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Un blog creato da mia3v il 25/10/2005

I Fiori Del Male

Ossimori di Vita

 
 

 

Post N° 145

Post n°145 pubblicato il 20 Luglio 2006 da mia3v

20 luglio 1982

 
Non ricordo se ci fosse caldo o meno,se fosse un giorno particolare o uno come tanti, adagiato sulla normalità.

Non ho ricordi di aneddoti di importanza inopinabile.

La storia m'insegna solo che il governo Spadolini era in crisi e che l'Italia festeggiava la sua terza ascesa sulla vetta del Mondo.

Calcisticamente parlando, s'intende.

Probabilmente sulla scia dell'urlo tardelliano, con anticipo degno di chi fa della fretta uno stile di vita, doveva nascere Tommaso.

E invece sono nata Io.

Un mese di anticipo, una quantità di capelli imbarazzante e di nomi nemmeno uno.

Dovevo essere maschio e invece nacqui femmina innominata.

Adesso di nomi ne ho due, di capelli sempre troppi e la fretta è ancora la mia cara, cattiva, consigliera.

Stappo una bottiglia di spumante, una per ogni anno in cui ho costruito qualcosa sopra quella che sono.

Brindo alle mani e alle voci e agli odori che mi hanno seguito, attaccati addosso, fino a questo momento.

Brindo a tutte le volte in cui ho detto "non ce la faccio" e a tutte le volte in cui ce l'ho fatta.

Brindo alle orde di errori che ho lasciato, combattive, dietro di me.

Brindo a chi voglio bene, le persone a cui non lo so dire mai.

E brindo a me stessa perchè, in fondo, un po' me lo merito.

 

 
 
 

Del delirio areniano. E della mia vita.

Post n°144 pubblicato il 13 Luglio 2006 da mia3v

Entrata cancello trentasette.
Ogni sera venti minuti di anticipo.

- “Scusi, mi darebbe le chiavi del trucco del reparto uomo?”
La solita frase, milioni di volte. E il solito sguardo libidinoso da uomo in balia della sua appendice.

- “A lei di chiavi ne darei quante ne vuole”.
La solita frase, milioni di volte. E il solito umorismo sottile, di nicchia oserei dire.

Prendo la chiave, l’unica che m’interessi, bocca obliqua e aria rassegnata, e senza rispondere mi dirigo in quel buco chiamato camerino dove non entra un filo d’aria forse dai tempi dell’Antica Roma.

Questa sera ante generale di Tosca.

Una trentina di parrucche senza nome e senza destinazione che campeggiano sulle teste di polistirolo dallo sguardo inquietante.
Bozzetti del trucco nemmeno uno. Conoscenza di come si svolgerà la prova ancora meno.
La trielina è finita, il mastice è appiccicato al suolo dall’ultima serata di Cavalleria Rusticana, per terra una quantità imbarazzante di lunghi capelli grigi. Sinistri quantomeno.
E non mi ricordo se appartengano ai vescovi, ai vescovi volanti, ai preti neri, agl’abati ubriachi.

I registi, è indubbio, devono avere un alto livello di assimilazione di sostanze psicotrope.

Inizio a sistemare, a pettinare i riccioli a una parrucca decadente che non smette di ricordarmi Tony Manero, a mettere la lacca a quell’inquietante toupet  rinvenuto direttamente da Arancia Meccanica, a preparare i pennelli perché ho sentito dire che in Tosca dovremo truccare una vasta serie di morti viventi.

Prendo le mie scartoffie, liste di coristi dalle svariate attitudini sessuali, comparse dalle opinabili attitudini intellettive, e mi preparo al tour infernale dei cameroni maschili.

Tenori I. Salgo le scale. Ops, forse avrei dovuto annunciarmi.
La vista di un decadente prototipo maschile dal ventre sottomesso alla forza di gravità mi fa capire l’errore dell’iniziativa. Giro sui tacchi e me ne vado. Pessime mutande, tra l’altro.

Tenori II, Bassi, Baritoni.

Una sarta mi chiede chi deve cucire le papaline per gli accoliti. Nemmeno so chi siano gli accoliti. Andrò ad approfondire.

Camerone comparse: il tripudio della giovinezza sposata all’idiozia.
200 “uomini” responsabili delle mie crisi di nervi giornaliere.

Entro.

Risolini, gomitate, umorismo da marciapiede.
- “Donna in camerone!”, gracchia un poco più che maggiorenne vestito da soldato.
Io ormai non rispondo nemmeno più, mezzo ghigno accondiscendente e continuo a fare quello che devo.

Le 30 mitre a cui abbiamo dovuto attaccare, ago e filo, i capelli, ci sono tutte. Già un passo avanti.

Me ne vado dopo essermi sentita dire di tutto.
Dalla fascista, alla rompicoglioni, all’aggressiva, alla bella bambolina.

- “Dieci minuti all’inizio della prova”.
La solita voce, da diec’anni credo, e si scatena la follia.

Attrezzisti che portano carretti, bottiglie di vino finte, coltelli e salami di plastica dentro e fuori il palcoscenico.
Macchinisti che trasportano un angelo dotato di un braccio meccanico che impugna una spada.
Una bestialità alta non so quanti metri. Forse una decina.
Coriste obese, parrucchiere in lacrime e costumiste piene di merletti, stoffe sinistre, aghi e fili.

Il regista insulta Tosca (la sostituta, quella principale è svenuta in camerino), il direttore d’orchestra insulta il regista, il direttore d’orchestra e il regista insultano le comparse che hanno sparato in una simultanea alquanto discutibile.
Dieci spari a ripetizione invece di uno soltanto.

Comparse e coristi insultano la sottoscritta.

Questa parrucca fa schifo, non voglio andare in giro con la chierica, non mi fare le trecce che poi sembro una figa, non mi mettere le basette finte perché sennò sembro un uomo.

Tutti sono pronti, più o meno.

Vescovi volanti che, imbragati, penderanno sospesi dalle gradinate areniate, avanzano per i corridoi con un costume abominevole. Otto chili di non so quale materiale. In faccia un passamontagna e sulla testa una mitra di mezzo metro.
I coristi hanno la parrucca bianca settecentesca, le donne la mantiglia pendente sulla faccia.

Entro dagl’artisti.

Mia madre, capo supremo, si è fatta esplodere in bocca unna capsula alimentare contenente sangue finto. Bisogna simulare la fucilazione di Cavaradossi.

Me ne vado, disgustata dal rivolo di sangue che esce dalla bocca di un’elegantissima e rispettabile signora di cinquant’anni.

Un macchinista, mio sogno erotico di vecchia data, mi offre un caffè.
Accetto e mentre  bevo faccio sogni estemporanei che di lirico hanno molto. Anche se magari non nel senso stretto del termine.

La trance sessuale si arresta quando un altro macchinista, trasportando Castel Sant’Angelo attraverso l’arco centrale, mi chiede perché mi servono dei preservativi.
Rispondo con qualche volgarità dissimulata, pensando al consueto spirito goliardico unidirezionale tipico degli spazi ad alta densità testosteronica.

Poi passa mia madre, sporca di sangue, che chiede ad alta voce se qualcuno abbia dei preservativi da prestarle.

Bisogna simulare un’ espolsione dell’aorta e i palloncini ad acqua non riescono a farli scoppiare.

- “Il preservativo si rompe solo quando non dovrebbe”, sentenzio.
Mi danno tutti ragione e si va alla ricerca di una via alternativa.

La prova finisce alle due.

Con Tosca morta e 1500 persone dietro le quinte che difficoltà vitali ne presentano ben di più.

Temporeggio per la città, due chiacchiere sotto l’ala areniana, un gelato perché l’alcol mi fa male e illazioni sulle turpi e presunte relazioni sessuali che si consumano tra gli arcovoli.

Pedalo in volata fino al garage, alle quattro sono a casa.
Ma nessun’oasi di pace mi attende dopo il delirio.
A casa mia, nella mia cucina per inciso, è in atto un festino.

Quattro persone appartenenti ad una variopinta e variegata varietà umana mangiano anguria  e spettegolano divertite.
C’è il truccatore, il gay per antonomasia, che di uomo credo non abbia nemmeno la produzione ormonale. Canta Donatella Rettore, per cedere allo stereotipo, e pensa che Peruzzi sia il primo portiere solo a causa della dimensione del quadricipite.
C’è la truccatrice, la maga del body painting e dei mostri creati con il lattice. Alta un metro e cinquanta per trenta chili, teme il sole ed ha un enorme drago orientale tatuato su tutto il braccio. Capelli rosa fucsia e una passione sfrenata per la storia medievale.
Non manca nemmeno la donna elettricista, chiaramente lesbica trattenuta. Se non fosse per quella mano, l’altro giorno, sul mio fondoschiena.

E poi c’è mia madre, vestita ancora di tutto punto che sentenzia che siamo tutti omosessuali.

Io non approfondisco, mi chiudo in camera e fumo uno spinello.

Magari domani un po’ di normalità entrerà anche dalle mie finestre.

 

 

 

 

 
 
 

Il cielo è azzurro sopra Berlino

Post n°143 pubblicato il 11 Luglio 2006 da mia3v

Sopravvissuta all' Italia Campione del Mondo.

 

I numeri dell'impresa:

- 5 pinte di birra bevute (numero bottiglie di vino altrui non pervenuto).
- 2 tagli sul piede causa bottiglie rotte per la strada (camminare scalzi non è mai consigliabile).
- 1 litro di sangue perso inconsapevolmente.
- 1 pubblico ufficiale oltraggiato con secchiata d'acqua e sorriso ruffiano.
- 4 bagni nella fontana.
- 1 ciabatta persa durante un bagno nella fontana.
- 2 ciabatte sconosciute recuperate per caso (un 46 e un 39. E io che credevo fossero uguali)
- 2 balli di gruppo con srylankesi italianizzati.
- 1 coppia di francesi imbavagliata nel tricolore.
- 1 tromba pseudo suonata. E tutti che pure cantavano
- 100 persone baciate in bocca appassionatamente.
- 50 volte ripetuto l'urlo "Esultiamo con Pertini".
- 200 supposizioni sul dialogo Zizou- Materazzi ( e si propende per un "tua moglie succhia che è una meraviglia").
- 1000 cori osceni (che non riporto per rispetto dell'altrui sensibilità).
- 1 casa sconosciuta in cui mi sono svegliata stamattina.
- 0 copie della Gazzetta reperite in edicola.

