"Istruitevi perchè avremo bisogno

della vostra intelligenza.

Agitatevi perchè avremo bisogno

del vostro entusiasmo.

Organizzatevi perchè avremo bisogno

di tutta la vostra forza"

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Chi non ha memoria, non ha futuro

 

...Ogni cosa è illuminata

dalla luce della storia...

 
Creato da: Rebeldia il 26/05/2006
Morte al fascio, oggi più che mai! Ora e sempre, RESISTENZA!!!

 

 
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Post N° 103

Post n°103 pubblicato il 02 Giugno 2007 da Rebeldia

                    Morte sua, vita mia

        (Di Carlotta Bazoli, tratto da "Il Nuovo Municipio" n° 6)

Spesso la gente si fa giudice di storie di cui sa poco o addirittura nulla... Gargnano, che è un paese molto piccolo, è un validissimo produttore di questi “esemplari” che poco sanno e tanto, tantissimo dicono di conoscere. Non c’è niente da fare, il loro giudizio infondato non risparmia niente e nessuno, succede per tutto, dalle cose locali ai fatti di cronaca nazionale... Così è accaduto anche per quanto riguarda il caso di Carlo Giuliani. Il lavoro mi chiama spesso testimone di queste situazioni e più volte sono stata anche protagonista di particolari discussioni inerenti la politica e a quello che è accaduto a Genova. Si parla, ma ogni volta è come scontrarsi contro un muro... la gente urla e discute ma quasi mai accetta le risposte che gli si dà.

Perchè scrivo un altro articolo su Carlo Giuliani? Penso che sia un argomento del quale si debba parlare ancora a lungo perchè molto si è detto, ma tanto, tantissimo, c’è ancora da dire. Rimangono parecchie ombre scure in questa faccenda... e ogni tanto qualcuno, faticosamente, ne illumina alcune, portando in evidenza eventi, fatti e verità che turbano l’animo di ognuno, davanti ai quali verrebbe voglia di tapparsi le orecchie, per non sentire, per non crederci, proprio come fanno le persone con cui spesso ho a che fare. L’intervista a Mario Placanica - concessa al quotidiano “CalabriaOra” il 29 novembre 2006 – ne è un esempio: ha sconvolto l’opinione pubblica e, se possibile, stravolto ciò che fino a quel momento tutti – o quasi – credevano essere la verità. Vi ricordate di Mario Placanica? Era nel Defender dei carabinieri quando Carlo è stato ucciso. Hanno incolpato lui della sua morte, ma le cose non sono state mai chiarite. E Placanica è stato fatto scivolare volutamente nel dimenticatoio, diventando uno dei tanti scheletri nel vastissimo armadio della cronaca nera italiana. 

Nella sua intervista, oltre a raccontare le pesanti pressioni psicologiche ricevute dai suoi superiori prima (“...ci dicevano di stare attenti, ci raccontavano che ci avrebbero tirato le sacche di sangue infetto. Ci dicevano di attacchi terroristici. La sensazione era come se dovessimo andare in guerra”), e dagli psicologi dopo ( “...Per anni mi hanno sottoposto a uno stress psichico insopportabile. Mi hanno detto che i no global mi avrebbero ammazzato. Sono arrivati a dirmi che avrebbero ucciso mia moglie quando era incinta”), dichiara di non essere l’assassino di Carlo Giuliani e lo fa a gran voce, sottolineandolo più volte. Era nel Defender dei carabinieri quando Carlo è morto, ma ha sparato da steso, in aria, al di sopra della ruota di scorta della jeep. In aria. Due volte, ma in aria. E prosegue raccontando fatti raccapriccianti che annodano la gola, come quando il maggiore Cappello gli ha tolto dalle mani il lanciagranate col quale sparava fumogeni sopra le teste dei manifestanti – accusandolo di non essere capace di usarlo -  per poi utilizzarlo a sua volta colpendo le persone in faccia. Poco dopo la morte di Carlo, Placanica, che ignora ancora tutto, viene portato in caserma, accolto e acclamato dai colleghi del battaglione Tuscania che gli dicono “Morte sua, vita mia” e “Benvenuto tra gli assassini”. Gli regalano uno dei loro baschi e intonano canzonette su Carlo Giuliani.  Questo ed altro emerge dall’intervista che purtroppo, a causa di spazio, non riporto integralmente, ma chiunque fosse interessato a leggerla può farlo sul sito www.carta.org/editoriali/2006/061129.htm dal quale io stessa l’ho presa.

Quello che emerge da un racconto del genere non può che preoccupare. Mi chiedo chi ci sia nelle file delle nostre forze dell’ordine e per il gioco di quale pezzo grosso della politica abbiano agito... sì perchè quegli ordini sono venuti dall’alto, da persone che per soddisfare il loro sporchi traffici non hanno avuto scrupoli nel sacrificare la vita di un ragazzo di 21 anni.

