopiatrice in ufficio, cazzo! Non è bello avere 25 persone incazzate che ti bussano alla porta perché la fotocopiatrice non funziona… anzi, la fotocopiatrice funziona, è l’alimentatore automatico che fa i capricci, sicchè le fotocopie vanno fatte una alla volta e il fronte-retro non funziona. Colleghi viziati, ma tant’è… così mi ritrovo a dover scegliere se affrontare una folla inferocita o telefonare al call center della Xerox. Interagire con il centro servizi della Xerox mi fa sentire un brivido lungo la schiena. Ho già il panorama: voce metallica e cinquanta opzioni da scegliere, numeri di serie da inserire attraverso il tastierino del telefono e finalmente si viene messi in contatto con una voce umana. Roba da perderci mezz’ora, se va bene. -Pronta? Songa Irina. In cosa vuola essere utile, signore? Ecco. Parlare con la Xerox è come telefonare a un telefono erotico con operatrici dell’est. Non si capisce una beneamata cippa. -Eh? -Dica, signore. Che cosa che vuola? -Buongiorno. Abbiamo la fotocopiatrice guasta, l’alimentatore automatico… -Lei ha vicino macchina di fotocopie? -No, è in corridoio. Comunque si tratta dell’aliment… -Lei faccia come io dice. Va dalla macchina di fotocopie, apre sportello e vede… Comincio a spazientirmi. Questa qui, questa Irina dall’italiano maccheronico, non ascolta -Senta, io non sono un tecnico, è inutile che dice a me cosa devo… Ma Irina è un rullo compressore, le hanno insegnato come trattare anche i clienti più ostici, figuriamoci se si lascia impietosire dalle misere lamentele del sottoscritto -Ascolta signore, va e guarda se pezzo con rotella dove c’è quadratino arancione e spingi. Poi mi dici se inceppa ancora. -Eh? -Signore, tu va! Vado. Faccio il corridoio smadonnando come il miglior Montalbano. Arrivo davanti alla fotocopiatrice, la guardo con aria di sfida. Sollevo il coperchio dell’alimentatore, pigio l’ingranaggio incriminato e richiudo con forza. SDENG! Faccio una fotocopia… FRRPPT! La carta si inceppa tra i rulli. Torno da Irina. -Pronto. La carta continua a incepparsi. Magari un tecnico sarebbe… -Io capito guasto. Io manda pezzo che tu cambia, signore. Seee… mica sono pagato dalla Xerox, io -Non sono un tecnico- cerco di spiegare per l’ennesima volta a Irina, ma la solerte operatrice comincia ad alterarsi -Signore, io detto che manda pezzo con istruzioni. C’è disegno, facile da cambiare. Tra due giorni arriva pezzo sostituto. Buongiorno. Sì, buongiorno stò cazzo! Due giorni dopo arriva puntuale il pezzo. Apro il pacco, dentro trovo un ingranaggio composto da tre rotelline sovrapposte e un foglio con le istruzioni. Che faccio, affronto la fotocopiatrice da solo come Gary Cooper affronta i banditi in Mezzogiorno di Fuoco? Nemmeno per idea, urge un supporto morale. Chiamo un collega che è consigliere di condominio, supponendo che qualche lavoretto l’abbia fatto… una lampadina delle scale da cambiare, la neve da spalare dalle rampe dei box, insomma uno che abbia il know how. Io leggo le istruzioni, il collega opera. È lui quello che ha le mani d’oro. -Aprire il coperchio dell’alimentatore automatico. Aperto. -Sollevare il cestello che contiene l’ingranaggio. Sollevato. -Togliere il pezzo da sostituire. Tolto. A questo punto delle istruzioni c’è il disegno di un orecchio. La fotocopiatrice dovrebbe emettere un suono, un rassicurante beep per informarci che tutto è stato svolto a regola d’arte. Ci guardiamo perplessi. Nessun suono. Brutto segno. Proseguiamo -Sostituire il pezzo e abbassare il cestello. Eseguito. -Chiudere il coperchio dell’alimentatore automatico. Fatto. Altro disegno dell’orecchio, ma questa volta…beep beep… Siamo commossi, la fotocopiatrice suona! Ci scambiamo strette di mano e pacche sulle spalle come se avessimo vinto la maratona di New York. Prendo un foglio, lo infilo nell’alimentatore, pigio il tasto invio e… FRRPPT! Si inceppa ancora. Ergo, il guasto non dipende dal pezzo sostituito. -Minchia! -Straminchia! Ripetiamo l’intera operazione da capo, nel caso avessimo sbagliato qualcosa. Apri, solleva, spingi, chiudi, infila foglio. FRRPPT!!. Echecazzo! Dall’ascensore sbuca un collega del 22° piano. Ci vede armeggiare intorno alla fotocopiatrice con aria dimessa e ci domanda -Cosa state facendo?