Vaffanculo a Napoleone, al Moulin Rouge, a Platini, a la baguette, gli Champs Elysèes, la Bastiglia, Monet, Manet, a quel frocio di Rimbaud, al Gobbo di Notre Dame, la Nouvelle Cousine, Alain Delon, il Roland Garros, Saint Vincent, Saint Tropez, Rien ne va plus, le jeux sont faits, je suis Caterine Deneuve.
Grazie Ragazzi!

 
 
 

La Verità mi fà male, lo so.

Post n°142 pubblicato il 09 Luglio 2006 da mia3v
Foto di mia3v

Di favole ce ne hanno sempre raccontate tante.
Dalla favola dell’amor che esiste e duraturo resiste alle degenerazioni postmoderne che magari di amore più non parlano ma sempre di fregnacce ci riempiono il cranio.
Dalla fedeltà coniugale alla scopata procreatrice.
Dall’ eliminazione dell’Ici alla regolarizzazione dei flussi migratori
Ci hanno svezzati immergendoci nelle atmosfere sentimental – lungimiranti che traviano cervello e raziocinio a suon di Cenerentole, Belle Addormentate, principi impavidi e amori invalidi.
Nell’ottica della disgrazia che si trasforma in grazia per merito di un piedino di fata, di una mela avvelenata.
L’amore che, prorompente, irrompe sul caos universale per ripristinare l’ordine primordiale e fondamentale delle cose: un semplice “due cuori e una capanna”.
E se al posto della capanna si volesse fare la grazia di un immenso castello (ristrutturato) sarebbe anche meglio.
Ci hanno raccontato storie struggenti di donne bellissime, poverissime, tristissime.
Donne in fondo nobilissime.
Donne con lo straccio in mano e la polvere tra i capelli, in faccia il sorriso della bontà incarnata e nella testa il sogno dell’amore a cavallo.
(Lo stallone, del resto, non passa mai di moda).
Ci hanno raccontato la storia dell’idillio terreno per farci dormire silenziosi nelle notti dell’infanzia ingannata.
E adesso sono qui, drogata da ventitré anni di dipendenza dissimulata dalla favola dell’amor cortese.
Ho sempre preferito giocare con le macchinine piuttosto che con le bambole, ho sempre simulato la vita dell’attaccante in maglia azzurra piuttosto che l’ascesa candida all’altare.
Eppure soffro ancora del pindarico volo indotto della coscienza a cuoricini.
Ho pensato di far valere il mio istinto di rivalsa sulle istituzioni, chiedere al Governo un sussidio di disoccupazione onirica, pretendere un risarcimento, danno emergente e  lucro cessante, per la poca delicatezza con cui tutto il gioco è stato costruito e poi gestito.
Ho pensato d’incatenarmi davanti al tribunale in vista della prossima causa di divorzio.
Vestito da sposa, incinta di sei mesi, un paio di corna sulla testa e in mano le prove delle intercettazioni telefoniche del principe azzurro e della strega dalla mela avvelenata.
Ho elucubrato colpi di stato, una marcia su Roma di streghe e matrigne che con pochi colpi di mano spossessano sguattere e principesse dimenticate dell’illusione della rivalsa amorosa.
Così, a solo scopo dimostrativo.
Probabilmente la coscienza collettiva non si rende conto dei disagi che tutto questo può comportare.
Una vita intera spesa alla ricerca dell’ impavido (e sempre avido) Uomo Giusto.
Una vita intera all’inseguimento di quello che non c’è per il solo fatto che ce lo hanno raccontato, disegnato, millantato.
Senza che nessuno avesse il coraggio di dire che l’Uomo Giusto rappresenta null’altro che l’antropomorfo oppio delle bambine ingenue, delle adolescenti sognatrici e delle donne disperate.
Non sono avvezza alla cenere del camino, alla sottomissione fiduciosa nel riscatto, all’attesa statica di quello che Deve venire.
Ma, è inutile negarlo, sono una vittima conclamata dell’uomo sul destriero.
Lo cerco con costanza e ostinazione, fingendo indifferenza.
Lo cerco sulla scia dell’ “ogni occasione è buona”.
Al supermercato vestita a festa, tacchi a spillo nel reparto ortofrutta e gonna con strascico nel reparto surgelati.
Ad ogni vociare di campanello. Perché continuo a sperare che il postino suoni anche la terza.
Al lavoro, in posta, per strada.
Occhi in ogni dove per scovarlo tra la folla, illuminato dall’aura del reciproco riconoscimento.
Ma di aure in giro non ne ho vista nemmeno una.
Di Rampanti Portatori di Testosterone s’è persa traccia. Al supermercato come in banca.
Al massimo posso confidare nella bava dei muratori qui sotto, che fischiano e commentano libidinosi ormai solo per adempiere ad un ruolo scritto.
O nella dichiarazione d’amore sbiascicata di un ubriaco da bancone, di uno sposato in cerca di riscatto ormonale, di un perdi tempo all’inseguimento del diversivo.

 Chi mi riscatterà  adesso dalla lobotomia cui mi hanno sottoposta con il ripetuto “E Vissero per Sempre Felici e Contenti”?
Chi si prenderà carico del vuoto di contenuti che imperversa nel lato sentimentale del mio cervello?
Chi si prenderà la briga di dirmi “era tutto uno scherzo” quando mi  verrà l’ennesima crisi di panico alla vista di uno smutandato dall’erezione facile?
Chi si assumerà l’onere di dirmi che L’Uomo Stallone era un’invenzione governativa quando mi troverò dinnanzi ad un surrogato umano dall’erezione insicura?
Chi avrà il coraggio di dirmi “sposati con un lavoratore a tempo indeterminato, con casa di proprietà e automunito perché è la cosa più libidinosa a cui potresti aspirare”?

Voglio le teste, qui su questo tavolo, per potermi  impossessare del loro scalpo con abili colpi di tacco a stiletto.
Scriverò sulla loro faccia martoriata “Venditori di sogni a tradimento”. Con il rossetto chiaramente.
Al postino dirò che ho cambiato indirizzo, ai muratori farò vedere il perizoma pizzato per facilitare l’adempimento del ruolo, allo sposato consiglierò una donna di plastica in aggiunta doverosa alla plastica matrimoniale.
E al supermercato ci andrò in tenuta ginnica, truccata e con la ciabatta da piscina.
Non chiederò al governo di risarcirmi del mio sogno infranto, punterò alla rapida soddisfazione di bisogni materiali e quotidiani.
Smetterò di cercare l’Uomo Giusto e inseguirò la riduzione dell’Ici.

Del resto, sempre di favole si tratta.

 

 

 

 
 
 

Post N° 141

Post n°141 pubblicato il 08 Luglio 2006 da mia3v
 

Due occhi, due gambe, due braccia.
Due tette, un apparato sessuale, due mani e due piedi.
Sembrerei normale, credo.
Niente di fuori posto in modo conclamato. Nessuna deformazione assurta a patologia.
Intelligenza media, bellezza media, problematiche medie.
E se in media stat virus assurgo a incarnazione del virtuosismo formato uterino.
Il soggetto di cui si parla non presenta grandi difficoltà nell’intrattenere rapporti superficiali con la grande e spesso imbarazzante varietà umana, si destreggia abilmente nella vita formato sociale e non dà segno di fobie di stampo generazionale.
Assenza di attacchi di panico, di depressione in stile “prozac e materasso”, di degenerazioni freudiane del rapporto sessuale. 
Denota tuttavia una completa incapacità di gestione dei rapporti affettivi.
Il che implica una serie di corollari dall’evidenza insindacabile: 

 -una furia distruttrice del legame sentimentale, amicale o amoroso che sia,   che   nella  maggior parte   dei casi si rivela  efficace ed efficiente. Il tutto tradotto in una vasta gamma di esternazioni. Dalla fuga in perfetto stile centometrista all’infamia assurta a stile di vita.

 -un iter sentimentale tortuoso, inutile, da dispendio energetico e riposo cerebrale.

 -un rifugiarsi ossessivo in quello che non c’è per trovare lo spazio di immaginare come potrebbe essere.

Il soggetto presenta altresì un’instabilità insita nell’ elogio autocompiacente della sua bizzarria.
”Ho trascorso i meglio anni sbandierando orgogliosa la mia devianza dalla normalità e ormai è troppo tardi per rientrare nel socialmente accettato e omologato”.
Ipse dixit. Con una vena di amarezza mista al mai domo sentimento di superiorità.

Io e la mia voce alla Tom Waits, la risata poco femminile, i vestiti molto poco maschili.
Io e il mio camminare in perenne disequilibrio, l’aggressività al guinzaglio e lo scetticismo nelle parole.
Io e il mio eccesso, il mio difetto. Il mio esagerato e il mio morigerato.
Io e le mie crisi di nervi circolari che costituiscono la perplessità, in primis, della suddetta.
Io e la mia vita dai contorni incerti e dalla sfumature oltre la percezione.
Io che ultimamente sto cercando di capire cos’è che non funzioni. Dentro e anche fuori.

 

Tutti dicono che ho tutto. Io mi crogiolo nel niente e faccio finta che non sia vero.
Tutti dicono che sono bella. Io vorrei camminare invisibile per la strada e mi vesto in modo tale chemi si veda anche contro voglia.
Tutti dicono che sono intelligente. Io mi sento una stupida vestita in maschera.
Tutti mi dicono che sono fredda. Io so che non è vero ma dentro questo ghiaccio secco rischio di soffocare.
Molti dicono che sono stronza. Io sono d’accordo e non ne so spiegare il motivo

.

