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Le vacanze al mare (parte 2)

Post n°236 pubblicato il 27 Giugno 2008 da dimaio3d
 

Dopo aver imbarcato viveri e giubotti salvagenti come se si dovesse affrontare un viaggio intercontinentale su una zattera, la nostra allegra famiglia partenopea affronta sprezzante del pericolo il viaggio che la porterà dalla casetta di villeggiatura al mare. Qui avrà la prima vera piacevole sorpresa: può posteggiare liberamente senza che nessun parcheggiatore abusivo pretenda di avere "quaccosa di soldi per guardare la macchina". Perchè è vero che l'unico posto disponibile sta a mezzora a piedi dal mare, ma almeno è gratuito! E allora, dopo aver piazzata la stoina scassata dell'anno prima sotto i tergicristallo per tenere la temperatura dell'abitacolo almeno nei limiti della fusione atomica, ecco che si prepara ad affrontare il chilometro di spiaggia incandescente che porta diritta al refrigerio dell'acqua.
Nell'ordine, partono: la mamma, cappello in testa alla Rossella Hoara e occhialoni anni '60, borsa con asciugamani e giornale di gossip di ordinanza sotto l'ascella; poi i due pargoli, che continuano a scazzotarsi tra loro, con paletta e secchiello, ruota e setaccio per la sabbia, pallone e gonfietto.
Ed infine lui, il padre, con ombrellone, sedia pieghevole, coccodrillo gonfiabile sotto un braccio, borsa frigo e canotto semisgonfio sulle spalle. Un marines in pieno sbarco si muoverebbe con più agilità di lui.

Finalmente, dopo l'attraversata del Deserto del Sahara e una nuova visione della Madonna questa volta con un Pinguino DeLonghi accanto a metà tragitto e bottiglia ghiacciata di Acqua BrioBlu Rocchetta nelle mani, si arriva a riva. Per rendersi conto che il primo posto per piazzare l'ombrellone è esattamente 16 file più in alto, tra il fico d'India e l'oasi con i Tuareg. I bimbi lanciano tutto in terra e cominciano a spogliarsi, mentre la mamma da ordini al padre su come piantare meglio l'ombrellone, con lo stesso tono che usa il Capocantiere con l'ultimo dei manovali. Poi avviene la "spasa" dei telo-mare: in una spasmodica ricerca di spazio vitale si comincia a piazzare più asciugamani possibili finendo inesorabilmente per sconfinare in territorio nemico e far partire le prime scaramucce con i vicini.

I più organizzati riescono a combinare l'ombrellone con diversi telo-mare in modo da creare una sorta di tenda, utilizzata dalla mamma per spogliarsi del proprio pareo in piena intimità. Ed è proprio in quel preciso momento che avviene la tragedia: migliaia di persone sono costrette ad esporre per la prima volta dopo mesi di camuffamenti il proprio fisico scultorio. Mozzarelle flaccide con abbronzature a mezzamanica e nei pelosi in bella mostra.
I bambini inoltre sono vittime dell'inquietante spalmatura di crema protezione 50 che li trasforma in pochi minuti in cotolette impanate con segni tribali sul volto tipici della tribù dei Navahos.
L'unico che resiste alla tentazione di spogliarsi è il padre, ancora in possesso di un minimo di autocritica. Dovrà affrontare la più dura delle prove: il gonfiaggio canotto. E sarà costretto a premere su quella maledetta semisfera rossa per i prossimi trenta minuti senza ottenere altro che una serie di pernacchie e un crampo al piede.
Alla fine di questa prova, finirà anche lui per cedere e denudarsi, ricevendo subito un complimento dalla consorte: "Tesò.. fattelo dire: fai troppo schifo". Incassato questo duro colpo si dirige verso l'acqua e assumere la tipica posizione da bagnante: piedi nel bagnasciuga, mani unite dietro la schiena e panza il fuori, con il suo bel pantaloncino a costume con annessa macchia bianca di sudore rappreso. Fermo restando che al primo passaggio di ragazza in perizoma tiri la pancia in dentro e il petto in fuori. Unica parola che riuscirà a pronunciare nelle prossime ore sarà "Guagliùù" rivolta a tutti i bimbetti che allegramente giocano intorno a lui e lo schizzano.

Poi, dopo essersi "spognati" i piedi dopo 2 ore di ammollo ed essersi fatto il segno della croce prima di tuffarsi, finalmente tutti a godersi il refrigerio di un sano bagnetto nelle acque cristalline del mare calabrese. Almeno fino a ora di pranzo.

*(Si ringrazia ciaobettina per le illustrazioni)

 
 
 
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