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ANGOLO DELLO STERMINATORE

ULTIMA FRASE DELLO STERMINATORE

Niente che possa essere fatto con la volontà umana è utopico

VECCHIE FRASI DELLO STERMINATORE

Lo sterminatore odia essere aiutato dagli alleati, vuole essere sempre da solo sul campo

Lo sterminatore o e testa o e croce: non conosce le vie di mezzo

NUOVE FRASI DELLO STERMINATORE

Lo sterminatore è sempre in prima linea nel mediare tra due parti, ma guai a loro se non trovano un accordo...

Bisogna essere duri senza perdere mai la tenerezza (Ernesto Che Guevara)

Questa frase dell'indimentacabile Che Guevara l'ho presa a modello x il mio stile di vita... Duro e determinato nell'affrontare le varie prove della vita, ma senza dimenticare la tenerezza che rende chiunque una brava persona (se non bleffa...), e solo con chi se lo merita esco la tenerezza, occhio quindi a non farmi saltare qualche nervo di troppo...

La verità è sempre rivoluzionaria!

 

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Post N° 901

Post n°901 pubblicato il 29 Ottobre 2008 da sterminatore1986
 

IL PANTANO
IRACHENO
La crisi del capitalismo e le
prospettive delle masse popolari


di Susanna Sedusi

Il mandato Onu per la "forza
multinazionale" presente in Iraq dal 2003 scade il 31 dicembre 2008. E´ poco
probabile che venga riconvocato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
per il rinnovo di questo mandato.Ciò che invece si prospetta è un accordo tra
il governo Usa e quello iracheno sulla durata della permanenza delle truppe
americane e sulle condizioni della loro presenza sul territorio iracheno. Mentre
le truppe inglesi sono state invitate a ritirarsi proprio in questi giorni
(dichiarazioni del premier Al-Maliki al Time) in quanto non più
necessarie a garantire la sicurezza; non solo, vengono anche velatamente
criticate in quanto hanno favorito, negli ultimi mesi, con il loro
ridispiegamento, il rafforzamento delle milizie "ribelli", leggi l´esercito del
Mahdi di Muktada al-Sadr, nel sud dell´Iraq. E´ stato messo a punto - dopo
mesi di discussioni - un documento elaborato dal governo Usa e presentato al
premier Al-Maliki che prevede il ritiro delle truppe dalle città entro fine
giugno 2009 e il definitivo ritiro dal Paese entro dicembre 2011.I punti
cruciali dell´accordo riguardano il calendario del ritiro delle truppe,
l´immunità dei militari e dei civili americani e la gestione dei prigionieri
iracheni. Ma mentre il premier Al Maliki discuteva la bozza dell´accordo nel
Consiglio di presidenza per sottoporla successivamente al Consiglio politico per
la sicurezza nazionale, le strade del quartiere sciita di Baghdad si riempivano
di iracheni che, guidati da Moqtada al Sadr, leader sciita capo dell´esercito
del Mahdi (passato all´opposizione circa un anno fa), protestavano contro il
piano Usa di continuare l´occupazione del Paese. Secondo alcune stime 50.000
persone hanno partecipato alla manifestazione autorizzata dal governo e
sottoposta ad eccezionali misure di sicurezza (perquisizioni e controlli a
tappeto dei manifestanti, presenza massiccia di polizia e dell´esercito)
gridando slogan contro le forze occupanti, per la restituzione della sovranità
nazionale, contro la svendita della nazione e lanciando un appello al parlamento
affinché respinga la bozza di accordo. L´opposizione alla bozza di accordo è
sostenuta non solamente da forze dell´opposizione ma anche da parte del
Consiglio supremo islamico (partito di governo) il cui leader sciita Aboul Aziz
al-Hakim si è espresso poco in pubblico prendendo in questo modo le distanze dal
premier e annunciando la richiesta di "chiarimenti" durante la prossima riunione
dei leader del parlamento. Hanno annunciato riserve sull´accordo anche alcuni
esponenti della coalizione sciita di maggioranza come Sami al-Askari e Ali al
Adib esprimendo critiche sulla questione della legittimità dei tribunali
iracheni a giudicare i reati commessi dai soldati americani solo dopo il parere
di appositi comitati. Solo i partiti curdi Unione Patriottica e Partito
Democratico sembrano non avere dubbi sull´accordo con gli Stati Uniti e sulle
sue condizioni. Quale che sia l´accordo che i due governi raggiungeranno è