E allora, penso, che vada a farsi fottere anche l’ennesimo complimento sbavato, l’ennesima mano troppo audace, l’ennesimo dire al posto del comprendere.
Che vada a farsi fottere tutto quello che mi ha disgustata, stancata, amareggiata. Me compresa.

Lascia perdere tutto e cerca, almeno una volta, di essere felice”.

 

Sì, ci dovrei provare.



 
 
 

Post N° 140

Post n°140 pubblicato il 27 Giugno 2006 da mia3v
Foto di mia3v

CHIUSO PER INEDIA

Come Back
Pearl Jam 

If I keep holding out will the light shine through?
Under this broken roof, it's only rain that I feel
I've been wishing out the days.. come back

I have been planning out all that I'd say to you
Since you slipped away. Know that I still remain true
I've been wishing out the days..

Please say, that if you hadn't of gone now
I wouldn't have lost you another way
From wherever you are.. come back

And these days, they linger on
And in the night as I'm waiting for
The real possibility I may meet you in my dream
I go to sleep

If I don't fall apart will my memories stay clear
So you had to go and I had to remain here

But the strangest thing to date
So far away
And yet you feel so close
And I'm not gonna question it any other way

There must be an open door
For you to come back

And the days, they linger on
And every night, what I'm waiting for
Is the real possibility I may meet you in my dreams

And sometimes you're here and you're talking back to me
Come the morning I could swear you're next to me
And it's okay.

It's okay
It's okay

I'll be here
Come back
Come back

I'll be here

 
 
 

Spettacolo

Post n°139 pubblicato il 24 Giugno 2006 da mia3v

Vivo in un mondo costruito con perizia.
Cammino su un palcoscenico illuminato e parlo attraverso un campionatore.

Primo segnale.
La parrucca è storta e una massa di capelli rossi sintetici mi cadono sugl'occhi.

Secondo segnale.
Bisogna mettere a posto il trucco. L'ombretto è sbavato, una ciglia finta si sta per staccare.

Terzo segnale.
Sono pronta per iniziare.
Una persona diversa mi si è attaccata sulla faccia, sui fianchi.
Lo sguardo, quello che vedo, non è più il mio.
Nemmeno la voce e forse anche il pensiero.

A passi ragionati attraverso l'arco centrale per  raccontare una storia vissuta ogni giorno, con costanza, attenzione.
Con distacco e impersonalità.

Dalle gradinate numerate migliaia di occhi distanti. Mi raggiungono appena.
Vedono solo il capello finto, la voce distorta.

In platea la percezione aumenta.
Mi seguono nell'evoluzione finta e distinguono la fabula dalla vita sommersa.
Ma non sono interessati.
Prendono quello che non è per quello che potrebbe essere.
E di più non domandano.

E poi ci sei tu.
Seduto zitto su quella poltrona grande e lontana.
Ma la voce la senti, la distorsione pure.
Sotto il rosso della parrucca intuisci una ciocca di un colore diverso.
Una ciocca sciolta per distrazione. O forse per attenzione mascherata.
Dietro le ciglia finte vedi i miei occhi distratti che sembrano sfiorarti appena.
Il trucco e il vestito non ti sanno ingannare.

La luce si spegne, l'applauso è strano, distante. Non credo sia per me.
La gente se ne va in file ordinate, pensa alla vita fuori da un arcovolo, alla vita che non è mai teatro.

Ma tu rimani.
Sei venuto qui per sentirmi tacere, per farmi scendere da questo palcoscenico tra il rumore sterile della vita inventata.

Mi porterai nel retropalco, mi spoglierai completamente.

Il costume a terra e un suono appena: "Cominciamo?".

 
 
 

Post N° 138

Post n°138 pubblicato il 20 Giugno 2006 da mia3v
 

Dovevo nascere uomo.

Se fossi nata uomo la parentesi che va dalla nascita alla dipartita mi avrebbe fornito certamente un buon numero di soddisfazioni aggiuntive.

 

 

Per esempio:

- I miei neuroni sarebbero stati socialmente accettati e non considerati un fatto di costume.

- Il mio carattere forte non sarebbe stato catalogato come devianza dalla specie o come sintomo di presenza luciferina nelle budella.

- Nessuno mi avrebbe mai chiesto se faccio i pompini con ingoio.

- Non avrei mai dovuto perdere voce ed energie nella simulazione di un orgasmo con connesso rischio di svenimento da iperventilazione.

- Non sarei cosretta a dover dimostrare le mie capacità come oggetto disgiunto dalle mie tette.

- Non mi sarei mai sentita dire che sono una “donna con i coglioni”. Come se le ovaie non potessero essere considerate portatrici sane di carattere.

- Sarei esentata da lavorare il doppio per dimostrare forse la metà.

- Mezzo chilo in più non sarebbe il motore di una crisi isterica connessa a convulsioni.

- Non dovrei chiedermi ad ogni nuovo incontro se il soggetto in questione voglia da me sesso o amore per poi fraintendere ogni volta.

- Sfrutterei il tempo in modo più adeguato, mettendo da parte la messa in piega, la manicure, il pedicure, le sopracciglia, la ceretta urticante e il trucco c’è ma non si vede.

- Non dovrei specificare ogni volta che una minigonna non è uno strumento per distogliere l’attenzione dalla mancanza di materia cerebrale.

- Potrei bere intere botti di vino senza essere affabilmente appellata Mario L’Alpino o Rudy il Camionista.

- Colta da improvvise pulsioni sessuali potrei optare per una richiesta diretta, per un “facciamo sesso?”, invece di affaticare i bulbi oculari causa sbattimento di ciglia e occhiate rivelatrici.

- Non avrei bisogno delle umilianti quote rosa per nutrire una qualche blanda speranza circa l’accesso agl’uffici governativi.

- Non mi sarei mai vestita in perfetto stile baldracca durante una fiera per guadagnare qualche euro in più. Poi spesi per arginare le considerevoli perdite di autostima proprie della carne da macello.

- Avrei un pisello ritenuto dalla coscienza collettiva l’equivalente di uno scettro del potere.

 

Se fossi nata uomo non sarei qui, avvolta in farneticazioni ridicole sulla difficoltà dell’essere e l’impossibilità del non essere.
E invece sono nata donna.
E le  mie tette, a quanto pare, non sono fatte per comandare.
Non rivelano ancora l’attitudine al potere, ma solo la taglia che porto per gli osservatori perversi.

 

 

 

 
 
 

Post N° 137

Post n°137 pubblicato il 18 Giugno 2006 da mia3v
 
Foto di mia3v

Non riesco più a guardarti.
Mi fai troppo male.
E’ come aspettare stesa sul cemento che dal nulla possa nascere qualcosa.
E’ come mentire consapevoli, attendere quello che non esiste, che è già morto.
Mi fanno troppo male le tue mani inferme, i tuoi occhi stanchi e coscienti, la tua corsa immobile e il tuo parlare inutile.
Chiudo gli occhi e continuo a vedere.
Provo a scappare e sono sempre ferma nella stessa gabbia senza sbarre.
Odio le tue parole, il tuo camminare affaticato.
Odio il tuo perderti in un niente, il tuo non essere più capace.
Lo odio perché mi ha spezzato tutto, qui dentro.
Perché da una pastiglia senza nome dimenticata per errore non ho più conosciuto la voglia, violentata insieme a quella puttana chiamata speranza.
Ho ingoiato squallore, la negazione del desiderio.
Per essere fragile solo in un angolo nascosto che troppe mani non hanno saputo trovare.
Sono solo in fuga da quello che sarà mio sempre.
E continuo a correre sapendo di non potermi spostare.
Ti odio perché non è colpa tua. Perché non è nemmeno colpa mia.
Ti odio perché vorrei essere io capace per te.
E invece vado avanti.
In tasca l’amarezza e in bocca solo uno stronzo silenzio.

 
 
 

Delle Miserie Della Razza. Parte II

Post n°136 pubblicato il 14 Giugno 2006 da mia3v
Foto di mia3v

Stereotipizzo che mi passa.
Seconda ed ultima parte di una serie provvista di alimentatori interni e quindi di per sè inesauribile.
Ma opto per la conclusione in ragione di una magnanimità generalizzata nei confronti delle umane debolezze
.
 

 

L’Uomo Vorrei Ma Non Voglio / Non riesco.
L’appartenente alla categoria vive la sua vita in un convoglio di  pulsioni opposte ed antitetici desideri che riesce a comporre in una perfetta connivenza.
Da un lato la sicurezza del sentimento unidirezionale e dall’altra le gioie del sesso condivise.
Il tutto da esplicarsi con soggetti chiaramente diversificati.
Ha una fidanzata, sempre. Di norma bionda, slavata, di corporatura esile e voce acuta. Morigerata nel bere e nel mangiare, priva di interessi mondani e del tutto dedita alla vita di casa. Quella stessa casa che gli fa trovare linda e apparecchiata ogni sera quando gli apre la porta  con sorriso estatico e pantofole alla Nonna Belarda.
Lei è innamorata e priva di discernimento. Parafrasando: Lei è scema.
Gli pende molle dal braccio quando il sabato pomeriggio guardano le vetrine dei negozi in città mangiando gelato fragola-limone. Gli pende molle dal braccio quando lo trascina la domenica nel centro commerciale a mo’ di gita fuori porta. Gli pende molle dal braccio al bar, a casa di amici. Quando lo accompagna davanti al cesso per assicurarsi che lui non si stanchi troppo a tirarselo fuori dai pantaloni.
Lui, per converso, vive il tutto passivamente e dando pure prova di sentimento condiviso.
Dice di amarla alla follia e in effetti n’è convinto
Ma nell’angolo c’è Lei. L’Amante. Non sempre la stessa ma mai assente. In ogni fase dell’iter “relazione di comodo”.
L’Amante è Eros e Thanatos armonicamente fuse in un  corpo sette/otto volte quello della fidanzata casalinga. Di solito è mora, avvenente, indipendente. Prodiga di relazioni sociali e allergica alla vita tra quattro mura.
Fanno sesso come animali, lei gli fa scordare il missionario, la mutanda di cotone e il pigiama di pile con gli orsetti.
Lui la guarda sempre con uno sguardo allibito, non capacitandosi di tanta differenza all’interno dello stesso genere.
Dice di amarla alla follia e in effetti n’è convito.
Nessun senso di colpa, prostrazione di coscienza, dubbio d’integrità.
E’ convinto di essere fedele, irreprensibile e integerrimo.
E, dramma di categoria, non potrà mai vivere senza il binomio femmineo. La sua, in sintesi, è solo sopravvivenza. E, statistiche alla mano, questo correre parallelo di sesso e accomodamento casalingo non verrà mai scoperto.Cose inspiegabili.
L’amante mora non avrà, a quanto pare. mai perso un capello durante le evoluzioni acrobatiche nel letto coniugale.

