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ANGOLO DELLO STERMINATORE

ULTIMA FRASE DELLO STERMINATORE

Niente che possa essere fatto con la volontà umana è utopico

VECCHIE FRASI DELLO STERMINATORE

Lo sterminatore odia essere aiutato dagli alleati, vuole essere sempre da solo sul campo

Lo sterminatore o e testa o e croce: non conosce le vie di mezzo

NUOVE FRASI DELLO STERMINATORE

Lo sterminatore è sempre in prima linea nel mediare tra due parti, ma guai a loro se non trovano un accordo...

Bisogna essere duri senza perdere mai la tenerezza (Ernesto Che Guevara)

Questa frase dell'indimentacabile Che Guevara l'ho presa a modello x il mio stile di vita... Duro e determinato nell'affrontare le varie prove della vita, ma senza dimenticare la tenerezza che rende chiunque una brava persona (se non bleffa...), e solo con chi se lo merita esco la tenerezza, occhio quindi a non farmi saltare qualche nervo di troppo...

La verità è sempre rivoluzionaria!

 

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UN NUOVO VENTO DI LOTTA IN EUROPA

Post n°915 pubblicato il 23 Marzo 2009 da sterminatore1986

NOTE DELLO STERMINATORE PRIMA DELLA LETTURA: Il Partito di Alternativa Comunista (PdAC) l'ho seguito da vicino per un anno e, nonostante quello che scrivono e propagandano sia giusto, sono chiusi sulle loro posizioni e non vogliono assolutamente discutere con tutti i partiti e movimenti comunisti l'ipotesi di creare un'unico immenso partito comunista. Dicono sempre: Con quelli no, sono settari, non sono trozkisti, stalinisti, maoisti, castristi, che guevaristi... Questo continuo additare gli altri tutto il brutto e il torto e a loro il giusto è sbagliato... Invece di accusare tutto e tutti e rinchiudersi sulle loro posizioni, bisognerebbe sedersi tutti attorno ad un tavolo, e discutere su quali siano i veri principi del comunismo (Ovvero basarsi solo su Marx, Engels e Lenin come padri del comunismo) e al limite aggiungerci personaggi che hanno seguito, diffuso e applicato il loro pensiero come Che Guevara e Gramsci... Su tutti gli altri c'è da fare un'analisi approfondita per vedere chi può essere veramente citato come vero comunista e chi ha usato il nome comunismo solo per applicare una dittatura personale... Da queste basi si dovrebbe partire, basta scissioni, individualismi e mini-gruppi e mini-partiti che non hanno alcuna efficacia nella vita di tutti i giorni... VOGLIAMO UNIRCI VERAMENTE? E ALLORA NON PERDIAMO TEMPO E COMINCIAMO A FARE QUELLO CHE HO SCRITTO IN QUESTO BREVE ARTICOLO!

Le prime ricadute politiche della crisi economica.
In Islanda e Lettonia i lavoratori assaltano i parlamenti
 
 
 
