Creato da lillysorriso il 13/06/2008

Vivere per amare

Riflessioni e pensieri sparsi di una piccola anima

 

 

LE PROVE FANNO CONOSCERE QUELLO CHE SIAMO

Post n°1107 pubblicato il 03 Giugno 2009 da lillysorriso

 LE PROVE FANNO CONOSCERE QUELLO CHE SIAMO. - Vi sono due occasioni nella vita, nelle quali ogni uomo vede chiaramente che cosa vi è nel cuore umano; e queste sono l'occasione di operare in segreto ed il momento delle prove. Molti sono cattivi interiormente, e buoni all'esterno; ora fate che venga il caso in cui possano peccare, senza timore di essere scoperti, e allora la corruzione e la malizia loro dà fuori e si palesa all'aperto. Così pure nel tempo della prosperità riesce difficile discernere i cattivi dai buoni, ma, posti al fuoco delle prove, l'oro splende e la paglia fuma. Allora i cattivi s'istizziscono, si ribellano, mormorano, bestemmiano; i buoni, all'opposto, si sottomettono, si rassegnano, pregano, praticano la pazienza e la dolcezza, Al primo genere di prove accenna il Salmista con la frase, Visitasti nocte: Mi avete visitato durante la notte, cioè quando aveva l'occasione di peccare in segreto; al secondo con quell'altra: Igne me examinasti: Mi avete fatto passare per il fuoco della tribolazione, per una prova scottante. Ed avendo egli saputo vincere nell'uno e nell'altro caso, aggiunge: Et non est inventa in me iniquitas (Psalm. XVI, 3). Chiunque nei sopraddetti due casi sa conservare, come il re Profeta, l'anima e la virtù sua, può dire con lui: «Nessuna iniquità si trova in me». - Nel crogiuolo, dice S. Agostino, l'oro si purifica, la paglia è bruciata (In Psalm. LXI). Il pilota, dice Seneca, si fa conoscere nella tempesta, ed il soldato nella zuffa

 
 
 

DIO NON ABBANDONA L'UOMO SOGGETTO ALLE PROVE

Post n°1106 pubblicato il 01 Giugno 2009 da lillysorriso

 DIO NON ABBANDONA L'UOMO SOGGETTO ALLE PROVE. - «Iddio, leggiamo nella Sapienza, non abbandona il giusto; lo scampa alle insidie dei peccatori, e discende con lui nel pozzo delle tribolazioni; lo toglie dalle mani di quelli che l'opprimono, non gli si leva dal fianco quando è in catene; entra nell'anima del suo servo; gli paga il prezzo dei suoi lavori, lo guida per una via miracolosa, gli fornisce immancabilmente tetto e lume» (Sap. X, 13-17).
Quando il popolo di Dio, schiavo in Egitto, fu oppresso di lavoro da Faraone, Dio inviò Mosè a liberarlo. Il soccorso di Dio allora più si mostra, quando più abbondano le traversie. «Il Signore, dice S. Pietro, sa liberare i giusti dalle prove» (II PETR. II, 9). E infatti, ecco Noè, campato dalle acque del diluvio; Lot, dal fuoco di Sodoma; Abramo, dai mali esempi dei Cananei; Giacobbe, dall'ira di Esaù; Giuseppe, dalle mani dei suoi fratelli e dal carcere; Mosè e gli Ebrei, dal furore di Faraone, dalle onde del Mar Rosso, dalla fame e dalla sete; Davide, dalla lancia di Saulle; Susanna, dalle calunnie dei vecchioni; Daniele, dai denti dei leoni; i tre giovani, dalle fiamme della fornace; Mardocheo, dal capestro di Aman; Giuditta, dal potere di Oloferne; il giovine Tobia, dall'assalto del demonio; Giuda Maccabeo, dalle armi di Antioco; Elia, dalla rabbia di Gezabele; S. Pietro, dal carcere e dalle catene. Più le prove sono terribili, e più Dio ci sta vicino. Questa verità già proclamava il Salmista in quel versetto: «Gravi tribolazioni stanno riservate per i giusti, ma il Signore li libererà da tutte» (Psalm. XXXIII, 20). Perciò il Signore ci dice: «Invocatemi nel giorno della tribolazione ed io vi libererò, e voi mi onorerete» (Psalm. LXIX, 15). «Chi griderà a me io l'ascolterò; sarò con lui nelle sue tribolazioni, lo salverò e lo rivestirò di gloria» (Psalm. XC, 15).

6.

 
 
 

BUON INDIZIO È PER UN CRISTIANO L'ESSERE MESSO ALLA PROVA.

Post n°1105 pubblicato il 01 Giugno 2009 da lillysorriso

BUON INDIZIO È PER UN CRISTIANO L'ESSERE MESSO ALLA PROVA. ­ Le prove non abbattono e non opprimono se non coloro che non sanno sostenerle. I più valenti soldati vengono scelti per le congiunture in cui vi è più bisogno di energia, di coraggio, d'eroismo; vengono designati per le imprese importanti e decisive; e così pure Iddio elegge, per inviarli alle più gagliarde prove, quelli che più ama; esempio ne sono Mosè, Giobbe, Tobia, gli Apostoli, i Martiri, i Santi più celebri in ogni stato e professione.

1° Sappiano i cristiani, e siano intimamente convinti che le prove sono un segnale non della collera di Dio, ma del suo amore, perché mostrano l'elezione e la filiazione divina. Questo c'insegna Iddio per bocca di Zaccaria: «Io li farò passare per il fuoco e li porrò al cimento come si pone l'argento e l'oro; e allora essi invocheranno il mio nome, ed lo esaudirò la loro preghiera. lo dirò: questo è il mio popolo; ed essi esclameranno: il Signore è nostro Dio» (ZACH. XIII, 9), e per bocca di S. Giovanni con quelle parole: «Io riprendo e castigo quelli che amo» (Apoc. III, 19). Questo disse l'Angelo a Tobia divenuto cieco: «Perché tu eri accetto a Dio, bisognò che fossi provato con la tentazione» (TOB. XII, 13). Questo ripete S. Paolo scrivendo agli Ebrei: «Il Signore castiga coloro che ama, e percuote tutti quelli che riceve per suoi figli. Nei castighi tenetevi fermi e di buon animo. Dio vi tratta da figli: e dov'è il figlio che non sia corretto dal padre? Che se voi siete fuori del castigo cui tutti i figli vanno soggetti, mostrate di essere frutti di adulterio, non figli legittimi. E poi, non abbiamo noi forse avuto per educatori i padri nostri secondo la carne, e non li abbiamo noi avuti in riverenza? a ben più forte ragione dunque dobbiamo obbedire e riverire il Padre degli spiriti, se vogliamo vivere. Quei primi ci castigarono per qualche tempo, come loro talentava, ma questo ci castiga secondo che è utile, affinché partecipiamo alla sua santità. Ogni castigo pare, al presente, un motivo di tristezza e non di gioia; ma in seguito, produce a quelli che lo sopportano, frutto di giustizia pieno di pace» (Hebr. XII, 6-11).
2° Intendano e si persuadano i cristiani, che le prove per se stesse, non che ferire e nuocere, purificano e perfezionano coloro ai quali avvengono. «La fornace cuoce e indura le stoviglie, dice l'Ecclesiastico, e la prova della tribolazione tempra e raffina l'uomo giusto» (Eccli. XXVII, 6). Le prove sono, dice S. Agostino, un rimedio che porta salute, non una sentenza che porta condanna (Sent. CCIV). S. Giovanni Crisostomo, parlando di Giuseppe il quale sopportò generosamente e vittoriosamente ogni genere di prove, fa rilevare che quaggiù Iddio non suole liberare dalle prove e dai pericoli le persone più virtuose, ma dimostra in esse la sua potenza, perciocchè le prove riescono per loro un'occasione di alta gioia e di grande merito, secondo quel detto del Salmista: «Signore, nelle tribolazioni voi mi avete fatto grandeggiare» (Psalm. IV, 2 - Homil. de Cruce). Questo ci apre il senso di quelle parole di S. Gregorio Papa: «Non appena la luce divina batte sul cuore umano, tosto il demonio vi solleva tempeste, non mai provate per l'innanzi da quel cuore, finché giaceva nelle tenebre (Moral.)».
Tanto meno dobbiamo mormorare contro le prove, quanto più siamo assicurati che esse sono un pegno dell'amore paterno di Dio. L'avversità è un segno certo, è una caparra immancabile della divina elezione, e per essa l'anima è fidanzata a Gesù Cristo, per unirsi a lui in divino connubio. Bisogna dunque conchiudere che le prove sono piuttosto da invidiare e da desiderare, anziché da fuggire. I vasi dello stovigliaio, ricevuto che hanno la forma voluta e designata, non direbbero essi, se fossero capaci di pensiero, di desiderio, e di parola, che il padrone li metta nella fornace a cuocere e diventare solidi? Così i giusti, corretti dalla grazia di Dio, desiderano che il fuoco delle prove bruci e consumi quello che vi è in loro di impuro, che li consolidi e perfezioni nella virtù.

 
 
 

