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Creato da: Rebeldia il 26/05/2006
Morte al fascio, oggi più che mai! Ora e sempre, RESISTENZA!!!
Emigrante per caso
Post n°53 pubblicato il 30 Agosto 2006 da playslow
Emigrante per caso di Amira Hass (da Haaretz 29-8-06) Lo scorso marzo il quarantaquattrenne Hayan Ju’beh è dovuto andare ad Amman per rinnovare il visto per turismo scaduto – una procedura di routine che per lui va avanti da 10 anni. “Tre o quattro giorni e sono di ritorno”, ha promesso ai suoi quattro bambini. Il giorno del suo previsto ritorno, sua moglie, la trentaquattrenne Sawsan Quaoud, è uscita per una passeggiata con i loro quattro figli a El Bireh. I bambini giocavano e lei era seduta a e li stava a guardare bevendo un caffè e fumando una sigaretta. E’ stato allora che ha ricevuto una telefonata da suo marito. Le autorità gli impedivano di attraversare il passaggio di Allenby. Cosa? In un primo momento aveva pensato di aver udito male, poi lui che stesse scherzando. Ma non era uno scherzo. Hayan Ju’beh è nato e cresciuto a Gerusalemme, e ha vissuto li fino a quando si è trasferito all’estero per studiare teatro. Ha sposato una cittadina irlandese (con passaporto inglese). In Gran Bretagna sono nati i loro figli Yussef e Sophie di 13 e 11 anni.
Nell’ottobre del 1995 morì sua moglie. Je’beh decide cosi di tornare con i bambini a Gerusalemme, per farli crescere all’interno della sua grande famiglia. Gli Accordi di Oslo e la speranza di pace lo incoraggiarono ulteriormente a tornare nella sua città natale. A Gerusalemme lavora per l’ufficio locale del network televisivo MBC.
A metà del 1996, quando chiede il rinnovo del suo certificato di viaggio "laissez passer", che è concesso ai palestinesi quando viaggiano all’estero, il Ministero degli Interni israeliano gli cominica: “Lei non è un residente”.
Nessun diritto a casa propria
Dopo che era stato impedito a Ju’beh di ritornare, Quaoud ha girato per un mese e mezzo tra vari uffici governativi e avvocati. Ha chiamato l’Ambasciata irlandese, e il personale dell’Ambasciata le ha detto di aver contattato il Ministero degli Esteri e quello degli Interni israeliano per protestare e chiedere spiegazioni senza però ottenere risposta. Nel frattempo, Ju’beh ha tentato la fortuna cercando di passare la frontiera a Beit She’an. Il 3 maggio gli è stato concesso di fare ritorno passando da Beit She’an, ma con un visto di un solo mese. Sia lui che la moglie pensavano che sarebbe stato possibile estendere il visto tramite il Ministero degli Interni palestinese. Nonostante la rottura delle relazioni tra le due parti, in alcuni casi è possibile estendere il visto per il coniuge di un palestinese residente senza dover uscire dal paese.
Quaoud ha organizzato tutto da sola: ha chiuso la casa di produzione che lei e suo marito avevano costruito, scusandosi con i sei cameraman che perdevano la loro fonte di sostentamento, si è sbrigata a completare un film a cui stava lavorando da sei mesi. Ha preparato le valige, salutato tutti e preparato i bambini per partire – tutto di corsa per poter iscrivere I bambini a scuola in GB. “Ci siamo arresi” ha ammesso Quaoud, la vigilia della sua partenza.
Le autorità israeliane che avevano revocato la residenza di Ju’beh nella nativa Gerusalemme non hanno permesso la riunificazione a sua moglie a Ramallah e infine hanno deciso che, anche come turista, non aveva il diritto di vivere nel suo paese.
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