- Gli spieghiamo tutta la faccenda mentre ripetiamo l’intera manovra di sostituzione del pezzo davanti ai suoi occhi, imprecando come un camionista in coda al casello del Brennero. A questo punto il collega del 22 ha un’intuizione e schiaccia un pezzetto di plastica che pende dal coperchio dell’alimentatore -Prova adesso- dice con la sicurezza di un meccanico di Formula Uno. Infilo un foglio, schiaccio invio e magicamente non sento nessun rumore di carta straziata dai rulli, nessun FRRPPT, il foglio si adagia dolcemente nel vassoio portadocumenti. Ci guardiamo negli occhi come se avessimo assistito a una magia di David Copperfield. -Riproviamo- dico io, che sono come san Tommaso. Metto un foglio e stavolta un rumoraccio di carta appallottolata giunge dalla fotocopiatrice come il lamento di animale ferito. -Ok, ho capito- dice il collega che fa il consigliere di condominio. Mette una mano sul coperchio dell’alimentatore automatico, infila un foglio e la fotocopia esce sul vassoio -Quel pezzetto di plastica è il sensore che legge il passaggio del foglio, basta tenere pigiato il coperchio mentre si fa la fotocopia e funziona. Non ci credo. Infilo un foglio senza mettere la mano. FRRPPT! Infilo un foglio con la mano sul coperchio e tutto fila liscio. Tutto qua? Possibile? Mentre ancora non mi capacito della riuscita dell’impresa, il mio collega ha preso un foglio di carta e con un pennarello ha scritto -QUANDO SI USA L’ALIMENTATORE AUTOMATICO TENERE PREMUTO QUI- Poi lo ha attaccato con lo scotch sul coperchio. Alla faccia della Xerox. Tiè! Alla prossima, chi vuole. |
Post n°2 pubblicato il 06 Dicembre 2013 da la_fenice00
Ci sono persone che vivono in una bolla di dolore. Apparentemente fanno una vita normale, lavorano, sbrigano le proprie faccende, qualche volta escono con gli amici. Quando ne hanno l’occasione ridono e scherzano, ma se le guardi attentamente negli occhi vi puoi leggere la tristezza più profonda e la voglia di smettere di combattere perché hanno già perso tutto. Sono quelle persone che dall’oggi al domani si sono ritrovate tra le mani i cocci di un’esistenza andata in frantumi. Una malattia, uno schianto in auto, una disattenzione da parte di qualcun altro, una disgrazia e una persona cara non c’è più. Spazzata via. Andata. Cancellata per sempre. Un genitore, un figlio, un coniuge, e la vita cambia bruscamente direzione. Queste persone si ritrovano improvvisamente da sole con l’unica consapevolezza che la vita non sarà più quella di prima. Queste persone soffrono in silenzio e piangono quando nessuno le vede e parlano… parlano con chi non c’è più perché non vi è nessun altro che possa ascoltarle. Eppure ogni giorno queste persone affrontano la vita con dignità, anche se vorrebbero morire per smettere di soffrire, indossano una maschera e si gettano nella loro quotidianità cercando di tenersi impegnate per non pensare, perché i ricordi fanno male e possono uccidere poco per volta. Ci sono anche altre persone, che pure loro vivono in una bolla di dolore, perché devono accudire un loro caro colpito da una malattia progressiva che spegne la vita poco alla volta. Queste persone hanno tutto il tempo per vedere un genitore, un figlio, un coniuge, perdere la propria dignità di essere umano. Lo vedono inchiodato in un letto, incapace di nutrirsi, con i tubi che escono da un corpo che non è più quello di una volta, completamente disconnesso dal mondo… ma vivo, perché il cuore continua a pompare fregandosene della pietà e della misericordia. Queste persone hanno la giornata scandita dagli orari per somministrare le medicine, non sanno cosa voglia dire partire per una vacanza o passare una serata con gli amici e hanno sempre la speranza di notare il movimento impercettibile di una mano o lo sbattere di una palpebra per tornare a credere. Tutte queste persone sanno che ogni giorno che Cristo manda sulla terra sarà un giorno duro come la pietra. Queste persone sono state prese a schiaffi dalla vita, gli eventi le hanno trasformate indurendo il loro carattere ma rendendole anche più sensibili. Queste persone le trovi sempre in piedi, con lo stesso coraggio e determinazione di sempre, pronte a combattere per se stesse e per chi non può più farlo. Ed è questo che fa la differenza. Mary, questo post è per te. Ti voglio bene. Alla prossima, chi vuole. |