IN QUAL MODO DIO CI PROVI, E PERCHÈ

Post n°1104 pubblicato il 31 Maggio 2009 da lillysorriso

IN QUAL MODO DIO CI PROVI, E PERCHÈ. - «Voi ci avete provati, o Signore, esclama il Profeta, ci avete saggiati col fuoco come si saggia l'argento» (Psalm. LXV, 10); e altra volta: «Signore, io porto il peso della vostra collera, il mio cuore è nell'affanno. I flutti dell'ira vostra mi passarono sopra, i vostri terrori mi accasciarono; si riversarono su di me come torrente straripato, e m'investirono» (Psalm. LXXXVII, 16-18). E il Savio dice: «Li ha provati come oro nel crogiuolo, li ha ricevuti come vittime in olocausto; risplenderanno nel giorno in cui li visiterà; brilleranno come fiamma appresasi ad arido canneto» (Sap. III, 6-7). Ci narra il Genesi che Iddio volendo far prova di Abramo, gli disse: «Prendi l'unico tuo figlio che tanto ami, Isacco, e va nella terra della visione, e là l'offrirai in olocausto sopra uno dei monti che t'indicherò» (Gen. XXII, 1-2).
«Come il fornello prova l'argento e il crogiuolo saggia l'oro, così il Signore prova i cuori», leggiamo nei Proverbi (XVII, 3). Il Signore prova i cuori degli uomini esaminandoli... l° per mezzo della sua legge e dei suoi precetti, per mezzo dei dottori e dei predicatori...; 2° per mezzo delle tribolazioni; 3° con le tentazioni.
Ma perché provarci in tante maniere? Perché ci ama, risponde egli medesimo nell'Apocalisse (Apoc. III, 19: «Quelli che io amo, questi riprendo e castigo perché correggendoli e castigandoli li affina e purifica in modo che in loro non resta più nessuna macchia di peccato. Questo vuole indicare il Salmista con quel verso: «Avete provato il mio cuore, o Signore, e visitato durante la notte; mi avete fatto passare per il fuoco della tribolazione, e non fu più trovalo in me peccato» (Psalm XVI, 3). «Indugiando Iddio a mostrarcisi, osserva S. Agostino, dilata e ingrandisce. il nostro desiderio, crescendo il desiderio ingrandisce e dilata l'animo, e lo rende maggiormente capace a riceverlo (In Psalm. XXI)».
Gesù Cristo mette alla prova i suoi: l° per aumentare i loro meriti...; 2° per mantenerli bassi...; 3° per dare loro un mezzo da espiare i peccati...; 4° per fare luogo ad una più solenne manifestazione dell'azione di Dio; come chiaramente si scorge in Lazzaro, nei Martiri, negli Apostoli, nella Chiesa, ecc.
Io mi alzai frettolosa per aprire al mio diletto, diceva la Sposa dei Cantici; ma quando ebbi aperta la porta, egli era già passato e avviato per altro sentiero; corsi al luogo donde aveva udito partire la sua voce, ma più non c'era; l'ho chiamato, ma non rispose; l'ho cercato, ma non l'ho trovato (Cant. V, 5-6). Così fa Iddio con i suoi servi ed amici per eccitarli a desiderarlo e cercarlo. Inoltre egli li cimenta con prove e persecuzioni diverse, per innalzarli all'onore della virtù e della gloria... Egli mortifica e vivifica (I Reg. II, 6); percuote per emendare. «Tutta la severità di Dio, scrive Sant'Ambrogio, ha per iscopo di punire le colpe dei suoi con le tribolazioni, di conservare la loro anima, di distruggere i loro vizi, di fomentare nel loro cuore le virtù più elette (Epist.)». La prova è per il cristiano come la tempesta per il pilota, la lotta per l'atleta, il combattimento per il soldato.
Nulla accade al fedele senza che Dio lo permetta o voglia; e la sua volontà consiste nel correggerlo dei suoi difetti, nel rinvigorirlo nella virtù e nella pazienza, per accrescerne la corona in cielo. E questa la ragione per cui permise che il giusto Abele fosse ucciso dall'empio fratello; provò Abramo ordinandogli di sacrificare il figlio Isacco; provò Giuseppe, permettendo che fosse venduto dai fratelli; provò Mosè ed il popolo d'Israele, lasciandoli opprimere dalla tirannia di Faraone; provò Davide abbandonandolo all'odio di Saulle; provò la casta Susanna, permettendo che fosse esposta alle nere calunnie dei due! vecchi ani; che Geremia fosse imprigionato; che Daniele fosse gettato nella fossa dei leoni.
Assennatissime sono pertanto le parole rivolte da Giuditta ai seniori di Betulia, per incoraggiarli a continuare la resistenza contro l'assedio degli Assiri: I padri nostri, disse ella, furono soggettati alla tentazione come ad una prova, finché si vedesse se era sincero il culto loro verso Dio. Si rammenti il popolo del modo con cui il padre nostro Abramo fu provato con molte tribolazioni e divenne l'amico di Dio; così Isacco, Giacobbe, Mosè e quanti furono cari a Dio, si mostrarono fedeli in mezzo a molte tribolazioni: al contrario, tutti quelli che non hanno ricevuto ]e prove nel timor di Dio e si mostrarono impazienti e mormoratori contro il Signore, caddero sotto la spada dell'Angelo sterminatore e perirono morsi dai serpenti. Non c'impazientiamo dunque per i mali che soffriamo; ma considerando che questi tormenti sono da meno dei nostri misfatti, e che siamo puniti come servi, crediamo che Dio vuol emendarci, non perderci (IUDITH, VIII. 21-27). Ah sì. Dio ci manda nelle prove. 1° per ammollire la nostra volontà ribelle, abbattere il nostro orgoglio, e sforzarci a sottometterci a lui; 2° per punirei delle nostre trasgressioni; 3° per distruggere in noi il vecchio Adamo; 4° per condurci alla pazienza; 5° per renderei simili a Gesù Crocifisso.
«In mezzo alla tribolazione, dice il Signore per bocca di Osea, si affretteranno di venire a me. Venite e ritorniamo al Signore; Egli ci ha feriti ed Egli ci guarirà, ci ha percossi ma ci curerà, ci renderà alla vita, ci risusciterà, e noi vivremo nella sua presenza» (OSEAE. VI, 1-3). S. Agostino commentando queste parole di Osea, dice: «Ecco la voce del Signore: Io percuoterò e sanerò: recide la purulenta enfiagione dei nostri misfatti e guarisce il bruciore della ferita. Così fanno i medici: aprono, tagliano, bruciano e sanano; si armano per ferire, portano il ferro e vengono per guarire (In Psalm. L)». Le prove sono come frecce lanciate dalla mano divina, per richiamare a Dio ed alla loro salvezza gli uomini che fuggono e corrono alla loro rovina. Agitati, trapassati, umiliati, atterrati da queste frecce salutari, essi depongono i1 loro orgoglio, riconoscono le loro colpe e dimandano col cuore pentito perdono al Signore; e il Signore li risparmia; loro perdona a cagione delle loro suppliche, e se li stringe al cuore con la tenerezza di una madre: come appunto dice il Salmista in quel versetto: «Le tue saette, o Signore, mi si piantarono nelle carni per ogni lato, la tua mano si è aggravata sopra di me» (Psalm. XXXVII, 3). Perciò S. Agostino vede in Dio un utile e caritatevole medico il quale si serve delle piove, come di prezioso ed efficace rimedio, a guarirci dei nostri vizi. «Posto sotto l'azione del rimedio, tu sei bruciato e tagliato, dice questo santo Dottore, tu mandi lamenti e grida, ma il medico non si conforma al tuo volere, e fa quello che la tua sanità richiede. Bevi quell'amaro calice, che tu medesimo ti sei manipolato; bevilo affinché tu viva (In Psalm. LXI)».
Le prove c'insegnano a distaccarci dal nulla del mondo e ad attaccarci ai soli veri beni; ci aprono, secondo la frase di S. Gregorio, le orecchie del cuore che la prosperità di questa terra bene spesso introna e assorda (Moral.). S. Gerolamo osserva che Dio toglie non di rado ai peccati il loro diletto e ne priva i peccatori, affinché non avendo voluto conoscere Iddio nella prosperità, lo conoscano nell'infortunio, e avendo fatto cattivo uso delle ricchezze, ritornino alla virtù per mezzo della povertà, cioè siano in certo modo costretti a ritornarvi. S. Agostino poi vede un gran tratto della misericordia divina, quando Dio permette che noi siamo provati dalla tribolazione; esercitando la fede col differire il soccorso, non si rifiuta dal venirci in aiuto, ma pone in movimento il desiderio (Serm. XXXVII, de Verb. Dom.).

 
 
 

LE PROVE CI VENGONO DA DIO

Post n°1103 pubblicato il 31 Maggio 2009 da lillysorriso

 LE PROVE CI VENGONO DA DIO. - S. Agostino insegna che le prove le quali ci affliggono, non vengono né dagli uomini né dal demonio, ma da Dio che si serve degli uomini o dei demoni per castigarci o purificarci, come adoperò Satana per provare Giobbe. Dio flagella i suoi figli per disciplinarli e correggerli; flagella i riprovati affinché siano puniti ad esempio degli altri (In Psalm. XXI). «Io vi porrò un freno, dice il Signore per bocca di Isaia, affinché non andiate perduti» (XLVIII, 9). Questo freno sono le prove; esse sono dunque un regalo di Dio, e partono dalla sua benevolenza per noi, sono un frutto della sua beneficenza che vuole domare, arrestare e sterpare le malvagie e pericolose nostre tendenze. È al contrario segno evidente della collera di Dio se nessun freno Egli mette alle perverse inclinazioni dell'uomo, se lo lascia scapricciare e scapestrare a talento, come cavallo indomito, non frenato da morso, non guidato da briglia.
Le avversità sono spesso, per parte di Dio, dono assai più prezioso che le prosperità, e riescono molto più salutari; inoltre, l'amore che si porta a Dio molto più puro si mostra in mezzo alle strettezze che non fra l'abbondanza. Dio è assai più perfettamente amato su la croce e nelle afflizioni, che tra le consolazioni e le delizie. Nelle prove l'amore carnale e sensuale non trova da amare nulla di quello che ama nelle delizie. Perciò quando si ama Dio su la croce, lo si ama di un amore spirituale e puro, perché non si ama altro che Dio solo. Dalla croce e dal puro amor. di Dio su la croce, noi impariamo ad estendere questo medesimo amore tutto puro e celeste alle cose terrene, alle ricchezze, ai piaceri, alle prosperità di ogni sorta, affinché non amiamo in esse che Dio solo. Perciò S. Gregario Nazianzeno diceva: Io dò lode e ringraziamento a Dio non meno nelle ambasce che nelle allegrezze, perché tengo per fermo che Dio, suprema ragione, opera per noi a nostro vantaggio.

 
 
 

CHE COSA SONO LE PROVE E LORO NECESSITÀ

Post n°1102 pubblicato il 31 Maggio 2009 da lillysorriso

CHE COSA SONO LE PROVE E LORO NECESSITÀ. - Il vocabolo prova si presta a molti significati. Mettere alla prova, vuoI dire 1° riguardare; 2° indagare, scrutinare; 3° discernere; 4° appurare e sceverare quello, che è puro da quello che non lo è; 5° giudicare; 6° scegliere e ricompensare, rigettare e punire.
«I giorni sono cattivi» - dice il grande Apostolo (Eph. V, 16). I giorni di questa vita sono miserabili, pieni di prove penose, di tentazioni, di pericoli. Perciò Gesù Cristo dice in S. Matteo: «Basta a ciascun giorno il suo male» (VI, 34), che vuol dire: basta a ciascun giorno la propria afflizione e miseria. I giorni sono cattivi, cioè incerti, mobili, brevi, pieni di cure, di distrazioni, d'insidie, di nemici. Senza prove e senza tentazioni, dice il Crisostomo, non vi è corona; senza combattimento non si dà vittoria; senza patimento non si ottiene perdono. Non c'è inverno senza estate. Il grano seminato su la terra ha bisogno della pioggia, del freddo, del caldo per macerarsi e per cambiarsi in spiga alla primavera (Homil. IV, de divit. et paup.). La cera deve provare l'azione del fuoco per ricevere l'impronta del sigillo, e così pure, l'uomo, perché sia segnato con l'impronta della grazia celeste e della divinità, ha bisogno delle prove, del lavoro, delle infermità, delle tentazioni, ecc... Quello che è lordo di terra, di ruggine, di scoria, d'immondizie, richiede il fuoco per essere purificato, nettato, brunito...