L’Uomo Deus Ex Machina.
La versione maschile dell’insopportabile crocerossina.
Lui ti salverà. E’ la prima cosa che ti dice dopo tre minuti di conoscenza spiccia. Da te stessa, dal tuo vuoto, dalle tue nevrosi. Ti salverà dalle paure e dalle ipocondrie. Lui ti renderà felice.
Lui ha la perfetta conoscenza di quello di cui hai bisogno e mai ti chiederà un’ opinione in merito.
Progetta ogni cosa. Dalle vacanze che farete ad agosto in quelle tre settimane concesse dall’ufficio del catasto ai nomi delle vie che visiterete nella prossima uscita domenicale fuori città. Dal colore del tuo vestito al pranzo di Natale 2012 alla somma che metterà sotto il materasso a fine mese.
Dice cosa fare, quando farlo, cosa dire, con che tono, cosa omettere e in quale situazione.
Ti guarda con sorriso consapevole e ti propone il sogno di una vita: tu e lui, una villetta a schiera con giardino e steccato bianco, quattordici figli e due cani. Il tutto integrato in 30 comodi mq.
Tu somatizzi e ti trasformi nella versione ammalata di quella che eri prima dell’avvento del salvifico uomo.

L’Uomo Dove Mi Metti Sto.
Il soggetto non ha reazioni, di nessun tipo e al verificarsi di un qualsivoglia evento naturalistico.
Sta con te esclusivamente perché passavi di lì in quel momento. Galeotta  l’impudenza di trovare affascinante il suo essere un misterioso reietto sociale.
Lavora quando capita, nessun impiego fisso e alcuna prospettiva futura.
Di norma a 40 vive con la mamma che ogni giorno gli cucina la pasta al sugo senza ormai nemmeno ricordarsi il suo nome e la sua provenienza.
Partecipa al torneo di calcetto con gli amici quando non se ne dimentica, si rincoglionisce di Play Station e documentari su animali mai visti. Fuma una media di dieci/quindici spinelli al giorno e ti coinvolge nella sua trance con qualche schiaffo maldestro sul culo. Uno ogni venti minuti.
Fa sesso una volta alla settimana e doppietta nei momenti di massima forma fisica. Le performance si assestano sui dieci minuti, non di più . Poi inizia a sudare e chiude l’evoluzione per paura di risentirne fisicamente
Tu le hai provate tutte. Dalla mise da prostituta di basso livello alla conversione in fanatica del videogioco. Hai visto tutto i programmi idioti alla televisione e hai pure smesso di commentare entusiasta l’ennesimo congiuntivo biscardiano.
L’unica alternativa è rollare l’ennesimo spinello e fumartelo da sola, senza farlo passare.
Questo forse potrebbe provocare una reazione.

L’Uomo Della Palestra.
Fisico scolpito, capello incancrenito dal gel e faccia color centro abbronzante.
L’Uomo lungimirante passa dalle sei alle otto ore in sala macchine tra panche piane e bilanceri.
Nella migliore delle ipotesi fa l’istruttore di fitness. Nelle restanti è disoccupato.
Parla di dieta a zona, di beveroni salutisti, di steroidi usando metafore di dubbia sottiliezza e ti rompe i coglioni per tutto quello che ingerisci o pensi d’ingerire.
Beve solo Coca Cola Light e t’impedisce anche solo di desiderare due pinte di birra rossa.
La sera che gli fai bere a forza un limonino sei costretta ad accompagnarlo a casa in macchina rovinato dai fiumi dell’alcol.
Con lui non puoi fumare, sia chiaro. Il fumo passivo potrebbe depotenziare la sua muscolatura ipertrofica.
Ogni tanto ti sferra un pugno a livello addominale per poi ricordarti, sorridendo sornione,che l’esercizio fisico richiede costanza e pazienza.
Ma il palestrato il meglio di sé lo offre nell’atto sessuale.
Dopo aver provato a incastrati nel quadro svedese (strana forma di feticismo) cercherà di compiere l’amplesso su qualsiasi macchinario possibile o impossibile. Dal tapis-roulant alla cyclette.
E non ti guarderà mai negl’occhi in balia del delirio d’amore. Fisserà solo la tensione del deltoide alternativamente a quella dell’addominale laterale e del quadricipite femorale.
E ringraziate la divina provvidenza se quel giorno dovesse essersi dimenticato di sfoggiare orgoglioso il suo perizoma sexy shop style. Con pacco rinforzante, c’è da giurarci.

L’Uomo Della Mia Vita.
Il soggetto è latitante.
Un Uomo in possesso di intelligenza media e privo di attitudini bizzaro-patologiche.
Che mi ami anche se santa o puttana, sterile o prolifica, silenziosa o logorroica, allegra o malinconica.
Un uomo senza fedi al dito o in una tasca, privo di perizoma e refrattarietà sociale, estraneo all’edizione del Kamasutra per casalinghe e all’indole da super eroe.
Un uomo che non venga in tre minuti. Un uomo che non se ne vada dopo due.

 
 
 

Post N° 135

Post n°135 pubblicato il 12 Giugno 2006 da mia3v
 

 

 

A 8 anni sognavo di fare il calciatore. La velina ai tempi non era fatto di costume quindi non si profila la possibilità che alla base della scelta ci fosse qualche dubbio d’indole sessuale.
Correvo per i corridoi scimmiottando l’urlo tardelliano e ambendo ad emulare il Roberto Baggio nazionale.
Andavo allo stadio al seguito di un padre contrariato ma infine accondiscendente.
Mi vestivo da maschio, avevo un destro a prova di zigomo d’acciaio e a braccio di ferro non conoscevo rivali.

 

A 10 anni dovetti abbandonare l’aspirazione calcistica perché mia madre temeva mi venissero le gambe da terzino.
Nel futuro vedevo le Olimpiadi di nuoto e il giornalismo d’assalto.
Passavo tre quarti dell’esistenza immersa nel cloro, tra capelli bagnati e occhi rossi, e la sera mi trastullavo leggendo il vocabolario.
Capelli rasati a zero, ipercinetica e sempre fornita di un’opinione a riguardo.

 

A 14 anni scoprii il potere della patata.
E lì non ce ne fu più per nessuno.
Abbandonai velleità sportive per dedicarmi con grande impegno all’arte dell’agiotaggio pseudo sessuale.
Dal capello a spazzola alla chioma fluente. Dall’abito maschile alla tenuta da fighetta impunita.
Iniziò in quel momento la mia scalata dell’universo maschile(per altro mai completata e non ancora del tutto consapevole).
Tacche sul muro e ars derisoria.
Vestita e truccata da gran galà studiavo come un’ossessa, sognavo di diventare la nuova Oriana Fallaci (con potere di revisionismo ideologico) e avevo in programma di pubblicare la seconda parte di “Intervista con la Storia” entro un paio d’anni.

 

A 16 anni misi il corredo neuronale in un cassetto per abbracciare in toto l’arte della perdizione.
Dallo stile bon ton alle atmosfere pulp, dalla gioia di vivere al lugubre odio generalizzato e generazionale.
Leggevo, scrivevo. Secondo il Governo mi drogavo.
Bevevo e non dormivo.
Risale all’epoca la passione per il gin, per il vino. L’amore per Tarantino, Buckowsky, per i poeti maledetti, gli Alice in Chains e i film splatter.
Scappavo di casa ogni due settimane e vivevo immersa nella convinzione di essere un genio incompreso.
Gli uomini di oggi erano il contorno irrilevante e utilitaristico della mia vita di ieri.
Mi comportavo da stronza e da perfetta stronza ne godevo da morire.

 

A 18 anni cominciai ad avere dei dubbi sulla mia pretesa normalità.
Cercavo di rientrare nei ranghi a livello di forma allontanandomene sempre di più a livello di sostanza.
Volevo il fidanzato, il topico e ossimorico amore terreno-ultraterreno, il cervello standard e il sistema nervoso sotto controllo.
Ma immersa nei piaceri sessuali non concepivo il significato della parola legame.
Compresa nell’elogio autocompiacente della follia abbandonai la rincorsa della perfezione omologata.
Cominciai a pensare di essere lesbica, tossicodipendente a disturbata sul piano della personalità.

 

A 20 anni avevo ormai capito di essere eterosessuale, al riparo dalle tossicodipendenze (eccezion fatta per qualche accentuata declinazione alcolica) e decisamente disturbata sul piano della personalità.
Abbandonai ogni pretesa di realizzazione sentimentale e mi immersi nell’ottica del sesso svincolato e della realizzazione professionale.
Stacanovista impunita, velleità da grande giornalista e donna di ferro della gioventù hitleriana.
Lavoro, nessun sentimento. Solo qualche, frequente, diversivo.
Vedevo all’orizzonte il circolo di cucito delle donne sole con il grembiule fiorito, le riunioni delle post femministe lesbiche-additate e un cane cieco a farmi compagnia la sera davanti al Maurizio Costanzo Show versione Terza Repubblica.