Post n°1 pubblicato il 03 Dicembre 2013 da la_fenice00
Mental coach, life coach, personal trainer… e chi più ne ha, più ne metta. Oggi siamo pieni di figure che hanno un solo scopo: quello di aiutarci a sfondare nella vita, sia personale che lavorativa, dotarci di un ego spropositato e motivarci su tutto lo scibile umano. Vogliono trasformarci, rivoltarci come un calzino e alleggerire il nostro portafoglio… Una cosa però mi mancava: il maestro di seduzione. Durante le mie scorribande notturne su internet mi sono imbattuto in alcuni siti che si propongono di trasformarci in armi di seduzione di massa, veri latin lover capaci di far innamorare una donna in cinque minuti e di portarsela a letto in un’ora. Incuriosito, mi sono iscritto alla loro mailing list e in breve tempo mi sono trovato tempestato di mail, leggendo le quali mi si è aperto un mondo. Ho scoperto che esiste l’approccio a caldo e a freddo, ho imparato le frasi migliori per conoscere una donna, le regole del contact-eye, la base del rapport, come sviluppare l’energia maschile e l’inner game. E ancora, come riconquistare la ex, come fare colpo su Facebook e come gestire una relazione con gli SMS. E io che ero rimasto alle serenate e ai mazzi di fiori… Nulla di più sbagliato! Il vero uomo non fa lo zerbino, non fa l’amicone di turno, non si mostra gentile e galante. Il vero uomo gestisce la situazione, coltiva la sua energia maschile e lancia stuzzicanti messaggi sessuali, porta avanti il rapport e poi fissa la chiusura. Sì, sì, proprio così. Fare sesso con una donna è definito “Chiusura”! Il target di questi guru della seduzione è rivolto ai ragazzi con un’età compresa tra i 15 e 25 anni, almeno leggendo i commenti alle mail, ma gli autori ci tengono a precisare che essere seduttivi non serve solo a essere più spigliati con le donne, ma aiuta anche nella vita in generale, perché aumenta la propria autostima e ci fa essere più sicuri e vincenti. Pensa un po’, mia moglie l’ho conquistata spostando una sedia al ristorante per farla accomodare al tavolo. Si vede che sono proprio antico. Ovviamente c’è tutto del materiale da comprare per approfondire gli argomenti trattati nelle mail. Ebook tipo “Come vincere la timidezza” e “Sicuro di te in 60 giorni”, corsi di formazione, file audio e anche attestati di raggiunta motivazione. Chi ne esce a pezzi, secondo me, sono le donne, descritte come facili prede pronte a cadere imbambolate tra le braccia del “vero uomo” di turno. Donne catalogate con numeri da 1 a 10, del tipo Ragazza 9 uguale a super gnocca… Non oso immaginare come sarà una Ragazza 10, forse una dea, forse Venere uscita dal mare. Ho visto un video, dove spiegavano come slacciare i jeans di una ragazza senza che questa se ne accorgesse… insomma, pure tonte. Sarà, ma per me non esistono tecniche specifiche per conquistare una donna, basta essere se stessi, con i propri pregi e i propri difetti e quando scatta quella strana alchimia chiamata amore tra un uomo e una donna, mi da fastidio pensare che tutto possa essere stato pianificato a tavolino. Sarebbe tanto triste se fosse realmente così. Alla prossima, chi vuole. |
Benvenuti nel mio blog.
Quello che scrivo prende spunto da quello che vedo e sento intorno a me, dalla vita e dalle occasioni che essa ci offre. Alcune sensazioni girano un pò per la testa e svaniscono, altre si concretizzano, prendono corpo e diventano storie.
Il mio motto è post fata resurgo, perchè sono morto e risorto dalle mie ceneri e anche questa è una delle mie storie, una delle tante.
Potete fermarvi a leggere, se vi piace, oppure passare oltre. Non mi sentirò offeso e non verrò a bussarvi a casa per rendermene conto. Sentitevi liberi di scegliere, io sarò sempre qua ad aspettarvi perchè... io sono la Fenice.
I testi sono miei, tutto il resto viene dalla rete. Prima di mandarmi i carabinieri a casa per violazione del copyright, avvisatemi e rimuoverò il materiale.
Inviato da: ambrosiadossi88
il 25/08/2016 alle 11:41
Inviato da: Manuel
il 18/04/2014 alle 00:00
Inviato da: Clotilde
il 22/02/2014 alle 23:26
Inviato da: MARINA PROSERPIO
il 30/12/2013 alle 20:27
Inviato da: slatter
il 19/12/2013 alle 13:25