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Post N° 187

Post n°187 pubblicato il 27 Dicembre 2007 da donulissefrascali

IL DENARO COME LIMITE DELL’ECONOMIA E INCIDENTE DELLA STORIA

I DIFETTI DEL SISTEMA DEL DENARO E IL DENARO COME DIFETTO DEL SISTEMA

Vale la pena di studiare l’ipotesi di un sistema economico capace di svolgere le sue tipiche funzioni in assenza di denaro? E’ utopistico lo scenario di un mondo che decide di fare a meno del denaro e che compie questa rivoluzione nel giro di decenni e non di millenni? E’ pensabile che una nuova economia non monetaria sia in grado di offrire tangibili vantaggi rispetto a quella attuale?

Sono questa le domande a cui intendiamo rispondere. Ed è chiaro che la risposta potrebbe essere:no, non sembra neanche il caso di prendere sul serio un’idea che, per quanto suggestiva, appare irrimediabilmente stravagante e priva di sbocchi concreti. Oppure si, gli argomenti utilizzati per mettere a fuoco l’ipotesi sono abbastanza convincenti da suggerire la necessità di ulteriori approfondimenti. In ogni caso, soddisfare la curiosità che potrebbero aver destato i nostri interrogativi, costerebbe “soltanto” la pazienza di una breve lettura.

Ciò premesso, e aggiungendo che ci accontenteremmo, alla fine, di avere insinuato almeno un dubbio, occorre innanzitutto risolvere un importante problema metodologico. Affinché si possa parlare di scomparsa del denaro, del superamento e dell’abolizione della moneta, devono ricorrere almeno due condizioni preliminari.

La prima è che lo strumento di cui si tratta, sia criticabile sul piano logico. La seconda è che esso sia censurabile anche sul piano pratico. Entrambe le condizioni devono essere riconducibili alle caratteristiche intrinseche dello strumento. Sul primo punto, che verrà ripreso in seguito, basti dire che ci si riferisce alla necessità che lo strumento presenti dei difetti più o meno vistosi (imperfezioni, inadeguatezze, contraddizioni in relazione alle sue stesse funzioni). Difetti che dovranno essere strutturali, non confondibili con il sintomo della necessità di possibili perfezionamenti. Per esempio, una volta riconosciuta l’indispensabilità del ruolo dello Stato, potrebbe diventare opinabile, o fastidioso, l’obbligo da parte di tutti di pagare le tasse per garantire il suo funzionamento. Ma sarebbe davvero difficile da sconfessare il principio per cui tutti i percettori di un reddito debbono dare il proprio contributo. In altri termini, il sistema della tassazione potrà risultare migliorabile ma non per questo essere considerato un metodo sbagliato. Proprio a qualcosa di intimamente sbagliato allude invece la prima delle nostre due condizioni preliminari.

Con il secondo punto, quello della censurabilità sul piano pratico, ci si riferisce invece, e molto precisamente, alla condizione del denaro di mero strumento. Proprio in quanto tale, e solo tale, io potrò lamentarmene e sottolinearne i limiti. Proprio perché non è una religione, un credo, un sentimento o una convinzione personale, per quanto profonda e diffusa, io potrò giudicarlo. Solo la somma di queste due condizioni (di queste due caratteristiche) ci consente di affrontare liberamente l’argomento. Perché non potremmo puntare il dito contro un “metodo” giusto e impeccabile, per quanto oneroso e complicato nella sua applicazione, né potremmo permetterci di condannare un criterio che a noi appare sbagliato se fosse in gioco un punto di vista “ideologico”, e non solo un mezzo da valutare sotto l’aspetto squisitamente pratico.