 

A 23 anni mi divido tra l’università da orticaria, la pretesa di scalare la Presidenza del Consiglio  e il tentativo mai domo di diventare un genio del giornalismo da strada.
Suddivido gli uomini in categorie, proseguo nel cammino di stronza ormai nemmeno più volontaria e vedo l’amore come un’ invenzione governativa. Invenzione tesa unicamente a speculare sui soldi ricavabili dalle cause di divorzio ( Dev’ essere questo il collegamento tra esecutivo e giudiziario a lungo millantato).
Parlo di cinismo, di femminismo autarchico e di indipendenza emozionale.
Mi commuovo davanti ad uno sguardo e ad un’emozione immaginata.
Conservo la convinzione di essere un’eccelsa mente incompresa e ho ormai accettato le mie devianze comportamentali.
Segno ancora le tacche sul muro e aspetto quel colpo di pennello che le cancellerà una dopo l’altra.
Bevo ancora gin, ascolto ancora gli Alice in Chains e leggo ancora il vocabolario.
Cammino sui tacchi a spillo e cerco il momento in cui smetterò di barcollare.

 
 
 

Post N° 134

Post n°134 pubblicato il 09 Giugno 2006 da mia3v
 
Foto di mia3v

INCIPIT.
In virtù di Donna D'Onore ottempero ai miei doveri.
Ma non lo farò in silenzio né con attitudini remissive.
Mio Caro, mi sottopongo a quest'infamia di dubbia intelligenza solo in virtù dell'affetto non virtuale che nei tuoi confronti nutro. Ma sappi anche che sarò costretta a negarti la categoria a parte di cui sotto e, altresì, ad elucubrare controffese di impatto letale (tipo niente Braulio e Alice In Gin tutta la vita).
Quanto a te, Mia Cara, ti salvi solo in virtù della Banda. Sappilo e ringrazia la Musicale Provvidenza.

Detto Questo:

"Se"

se fossi del sesso opposto mi piacerebbe chiamarmi: Jack (Lo Squartatore) 
se potessi teletrasportarmi in casa di qualcuno andrei da: Padoa Schioppa. La situazione dei conti pubblici m'incuriosisce alquanto.
se dovessi scegliere di vivere preferirei di giorno o di notte? Di notte. Il buio nasconde le occhiaia. E riesco a fare la mia porca figura. (e poi bere di giorno non è socialmente accettato. Quindi, la mia, è una scelta obbligata.)
se potessi scegliere il mio lavoro ideale: Ministro degl'Interni.
se potessi decidere l'ora in cui alzarmi dal letto per il resto della mia vita? All'una. Orario perfetto per smaltire la sbronza del giorno prima. 
se potessi decidere l'ora in cui andare a dormire per il resto della mia
vita?
Verso le quattro. L'ora giusta per portare a compimento la sbronza da smaltire durante la notte.
se fossi invisibile e avessi davanti il mio capoufficio: Cercherei di togliergli i pantaloni per controllare se possa davvero chiamarsi uomo.
se fossi invisibile e avessi davanti il mio/la mia ex: Cercherei di togliergli i pantaloni per provare a convincermi che sia davvero un uomo.
se fossi invisibile e avessi davanti il mio attore/attrice preferito: Cercherei di togliergli i pantaloni per godere del suo essere uomo.
se fossi invisibile e potessi guardare una persona che si fa la doccia: la guarderei.
se dovessi scegliere un cibo da togliere dalla mia tavola per sempre: la pizza, in onore del mio stomaco.
se quella volta avessi: usato la testa invece di altro non avrei dovuto sopprimere la mia coscienza per istinto di autoconservazione.
se dovessi sigillare un canale del mio tv: Televisione? Non conosco l'oggetto.
se dovessi decidere il modo in cui morire: durante un amplesso. Ottimo modo per godere fino all'ultimo delle uniche gioie della vita. 
se dovessi scegliere tra pub e disco: domanda retorica. Pub, New Castle e Jhon Smith tutta la vita.
se dovessi scegliere tra pizza e cinese: morirei di fame
se dovessi scegliere tra campeggio o hotel 5 stelle? Campeggio di giorno e cinque stelle di notte. Necessito di enormi materassi. Sempre.
se potessi presentare una trasmissione sarebbe: Ballarò. Oppure Otto e Mezzo.
se potessi scegliere di fare il remake di un film famoso impersonerei: Mia Wallace, Pulp Fiction. Ho sempre sognato di avere un interfono.
se dovessi farmi conoscere per il mondo, quale foto prenderei tra tutte quelle che ho? Nuda. Per aderenza alla realtà.
se una parte del mio corpo dovesse essere il mio biglietto da visita? Occhi e Gambe. 
se domani tutte le paure cadessero in terra come fanno le mele: che cazzo di domanda è?
Se dovessi scegliere tra Inferno,Purgatorio e Paradiso: Inferno. Ma solo per equità e senso di giustizia. Non posso aspirare ad altro. 
Se potessi scegliere in quale Stato nascere? Spagna per Zapatero. Danimarca per farmi inseminare senza dover far finta di avere un compagno.
Se potessi realizzare un solo tuo sogno quale realizzeresti? Se sogno è in accezione utopica direi l' aMMMore. Altrimenti propendo per la scalata alla Presidenza del Consiglio. 
se fossi un animale cosa saresti? Un incrocio tra leone, pantera e cane.

In aderenza ad una logica alquanto discutibile contribuisco a portare avanti quest'immane cazzata.
Quindi, abbiatemene pure. Odiatemi in silenzio e in silenzio siate adempienti.

-Carlo

-Etilici in coppia

-Courtney

-Lato Oscuro

-Sogno Rosso


 
 
 

Le Miserie della Razza. Parte I

Post n°133 pubblicato il 07 Giugno 2006 da mia3v
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L’acidità convulsa ed esofago-logorante dell’ultimo periodo mi porta diritta alla generalizzazioni, all’ansia da catalogazione che, almeno una volta in vita, ha assalito chiunque.
Inquadrare, incasellare, definire. Stereotipare.
Devo farlo anch’io.
Una forza superiore mossa dalla volontà di dare ordine precario e logica opinabile alla mia vita me lo impone.
E allora, quale potrebbe essere la vittima designata?
Chiaramente la razza maschile, in modo tale da prendere due stereotipi in uno, andando ad ingrassare la già pingue truppa della  “donna delusa dall’uomo”.
Partendo dal presupposto che la qui presente vanta una capacità di relazione propria di un’adolescente turbolenta e che il lasso di tempo in cui le mie storie si dispiegano va dal primo casuale incontro alla richiesta di un primo appuntamento, fornisco subito la conseguenza non logica ma difficilmente evitabile: in 23 anni di onorata carriera vanto un curriculum hominis di tutto rispetto e di ampia prospettiva.
Mi limiterò ai tratti salienti, per lasciare alla donna media prossima alla menopausa una residua illusione di catarsi feromonale.

L’Uomo Futuribile.
Trattasi di esemplare con tendenza ossessivo compulsiva al fidanzamento, quello che in due giorni ti porta in tour parentale armato di testimonianze fotografiche a futura memoria. 120 scatti di voi due eseguiti in 48 comode ore. Tu pensavi di andare a bere una birra e ti trovi –casualmente dirà lui- a bere un caffè dalla nonna con nipote sulle ginocchia, cane in mezzo alla gambe e genitori in visita occasionale. Mentre lui sorride soddisfatto, mostra le istantanee del vostro idillio amoroso e si domanda se per caso sai pure cucinare.

L’Uomo Materassabile.
Il soggetto di cui trattasi rappresenta l’essenza dell’ormone rinchiuso in sé stesso. Lui adora e venera il suo pisello, suo altare e unica dimora. Lui vuole scopare, tutto il resto è un enorme spreco di energie. E quest’eccessiva
burbanza virile gliela si potrebbe pure concedere, se non fosse per il fatto che, imprigionato nella venerazione del membro, scorda spesso la controparte eventuale (non certo necessaria: lui e il fai da te viaggiano in sincrono). Un paio di botte approssimative, un ansimare di norma eccessivo (e il sudore pure),  una rapida mossa verso il telecomando.
Tu guardi il soffitto, non capisci cosa diavolo sia successo e lui, pacca sul culo, ti chiede se ti piace il ciclismo.

L’Uomo Materassabile Finto Futuribile.
Il personaggio in questione rappresenta il “pericolo” per antonomasia. Pericolo dato dal carattere ibrido e ambiguo del suddetto.
Lui vuole portare il suo “fratellino” a divertirsi ma, per farlo, prova l’assoluto bisogno di costruirci una storia intorno. Una botta e via e poi a casa non lo soddisfano. Lui vuole plagiare la tua mente per arrivare alla tua vagina. E questo è ammirevole, se non altro per il dispendio energetico che comporta. Dal primo momento in cui ti guarda sembri essere la Donna Della Sua Vita, ti corteggia con galanteria e savoir fair, ti porta al ristorante, i fiori dopo il primo randez-vous. Ti chiama dieci volte al giorno e starebbe sempre e solo con te. Se ti allontani un’ora sprofonda nella sindrome da abbandono. E poi, senza nessun preavviso, ti scarica. E anche qui il genere mostra le sue peculiarità. Non ti abbandonerà mai adducendo le solite scuse del tipo “non sei tu sono io”. No, tutto il contrario. Ti abbandonerà convincendoti che sei tu ad obbligarlo, che non lo ricambi, che vuoi solo sesso e in lui non vedi altro. Ti abbandonerà perplessa e pure colpevole. Razza Crudele, senza dubbio.