 
di Elder Rambaldi
 
 
L'attuale crisi economica di portata mondiale sta già provocando nella sfera politica i primi  effetti, conseguenza della scesa in campo della lotta dei lavoratori e delle masse popolari. Questi ultimi infatti sono i soggetti su cui i governi, le banche ed i padroni riversano la crisi; le politiche si traducono, in generale, in un peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro: perdita del posto di lavoro, perdita del potere d'acquisto dei salari, peggioramento delle tutele, taglio dei servizi. Ciò che fa crescere la disponibilità dei lavoratori a scendere in piazza, come appunto stiamo vedendo in Italia e in Europa.
La crisi sta colpendo in maniera pesante l'Europa, quella più avanzata industrialmente ma anche quella orientale. Le risposte della classe lavoratrice cominciano a farsi sentire: in Italia è stata ampia la partecipazione allo sciopero generale del 12 dicembre e allo sciopero dei metalmeccanici e dei lavoratori del settore pubblico del 13 febbraio; in Francia si sono svolte manifestazioni di salariati che, per il numero, non si vedevano da vent'anni (anche in Gudalupa sono sorte lotte);  in Spagna ed in Portogallo sono soprattutto gli insegnanti e gli studenti a portare avanti la lotta; anche in Irlanda si stanno svolgendo grandi manifestazioni dei lavoratori e ci sono casi di occupazione di fabbriche; in Inghilterra si verificano grandi scioperi “selvaggi” degli edili e dimostrazioni di solidarietà tra lavoratori; in Bulgaria a metà gennaio si sono svolte manifestazioni, con scontri con la polizia, per protestare contro il malessere dovuto alla mancanza del gas e ai gravi problemi di corruzione del Paese; la Grecia, con i fuochi e con con gli scontri contro la polizia dei mesi scorsi, le molotov contro il parlamento borghese, rappresenta il punto più avanzato della lotta della classe lavoratrice e dei giovani rivoluzionari in Europa.
Spesso però sono proprio i sindacati concertativi e riformisti a limitare la lotta o addirittura a fermarla: in Spagna le centrali sindacali boicottano gli scioperi e le manifestazioni indette dai sindacati di base; in Inghilterra le Trade Unions, assieme ai media, strumentalizzano le lotte facendole rientrare in una prospettiva nazionalistica; in Italia, e negli altri Paesi, i sindacati che guidano le lotte non vogliono far accrescere la coscienza dei lavoratori, portarli verso una lotta veramente efficace e verso uno scontro frontale contro la classe nemica.
Abbiamo dedicato altri articoli su questo sito alle lotte in Spagna, Portogallo, Francia, ecc. Stavolta ci soffermiamo su due lotte esemplari su cui si è letto poco in Italia: Islanda e Lettonia.
 

Islanda: parlamento accerchiato, cade il governo
 
 
Nello scorso ottobre scoppia una forte crisi economica in Islanda, un piccolo Paese che conta appena 300 mila abitanti. Dopo il fallimento della famosa Lehman Brothers statunitense, una bolla speculativa fa collassare le tre principali banche dell'Islanda e con esse i milioni di dollari di investitori europei. Il valore della moneta scende in picchiata e l'inflazione arriva oltre il 20%, il 70% delle imprese fallite creano un repentino aumento della disoccupazione.
Dalla data del tonfo economico inizia una serie crescente di mobilitazioni delle masse popolari, si arriva a metà gennaio con un'imponente manifestazione (considerate le dimensioni del Paese) a Reykjavik che accerchia il Parlamento e riesce a far cadere il governo liberal-conservatore (formato dal Partito di Alleanza Socialdemocratica e dal Partito dell'Indipendenza) guidato dal conservatore Geir Haarde. Scontri con la polizia e partecipazione così ampia non si vedevano dal 1949, quando l'Islanda entrava a far parte della Nato.
L'Islanda, prima della crisi, era considerato un Paese tra i più fiorenti e i più agiati d'Europa, le politiche di liberalizzazione finanziaria avevano attratto i finanziatori e speculatori internazionali.
L'Islanda è molto legata economicamente agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna, ai Paesi scandinavi e alla Danimarca. E' uno dei pochi Paesi a non possedere un proprio esercito, la protezione del suolo e dei cieli è affidata agli Stati Uniti d'America.
Dopo la nazionalizzazione delle banche e il prestito dal Fondo Monetario Internazionale di 6 miliardi di dollari (condizionato da tagli alla pensioni e alla spesa pubblica) il Presidente del Paese ha invitato alla formazione di un nuovo governo composto da forze socialdemocratiche (Partito dell'Alleanza Socialdemocratica e Movimento della Sinistra-Verde) con primo ministro l'ex ministro degli affari sociali Sigurdardottir, fino alle prossime elezioni del 25 aprile. L'intenzione del neo primo ministro è quella di traghettare il Paese all'adozione dell'Euro, l'euroscetticismo molto forte è in poco tempo vaporizzato.
Con il cambio di governo e le nuove elezioni la borghesia islandese intende darsi un nuovo volto, pulito agli occhi delle masse, bloccare così la mobilitazione popolare. Purtroppo manca una tradizione rivoluzionaria o di lotta di classe, in questo Paese le tracce di un partito comunista si trovano a fatica: nel 1930 nasce da una costola della socialdemocrazia il Partito Comunista d'Islanda, ma già nel 1938, su indicazione del Comintern stalinizzato (vedi teoria del fronte popolare contro il fascismo), il partito si fonde con un altro pezzo della socialdemocrazia formando il Partito di Unità Popolare – Partito Socialista; quest'ultimo si trasformerà in seguito in un partito socialdemocratico.
 