 
 
 

.

Post n°1101 pubblicato il 31 Maggio 2009 da lillysorriso

Riflessioni sulla liturgia della
Solennità della Pentecoste

Lo Spirito di Dio riempie l’universo.
Scende sugli Apostoli per essere l’anima della Chiesa. Essi sono trasformati dai suoi doni e parlano lingue nuove che tutti comprendono.
E’ presente anche nel cristiano, come dice San Paolo. Si è battezzati in un solo Spirito per essere come Chiesa un solo essere. Si è chiamati a camminare, a vivere secondo i suoi insegnamenti per essere realmente testimoni.
Nel Vangelo Gesù dà lo Spirito Santo agli Apostoli come segno di pace, perché essi possano perdonare i peccati degli uomini.
La Chiesa svolge serenamente la sua missione certa di questa presenza ed azione dello Spirito Santo.
La novità della Pentecoste cristiana è l’alleanza nuova e definitiva fondata non più su una legge scritta su tavole di pietra ma sull’azione dello Spirito di Dio.
Nello Spirito Santo il Cristo risorto si fa presente, il vangelo si fa potenza e vita, la Chiesa realizza la comunione trinitaria, la liturgia è memoriale e anticipazione.
Ogni comunità è chiamata a collaborare con lo Spirito per rinnovare il mondo attraverso l’annuncio e la testimonianza della salvezza nell’attività quotidiana. Pertanto la Pentecoste non è mai finita; essa continua nelle situazioni in cui vive la Chiesa e tutta la vita dei cristiani si svolge sotto l’influsso dello Spirito: non vi è riunione di preghiera, liturgia della Parola, dovere compiuto in spirito di servizio per il bene di tutti, in cui lo Spirito non agisca per permettere di dialogare con il Signore, reso presente in mezzo a noi mediante lo Spirito Santo che dà vita alla parola proclamata e a ogni momento in cui venga compiuta con sincerità la volontà di Dio.
Nella assemblea eucaristica si rende grazie al Padre che è nei cieli per il suo Figlio Gesù Cristo: assetati di acqua viva noi andiamo a Lui; nutriti del suo Corpo e del suo Sangue, e rinnovati dal dono dello Spirito, veniamo progressivamente inseriti nell’amore del Padre.


 
 
 

LODE ALLA DIVINA MISERICORDIA

Post n°1100 pubblicato il 30 Maggio 2009 da lillysorriso

LODE ALLA DIVINA MISERICORDIA

Io non comprendo sufficientemente ciò perché sono caduto nella miseria; io sono un decaduto; io ho abbandonato le altezze dell'essere nel quale tu mi avevi posto creandomi. Non ho saputo restare a quel livello divino che mi poneva così bene dinanzi a te, per accogliere e riprodurre il movimento del tuo spirito, per impadronirmi di lui e del suo canto in tutte le note create che lo riproducevano, ma senza saperlo. Io avevo ricevuto la Luce che mostra questo dono di sé in tutto, e lo slancio cosciente, sveglio, in chiarezza, che lo ripete e lo fa rientrare in te. Io ho perduto questa Luce e ho arrestato questo slancio. Io l'ho diretto verso di me, al posto di dirigerlo verso di te. Io ti ho tolto questa gloria, e l'ho voluta per me; e l'ho ridotta alla misura del mio proprio essere che non è. Io sono rimasto nel mio nulla, e ho obbligato tutti gli esseri, che dovevo portare a te, a restarvi con me. Quale perdita per tutti! Le conseguenze della colpa primitiva - e, in una certa misura, di ogni colpa - sono spaventose... se ciò si comprendesse. Gesù l'ha compreso ed è venuto meno sotto il peso: " Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! " Mt 26,39 , gridava, inabissato, col volto prostrato a terra, e sudando sangue da tutto il corpo, mentre la sua anima agonizzava. Egli era disceso nelle grandi profondità della mia miseria; ma l'aveva presa su di sé per rialzarmi: all'abisso di tale miseria Gesù opponeva un abisso più profondo, quello della misericordia. Questo è così profondo che raggiunge Dio, e che, per questa strada, noi risaliamo alla vetta perduta. Esso ci conduce alla meta. Esso porta a compimento il movimento; e - senza pretendere di regolare questo movimento - io ho l'impressione che nessuna meta conviene meglio all'Amore. Donarsi al nulla è bello; è una manifestazione di bontà... ma donarsi alla miseria è qualcosa di meglio. Rialzare è più " Amore ", più " dono di sé " che creare. La Redenzione, il sangue divino che scorre nell'Agonia, sul Calvario, nel pretorio, è l'ultima parola dell'Amore... se l'Amore può avere un'ultima parola.

Mio Dio, tu sei questo Amore, tu sei la vetta suprema... ed è qui che la mia vita di lode deve fissarsi. La creazione non ne è assente; io resto il cantore di tutto ciò che tu hai fatto... ma è ai piedi della croce che io debbo lanciare la mia nota e ogni nota insieme alla mia, unita a quella del Figlio che rimette il suo Spirito nelle tue mani. Qui si compiono tutte le cose, qui tutto è consumato.

La misericordia vista dal Calvario esigerebbe, per essere qualificata, un termine qualificativo che non esiste; bisognerebbe esprimere questo Dio che muore; ciò è essenzialmente inesprimibile; bisognerebbe sondare l'abisso che separa queste due parole: Dio e morire; e anche bisognerebbe sondare questa morte e tutte le circostanze delle quali ha voluto rivestirsi Colui che moriva. Semplici accidenti, senza dubbio; e più accessibili rispetto all'Essere che muore e alla morte di un tale Essere; ma pur sempre superiori all'immaginazione. Bisognerebbe conoscere tutta la capacità di sentire e, di conseguenza, di soffrire, di questo organismo in cui tutto - letteralmente tutto - è stato frantumato, schiacciato, pressato come un grappolo ben maturo per spremerne tutto il succo; bisognerebbe dunque conoscere l'anima che lo animava e nella quale risuonavano tutti questi colpi... Anche qui - qui come sempre - bisogna arrestarsi. Prospettive infinite di tortura fisica e di martirio morale si allungano davanti al mio sguardo e sembrano sfidarlo, sfidare il mio coraggio (o meglio la mia pigrizia) a guardarle come dovrei. Delle anime sante l'hanno fatto, non hanno fatto che questo, e, al termine della loro contemplazione, hanno dichiarato: " Noi non abbiamo nemmeno intravisto la soglia di questo abisso

Dal Calvario, la misericordia ha riversato le sue acque su tutti gli uomini di tutti i tempi, di tutti i luoghi - ove le riversa ancora - e continuerà a riversarle fino alla fine del mondo. Ma anche qui, qui sempre, il mistero si innalza davanti a me, si gioca di me, mi sfida, mi schiaccia. Come penetrare le meraviglie operate dalla grazia in una sola anima? La parola del Salmo mi ritorna in mente: Exultavit ut gigas ad currendam viam. Sal 18,6 Volg. (" Esultò come un gigante che percorre la via "). Gesù-Redentore è un gigante che corre; io vedo la sua partenza... ma la strada mi sfugge. Io indovino solamente che è immensa, che il solo pensiero di percorrerla e di conoscerla fa sorridere, e che debbo rassegnarmi ancora a confessare un'impotenza di cui ogni meditazione accresce l'evidenza e acuirebbe il dolore se anch'essa non fosse una lode a Dio.

Fortunatamente interviene la Scrittura, con le sue parole piene di tenera luce e di consolazione, le sue parole che dicono quasi tutto senza cercarlo, almeno tutto ciò che io ho bisogno di sapere. Qualche giorno, forse, io le mediterò in modo più dettagliato; e da questa sorgente che mi sembra così profonda, io potrò intravedere qualcuno dei ruscelli che irrigano la santa città. Io non ne richiamo, in questo momento, che uno solo, ma così intensamente tenero, e le cui sillabe stesse sono state sempre per la mia anima come una carezza di madre: In charitate perpetua dilexi te, et ideo attraxi te miserans: " lo ti ho amato di un eterno amore, e non ho mai cessato di attirare a me la tua miseria ". Cfr. Ger 31,3.

Come sai bene, o mio Dio, esprimere le sfumature! In te non vi è che amore, e io non l'avevo sottolineato ancora con sufficiente chiarezza. La misericordia non è che il riflesso di questo amore quando la sua luce attraversa la zona d'ombra in cui il peccato ci ha avvolti. La misericordia è il movimento della luce nelle tenebre. " La luce splende nelle tenebre ". Gv 1,5. Essa è venuta a illuminarle; essa ha abbandonato il suo regno per visitarle e rifarle secondo la tua immagine raggiante; è venuta poiché essa è l'amore; essa procede dall'amore, ne è il raggio splendente, candor lucis aeternae; Sap 7,26. essa ha ricevuto dall'amore - e porta nel suo seno - il movimento essenziale, il bisogno di donarsi, che fa come uscire l'amore da se stesso per generarla in se stesso eternamente. La luce ha bisogno di effondersi, di comunicarsi, di splendere. Essa porta in sé questo bisogno perché è nata dal seno paterno da dove procede questo movimento. Le tenebre, in cui essa non brilla, l'attirano, sollecitano questo suo bisogno; un appello sembra uscire, che le grida: " Vieni in noi ". Questo appello è, per la luce, irresistibile; corrisponde talmente a questo bisogno essenziale del suo essere che essa ne esce, zampilla, si slancia, fa questo passo da gigante sulla strada che le si apre davanti: Exultavit ut gigas ad currendam viam Sal 18,6 Volg. Essa diviene la Luce che si dona alle tenebre, che brilla nelle tenebre: ed è la Misericordia, l'Amore di Colui che è per ciò che non è.

Colui che è può donare al nulla il potere di donarsi come Egli dona Se stesso, liberamente e per amore: è il privilegio dell'uomo, la libertà. L'uomo può corrispondere all'amore o rifiutarlo. Se corrisponde, si unisce a Lui, non fa che uno con Lui, partecipa alla sua vita e alla sua grandezza. Se si rifiuta, l'uomo resta in se stesso, nel suo nulla, ma in un nulla decaduto, in un nulla che si sarebbe potuto unire all'essere, che era chiamato a farlo, che era provvisto di potenze per impossessarsene e gioirne, e che è venuto meno al suo destino; e dunque tutto in lui è venuto meno, decaduto, rovinato. Ed è propriamente questa la miseria che la divina misericordia ha voluto soccorrere.

Ed è pure qui che si accordano queste due sorelle che noi non sappiamo associare abbastanza: la misericordia e la giustizia. Dio, sollevandoci dal fondo del nostro abisso, ha pagato i nostri debiti, ha riparato la sua gloria e le brecce che noi vi avevamo fatte; Dio ha ripreso veramente tutti i suoi diritti su di noi; ha dato completa soddisfazione a tutte le esigenze di questa gloria, si è magnificato magnificamente. Bisogna amare questa gloria magnifica; bisogna accettare generosamente la miseria che la procura.