L’Uomo Unico al Mondo.
Lui e basta. Al mondo non avete mai incontrato altro. Il primo bacio, il primo petting, la prima volta. Il primo orgasmo. Prima di lui eravate frigide oppure la reincarnazione post moderna di Santa Maria Goretti. Mai provare ad insinuare nella mente del suddetto il dubbio di aver avuto una vita precedente, di aver provato le gioie orgasmiche, di aver visto un altro pisello. Ne potrebbe morire. Oppure, quel che è peggio, iniziare una minuziosa attività investigativa sul numero di uomini e rapporti sessuali pregressi. E a quel punto sareste responsabili di induzione al suicidio. 

L’Uomo D’Altri Tempi.
Il de cuius, in realtà, di altri tempi non ha nulla ad eccezione di quelli
che vuole imporre a voi. Vale a dire gonna al ginocchio, sguardo remissivo, camicia bianca abbottonata e magari pure collana di perle. Non si deve alzare la voce, dire cazzo minchia figa culo, ridere in modo sguaiato. Si deve essere femmina e concubina. Nessuna serata mondana e dopo un bicchiere di vino ti scruta con disapprovazione. Fuori casa vergine di ferro e in camera da letto, però, pretenderà pizzi, merletti, guepière ed evoluzioni da pornostar in calore. L’uomo in questione, chiaramente, ti fa le corna con regolarità commovente e viaggia nella tranquilla sicurezza che tu non lo immagini nemmeno. Tanto sei impegnata esclusivamente nel ripasso approfondito del Kamasutra mentre fai la spesa con il tailleur di flanella.

 

 

Con questo concludo la prima parte della rassegna "Le Miserie della Razza" .
Consapevole di aver ceduto allo stereotipo e di esserne pure soddisfatta
.

 
 
 

Vorrei e Non Parte II. Con Dedica Personale.

Post n°132 pubblicato il 05 Giugno 2006 da mia3v
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Da dove posso iniziare?
Da quello che mi hai scritto qualche riga sotto oppure dai fogli che di anni ne portano addosso parecchi?
Da quello che siamo stati insieme oppure da quello che siamo diventati stando lontani?
Potrei parlare della mia vita, di quello che sono, dei profumi che sento, e parlei comunque anche di te.
Della parte che, chiusa in qualche angolo, mi hai regalato in anni di silenzi, di parole, di schiaffi e di sorrisi.
Vorrei svegliarmi in quel letto ancora, come una volta, con le tue mille felpe addosso e le calze di lana.
Vorrei ricordare le giornate infinite, il tempo senza ore, i movimenti senza scopo.
Vorrei tornare in quel punto dove c'era solo la presenza, la sicurezza, l'appoggio.
In quel punto in cui avevo trovato un casa in cui entrare e lasciare fuori la mia vita.
La valigia in una mano e aspettarti fuori dalla porta.
Pochi anni e troppi problemi che hai assorbito con l'ascolto. Per tanto temo.
Ti voglio bene, amico mio.
Anche se si cambia, si cresce, e non si torna mai a quello che si è lasciato.
Lo si vede in lontanza, con il peso della perdita e la leggerezza di una memoria anziana.
Lo guardi strano, quel ricordo. Presenza e assenza di una fotografia sovraesposta.
E sei parte di quello che tengo in mano anche ora.
Da lontano, ma ci sei.
Perchè ho crescituo il mio carattere in mezzo alle tue parole, perchè sono diventata IO tra i nostri litigi, le incomprensioni, lo stare male privo di destinazione.
Perchè in quel letto ho fatto dormire l'adolescenza e la pretesa di maturità, perchè nella tua casa ho pianto quello che avrei voluto trovare fuori e non ne ero capace.
Ti guardo e tocco la tua insoddisfazione.
Il Vorrei che non diventa altro, il personaggio che chiude la strada a quello che davvero vorresti dire.
Ti guardo e vorrei tornare indietro anch'io.
Alla tua macchina fotografica, mia persecuzione.
Alla tua gelosia che era anche mia ma non lo ammettevo.
Al momento i cui avremmo potuto ricucire lo strappo e non lo abbiamo fatto.
Vorrei.
Ma il Vorrei resta sempre e solo un condizionale.
E io vivo di imperativi categorici, di realtà che tocco e mordo in ogni momento.
Non sono fatta per la stasi e il vivere parallelo.
Sono fatta di polemica, di aggressività, di impulsi e di errori. Lo sai.
IO VOGLIO andare avanti, prendere da terra quello che ho calpestato, rincorrere un'idea e diventare sempre qualcosa di più.
E se crescere significa andare avanti, io vado avanti.
Senza dimenticare ma senza cercare la realtà di un impossibile.
Siamo diventati adulti alimentando la distanza, quella distanza creata forse dal troppo affetto.
Siamo diventati.
Lontani.
Tu devi combattere, amico mio.
Vorrei ci fosse una parola per aiutare quello che in te soffoca e non esprime.
Vorrei ridarti indietro la forza che mi hai lasciato sul tavolo della tua cucina, sotto le coperte di un letto troppo grande, dentro  un maglione che tengo ancora nel cassetto.
Vorrei non essermene andata troppo presto, vorrei non sentire il dolore del tuo stare male diventare il mio senso d'inadeguatezza.
Ti posso lasciare il mio affetto, adesso.
Un sentimento che gli anni ed uno schiaffo non sono riusciti a diluire.
La mia vita di ieri ti appartiene ma quella di oggi corre solitaria.
Senza spazio nè tempo da consegnare a chi abbia voglia di ascoltare.
Tornerò in quella casa, Jean Paul Gautier sulle lenzuola e il phard nel lavandino.
Il caffè rovesciato sul fornello e un motorino e due caschi.
Un cane, una madre, una pinzetta per le sopracciglia e una foto da cui scappare.
Un'altra frase sul muro. Un poeta maledetto e una canzone che parla di quello che non c'è.
Tornerò.
Ma restiamo comunque in uno spazio che non si adatta al tempo che è passato.
Prenditi quello che ti spetta e non piangere la sconfitta prima di aver dato vita ad un tentativo.
Lo devi a te stesso, a quello che mi hai insegnato, alle lacrime che mi hai asciugato.
E io ci sono sempre. Diversa e sempre uguale.
Perchè un ti voglio bene non annega. Non il mio.

 
 
 

Post N° 131

Post n°131 pubblicato il 31 Maggio 2006 da mia3v
 
Foto di mia3v

-"Sei veramente scema"

-"Non sono scema, anche se ti farebbe comodo pensarlo"

-"E allora cosa saresti?"

-"Ironica, direi. Anzi no. Sarcastica. Senza dubbio"
(Sottotitolo: "Idiota! Non sai nemmeno che esista una parola per definire quello che sto facendo con te")

-"Bhè, ironia e sarcasmo, direi che più o meno sono la stessa cosa"

-"No, non sono la stessa cosa. Il sarcasmo è una sorta di sottocategoria dell'ironia. C'è una sostanziale differenza"

-"Spiegamela allora"

Già innervosita mi alzo e mi dirigo verso il Sacro Vocabolario.

-"Allora,  IRONIA significa dire una cosa con l'intento di definire il suo contrario, in modo scherzoso. SARCASMO invece è un' ironia amara, pungente.Generata da astio verso gli altri o da amarezza personale. Adesso ti si è aperta  una qualche sconosciuta voragine di comprensione?"

-"Mmmh..."

-"Va bene. E' tutto molto chiaro. Continua a considerarmi scema. Fallo almeno per la sopravvivenza della tua specie".

(Del Discorso Surreale. Seconda Parte di Un'Infinita Serie.)

Sono sarcastica. Sono l'incarnazione del Sarcasmo.
Il Sarcasmo è Colui che mi salverà la vita.
E come disse un giorno una mia amica molto saggia, il Sarcasmo è quel metodo di resistenza attiva alla vita, alle persone, alle nostre e alle loro miserie.


 
 
 

Post N° 130

Post n°130 pubblicato il 30 Maggio 2006 da mia3v

La SS Dei Naufragati
    Vinicio Capossela

E venne dall’acqua, e venne dal sale
la penitenza dalla mano del mare
il comandante avanza e niente si puó fare
vuole una morte, la vuole affrontare
e
lí l’attandeva, dove il sole cala
cala e non muore, e l’acqua non lo lava
e il demone lo duole, sui banchi d’acqua
stregati di olio e petrolio
e il vento non alzava, e il mare imputridiva
legati a un solo raggio, tutti presi in ostaggio
avanzavamo lenti, senza ammutinamenti
e il comandante é pazzo, e avanza nel peccato
e il demone ch’é suo, adesso vuole mio
e brinda con il sangue all’odio ci convince,
che se é sua la barca che vince, dev’essere la mia
e gli occhi non videro, non videro la luce
non videro la messe, che altri non l’avesse
e il cielo fece nero, e urló la nube al cielo
e s’affamó d’abisso, che tutti ci prendesse
Matri mia, salvezza prendimi nell’anima
Matri mia, le ossa nell’acqua
anime bianche, anime salvate
anime venite, anime addolorate
che io abbia due soldi, due soldi sopra gli occhi
due soldi per l’onore, due monete in pegno
per pagare il legno, la dura voga del traghettatore
e vieni occhi di fluoro, vieni al tuo lavoro
vieni spettro del tesoro
la vela tende, il vento se la prende
la vela cade, le remi allontanate
e accese sui pennoni
i fuochi fatui, i fuochi alati
della Santissima dei naufragati
Matri mia, salvezza prendimi nell’anima
il tempo stremava, l’arsura ci cuoceva
parlavamo alle vare e il silenzio dal mare
e il legno cedeva all’acqua suo pianto
la vela cadde, la sete ci asciugó
acqua, acqua, acqua in ogni dove
e nemmeno una goccia, nemmeno una goccia da bere
e gli uomini spegnevano, spegnevano il respiro
spegnevano la voce, nel nome dell’odio
che tutti ci appagó, il cielo rigó di sbarre il suo portale
il volto di fuoco, dentro imprigionó
lo spettro vedemmo venire di lontano
venire per ghermire, nero di dannazione
vita e morte, vita e morte era il suo nome
Matri mia, salvezza prendimi nell’anima
Matri mia, salvezza prendimi
questa é la ballata di chi si é preso il mare
che lapide non abbia, ne ossa sulla sabbia
né polvere ritorni, ma bruci sui pennoni
nei fuochi sacri, nei fuochi alati
della Santissima dei naufragati
O Santissima dei naufragati vieni a noi che siamo andati
senza lacrime senza gloria, vieni a noi, perdon, pietá.