Ma davvero Carlo è stato l’unica vittima del G8 genovese? Lo sapevate che un medico ha dichiarato ad Haidi Giuliani, mamma di Carlo, di essere stato chiamato per una ragazza morta in via Montevideo intorno alle 17.00 di quel terribile 21 luglio e che, mentre vi si recava, è stato dirottato da un’altra chiamata che lo ha condotto verso piazza Alimonda dove lo attendeva il corpo di Carlo? Chi era quella ragazza morta? Una dei manifestanti? Un’agente dei servizi segreti (in quei giorni Genova ne era piena)? Nessuno lo sa perchè di lei non s’è detto più nulla, eppure ci sono diversi testimoni che dicono di averla vista mentre moriva, travolta da un blindato della polizia.

E i due cadaveri trovati uno a Levanto e l’altro annegato nel porto di Genova immediatamente dopo la fine del G8? Niente anche lì, nessuna risposta, tutto insabbiato. Se non fosse stato per le migliaia di macchine fotografiche e telecamere digitali con le quali i manifestanti hanno raccolto testimonianze che non lasciano spazio all’immaginazione, è probabile che di quei giorni genovesi non sapremmo praticamente nulla... La storia delle bombe molotov di cui recentemente si è tornato a parlare, costituisce un altro serio attentato alla verità. La notte tra il 21 e il 22 luglio 2001, 93 manifestanti si fermano a dormire nella scuola genovese Armando Diaz. La polizia irrompe nell’edificio e letteralmente li massacra. L’intervento violentissimo è giustificato dal ritrovamento di due bombe molotov, attribuite ai ragazzi e che sembrano la conferma della loro pericolosità. Da “Il Corriere della Sera” datato giovedì 18 gennaio 2007: “La prova regina era falsa. Fabbricata ad arte per incastrare i 93 no global e giustificare così un pestaggio a sangue freddo, violentissimo, una specie di rappresaglia. Gli ordigni erano stati sequestrati durante gli scontri del pomeriggio, e portati alla scuola da due agenti mentre il blitz era in corso.”. Ebbene, le due molotov, che trattandosi di corpo di reato dovrebbero restare a disposizione del tribunale, sono scomparse. Nessuno sa che fine abbiano fatto, un pò come il cadavere della ragazza di via Montevideo... così nei reperti del processo, quelle bombe non sono mai entrate.

Con questo articolo non voglio avere la presunzione di essere come una di quelle persone che, con fatica e dolore, riescono a far luce tra le ombre di cui qualche riga fa vi parlavo. Non ho scoperto niente  e non ho fatto altro che riportare in un riassunto ciò che ho letto e visto... ma sono contenta di aver dato un piccolo contributo affinché questa storia, insieme a tante altre, non vada dimenticata.

Voglio concludere questo articolo con le parole di un uomo degno di rispetto, Don Gallo, che nonostante la sua appartenenza alla Chiesa non ha mai preso le distanze dai movimenti, dal contatto con quei giovani che hanno ben altre credenze e che nella casa di Dio non mettono piede da anni; Don Gallo a Genova c’era, come era presente anche a Brescia, il 28 maggio 2006, durante la commemorazione delle vittime della strage di Piazza Loggia... e vi garantisco che in quell’occasione è stato fantastico.

 “...Parlo sempre nei termini del sacrificio di Carlo, perchè Carlo è di tutti. È lui che cade, non il figlio di chi ne parla male. È il movimento intero che è colpito attraverso lui. Nel profondo, questi ragazzi hanno la “possibilità” dell’immolazione”, come noi durante la Resistenza. Se un attimo prima dello sparo gli avessero chiesto: sei pronto a dare la tua vita per ciò in cui credi?, lui avrebbe risposto di sì. Ci metterei la mano sul fuoco. Carlo non rappresentava un partito. Lui osava la speranza. Ha operato una scelta di libertà, a differenza di chi non ha ideali e ci mette al servizio della Patria solo per soldi. Fa parte di quelli che hanno scelto la sobrietà, la semplicità, nel vestire, nel mangiare, nel lavoro. Il loro obiettivo non sono le tre i di Berlusconi, impresa-informatica-inglese, ma l’incontro con l’altro e il recupero della dimensione umana. Il consumismo ci ha fiaccato tutti, si è perso il senso dell’uomo e loro adottano un nuovo stile. Sono lontani dall’idea di avere, appropriarsi, apparire. Sono da applaudire, non da uccidere.”

 

Le notizie di questo articolo sono state prese dal libro “Anche se voi vi credete assolti” di Simona Orlando e da “Il Corriere della Sera” del 18 gennaio 2007. L’intervista a Mario Placanica è stata tratta dal sito www.carta.org/editoriali/2006/061129.htm. Le immagini sono state tratte dal fumetto “GeVSG8 Genova a fumetti contro il G8”

 
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