Bisogna vedere e amare e cantare la misericordia e la giustizia fin nei castighi che prostrano. Il mistero è spaventoso a prima vista. Esso si rischiara sotto uno sguardo di fede prolungato. Per tutti la misericordia giunge fino alla fine del suo sforzo; non dipende mai da essa se la miseria non sia guarita; dipende dall'uomo solo che il divino amore sia rifiutato. L'accoglienza della grazia è opera della grazia, la volontà corrisponde; il rigetto della grazia è l'opera del solo volere umano che si chiude alla divina profferta. Il cuore del Padre amabilissimo si è chinato sul figlio ribelle, ha parlato al suo cuore; ha fatto l'impossibile per commuoverlo e farsi accettare. Gloria a tutto ciò! Il ribelle condannato a causa della sua sola colpa farà risplendere questi sforzi dell'amore, e il suo castigo eterno farà aumentare lo splendore di questo amore ricompensato nei giusti.

 
 
 

madre

Post n°1099 pubblicato il 29 Maggio 2009 da lillysorriso

La parola più bella
sulle labbra del genere umano è "Madre",
e la più bella invocazione è "Madre mia".
E' la fonte dell'amore, della misericordia,
della comprensione, del perdono.
Ogni cosa in natura parla della madre.
La stella Sole è madre della terra
e le dà il suo nutrimento di calore;
non lascia mai l'universo nella sera
finchè non abbia coricato la terra
al suolo del mare e al canto melodioso
di uccelli e acque correnti.
E questa terra è madre degli alberi e dei fiori.
Li produce, li alleva, e li svezza.
Alberi e fiori diventano
madri tenere dei loro grandi frutti e semi.
La parola "madre" è nascosta nel cuore
e sale alle labbra
nei momenti di dolore e di felicità,
come il profumo sale dal cuore della rosa
e si mescola
all'aria chiara e nell'aria nuvolosa.

 
 
 

Discendi intrepido

Post n°1098 pubblicato il 28 Maggio 2009 da lillysorriso

Discendi intrepido,
o Amore.
Ti sento lungo il cammino.
Respiri, illuminato dalla fioca
luce d'una candela.
Deviante viaggio colmo di
ebrezza.
Gocce di acqua viva.
Viva oltre Morte, inutile tentare
di fuggire.
Un lago inghiotte
l'illusione e il timore si erige a
stendardo,
vessillo sanguinante
di un'anima a cui hanno spezzato
lo sguardo sul futuro.
Tu, occhio impavido sul mio cuore.
M'innalzerò.
Tutti mi vedranno,
non sarò più un segreto,
Vento, spazzerò via anche l'ultima,

debole, resistenza.
Dolore, sarà il mio nome.
O Amore,
dolce sentiero,
lascia che le mie labbra ti chiamino dal fondo
del mare, dal profondo di abissi sconosciuti,
perenne Speranza, irradiata da un inutile
sentimento umano.
Coglimi come foglia cadente in un giorno
d'autunno.
Bagnami, pioggia che affondi
nella lotta del tempo.
Stringi i miei fianchi, afferrami sicura
sul Monte del Perdono, Mano che
attende un cenno.
Benedici il mio sogno col Tuo Ardore,
Tu, incanto che apre alla Gioia.

 
 
 

.

Post n°1097 pubblicato il 28 Maggio 2009 da lillysorriso

Signore, mi hai afferrato… 

Signore, mi hai afferrato, e non ho potuto resisterTi.
Sono corso a lungo, ma Tu m’inseguivi.
Prendevo vie traverse, ma tu le conoscevi.
Mi hai raggiunto.
Mi sono dibattuto.
Hai vinto!
Eccomi, o Signore, ho detto sì, all’estremo del soffio e della lotta, quasi mio malgrado;
ed ero là, tremante come un vinto alla mercé del vincitore,
quando su di me ha posato il Tuo sguardo di Amore.

Ormai è fatto, Signore, non potrò più scordarTi.
In un attimo mi hai conquistato,
in un attimo mi hai afferrato.
I mie dubbi furono spazzati,
i miei timori svanirono;
perché Ti ho riconosciuto senza vederTi,
Ti ho sentito senza toccarTi,
Ti ho compreso senza udirTi.
Segnato dal fuoco del Tuo Amore,
ormai è fatto, Signore, non potrò più scordarTi.
Ora, Ti so presente, al mio fianco, ed in pace lavoro sotto il Tuo sguardo di Amore.
Non conosco più lo sforzo di pregare:
mi basta alzare gli occhi dell’anima verso di Te per incontrare il Tuo sguardo.
E ci comprendiamo. Tutto è chiaro. Tutto è pace.

In certi momenti, grazie o Signore, tu m’invadi irresistibile, come il mare lentamente inonda la spiaggia;
oppure improvvisamente Tu mi afferri, come l’innamorato stringe tra le braccia il suo amore.
E non posso più nulla, bisogna che mi fermi.
Sedotto, trattengo il respiro; svanisce il mondo, sospendi il tempo.
Vorrei che questi minuti durassero ore…
Quando Ti ritrai, lasciandomi di fuoco e sconvolto da gioia profonda,
non ho un’idea di più, ma SO che Tu mi possiedi maggiormente.
Alcune mie fibre sono più profondamente toccate,
la ferita s’è allargata, e sono un po’ più prigioniero del Tuo Amore.

Signore, Tu crei ancora il vuoto attorno a me, ma in un modo diverso questa volta.
Per il fatto che sei troppo grande ed eclissi ogni cosa.
Quello che amavo mi sembra inezia, e sotto il fuoco del Tuo Amore si sciolgono i miei desideri umani come cera al sole.
Che m’importano le cose!
Che m’importa il mio benessere!
Che m’importa la mia vita!
Non desidero più altro che Te,
non voglio più altro che Te.

Lo so, gli altri lo dicono: “È pazzo!”.
Ma, o Signore, lo sono loro.

Michel Quoist

 
 
 

.

Post n°1096 pubblicato il 28 Maggio 2009 da lillysorriso

Eletti, amici cari, la vostra dedizione a Me, la vostra fedeltà consola il Mio Cuore afflitto per il tradimento di molti che Mi hanno girato le spalle come Giuda, Mi tradiscono e non hanno nessuna intenzione di ravvedersi. Spose amate, siete un dolce balsamo per il Mio Cuore, trafitto ed offeso dai grandi peccati degli uomini.

 

 

Sposa amata, le Grazie di salvezza continuano a scendere per le suppliche dei Miei fedeli amici e delle spose adoranti che sono un vero balsamo per il Mio Cuore tanto offeso. Sto portando avanti il Mio Progetto con voi, amati, lo concluderò con voi; le Mie più grandi Meraviglie compirò proprio in questo tempo con la vostra cooperazione. Piccola Mia sposa, chiederò qualche sacrificio in più a coloro che Mi amano con cuore ardente, li chiamerò, ad uno ad uno, ed assegnerò loro un compito nuovo, più impegnativo, perché conclusivo. Sposa amata, ti fa tremare questo?

Mi dici: “Adorato, so per certo che se chiedi di più, anche concedi le Grazie e le forze per eseguire ciò che chiedi. Dolcissimo Amore, servire Te è sempre gioia, grande gioia, meravigliosa gioia, la fatica non si sente tanta è la letizia di essere al Tuo servizio. Tu, Gesù adorato, conosci bene le nostre forze, mai il compito le supera; le Tue piccole spose sono tutte davanti a Te pronte nell’abito nuziale, è solo gioia obbedirTi, Dolce Amore. Nel Tuo Progetto c’è la salvezza universale, nel nostro desiderio c’è il Tuo sublime Desiderio; quando un’anima Ti appartiene interamente vuole ciò che Tu, Dolcissimo Amore, vuoi e non vuole ciò che Tu non vuoi. Noi, i piccoli più piccoli, siamo tutti Tuoi, la Tua Volontà è la nostra, il Tuo Desiderio è il nostro”.

Sposa amata, in questo grande momento di cambiamento avrei voluto che tanti fossero i docili strumenti del Mio Amore, questo avrei voluto per concedere subito le cose più belle già promesse, ma nel mondo ho trovato forti resistenze, ho atteso per Amore; lo hai ben compreso questo, Mia piccola sposa?

“Gesù adorato, certo che l’ho compreso, tutto fai per Amore, non vuoi che alcuni siano nella più grande Gioia ed alcuni nella più profonda tristezza, vuoi dare la salvezza ad ogni uomo che sia pronto a cooperare. Quanto è sublime il Tuo Sentimento! Noi, se dobbiamo invitare alla nostra festa qualcuno, lo chiediamo una volta sola o al massimo due volte e non di più, perché non tolleriamo un rifiuto, ma Tu, Gesù, Tu, Dolcissimo Amore, insisTi per Amore, talora sei come un mendicante che bussa alla porta ed attende, attende a lungo prima di andarsene. Sono emozionata al pensiero della Tua Infinita Delicatezza: per Amore il Re dei re diventa anche un mendicante, tutto fai per Amore. Se gli uomini solo un po’ capissero, subito dalla terra salirebbe un canto di lode a Te, un canto di adorazione. Non è così, non è ancora così. Gesù, Tu sei la Delizia di ogni anima che si apre al Tuo Amore, ma quante, in questi tempi cupi, lo fanno? Tu ami, ami teneramente ogni essere umano come il più tenero dei padri, come la più dolce madre, ma Tu, Gesù, Tu, Che tanto ami, sei ancora così poco amato. Il dolore trafittivo dei Tuoi piccoli più piccoli, stretti alla Madre Tua, è proprio il vedere un mondo che da Te si va allontanando sempre più, mentre sarebbe ora che ogni uomo della terra entrasse in se stesso e capisse”.

Amata sposa, ogni essere umano è molto caro al Mio Cuore e lo voglio salvare, concedo tutto per la salvezza; nessuno, un giorno, potrà dire: “Non mi sono salvato, perché nessuno si è preoccupato di aiutarmi”. Vedi come l’Umanità presente è tutta speciale? Formata da miliardi e miliardi di individui come non è stato nella storia passata? Io, Io, Dio, l’ho voluto per realizzare alla grande il Mio Progetto sublime. Io chiedo ad ogni uomo della terra di aderire al Mio Invito, ho anche lasciato il tempo per riflettere, ecco perché ancora tutto non si è pienamente realizzato, ecco perché: per attendere i ritardatari. Certo è che le sofferenze dei Miei più fedeli sono aumentate. Ti è dispiaciuto, Mia piccola?