Dormo nel mio letto sfatto, tra lenzuola bagnate, il cuscino che rinchiude le parole che ancora non so dire.
Mi sembra di annegare, ogni tanto. Tra il sonno dell'istinto e il silenzio della vita.
Parlo a te, che hai drogato la mia malinconia, raccolto la debolezza, sfoccato la ragione.
Parlo a te, seduto in qualche angolo lontano dove il sole non asciuga, la pioggia non inonda, il bisogno non fa male.
Parlo a te, che nel sogno non esisti ma nella testa non smetti di tagliare.
E penso alla mano, alla carne, al desiderio.
Alla testa che cerco nel prossimo sbaglio che sto per commettere.
Alle frasi stupide che dirò per mettere a tacere quello che ancora non c'è.
Penso alla lacrima morta, alla rabbia umana, alla partenza e al ritorno.
A tutto quello s'insegue e insieme si uccide.
E aspetto in questo letto che ha i miei occhi.
Senza dire, senza credere, senza sentire.
Un solo lento respiro che si arresta davanti ad un bisogno.
Aspetto l'essenza e vivo senza rumore.

 
 
 

Vorrei E Non

Post n°129 pubblicato il 28 Maggio 2006 da mia3v

Vorrei svegliarmi diversa, una mattina.
Senza il cattivo umore che mi prende a pugni all'inizio dello stomaco, senza in bocca ancora il ricordo del bicchiere di troppo, senza le occhiaia, senza troppi pensieri confusi e pesanti.
Vorrei svegliarmi senza pensare di aver fatto l'ennesima cazzata, senza pensare a qualche rimedio per tamponare l'ultimo disastro relazionale.
Vorrei essere una donna semplice. Magari un
a donna con qualche neurone in meno.
Una di quelle donne a cui tutto riesce facile perchè la maggior parte di ciò che hanno intorno non lo capiscono.
Vorrei essere dolce, sorridente, innocua.
Vorrei non spaventare.
Vorrei riuscire a parlare in modo tale da essere capita da tutti.
Vorrei non dover cercare sinonimi popolari per avere un uditorio più ampio.
Vorrei tornare a casa dopo un primo appuntamento non completamente ubriaca e con all'attivo una quantità improbabile di frasi sconvenienti.
Vorrei andare ad un festa in abito da sera senza perdere il contegno dopo tre minuti e il secondo bicchiere.
Vorrei smettere di essere arrogante, strafottente.
Vorrei mettere da parte l'ironia e il sarcasmo feroce.
Vorrei essere avvicinabile.
Vorrei non essere una bomba in continua esplosione.
Vorrei essere una di quelle donne con il timbro di voce idiota, omologato, che ride a comando e a comando fa ogni cosa.
Una di quelle donne che parla solo di gloss, di book, di fashion.
Una di quelle donne che parla e pensa a nulla.
Così estremamente rassicurante.
Vorrei essere sotto vuoto spinto, neuronalmente asettica, cerebralmente protetta.
Mettere una minigonna, accavallare le gambe con grazia e aspettare solo l'Uomo Della Mia Vita.
Che sia preferibilmente sterile di testa e prolifico in banca.

Vorrei svegliarmi diversa, una mattina.
E vedere come tutto sia facile.
Come qelle quattro stronzate che desidero dalla vita siano a portata di mano.
Con un sorriso e qualche parola idiota.
E magari con una maglia più scollata.

Vorrei non pensare che tutto questo sia una minchiata.

E invece lo penso davvero.

Tutti questi vorrei non sono altro che il contenuto sterile di un qualcosa che non sono, che non sono capace di essere, che non voglio essere.

Sono fatta così.

Alimento i miei neuroni con l'arroganza, con la presunzione, con la superiorità.
Non parlo di gloss. Parlo di cumulo fiscale e legge sull'immigrazione.
Non leggo Vanity Fair. Leggo il Corriere della Sera e La Repubblica ogni mattina.
Se decido di accettare un appuntamento bevo quattro pinte di birra. Non ordino un succo d'ananas a temperatura ambiente.
Alzo la voce, non sono capace di assecondare, dico esattamente quello che penso.
E se dovesse essere sconveniente con ancora più soddisfazione.
Metto i tacchi a spillo e la minigonna. E non li considero un surrogato cerebrale.
Metto il vestito da sera e se ne ho voglia mi siedo per terra.
Se ho voglia di fare sesso faccio sesso. E lo chiamo con il suo nome.
Seguo l'istinto e non smetto di essere una donna.
Non m'interessano le frasi di convenienza, le telefonate di circostanza, le parole che mascherano quello che i silenzi lasciano intendere.
Sono consapevole di quello che sono e non mi svendo per sentirmi meno sola.
E continuerò a fregarmene degli sguardi a metà tra il costernato e il preoccupato all' ennesimo pranzo di famiglia.
Continuerò a fregarmene di chi mi dice che se dovessi andare avanti così non troverò mai nessuno disposto a prendermi.
Continuerò a fregarmene delle mie amiche fidanzate, conviventi, sposate.
Delle mie amiche che hanno avuto in vita solo tre giorni d'aria tra un fidanzato e il successivo e mi guardano senza capire come si possa stare senza un'appendice intercambiabile.
Continuerò ad essere come sono.
Disponibile con chi voglio, insopportabile con tutti gli altri.
Con la mia testa, le mie ambizioni, la mia indipendenza.
Con quello che voglio e non sono disposta a barattare.
E sorriderò se sarà il caso. Altrimenti continuerò a ringhiare.
Dirò ti amo perchè lo sento e non per coprire un silenzio.
Starò con qualcuno perchè lo voglio e non perchè si pensa che ormai dovrei farlo.
Continuerò a bere, ad essere difficile, ad essere sconveniente.
Ad entrare in un letto per desiderio e ad andarmene per noia.
Ad essere troppo, troppo poco.
Ad avere una testa e una consapevolezza.
Che, magari sbagliando, mi fa sentire "di più" e forse per questo non capita.
Rimango come sono.
E se alla maggior parte non dovesse andare bene saprò di aver appreso il dono della sintesi relazionale.


 
 
 

Grande Festa a Casa Facezia

Post n°127 pubblicato il 24 Maggio 2006 da mia3v
Foto di mia3v

 

L’aria di festa aleggia tra il marmo smesso di casa Facezia.
Telefoni in vita perenne, campanelli urlanti, vociare mai sommesso.
E’ la vigilia del grand soireé, e la padrona di casa ha dato fondo alla sua concitata vita di relazione per prepararsi alla mondanità coatta e insperata.
La visualizzazione è completa: champagne accoccolato tra le braccia di candidi camerieri, uomini benvestiti e occhieggianti sotto sopracciglia perfette, lusso ostentato tra divani in pelle e fiori sempre vivi. Cibo raffinato e chiacchiere da quartiere affogate in simulazione cosmopolita.
Le porte si aprono e i corridoi s’infestano di donne dai ventri pesanti e la frustrazione acuminata.
Amiche e parenti più o meno acquisite della donna dal grembiule a quadretti per imposizione sessista.
La Signora Facezia s’improvvisa distributore ufficiale di vestiario abbinato all’accessorio fondamentale. Dalla scarpa alla borsa, in ovvio pendant con cintura e orecchino tintinnante.
Transumanze ingenti, frutto di anni di corsa all’acquisto compulsivo.
Le stanze della casa si trasformano in comodi rivenditori non autorizzati.
Di fronte a voi potete ammirare la sezione “scarpa a punta con tacco a spillo”, una ventina di esemplari intonsi causa-gotta impunita che da anni affligge la povera Facezia. Alla vostra sinistra, invece, il reparto “infradito con strass”. Poco distante la succursale “infradito con paillettes”. Ancora più in là la succursale dislocata “infradito con perline”.
E un’occhiata la merita anche la zona allestita per l’ “abito da menopausa”. Scollature importabili per seni provati dal tempo e dalla gravità, spacchi impietosi per gambe cellulitiche e costellate dalla varicosi. Taglie nostalgiche di bei tempi che furono.
-”Oooh!”
- “Uuuh!”
- “Deeelizioso!”
-“Molto vintage!”
- “Questo è glam!”.
Il gutturale prende il sopravvento sul tentativo di articolare un frase dai risvolti grammaticali.
Il glitterato e luccicante mondo della Verona di notte, Verona bene, Verona da bere, produce nell’orda di massaie per costrizione esplosioni di gioia orgasmica.
Già si vedono, accalappiate e travolte in vortici di sesso tantrico da imprenditori dalla coscienza leggera e il portafogli pesante, trascinate lontano dalla pentola con il doppio fondo alto un cm per approdare, sudate e appagate, sul letto sfatto dell’adulterio ristoratore.
-”Uno scialle carta da zucchero non sarebbe perfetto su questo vestito nero di chiffon?” chiede speranzosa la Signora Tre Figli e Marito Fedifrago a carico.
-”Tesoro! Con le spalle perfette che hai lo scialle sarebbe un sacrilegio!”(Faresti bene a metterti addosso a quel corpo sfatto un sacco di iuta, altroché chiffon) sibila maliziosa la Signora Ho Bisogno di Sesso (sottotitolo: Anche una Sveltina Andrebbe Bene)
-“Macchè perfette. Non ho proprio niente di perfetto, io”(qualcosa più di te, in ogni caso, brutta vacca in gravidanza isterica).
-“Ragazze, venite! E’ pronto il caffè!”  ( e muovetevi, sarà l’ultima volta che verrete in vita vostra), grida dalla cucina attrezzata in anni di dimostrazioni tapperware la Signora Facezia.