evidente che dovrà essere rivisto alla luce del cambio di amministrazione
imminente negli Stati Uniti ma non solo. La pesante crisi finanziaria ed
economica che spinge i mercati mondiali verso la recessione avrà sicure
ripercussioni sull´impegno militare occidentale nelle aree di conflitto. Perché
parliamo di pantano iracheno? Proprio perché gli Stati Uniti, pressati dalla
crescente crisi economica alleggerirebbero volentieri l´impegno militare in
Iraq, anche a causa del peggioramento della situazione politica e militare in
Afghanistan. Ma non possono ritirarsi completamente in questa fase, senza aver
cioè ottenuto vantaggi significativi in termini di acquisizioni di contratti per
lo sfruttamento delle immense risorse petrolifere e di gas iracheno. Era questa
la vera contropartita che di fronte all´opinione pubblica americana poteva
giustificare le ingenti somme di capitali stanziate dal congresso come
finanziamento alla missione irachena e le perdite di vite umane tra i soldati in
Iraq. Le truppe americane, sebbene confinate all´interno delle numerose basi
militari, non solo continuerebbero ad avere una funzione di controllo parziale
del territorio ma svolgerebbero anche una funzione di forte pressione nei
confronti del governo iracheno e delle sue scelte del dopoguerra.
Ad oggi in
Iraq sembra configurarsi una situazione di relativa stabilità politica raggiunta
dopo che la zona a nord (province di Mossul e Kyrkuk) ricca di giacimenti e
strategicamente importante per il trasporto delle risorse petrolifere è stata
"bonificata" dalla presenza massiccia di miliziani di Al Qaeda che ha subito
pesanti sconfitte in seguito all´operazione Surge del 2007  organizzata
dagli Stati Uniti con l´appoggio di milizie volontarie sunnite al soldo degli
americani, "i figli dell´Iraq". Nel sud invece, la provincia di Bassora,
anch´essa strategicamente importante per le risorse naturali, gas e petrolio, è
ora controllata dal governo centrale dopo l´accordo raggiunto con Muktaka al
Sadr e il suo esercito del Mahdi, anch´esso ridimensionato militarmente e
ricondotto ad assumere un ruolo di opposizione politica. Ed è probabile che il
governo di Al-Maliki, forte di un esercito completamente riorganizzato,
finanziato e addestrato dagli occupanti americani riesca a garantire la
stabilità sufficiente al rientro in grande stile delle grandi multinazionali Usa
ed europee interessate a sfruttare i giacimenti di gas e petrolio e a fornire
infrastrutture e tecnologie per ricostruire il tessuto economico iracheno. Il
disegno di legge elaborato dal governo iracheno e mai presentato al parlamento
per la discussione e approvazione prevede nuovi Psa (Production Sharing
Agreement
) che favoriscono le compagnie straniere nello sfruttamento delle
risorse naturali (gas e petrolio). Al-Maliki ha incaricato il ministro del
petrolio Hussein al-Shahristani di condurre trattative con l´olandese Shell per
una joint-venture con la Compagnia petrolifera del Sud Iraq per lo sfruttamento
dei giacimenti della provincia di Bassora dove l´Iraq avrà il controllo del 51%.
L´accordo è stato stipulato durante un incontro avvenuto a settembre nella zona
verde a Bagdad e prevede lo sfruttamento di giacimenti di gas per il consumo
nazionale e per l´esportazione. E´ il secondo maggior accordo stipulato dopo
l´invasione americana, il primo fu quello firmato con la Cina per lo
sfruttamento dei pozzi petroliferi di Ahdab nel sud dell´Iraq. Una serie di
nuovi contratti saranno firmati dopo gli incontri avvenuti a Londra il 13
ottobre tra il ministro del petrolio iracheno e i rappresentanti delle maggiori
compagnie petrolifere. In quell´occasione sono stati illustrati da
Al-Shahristani i nuovi contratti e le informazioni richieste dalla gara a cui
parteciperanno le compagnie con le loro offerte. Si tratta di contratti
ventennali, i vincitori saranno comunicati a giugno 2009. Le favorite sono
Shell, British Petroleum, Exxon Mobil Corp, Chevron Corp e Total. E´ presente
anche l´italiana Edison con un progetto di estrazione e trasporto di gas nonché
un progetto di centrale a ciclo combinato (gas e vapore) per la produzione di
energia elettrica di cui è leader sui mercati mondiali.