“Gesù mio adorato – Mi dici – il Tuo Desiderio è anche il nostro, vogliamo noi, tutti Tuoi, che la festa sia per molti, per tutti e non solo per alcuni. Come vorremmo che l’intera Umanità godesse presto le Delizie del Tuo Amore e che nessuno ne restasse escluso!”

Amata sposa, come già ti ho più volte ripetuto, l’Invito è stato esteso a tutti, proprio a tutti gli uomini della terra, ho anche concesso un tempo per la risposta, un tempo oltre il quale non si va, quando l’ultimo avrà dato la sua risposta, allora, allora sposa Mia cara, tutto avverrà

all’improvviso, pensa ad un cambiamento repentino, il mondo subirà una tale svolta quale mai c’è stata. Ancora un poco, ancora un poco, Mia piccola, e tutto cambierà per Volontà Mia; i Miei cari amici, le Mie dolci spose esulteranno, ma i Miei nemici tremeranno vedendosi perduti. Resta nel Mio Cuore, piccola Mia, godi le Delizie d’Amore preparate per questo giorno. Ti amo.

Vi amo.

 

                                                                                              Gesù

 

 
 
 

.

Post n°1095 pubblicato il 26 Maggio 2009 da lillysorriso

    Dobbiamo essere devoti della Madonna perché la Madonna è la nostra Mamma.

    Quella volta che S. Giovanni Bosco, durante un’istruzione, chiese ai fedeli: “Chi è la Madonna?”, ebbe parecchie risposte: la Madonna è la Madre di Dio, è la Regina del cielo, è l’Immacolata... Ma S. Giovanni Bosco voleva soprattutto una risposta, e la diede lui stesso: “La Madonna è la nostra Mamma”.

    Sì, la Madre di Dio, la Regina del cielo, l’Immaco-lata, l’Assunta in Paradiso, è la nostra Madre.

    La Madonna è la Madre Divina del Corpo Mistico, è la Madre di Gesù e di noi, fratelli di Gesù. Il papa Paolo VI dice: “La Madonna è Madre di Cristo, perciò Madre di Dio e Madre nostra”.

 

 

“ecco tua madre”

 

    Questo è il primo fondamento della devozione alla Madonna: la sua Maternità e la nostra figliolanza. Per ciascuno di noi valgono le divine parole di Gesù a Maria Santissima “Ecco tuo figlio”, e al discepolo Giovanni, “Ecco tua madre” (Gv 19,27).

    Pensando a tale realtà, gli affetti e la tenerezza dovrebbero fortemente commuoverci: la stessa Maternità che la Madonna ebbe verso Gesù si estende fino a ciascuno di noi, ed Ella ci prende tutti spiritualmente come suoi figli, nel suo seno, nel suo cuore, fra le sue braccia.

    Grazie, Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo!

    Aveva ragione P. Pio quella volta che gli venne chiesta qualcosa sulla Madonna, ed egli rispose: “La Madonna è la nostra Mamma!”, senza riuscire a frenare la commozione fino alle lagrime. Quale verità più dolce di questa per noi?

    Aveva ragione anche S. Massimiliano M. Kolbe quella volta che per le strade di Roma, udito un uomo

bestemmiare la Madonna, lasciò i confratelli, si avvicinò a quell’uomo e con le lagrime agli occhi gli disse: “Ma tu la bestemmieresti tua madre?”. E quello, colpito dal giovane frate, chiese perdono e promise di non farlo più.

    Dovremmo davvero provare gaudio nel sapere, nel sentire, nel chiamare la Madonna nostra Mamma.

    Pensiamo alla foga affettuosa con cui S. Gemma Galgani chiamava la Madonna “Mamma!”. Sembrava non saziarsi mai di chiamarla così. In un’estasi arrivò a chiamare la Madonna per trenta volte “Mamma”. Una volta confidò espressamente alla Madonna: “Mamma mia, quanto godo nel chiamarti Mamma! Il mio cuore, lo vedi, mi salta come quando ricorda Gesù”.

presso la nostra culla

 

    Quando è che la Madonna diviene nostra Mamma, e noi suoi figli?

    Nel S. Battesimo. Con l’infusione della grazia battesimale nell’anima si viene rigenerati “nell’acqua e nello Spirito Santo” (Gv 3,5), diventando figli di Dio e di Maria, fratelli di Gesù.

    Con ragione S. Leone Magno diceva che ogni fonte battesimale è il seno verginale di Maria! Per questo dovremmo dire che ogni cristiano nasce nel S. Battesimo con la devozione alla Madonna, perché nasce figlio di Maria, e al figlio è connaturale amare la mamma per istinto. Presso la culla di ogni bambino battezzato, insieme alla mamma naturale c’è la Mamma soprannaturale. E fra le due mamme, la più vera mamma è quella soprannaturale, perché è la genitrice della vita spirituale, mentre la mamma naturale è la genitrice della vita corporale. Anzi, di tanto la Madonna è maggiormente nostra Mamma, di quanto l’ordine soprannaturale supera l’ordine naturale. Per questo avevano ragione quei Santi, come S. Giuseppe da Copertino, che consideravano la mamma terrena solo una “nutrice” rispetto alla Madre della vita spirituale. La mamma di S. Gaetano consacrò il suo bambino alla Madonna fin dalla nascita e si considerava da se stessa soltanto “nutrice” del figlio..., che chiamava “Gaetano di Maria”.

    È certamente dolce e salutare questa pia usanza di consacrare i bambini alla Madonna, che è la vera Mamma di noi tutti. E ci furono mamme cristiane che ebbero la santa ispirazione di consacrare i loro bambini alla Madonna prima ancora che nascessero. Così fecero, ad esempio, le mamme di S. Antonio da Padova e di S. Pietro M. Chanel.

    Il B. Stefano Bellesini, parroco per molti anni nel Santuario mariano a Genazzano, introdusse la pia usanza di portare i bambini appena battezzati all’altare della Madonna per consacrarli alla Celeste Mamma. E il S. Curato d’Ars esortava tutti i genitori a consacrare ogni giorno i figli alla Madonna, come faceva la mamma di S. Gerardo. I genitori ricordino questi esempi e vogliano imitarli.

 

 

ci ama senza confronti

 

    Soltanto la fede ci fa scoprire queste realtà, illuminando i nostri rapporti con la Madonna nel loro contenuto vitale più profondo e soave. Noi siamo indivisibilmente legati alla Madonna, come il figlio è legato alla madre. E siamo legati a Lei come figli, non con i vincoli della “carne e del sangue” (Gv 1,13), ma con quelli dello Spirito, ossia con i vincoli più alti e indistruttibili. Né sarà possibile alcun confronto fra l’amore che ci porta la nostra Mamma celeste e quello di qualsiasi altra mamma. Diceva molto bene il S. Curato d’Ars: “Il Cuore di Maria è così tenero per noi, che i cuori di tutte le madri uniti insieme non sono a paragone che un pezzo di ghiaccio... La Vergine Santissima è così buona che ci tratta sempre amorosamente e non ci castiga mai. Il Figliuolo ha la sua giustizia, mentre la Madre non ha che l’amore”.

    A S. Alfonso Rodriguez successe una volta di uscire in queste ardenti espressioni, mentre pregava la Madonna: “Oh, quanto io vi voglio bene, o Signora degli Angeli e Madre del mio Dio!... Quanto grande è l’amore che vi porto!... Più grande di quanto Voi ne portiate a me!”. Gli apparve allora la Madonna, bellissima e dolcissima, e amorevolmente lo riprese: “No, Alfonso, questo no. Tu t’inganni: molto più bene voglio io a te, senza confronto”. Proprio lo stesso santo, da vecchio, mentre un giorno saliva a pregare sul monte in una Cappella della Madonna, sentì una mano delicata asciugargli il sudore che grondava dalla fronte. Fino a tanto arriva la tenerezza materna della Madonna!

    Pensiamo alle premure amorevoli della Madonna anche per cose semplici come le faccende domestiche. Una volta S. Caterina da Siena si vide aiutare dalla Madonna a impastare il pane; S. Zita, smarritasi di notte, si vide accompagnare dalla Madonna nel tornare a casa; S. Veronica Giuliani veniva aiutata dalla Madonna anche a fare il bucato, tanto è vero che la santa nel lavare era molto più veloce delle consorelle; e le consorelle capirono bene che la Madonna l’aiutava, perché ogni tanto S. Veronica diceva, come fuori di sé: “Madonna mia, volete fare ogni cosa voi? Non volete che io faccia niente?”.

    Non esagerava quindi il B. Contardo Ferrini quando terminava le sue lettere raccomandando al destinatario di ricordarlo “alla cara amorosissima Mamma nostra”; così come non esageravano i Santi a tributarle titoli di amore tenerissimo senza misura.

    P. Pio da Pietrelcina, in una lettera al suo Padre spirituale, arriva a chiamare “tiranna” la Madonna, perché gli riversa nel cuore “tali e tante grazie” da non poterne più, fino a farlo uscire “in escandescenze”. Dolcissima tirannia e felici escandescenze! Davvero si può dire dell’amore della Madonna quel che S. Paolo diceva dell’amore di Gesù: è amore che “supera ogni conoscenza” (Ef 3,19).

 

 

mai sazi nell’amarla

 

    La Madonna è il capolavoro dell’amore di Dio, di tutto l’amore che Dio ha riversato sulle creature: amore materno, amore filiale, amore sponsale, amore verginale. S. Massimiliano M. Kolbe arriva a dire che l’Immacolata è quasi l’incarnazione dello Spirito Santo Amore: Ella è la Concezione Immacolata creata, mentre lo Spirito Santo è la Concezione Immacolata Increata.

    Ricambiamo il suo amore, quindi, con ogni trasporto, anche se non potremo mai e poi mai amarla come si dovrebbe. Una volta una figlia spirituale disse a P. Pio: “Beato voi, Padre, che amate tanto la Madonna!”. P. Pio rispose: “Vorrei poterLa amare quanto merita, ma ricordati che tutti i Santi e gli Angeli insieme non possono degnamente amare e lodare la Madre di Dio”.

    Non dovremmo sentirci mai sazi di amare la Madonna. “Chi mangia di me, avrà ancora fame, chi beve di me avrà ancor sete” (Sir 24,20); così fa dire la Liturgia alla B. Vergine. E i Santi l’hanno amata così, fino al punto di non sapere più come contenere il desiderio di morire presto per andare vicino a Lei. Così dicevano ad esempio S. Stanislao Kotska, S. Antonio M. Claret, S. Bernardetta Soubirous.

    Una volta, alcuni confratelli mandarono a S. Massimiliano M. Kolbe l’augurio di poter volare presto in Cielo presso l’Immacolata. Il Santo rispose: “Ringrazio coloro che... particolarmente mi hanno augurato non una lunga vita, ma una sollecita morte per trovarmi con l’Immacolata”.