Ed eccole lì, attorno al tavolo graffiato dal tempo e sporcato dalle penne dei figli in età scolare. Tutte riunite, con addosso l’abito da casa che pesa addosso come il ricordo della giovinezza disfatta.
Pronte a mettersi un vestito inadeguato per raccontare a se stesse che la vita inizia a cinquant’anni. E non solo le rughe, le smagliature, la pesantezza e l’insoddisfazione.
-“E se domani sera, invece di divertirmi, mi sentissi a disagio?” ipotizza lacrimosa la Signora Nervo Isterico, bevendo il suo caffè insaccarinato a dovere.
-“Non succederà, tesoro. Sarai la donna più corteggiata del soireè” incoraggia la Signora Menopausa Precoce. “Non certo come me che sono diventata grassa come un bovino”. (Ma succederà anche a te entro breve, non preoccuparti. E allora ricordati di andare a lacrimare da qualche parte).
-
“Dai, Ragazze, animo! E’ una festa, non uno stillicidio voluto” -incalza Facezia- “Ci divertiremo come matte, sfoggeremo vestiti e sorrisi e dimenticheremo il battitappeto, i figli a judo e in piscina, il marito con  piedi sul tavolo e  briciole sulla pancia durante Controcampo. Metteremo in un cassetto la puzza di cavolfiore bollito che ti si attacca ai vestiti, la parrucchiera il martedì mattina in un ritaglio di tempo tra posta-banca-colloqui scolastici-pranzo-acquagym-cena. Ci proietteremo in un mondo dove l’incombenza più grande è scegliere l’inclinazione del franch su unghie di mani e piedi, decidere tra Dolce&Gabbana e Armani, propendere per il Moet piuttosto che per il Cristal. Sarà fantastico!”.
I sorrisi di circostanza, e il calcestruzzo sopra la diffidenza, accerchiano la mensa delle donne mondane in itinere.
Bevono il caffè silenziose, occhi rivolti ai piedi callosi e alla cellulite annidata nell’interno coscia.
Bevono il caffè, niente zucchero e niente merenda, come da piccole in castigo.
Bevono il caffè e di quel grand soireè non hanno nemmeno più molta voglia.
Tre Figli e Marito Fedifrago a Carico, con i suoi occhi cerchiati dalle urla notturne dell’ultimo arrivato e dai ricordi dei due precedenti.Un compagno inutile. Quello che  torna a casa la notte quando lei finge di dormire. Quello che non inventa nemmeno più una scusa perché nessuno da anni gliel’ha più chiesto.
Nervi Isterici, con il suo passato alcolico, anoressico, bulimico.Con un figlio grande e un marito ricco. Con la sua casa vuota e sempre silenziosa.
Ho Bisogno di Sesso, con la diffidenza trasformata in astinenza. Con la delusione diventata cattiveria.
Menopausa Precoce, che dorme con una foto sotto il cuscino che la ritrae negl’anni 60. Tutta sesso, fumo e tette al vento. Lei e il suo rapporto privilegiato con il chirurgo. Che in anni di plastica aggiunta non è riuscito a restituirle la giovinezza.
E Facezia. Che vuole andare al ballo. Perché il grembiule da massaia le stringe sui fianchi di madre e moglie da un ventennio. Perché si guarda allo specchio e non vede solo disfatta e prostrazione. Non vede il chirurgo e nemmeno l’antidepressivo. Ma sente ancora voglia negl’occhi, nella pancia, in mezzo alle gambe.
E domani sera ci andrà, a quel maledetto grand soireé.
Con l’abito da menopausa e le scarpe con gli strass.
E magari, tra il caviale, troverà pure l’adulterio. Un minuto di aria vergine, non ancora respirata dai figli, dal marito, dalle pantofole da casa e dalla tuta con i buchi.
E poi si ricomincia. Un altro battitappeto da passare e un altro cavolfiore da bollire.
Un altro odore che ti si incolla addosso e che non puoi far andare via.
Lo puoi solo portare a bere un po’ di champagne ogni tanto.

 
 
 

Del Discorso Surreale

Post n°126 pubblicato il 23 Maggio 2006 da mia3v
 
Foto di mia3v

-"Ho voglia di fare l'amore con te"

-"Ah sì?"

-"Sì, io ho sempre voglia di fare l'amore con te"

-"Bhè, io no"

-"TI voglio bene, lo sai vero?"

-"E tu lo sai che con me queste tecniche non funzionano, vero? "

-"Perchè non credi mai a quello che dico? Mi guardi sempre con quella faccia scettica, mi verrebbe voglia di prenderti a schiaffi"

-"Accomodati pure, ma stai attento, potresti farti male. La mia diffidenza vale molto più delle tue mani"

-"Per favore, smettila. Se tornassi indietro farei di tutto perchè le cose tra di noi andassero in modo diverso"

-"Perchè mai? Io sono contenta di come siano andate le cose tra di noi. Passo ancora per le porte. Non è un dato da sottovalutare"

-"Per favore, sii seria. Sei davvero l'unica donna con cui io sia stato bene sul serio. E non parlo solo del sesso. Al di là delle cose che facciamo mi piace anche molto parlare con te"

-"Uau. Oltre alle cose che facciamo ti sei reso conto di avere davanti una portatrice sana d'intelligenza? Lusingata."

-"Sei una delle donne più affascinanti che conosca"

-"A proposito di donne affascinanti, come sta la tua fidanzata? Hai presente? Quella che vive con te"

-"Ehm...bene..."

-"Ho sentito che avete deciso di sposarvi"

-"Ehm...ssssì, se n'è parlato. Così..."

-"Sì, anch'io ti voglio bene. E sono convinta di essere la donna della tua vita. Al di là delle cose che facciamo. E anche se stai con un'altra che ti stira le camicie e ti aspetta a casa con le pantofole di gommapiuma. Adesso però devo andare, scusami. Mi aspetta l'analista. Cento euro a seduta. Ma almeno adesso so che Babbo Natale non esiste".

 
 
 

ALICE In Chains

Post n°125 pubblicato il 22 Maggio 2006 da mia3v
Foto di mia3v

 

Down In A Hole


Bury Me Softly In This Womb
I Give This Part Of Me For You
Sand Rains Down And Here I Sit
Holding Rare Flowers
In A Tomb.....In Bloom

Down In A Hole And I Don't Know
If I Can Be Saved
See My Heart I Decorate It
Like A Grave
You Don't Understand Who They
Thought I Was Supposed To Be
Look At Me Now A Man
Who Won't Let Himself Be

Down In A Hole, Losin' My Soul
Down In A Hole, Losin' Control
I'd Like To Fly
But My Wings Have Been So Denied

Down In A Hole And They've Put All
The Stones In Their Place
I've Eaten The Sun So My Tongue
Has Been Burned Of The Taste
I Have Been Guilty
Of Kicking Myself In The Teeth
I Will Speak No More
Of My Feelings Beneath

Oh I Want To Be Inside Of You

Down In A Hole, Losin' My Soul
Down In A Hole, Feelin' So Small
Down In A Hole, Losin' My Soul
Down In A Hole, Out Of Control

I'd Like To Fly
But My Wings Have Been So Denied




Giù Nella Fossa


Nascondimi dolcemente in questo ventre
Dono questa parte di me per te
Piove sabbia giù e sto seduto qui
Tenendo rari fiori
In una tomba....in fiore

Giù nella fossa e non lo so
Se posso essere salvato
Guarda il mio cuore l'ho decorato
Come una tomba
Tu non capisci chi loro
avessero pensato io dovessi essere
Guardami ora, un uomo
che non vuole lasciare vivere se stesso

Giù nella fossa, perdendo la mia anima
Giù nella fossa, perdendo il controllo
Mi piacerebbe volare
Ma le mie ali sono state tarpate*

Giù nella fossa e loro hanno messo tutte
Le pietre al loro posto
Ho mangiato il sole così la mia lingua
E' stata scottata dal boccone
Ho avuto colpa
Di calciare me stesso sui denti
Non parlerò più
Dei miei sentimenti là sotto

Oh io voglio essere dentro di te

Giù nella fossa, perdendo la mia anima
Giù nella fossa, sentendomi così piccolo
Giù nella fossa, perdendo la mia anima
Giù nella fossa, perdendo il controllo

Mi piacerebbe volare
Ma le mie ali sono state tarpate.
        

                                                                                                                 

MI dicono che sono troppo.
Ogni tanto troppo poco.
E io rincorro la perfezione soggettiva annacquandola dentro un pensiero.
Cerco solo due braccia, un appoggio.
Cerco chi mi chiuda gli occhi e mi faccia capire che fuori non è solo dolore.
Sto precipitando.  Nel sentire e nel cercare. Senza sapere dove fermarmi.
Voglio il porto franco della sensibilità, voglio solo smettere di soffrire per un'ombra strana, per una vita diversa, per una voce che non capisco, che parla una lingua straniera.
Amo questa vita, da prendere a morsi nell'inutilità del comprendere.
Voglio sentirla sulla bocca, bruciare nella gola.
Voglio l'essere, voglio il percepire.
E forse non emigrerò mai da questo convoglio di paure.
Allora le prenderò in braccio, e ne farò un giorno nuovo.
Sarò quello che sono diventata. Senza vergogna. Solo soddisfazione di un taglio più profondo.
Ti voglio bene, amico mio.
Perchè hai ascoltato tutto questo senza dire nulla.
Perchè sei come me.
Magari diverso ma in fondo uguale.
Una contraddizione spocchiosa che non ha bisogno di articolazioni e punti di vista.
E creerò un personaggio.
Diverso da me, diverso da noi.
Per creare un'altra strada, un'altra storia, un altro percorso.
E ci saremo anche noi.
Là, in viaggio su quel percorso di cui ancora non conosciamo l'esistenza.
 
 
 
 

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