Lettonia e Lituania: sommosse di piazza e le pietre contro il parlamento
In Lettonia, mentre gli occhi del mondo erano puntati su Gaza ed Israele, si svolgeva una  manifestazione di piazza a Riga che, per la partecipazione, non si vedeva dal '91; partita inizialmente come manifestazione pacifica è poi evoluta in atti di sommossa e di violenza, con lancio di pietre verso il Parlamento e con scontri con la polizia. I manifestanti, portati in piazza dall'opposizione e dai sindacati contro le misure del governo che scaricava gli effetti della crisi sulla popolazione, chiedevano le dimissioni del premier Godmanis e nuove elezioni; la popolazione protestava allo stesso tempo contro la corruzione che investe pesantemente i vertici del Paese. Si stima che quest'anno la crescita della Lettonia sarà negativa di 7 punti e la disoccupazione aumenterà del 10%.
Il 20 febbraio Godmanis, viste le pressioni, è stato costretto a dimettersi. Il capo dello Stato Valdis Zatlers nomina l'ex Ministro delle Finanze Valdis Dombrovskis nuovo Primo Ministro.
In Lituania è presto arrivata la voce delle mobilitazioni dei vicini di casa, ed anche qui quindi sono cominciate le proteste, molto agguerrite, contro il governo. Medesime scene: scontri con la polizia, accerchiamento del Parlamento, lanci di sassi e uova, sindacati in prima fila e parole d'ordine contro il governo e contro la situazione economica del Paese.
Nei Paesi baltici le organizzazioni comuniste sono messe al bando, ed il pensiero comunista, tra la popolazione, è purtroppo associato all'esperienza stalinista.
 
Un nuovo vento di lotta. Servono nuove direzioni politiche
Come si vede anche da queste vicende in generale ignorate dalla stampa (inclusa quella di sinistra) c'è un nuovo vento che sta soffiando in Europa. Le masse europee, con vari gradi di differenziazione, stanno sentendo man mano sulla loro pelle gli effetti della crisi capitalista. Torna quindi la disponibilità delle masse popolari a scendere in piazza e a protestare, con tutti i possibili limiti di una lotta che inizia: rivendicazioni arretrate, assenza di una tradizione recente di lotta di classe, assenza di una direzione rivoluzionaria, presenza di apparati burocratici di sindacati e della socialdemocrazia che cercano di frenare.
Il cambio dei governi in una logica di alternanza non rappresentano nessuna conquista per i lavoratori, la borghesia anzi, con questa mossa, mantiene il suo potere e si lava la faccia: può di nuovo continuare a colpire e a riversare sulle masse popolari gli effetti della crisi. L'unica via d'uscita è rappresentata da una lotta rivoluzionaria non per il cambio di un governo borghese con un altro governo borghese, ma per la fine dei governi della borghesia, per un governo dei lavoratori e per un sistema socialista. Perché le lotte odierne possano crescere e arrivare a quell'obiettivo finale (l'unico in grado di soddisfare le esigenze di milioni di persone) serve una direzione proletaria rivoluzionaria e con influenza di massa sia a livello nazionale che a livello internazionale. Noi. nella modestia delle nostre forze, siamo impegnati in questi due fronti, in Italia (con il Partito di Alternativa Comunista) e nel mondo (con la Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale).