    Quell’ardente apostolo che fu S. Leonardo da Porto Maurizio predicava anche dal pulpito questo suo desiderio di morire subito per raggiungere la Beata Vergine in Paradiso. Una volta, predicando, arrivò a dire: “Io bramo di morire per vivere con Maria. E voi recitate un’Ave Maria per me. Ottenetemi la grazia di morire adesso su questo pulpito... Voglio andare a vedere Maria”. È la stessa brama veemente che bruciava il cuore di S. Paolo (Fil 1,23), rivolta a Maria SS.: “Bramo morire per stare con Maria”.

    Chi ama non ragiona come chi non ama.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

.

Post n°1094 pubblicato il 24 Maggio 2009 da lillysorriso


Riflessioni sulla liturgia della
Solennità dell’Ascensione del Signore


Gesù sale alla gloria del Padre ma continua a guidare la Chiesa.
Il racconto della prima lettura è la descrizione dell’Ascensione. Gesù si stacca visibilmente dai suoi, ma affida loro una missione, quella di predicare, battezzare, fare miracoli nel suo nome e con il suo aiuto, come viene precisato nel Vangelo.
Gli angeli, dopo l’Ascensione del Risorto, invitano gli apostoli a non attardarsi a guardare il cielo: l’avvenimento a cui hanno assistito non coinvolge solamente loro; al contrario da esso prende il via un movimento salvifico e missionario che sarà animato dallo Spirito Santo. Per la forza di questo Spirito il Cristo glorificato e costituito Signore universale, attira a sé tutte le sue membra perché accedano con Lui e per Lui alla vita presso il Padre.
Gesù è presente in mezzo ai suoi principalmente in forma sacramentale ed ecclesiale: da questa presenza del Signore scaturisce la responsabilità e la missione della evangelizzazione.
Tutto ciò si realizza ed è ritualizzato nella celebrazione eucaristica. L’assemblea che si riunisce per l’azione liturgica è già una testimonianza e un annuncio del Signore Gesù: Egli è presente con la Parola e con l’Eucaristia, realizzando la promessa “Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo”.
Tutta la creazione è presente simbolicamente nell’offerta del pane e del vino, “frutti della terra e del lavoro dell’uomo”. E soprattutto è presente nella preghiera eucaristica dove tutti noi “fatti voce di ogni creatura”, cantiamo l’inno di grazie a Dio, da cui tutto viene, in cui tutto vive e a cui tutto ritorna.
Il pane e il vino su cui pronunciamo il nostro rendimento di grazie appartengono già ai cieli e terra nuova, perché sono il Cristo glorioso e vivente: chi mangia la sua carne e beve il suo sangue è già, nella speranza, proiettato in questa realtà del cielo.


 
 
 

creazione e provvidenza

Post n°1093 pubblicato il 23 Maggio 2009 da lillysorriso

Creazione e Provvidenza“In principio Dio creò il cielo e la terra”. ( Genesi 1,1 ). Con questa affermazione ha inizio la Sacra Scrittura. Ho deciso di dedicare un capitolo del mio libro ad un tema dibattuto da millenni e che ha visto prodigarsi religiosi, politici, scienziati, filosofi ed altri, nell’affannosa ricerca di una risposta: la creazione dell’universo. Viviamo in un epoca in cui i mass media e le metodologie di comunicazione hanno finalmente raggiunto livelli planeari e, in svariate occasioni ci è capitato di ritrovare il nostro pensiero sgombro da altro ed intento a dei precisi interrogativi, tra cui sicuramente quello che vede contrapporsi, sin dall’inizio, la figura del bene e del male. Chi ha creato tutto ciò e perché esiste il bene, necessariamente affiancato dal male? Perché, al momento della creazione è accaduto tutto ciò? Sicuramente abbiamo dei livelli scientifici e di progresso grandemente più sviluppati rispetto a quando è stata donata all’uomo la Sacra Scrittura, però, mi sembra un ...

... interrogativo legittimo, ciò nondimeno nel contempo retorico. La risposta è semplicissima, non abbiamo necessariamente bisogno di una prova tangibile o di un esperimento rivelatore, è la nostra Fede che deve guidarci verso la Verità, è la stessa ragione, come afferma il Papa nella “Fides et ratio”, che può farci comprendere la naturalità e la positività dell’essere stati voluti da Dio, e dell’essere soggetti attivi della nostra vita, seguendo la via del bene o quella del male. Santa Chiesa e Verità assoluta ci insegnano che bisogna guardare a  Dio Padre onnipotente come:

“Creatore del cielo e della terra” e “creatore di tutte le cose visibili e invisibili”.

La creazione, ci insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, è il principio di tutti i progetti salvifici di Dio, è “l'inizio della storia della salvezza” (Congregazione per il Clero, Direttorio catechistico generale, 51) che culmina in Cristo. Allo stesso modo, il Mistero di Cristo è la luce risoluta sul mistero della creazione: rivela il fine in vista del quale, “in principio, Dio creò il cielo e la terra” (Genesi 1, 1). Difatti “dalle origini, Dio pensava alla gloria della nuova creazione in Cristo”.  (Romani 8, 18-23). La catechesi sulla creazione è di capitale importanza. Concerne i fondamenti stessi della vita umana e cristiana: infatti esplicita la risposta della fede cristiana agli interrogativi fondamentali che gli uomini di ogni tempo si sono posti: “Da dove veniamo?” “Dove andiamo?” “Qual è la nostra origine?” “Quale il nostro fine?” “Da dove viene e dove va tutto ciò che esiste?”. Le due questioni, quella dell'origine e quella del fine, sono inscindibili. Sono decisive per il senso e l'orientamento della nostra vita e del nostro agire. La questione delle origini del mondo e dell'uomo è oggetto di numerose ricerche scientifiche, che hanno straordinariamente arricchito le nostre conoscenze sull'età e le dimensioni del cosmo, sul divenire delle forme viventi, sull'apparizione del l'uomo. Tali scoperte ci invitano ad una sempre maggiore ammirazione per la grandezza del Creatore, e a ringraziarlo per tutte le sue opere e per l'intelligenza e la sapienza di cui fa dono agli studiosi e ai ricercatori. Non tutti, purtroppo, riconducono la bellezza del Creato a Dio. Tanti sono gli scettici ed altrettanto numerosi quelli che ci considerano vittime di una favola paragonabile a quella di “Pinocchio”.  A Salomone chiedo l’intercessione per costoro, affinché possano pregare dicendo:

“Egli mi ha concesso la conoscenza infallibile delle cose, per comprendere la struttura del mondo e la forza degli elementi. . . perché mi ha istruito la Sapienza, artefice di tutte le cose”. (Sapienza 7, 17-21).

Il grande interesse, di cui sono oggetto queste ricerche, è fortemente stimolato da una questione di altro ordine, che oltrepassa il campo proprio delle scienze naturali. Non si tratta soltanto di sapere quando e come sia sorto materialmente il cosmo, né quando sia apparso l'uomo, quanto piuttosto di scoprire quale sia il senso di tale origine: se cioè sia governata dal caso, da un destino cieco, da una necessità anonima, oppure da un Essere trascendente, intelligente e buono, chiamato Dio. E se il mondo proviene dalla sapienza e dalla bontà di Dio, perché il male? Da dove viene? Chi ne è responsabile? C'è una liberazione da esso? Sin dagli inizi, la fede cristiana è stata messa a confronto con risposte diverse dalla sua circa la questione delle origini. Infatti, nelle religioni e nelle culture antiche si trovano numerosi miti e teoremi riguardanti le origini di cui, per ovvi motivi di spazio, cercherò di enunciarne brevemente qualcuno. Indubbi filosofi hanno affermato che tutto è Dio, che il mondo è Dio, o che il divenire del mondo è il divenire di Dio (panteismo); altri hanno detto che il mondo è una emanazione necessaria di Dio, che scaturisce da questa sorgente e ad essa ritorna; altri ancora hanno sostenuto l'esistenza di due princìpi eterni, il Bene e il Male, la Luce e le Tenebre, in continuo conflitto (dualismo, manicheismo); secondo alcune di queste ideazioni, il mondo (almeno il mondo materiale) sarebbe cattivo, prodotto di un decadimento, e quindi da respingere con disgusto o oltrepassare (gnosi); altri ammettono che il mondo sia stato fatto da Dio, ma alla maniera di un orologiaio che, una volta fatto, l'avrebbe abbandonato a se stesso (deismo); altri non ammettono alcuna origine trascendente del mondo, ma vedono in esso il puro gioco di una materia che sarebbe sempre esistita (materialismo); altri, infine, non se ne pongono il problema (ateismo, agnosticismo). Tutti questi e tanti altri tentativi di spiegazione e, nel contempo di evasione, stanno a testimoniare la persistenza e l'universalità del problema delle origini. Questa ricerca è caratteristica dell'uomo. La veridicità della creazione è così importante per l'intera vita umana che Dio, nella sua premura, ha voluto rivelare al suo Popolo tutto ciò che al riguardo è necessario conoscere. Al di là della conoscenza naturale che ogni uomo può avere del Creatore, Dio ha progressivamente rivelato a Israele il mistero della creazione.

“Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che da  a tutti la vita e il respiro e ogni cosa.  Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo. Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'immaginazione umana”. (Atti 17, 24-29);

“In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia,  poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità”. (Romani 1, 18-20).

Egli si annuncia come colui al quale convengono tutti i popoli della terra e l'intera terra, come Colui che, senza l’ausilio di “terzi incomodi”, “ha fatto cielo e terra”. Dio non ha avuto bisogno di una provetta da manipolare in un laboratorio, di un brodo primordiale o di una serie di divinià greche. La Sacra Scrittura, difatti, dice:

“Vi renda fecondi il Signore, voi e i vostri figli. Siate benedetti dal Signore che ha fatto cielo e terra. I cieli sono i cieli del Signore, ma ha dato la terra ai figli dell'uomo. Non i morti lodano il Signore, né quanti scendono nella tomba. Ma noi, i viventi, benediciamo il Signore ora e sempre”. (Salmi 115, 14-18);

“Sia benedetto il Signore, che non ci ha lasciati, in preda ai loro denti. Noi siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori: il laccio si è spezzato e noi siamo scampati. Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto cielo e terra”. (Salmi 124, 6-8);

“Ecco, benedite il Signore, voi tutti, servi del Signore; voi che state nella casa del Signore durante le notti. Alzate le mani verso il tempio e benedite il Signore. Da Sion ti benedica il Signore, che ha fatto cielo e terra”.  (Salmi 134, 1-3);

“In principio era il Verbo. . . e il Verbo era Dio. . . Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto”. (Giovanni 1, 1-3).

Anche il Nuovo Testamento è permeato di ulteriori rivelazioni circa la creazione. Dio ha creato tutto per mezzo del Verbo eterno, il Figlio suo diletto.

“Per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra... Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte
le cose e tutte in lui sussistono”. (Colossesi 1, 16-17).