Quali prospettive per la
classe operaia e le masse popolari irachene?


La condizione dei lavoratori e delle
masse popolari è disastrosa. Le vittime del conflitto sono state valutate in
oltre un milione di morti. La resistenza irachena è diretta da organizzazioni e
partiti borghesi, piccolo-borghesi, nazionalisti, molti dei quali di ispirazione
islamica. Poco conosciute sono le organizzazioni sindacali che pure esistono e
sono forti specialmente tra i lavoratori del settore petrolifero. Non hanno vita
facile perché il governo sostenuto dagli Usa ha mantenuto la legislazione in
vigore ai tempi di Saddam Hussein: il decreto 150 che, parificando la situazione
degli operai a quella dei lavoratori pubblici, scioglieva tutti i sindacati
esistenti facendoli confluire nell´unico sindacato statale controllato dal
regime di allora. Esistono anche altre leggi promulgate da P. Bremer, proconsole
Usa in Iraq, sui limiti salariali. Uno degli obiettivi delle lotte dei
lavoratori petroliferi è contro la privatizzazione che consentirebbe facili
profitti alle compagnie straniere. La federazione dei sindacati dei lavoratori
del settore petrolifero iracheno ha denunciato recentemente trasferimenti e
rappresaglie contro i sindacalisti più attivi nelle mobilitazioni contro le
privatizzazioni. L´occupazione militare Usa e il carattere reazionario,
confessionale e subalterno all´imperialismo dell´attuale governo iracheno, non
lasciano spazio alla riorganizzazione della classe operaia irachena, vessata
ancora oggi dalle leggi liberticide imposte dall´occupante. Lo sviluppo della
resistenza armata radicata nella popolazione ha contrastato il disegno
imperialista di una rapida sottomissione della nazione e impedito un
allargamento del conflitto all´Iran e alla Siria. Ma all´interno di un fronte
unico contro l´occupazione militare statunitense egemonizzato da forze
piccolo-borghesi, nazionaliste e fondamentaliste (che è la situazione di oggi in
Iraq) è possibile un´alleanza solamente difensiva mentre è necessario e
indispensabile sviluppare l´indipendenza politica delle forze proletarie e dei
contadini poveri con la costruzione di un partito comunista rivoluzionario,
l´unico che può difendere i loro interessi di classe contro le forze politiche
borghesi internazionali e nazionali, cioè contro le forze imperialiste occupanti
e il governo fantoccio da loro sostenuto, e contro i partiti borghesi
nazionalisti sciiti e sunniti. Questa è l´unica garanzia per uno sviluppo
socialista della lotta attuale. La lotta per un´altra direzione
politica è altresì l´unico modo per arginare l´influenza del fondamentalismo
islamico (che oggi è egemone dopo la crisi delle direzioni piccolo-borghesi e
staliniste) tra le masse irachene. La mancanza di una forza coerentemente
rivoluzionaria alla testa delle lotte rischia di tradursi in un appoggio critico a regimi antimperialisti ma reazionari come insegna l´esperienza
"rivoluzionaria" iraniana. Il nostro impegno come Lega Internazionale dei
Lavoratori è la ricostruzione di un partito comunista rivoluzionario mondiale,
la IV internazionale, che attraverso una lotta per l´egemonia politica nel
movimento operaio determini una svolta rivoluzionaria anche in
quest´area.

NOTE DELLO STERMINATORE DOPO LA LETTURA: Di questo articolo solo una cosa è sbagliata, e cioè parlare della ricostruzione di una presunta IV internazionale... Ma allora non hanno capito proprio niente! L'unica cosa che c'è da ricostruire è l'unità di tutti i comunisti in un unico grande movimento, tutti questi settarismi e personalismi non porteranno mai da nessuna parte... Solo se si raggiunge questo obiettivo potremo attuare la rivoluzione, in caso contrario non riusciremo a fare un bel niente... Bisogna parlare delle cose in comune a tutti e partire da lì, poi bisogna come ho già detto personalismi ed egoismi, e solo così riusciremo ad essere tutti uniti e ad attuare la rivoluzione e, successivamente, governare nel vero interesse di tutti e avendo sempre un contatto diretto con il popolo

 
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