A queste due prime condizioni se ne devono però aggiungere altre due, per evitare che il nostro discorso appaia irrimediabilmente utopistico. Infatti, occorre inoltre che: a) esiste un mezzo idoneo a risolvere i problemi alla cui soluzione è oggi delegato il “metodo sbagliato”; b) il mezzo nuovo presenti, rispetto a quello vecchio, minori inconvenienti a parità di vantaggi, maggiori vantaggi a parità di inconvenienti o una combinazione degli uni e degli altri palesemente migliore. Saremmo tentati di aggiungere un terzo requisito, e cioè che il nuovo metodo, data la peculiarità dei compiti assolti da quello vecchio, riesca a coesistere con i peggiori vizi dell’umanità (ciò che, almeno in una certa misura, ha dimostrato di saper fare il denaro). Ma sembra di poter ritenere che il punto b) includa di fatto questa esigenza.

Tirando le somme, restano aperte tre questioni. E ciò perché considereremmo già soddisfatta la seconda delle prime due condizioni (sempre che ci si possa azzardare a sostenere senza ulteriori commenti, che il denaro non è, ne è lecito che diventi, una fede, un’opzione non giudicabile per la sua natura esoterica o sentimentale). Ma i problemi metodologici non finiscono qui. Infatti, prima ancora di passare all’esame della solidità del nostro punto di partenza (il denaro come strumento difettoso sul piano logico), occorre chiarire almeno le più immediate implicazioni della seconda coppia di condizioni.

A questo punto dovrebbe risultare inequivocabile il nostro scopo. Che il denaro presenti dei difetti da correggere è cosa ovvia. Che sia esso stesso difetto da eliminare è l’ipotesi su cui stiamo lavorando.

Testo del Prof. Pierangelo Dacrema, Prof. di economia alla Università Bocconi e alla Università calabrese di Cosenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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sterminatore1986
sterminatore1986 il 03/01/08 alle 18:52 via WEB
Sui sindacati ho speso molte frase e discussioni che qui riassumo molto brevemente. Innanzitutto dovrebbero rappresentare le vere istanze dei lavoratori di fronte alla controparte, imprenditore o stato che sia. Almeno all'origine erano così, e quando c'era uno sciopero i sindacati mantenevano i lavoratori in sciopero grazie ai soldi versati da quest'ultimi perchè si fidavano ciecamente dei loro rappresentanti, che allora facevano veramente il loro lavoro di difesa dei lavoratori. In questo modo non avevano problemi di soldi e di cibo e l'imprenditore o stato di turno era costretto a cedere, per evitare guai peggiori. Oggi c'è la minaccia di chiudere e di aprire all'estero se i lavoratori rompono troppo e inoltre c'è l'aggravante del ricatto continuato, e ciò dipende dai contratti precarizzanti, dal lavoro nero e dalla totale inefficienza dei sindacati. Per cambiare ciò servono nuove e più efficaci leggi, modificare o abolire quelle esistenti, ma con i politici che ci ritroviamo ciò è impossibile, visto che il PD rappresenta gli interessi della borghesia e del capitalismo, quindi non faranno mai politiche sociali. Dovrebbe esserci una rivoluzione, però la considero una extrema-ratio, senza violenza e sorattutto fatta in ambito culturale, e infine con un'immensa manifestazione pacifica senza violenze che cacci via questi politici inefficaci nell'affrontare i gravi problemi della società. Solo così potranno cambiare le cose, però visto che siamo egoisti per natura, che fino a quando il proprio orticello non viene toccato, rimaniamo inermi e menefreghisti verso gli altri. Comunque l'importante è iniziare questi discorsi, affrontarli, cercare delle risposte ai problemi che abbiamo, perseguire gli obiettivi che ci siamo prefissati, ovviamente senza violenza e prevaricazione sul prossimo, perchè la gente deve capire in questo modo che le nostre risposte saranno molto efficaci e a favore della collettività se verranno applicate. Dopo questo brevissimo riassunto, spero che si riesca veramente ad instaurare un dialogo che affornti i problemi della società e cercare di dare delle risposte che favoriscano solo la collettività, e non l'egoismo privato. Ciao, a presto allora...
 
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