Un’altra verità che non deve mai venir meno nella concezione cristiana del Creato è fondamentale ed a tale proposito la Scrittura e la Tradizione costantemente insegnano e celebrano:

“Il mondo è stato creato per la gloria di Dio”. (Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3025).

Dio ha creato tutte le cose, spiega San Bonaventura, “non per accrescere la propria gloria, ma per manifestarla e per comunicarla”. (San Bonaventura, In libros sententiarum, 2, 1, 2, 2, 1).
Infatti Dio non ha altro motivo per creare se non il suo amore e la sua bontà: “Aperta la mano dalla chiave dell'amore, le creature vennero alla luce”. (San Tommaso d'Aquino, In libros sententiarum, 2, prol).

 E il Concilio Vaticano I spiega: “Nella sua bontà e con la sua onnipotente virtù, non per aumentare la sua beatitudine, né per acquistare perfezione, ma per manifestarla attraverso i beni che concede alle sue creature, questo solo vero Dio ha, con la più libera delle decisioni, insieme, dall'inizio dei tempi, creato dal nulla l'una e l'altra creatura, la spirituale e la corporale”. (Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3002).

Noi crediamo che il mondo è stato creato da Dio secondo la sua sapienza. Non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un destino cieco o del caso. Noi crediamo che il mondo trae origine dalla libera volontà di Dio, il quale ha voluto far partecipare le creature al suo essere, alla sua saggezza e alla sua bontà:

“Tu hai creato tutte le cose, e per la tua volontà furono create e sussistono”. (Apocalisse 4, 11);

“Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza”. (Salmi 104, 24);

“Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature”. (Salmi 145, 9).

L’autorevolezza di Dio si palesa precisamente in questo, che Egli parte dal nulla per fare tutto ciò che vuole (San Teofilo d'Antiochia, Ad Autolycum, 2, 4: PG 6, 1052). La convinzione nella creazione “dal nulla” è testimoniata nella Scrittura come una verità piena di promessa e di speranza. Così la madre dei sette figli, sicura della vita eterna,  li incoraggia al martirio:

“Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato lo spirito e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il Creatore del mondo, che ha plasmato all'origine l'uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la Sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi. . . Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l'origine del genere umano” (2Maccbei  7, 22-23; 2Maccabei 7, 28).

Parlando della creazione, sorge obbligatorio l’inserimento e la trattazione del termine “ordine”. Cosa significa per noi cristiani l’ordine e chi lo rappresenta? Dio, dall’alto sua Sapienza, è conscio di quanto plasma: ragion per cui tutto ciò che Egli genera e vuole, è governato nell’ordine e trae origine dall’ordine stesso. Tante sono le citazioni che avvalorano questa affermazione, tra cui possiamo citare:

“Tu hai disposto tutto con misura, calcolo e peso”. (Sapienza 11, 20);

“Creata nel e per mezzo del Verbo eterno, immagine del Dio invisibile”. (Colossesi 1, 15);

“la creazione è destinata, indirizzata all'uomo, immagine di Dio”. (Genesi 1, 26).

“La creazione, infatti, è voluta da Dio come un dono fatto all'uomo, come un'eredità a lui destinata e affidata. La Chiesa, a più riprese, ha dovuto difendere la bontà della creazione, compresa quella del mondo materiale”. (San Leone Magno, Lettera Quam laudabiliter: Denz. -Schönm. , 286).

Al di là dell’averla forgiata, Dio non si separa dalla sua creatura. Non le dona soltanto la realtà e la consapevolezza di essere e di esistere: la conserva in ogni istante nell'essere, le dà la facoltà di agire e la conduce al suo termine. Ravvisare questa integra dipendenza in rapporto al Creatore è sorgente di conoscenza e di libertà, di fiducia, di letizia:

“Tu ami tutte le cose esistenti, e nulla disprezzi di quanto hai creato; se tu avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte sono tue, Signore, amante della vita”.  (Sapienza 11, 24-26).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma, inoltre, che la creazione ha la sua propria bontà e perfezione, ma non è uscita dalle mani del Creatore interamente compiuta. E' creata “in stato di via” (in statu viæ) verso una perfezione ultima alla quale Dio l’ha destinata, ma che ancora deve essere raggiunta. Chiamiamo divina Provvidenza, difatti, le disposizioni per mezzo delle quali Dio conduce la creazione verso questa perfezione.
Dio conserva e governa con la sua Provvidenza tutto ciò che ha creato:

“Essa si estende da un confine all'altro con forza, governa con bontà eccellente ogni cosa”. (Sapienza 8, 1).

La prova sicura della Scrittura è unanime: la solerzia della divina Provvidenza è tangibile e spontanea; essa si prende cura di tutto, dalle più piccole realtà oggettive fino ai grandi avvenimenti del mondo e della storia. Con forza, i Libri Sacri affermano la sovranità assoluta di Dio sul corso degli avvenimenti:

“Il nostro Dio è nei cieli, Egli opera tutto ciò che vuole”. (Salmi 115, 3).

E, per rispondere a tutti gli indottrinati che rinnegano Gesù, di Cristo nella Sacra Scrittura si dice:

“Quando Egli apre, nessuno chiude, e quando chiude, nessuno apre”.     (Apocalisse 3, 7);

“Molte sono le idee nella mente dell'uomo, ma solo il disegno del Signore resta saldo”.  (Proverbi 19, 21).

Gesù chiede un abbandono filiale alla Provvidenza del Padre celeste, il quale si prende cura dei più elementari bisogni dei suoi figli:

“Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?. . . Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”.  (Matteo 6, 31-33).

Il nostro Catechismo Ufficiale, inoltre, ci insegna che Dio è il padrone sovrano del suo disegno. Però, per realizzarlo, si serve anche della cooperazione delle creature. Questo non è un segno di debolezza, bensì della grandezza e della bontà di Dio onnipotente. Infatti Dio alle sue creature non dona soltanto l'esistenza, ma anche la dignità di agire esse stesse, di essere causa e principio le une delle altre, e di collaborare in tal modo al compimento del suo disegno. Dio dà agli uomini anche il potere di partecipare liberamente alla sua Provvidenza, affidando loro la responsabilità di “soggiogare” la terra e di dominarla (Genesi 1, 26-28 ). In tal modo Dio fa dono agli uomini di essere cause intelligenti e libere per completare l'opera della creazione, perfezionandone l'armonia, per il loro bene e per il bene del loro prossimo. A tal proposito San Paolo dice:

“Cooperatori spesso inconsapevoli della volontà divina, gli uomini possono entrare deliberatamente nel piano divino con le loro azioni, le loro preghiere, ma anche con le loro sofferenze”. (Colossesi 1, 24).

Allora diventano in pienezza “collaboratori di Dio”  (1Corinzi 3, 9; 1Ts 3, 2) e del suo Regno (Colossesi 4, 11). Dio agisce in tutto l'agire delle sue creature: è una verità inseparabile dalla fede in Dio Creatore. Egli è la causa prima che opera nelle e per mezzo delle cause seconde:

“E' Dio infatti che suscita in noi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni”. (Filistei 2, 13) (1Corinzi 12, 6). 

[Parte del capitolo è tratto da il “Catechismo della Chiesa Cattolica”].

 
 
 

.

Post n°1092 pubblicato il 23 Maggio 2009 da lillysorriso

Cari amici,

la festa dell'Ascensione ci invita a guardare al Cielo, dove Gesù è salito per prepararci un posto. Il Cielo è la meta a cui dobbiamo tendere, senza mai perderla di vista.

Oggi molta gente pensa che con la morte l'uomo si dissolve nel nulla. La vita così perde il suo valore e l'uomo la sua dignità. Il morso del serpente inferrnale è micidiale.

La vita è bella se è un cammino verso il paradiso. Costruiamo ogni giorno  la nostra eternità felice. Più avanziamo e più entriamo nella luce e nella gioia.

Gesù è il nostro paradiso, Possiamo già gustare ora la dolcezza della sua presenza e della sua amicizia.

Maria scende dal Cielo sulla terra per prenderci per mano e per aiutarci a ragiungere la meta.

Pensa ogni tanto a quale grande festa parteciperamo in cielo! Non finirà mai!

Vostro P. Livio

 

 

.
 

 
 
 

.

Post n°1091 pubblicato il 20 Maggio 2009 da lillysorriso



La Parola del nostro Dio

Il nostro Dio è un Dio che parla, 
questo è lo straordinario del Dio di Israele, 
del Dio che è stato poi narrato, rivelato da suo 
figlio Gesù di Nazaret. 
Lo straordinario della nostra fede è la fede in
un Dio che ha parlato, un Dio che parla, un Dio
che attraverso al sua Parola si fa conoscere, chiama,
interpella, orienta e plasma la vita di chi lo ascolta. 
È molto importante cogliere questo, è lo specifico dell'ebraismo
e del cristianesimo: un Dio che parla.
Se voi aprite la Bibbia alla prima pagina, si parla della creazione, 
e dopo aver detto "...in principio Dio creò il cielo e le a terra...",
quasi un titolo alla pagina seguente di Dio si dice soprattutto 
che Dio ha parlato, Dio dice "...luce..." e luce fu. 
Dio ha creato con la Parola, ha creato l'universo, ha creato questa terra,
ha creato l'umanità, l'ha creata con la Parola,
e quando Dio crea attraverso la sua Parola, 
certamente il risultato di questa sua creazione 
è un creatura benedetta, buona, bella.