 
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Commenti al Post:
cuccuruccuz
cuccuruccuz il 23/03/09 alle 22:59 via WEB
Sono daccordo, soffia un nuovo vento di lotta, e serve una nuova direzione politica, ma per me la vera ed unica direzione politica è solo quella del popolo, del proletariato,non abbiamo bisogno di "politici", abbiamo bisogno di tutti i compagni, quelli veri, quelli dispersi, tutta la classe operaia, i disocuupati i poveri, il POPOLO.Quella è l'unica direzione possibile ed accettabili, le rivolte non le farà mai FASSINO, VELTRONI o similari, la rivolta è del popolo, perchè è solo il popolo che soffre e subisce sempre le ingiustizie. BISOGNA unirsi compagni il tempo delle chiacchiere è finito, noi abbiamo la responsabilita storica ed il dovere di iniziare, questo percorso...la gente, la nostra idea ha bisogno di noi compagni!!!Cosa altro dobbiamo aspettare, rilanciamo la lotta del proletariato moderno e rilanciamo immediatamente la pratica dell'antifascismo militante! Solo cosi, il popolo non sarà mai vinto!!! HASTA LA VICTORIA SIEMPRE!!!!
(Rispondi)
 
 
sterminatore1986
sterminatore1986 il 24/03/09 alle 11:57 via WEB
Ti ho risposto nel tuo blog
(Rispondi)
 
lo_snorki
lo_snorki il 24/03/09 alle 01:43 via WEB
un saluto
(Rispondi)
 
G.attonero
G.attonero il 24/03/09 alle 09:27 via WEB
Ciao, premesso che la crisi è endemica ai sistemi capitalisti per almeno due motivi: il primo è determinato dalla sua stessa natura e dalle linee conflittuali del capitalismi stesso. La concorrenza è la legge dello squalo è per loro un dictact, la stessa evoluzione tecnologica è infatti genitrice e assassina di chi non si adegua nella logica del “libero” mercato. La seconda si inscrive nelle opportunità che il capitale trae dalle crisi, il capitalismo scientifico facendo tra l’altro proprie delle parole d’ordine della sinistra, trova nuovo vigore, ma sarebbe meglio dire nuove forme di sfruttamento proprio nei momenti di congiuntura, approfittando di una non opposizione immobilizzata dal contingente e dalle effimere differenze per lo più determinate sul “sesso degli angeli”. Esponendo questo mio pensiero, personalmente non vedo perché unirsi riesumando forme parlamentari, o meglio per fare cosa, per contare di più nel palazzo lontano dalla gente? Certo forse, ma ciò che unisce sono le lotte le battaglie su argomenti specifici, che si trasformano nella necessità di aggregazione. Dubito molto e comunque non mi trova concorde l’asettica riunificazione per altro effettuata da un ceto politico. Come altri commenti che mi hanno preceduto ritengo che l’aggregazione deve avvenire dal basso le occasioni non mancano, il razzismo, le riforme sicuritarie, i decreti Brunatta, Gelmini, il nuovo emergere del fascismo (casa pound), la necessità di riaprire spazi di libertà, la necessità di un reddito sono alcune delle parole d’ordine che già percorrono anche l’italia, per chi le vuole vedere. Ci si vede in piazza i convitati sono invitati li avremo occasione di darci organizzazione. ciao buona giornata
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sterminatore1986
sterminatore1986 il 24/03/09 alle 12:05 via WEB
L'analisi della crisi è giusta, il capitalismo porta in se le sue contraddizioni che portano e queste crisi periodiche, e specialmente in questi periodi spolverano metodi "di sinistra", come il discorso delle nazionalizzazioni, ma con lo scopo di far pagare alla collettività la loro crisi e la loro malgestione, che significa che hanno nascosto i soldi nei paradisi fiscali, e a noi vogliono far pagare i debiti che creano... Non hanno capito niente, la rivoluzione è solo questione di tempo, ecco perchè penso che dovremmo riunirci in un unico grande movimento-partito comunista, e per riunirci nessuno deve fare da pilota, infatti partiamo tutti col lo stesso spirito comunista, fissare i punti fondamentali del comunismo e riunirci una volta per tutte... Non ne posso più di queste scissioni, frazionamenti, mini-partitini e mini-movimenti che danneggiano la nostra causa, perchè essendo piccoli mancano di efficacia... Pensi che facciamo paura ai potenti se rimaniamo divisi? Non pensi che se ci riunissimo tutti gli faremmo molta, ma molta più paura? Un partito che parte dal basso e che deve essere sempre governato dal basso, i rappresentanti devono dar conto di tutto alla base, pure dell'aria che respirano... Un gruppo forte che guidi la rivoluzione, di questo c'è bisogno oggi in Italia. Ciao anche a te
(Rispondi)
 
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