Enzo Bianchi, Priore di Bose

 
 
 

.la quiete

Post n°1090 pubblicato il 18 Maggio 2009 da lillysorriso

Definizione. Da questa descrizione si può dunque conchiudere che la quiete è un'orazione soprannaturale, non intieramente passiva, che avviene nella parte superiore dell'anima e le fa sentire e gustare Dio presente in lei.
È orazione soprannaturale, vale a dire infusa, e in ciò ci stacchiamo da alcuni Carmelitani che, considerandola come orazione di transizione, pensano che possa essere acquisita come l'orazione di semplicità. Ma diciamo con loro che non è intieramente passiva, perchè solo la volontà (coll'intelletto) è prigioniera, mentre la ragione e l'immaginazione restano libere di divagare. Quanto ai gusti divini e alla virtù che ne sono gli effetti, li abbiamo altrove sufficientemente spiegati n. 1439.
1442.   B) Origine e progresso della quiete. a) La quiete è ordinariamente concessa alle anime che si sono già per notevole spazio di tempo esercitate nella meditazione e che passarono per la notte dei sensi. Talora però precede quest'ultima, specialmente nei giovinetti e nelle anime innocenti che non hanno bisogno di speciale purificazione.
b) A principio non è concessa che di tanto in tanto, in modo assai debole ed inconscio; dura poco, per esempio, dice S. Teresa, lo spazio di un'Ave Maria 1442-1. Poi diventa più frequente continuando di più, fino a una mezz'ora. Ma, non venendo sempre repentinamente nè scomparendo tutto d'un tratto, può, coll'alba e col crepuscolo, giungere sino a un'ora o anche più. Anzi, quando è operosa (n. 1445) e accompagnata da ebbrezza spirituale, può durare uno o due giorni senza per altro impedire di attendere alle occupazioni ordinarie.
c) La quiete saporosa può alternarsi colla quiete arida, finchè non sia compiuta la purificazione dell'anima.
d) Viene poi il tempo in cui la quiete diviene abituale e allora ordinariamente vi si entra appena uno si mette in preghiera; anzi alcune volte coglie l'anima all'improvviso persino nelle occupazioni più volgari. Tende pure a farsi sempre più forte e più consapevole, e, se l'anima corrisponde alla grazia, finisce nell'unione piena e nell'estasi. Che se è infedele, l'anima può decadere e tornare all'orazione discorsiva o anche perdere la grazia.
1443.   C) Forme o varietà della quiete. Se ne distingono tre principali: la quiete silenziosa, la orante, la operosa 1443-1.
a) Nella quiete silenziosa l'anima contempla Dio in un silenzio pieno d'amore, perchè l'ammirazione soffoca, a così dire, ogni parola; la volontà, immersa in Dio, infiammata d'amore, deliziosamente riposa in lui in calma, tranquilla, saporosa unione.
L'anima, come madre che divora cogli occhi il suo bambino, contempla ed ama Dio. "Sta, dice S. Teresa 1443-2, come un bambino ancor lattante, quando sta in seno alla madre e la madre, senza che egli poppi, gli stilla per affetto il latte in bocca". Così qui la volontà beve all'amore senza sforzo della mente.
1444.   b) Talora l'anima, non potendo più contener l'amore, si sfoga in ardente preghiera: è la quiete orante: ora si effonde in dolci colloqui; ora s'abbandona ad impeti di tenerezza e invita tutte le creature a lodar Dio: "dice mille sante stranezze, mirando sempre a piacere a Colui che la tiene così" 1444-1.
S. Teresa faceva allora poesie a descrivere il suo amore e il suo tormento. E Dio risponde qualche volta a questi slanci d'amore con affettuose carezze che producono una specie di ebbrezza spirituale, "la quale, secondo S. Francesco di Sales, ci aliena non dai sensi spirituali ma da quelli corporali, non ci inebetisce nè ci abbrutisce ma ci rende creature angeliche... e ci divinizza... e ci fa uscire fuori di noi per innalzarci sopra di noi" 1444-2.
1445.   c) Vi sono casi in cui la quiete diviene operosa. Quando, dice S. Teresa 1445-1, la quiete è profonda e di lunga durata, essendo incatenata la sola volontà, le altre facoltà rimangono libere di occuparsi nel servizio di Dio, e lo fanno con molto maggiore operosità; allora, pur attendendo ad opere esterne, l'anima non cessa d'amare ardentemente Dio; si ha quindi l'unione di Marta e di Maria, dell'azione e della contemplazione.

3° IL SONNO DELLE POTENZE.
1446.   Questa terza fase della quiete è forma più alta e prepara l'unione piena delle facoltà interne.
S. Teresa la descrive nel capo XVII° della Vita 1446-1: "Vi è un'altra maniera di unione... Accade spesso in questa maniera di unione che intendo dire (e in particolare a me) che Dio s'impossessa della volontà ed anche, io credo, dell'intelletto, perchè non discorre ma sta occupato in goder Dio, come chi sta guardando fissamente e tante cose gli si presentano da vedere che non sa dove fissar lo sguardo e non può render conto di nessuna. La memoria però rimane libera e dev'essere insieme colla immaginazione. Vedendosi sola, è cosa da stupire la guerra che fa questa potenza e come procura di turbare ogni cosa. Questo a me reca grande affanno e l'abborisco e spesso prego il Signore che me la tolga... Pare una di quelle farfalle notturne, importune e inquiete; così va ella da un capo all'altro. Mi pare che il paragone calzi egregiamente, perchè, quantunque non abbia forza di fare alcun male, tuttavia importuna e infastidisce quelli che la vedono"... Quanto ai mezzi di trionfare di tali scorribande, ne indica uno solo: "non far più caso della memoria o fantasia che si faccia d'un pazzo, lasciandola con la sua pazzia, perchè Dio solo glie la può levare". -- Come si vede, si tratta di un'orazione di quiete in cui l'intelletto stesso è afferrato da Dio, ma dove la fantasia e la memoria continuano a divagare. È preparazione all'unione piena.

CONDOTTA DA TENERE NELL'ORAZIONE DI QUIETE.
1447.   La disposizione generale da coltivare in questo stato è quella di umile abbandono nelle mani di Dio in tutte le fasi di questa orazione dagli inizi sino al suo compimento.
a) Onde non bisogna fare sforzi per mettersi da sè in questo stato, cercando di sospendere le facoltà e perfino il respiro: sarebbe fatica sprecata, perchè Dio solo può darci la contemplazione.
b) Appena si sente l'azione divina, bisogna adattarvisi più perfettamente che sia possibile, cessando di ragionare e docilmente seguendo il moto della grazia:
1) Se siamo chiamati all'affettuoso silenzio, guardiamo e amiamo senza dir nulla, o tutt'al più diciamo di tanto in tanto qualche tenera parola per ravvivare la fiamma dell'amore, ma senza sforzi violenti che potrebbero spegnerla.
2) Se siamo inclinati a fare atti, se gli affetti sgorgano spontaneamente, preghiamo adagio adagio, senza strepito di parole, ma con gran desiderio d'essere esauditi. "Alcune pagliuzze poste con umiltà... saranno qui più opportune e serviranno meglio ad accendere il fuoco che non molte legna insieme di ragionamenti molto dotti a parer nostro, e che potrebbero in un attimo spegnere quella scintilla" 1447-1. Bisogna soprattutto, aggiunge S. Francesco di Sales 1447-2, evitare gli slanci violenti e indiscreti che spossano il cuore e i nervi, e quelle riflessioni sopra se stessi con cui uno si affanna a sapere se la tranquillità di cui gode è veramente tranquilla.
3) Se la mente è l'immaginazione divagano, non occorre inquietarsi nè inseguirle; la volontà "rimanga a godersi il favore che le è concesso come un'ape sapiente in fondo all'alveolo. Se in cambio di entrare nell'alveare, le api si corressero tutte in cerca le une delle altre, come si potrebbe fare il miele?"

§ II. Orazione di unione piena.
1448.   Quest'orazione che corrisponde alla quinta mansione, viene detta unione semplice o unione piena delle facoltà interne, perchè l'anima è unita a Dio non solo con la volontà ma anche con tutte le facoltà interne, onde è più perfetta dell'orazione di quiete. Ne descriveremo:

  • 1

 
 
 

.

Post n°1089 pubblicato il 17 Maggio 2009 da lillysorriso

Riflessioni sulla liturgia della
6° Domenica di Pasqua   B

Il cristiano si distingue per l’amore.
San Pietro in casa del pagano Cornelio comprende davvero la dimensione universale della fede. Sul gruppo presente scende miracolosamente lo Spirito Santo proprio per attestare che il Vangelo è per tutti.
San Giovanni dice che l’amore ai fratelli è frutto dell’amore di Dio, che ha dato il suo Figlio per noi.
Per Gesù rimanere nel suo amore vuol dire osservare i suoi comandamenti. Anzi l’amore è come l’anima dei comandamenti e la condizione per portare frutto, come Gesù desidera.
Gli uomini, anche i non credenti, saranno attirati alla Chiesa dal segno dell’amore fraterno. Le nostre comunità, le nostre assemblee devono dunque essere aperte a tutti, anche ai poco convinti, agli indifferenti, a chi è in situazione di ricerca…
Chiunque incontra assemblee cristiane dovrebbe sentirsi accolto come in casa propria, finchè giunga a una piena conoscenza del Dio di Gesù Cristo. Solo così acquisteranno concretezza e credibilità le invocazioni al Paraclito “perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito” (cf. preghiera eucaristica III°).
Con la preghiera eucaristica ricordiamo e benediciamo la realtà unica dell’amore di Dio per gli uomini, che in tanti momenti e in svariate forme si è manifestato nella storia della nostra salvezza e più di tutto nella vita, morte e risurrezione del Figlio Gesù Cristo.
Mentre di tutto questo celebriamo il memoriale, noi siamo salvati e interiormente trasformati grazie a una forza di perdono e a una fiducia verso di noi di cui è capace solo l’Amore infinito.


 
 
 

.

Post n°1088 pubblicato il 17 Maggio 2009 da lillysorriso

Lode a Maria17 maggio - Madonna delle Chiavi"O Vergine, Madre di Dio, tutti i ricchi chiedono la tua presenza, e ancor molto di piu' il misero e il povero, che sono disprezzati dal popolo. Il mio cuore Ti ha detto: Ho cercato il tuo volto; cerchero', o Signora, il tuo volto; non togliere lo sguardo da me. Mostrami il tuo volto; risuoni la tua voce nelle mie orecchie, perche' e' dolce la tua voce e meraviglioso il tuo volto".
Amen. Ave Maria!
(S. Bernardo)

 
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

.."Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno: in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre."

 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 13
 

ULTIME VISITE AL BLOG

Dovere_di_vivereNicolasangermax5MITE_ATTACHET_2donfranco65georgebernanosromagoresposito10membro33pieri.cristianabaranello.stefaniamultipla69donatonatolal.damonte63luciarossy
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 

ULTIMI COMMENTI

Chi unque tu sia mi ha fatto tanto piacere che tu possa...
Inviato da: ambrante
il 18/07/2010 alle 23:26
 
Ciao, davvero bello questo post. Da dove l'hai tratti?
Inviato da: testimone82
il 20/09/2009 alle 14:59
 
Buona Domenica del Corpus Domini
Inviato da: chepazzaidea
il 14/06/2009 alle 17:44
 
Sono passata per caso in questo blog...Bello...
Inviato da: vodaf_2008
il 06/06/2009 alle 09:36
 
ciao ,grazie
Inviato da: lillysorriso
il 29/05/2009 alle 03:54
 
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

.......

 

....

 

....

 

 

 

... 

Ecco il Cuore che ha tanto amato gli uomini, che non ha risparmiato nulla fino a esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo amore. E invece di riconoscenza non riceve dai più che ingratitudine per le irriverenze e i sacrilegi, per la freddezza e il disprezzo che hanno per me in questo sacramento di amore.

 

 

 

 

 

 

 

..Gesu è vivo!

 

Gesu è vivo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

..

LAMPADA AI MIEI PASSI E' LA TUA PAROLA

 

AVE MARIA

Ave, o Maria piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso, e nell’ora della nostra morte.
Amen.

 

PADRE NOSTRO

Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Amen.

 

..

 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963