punto sul rosso

La signorina dei telefoni

Ecco, ora vorrei che il telefono di casa squillasse, e che al di là del filo ci fosse una voce di signorina, di signorina della compagnia dei telefoni. Una signorina con la sua voce rassicurante con la sua impostazione educata, persuasiva quanto basta, ché oggi le basterebbe davvero poco per tenermi incollata alla cornetta, a discorrere amabilmente con lei: una signorina sconosciuta in viso ma familiare nella voce, con quel suo tono confidenziale e non prevaricatore, con quell’attitudine all’ascolto compunto; una signorina priva di ansie che sa annuire in modo impercettibile eppure così gratificante, che sa essere discreta nel sondare le mie abitudini e preferenze, nello sceverare la matassa ingarbugliata del mio stile di vita, quasi mirando alla vita, mirando a scioglierla laddove è nodosa e a trovare soluzioni laddove gravano gli insoluti: la signorina la signorina dei telefoni farebbe tutto questo lavoro di ordine e spoglio con il garbo dell’esperienza, con il garbo di chi è tutt’uno con la sua voce telefonica, quella voce con tutti i colori dello spettro emotivo, quella voce che di tanto in tanto indulge ad un accenno di risata, ma contenuta, mai invadente mai soverchia: una misurata risata di accompagnamento.
Ecco, vorrei che mi chiamasse ora, la signorina della compagnia dei telefoni, discorrerei con lei per ore, le donerei il mio tempo piagato, le offrirei un fresco grappolo di neuroni con tutti gli acini lucidati e splendenti. E lei lo apprezzerebbe e tuttavia non accetterebbe, inoltrandomi il suo diniego con tale nobiltà di modi e maniere che io arrossirei e il mio rossore verrebbe istradato  all’istante sui fili di rame di proprietà della compagnia dei telefoni. Che manda una delle sue signorine a sedurmi.

Oh ma, non una signorina qualunque, la migliore delle sue signorine, la reginetta delle signorine, la miss agosto-signorina, e sarà tutta per me. Ed io sarò un po’per lei: un po’, non di più. Di più non starebbe bene, perché io il di più non saprei gestirlo soprattutto se questo di più dovesse diventare un tutto. Il tutto mi scapperebbe dalle mani e dalle mutande, e lo perderei, inevitabilmente.
E’così: il tutto è per me ingovernabile, ma questo lo accetto, e per questo preferisco al tutto un po’. Un po’è la mia giusta misura e distanza, e non avrò bisogno di spiegarlo alla signorina della compagnia dei telefoni, perché lei sa già, e sa tutto. Perché lei è stata addestrata per questo tutto, e potrebbe anche schiacciarmi moralmente e intellettualmente, forte di questa virtù acquisita e temprata, ma lei non lo fa, ed usa la sua voce, meravigliosamente accordata alla nota maggiore del mio cuore, per riempire le mie giornate fatte di un po’; e, mentre la usa, sento una grande calma farsi largo in me sento che la giornata comincia ad acquisire profondità e, mentre la usa, vedo e sento la profondità del mare. Poi un lampo e nel lampo l’immagine del tutto. Oh! Di un tutto ragionevole e sensato, di un tutto che posso abbracciare e contenere, pur con qualche perdita, ma piccola, che fa.
Capisce, signorina, capisce quanto è importante tutto questo? E non è tanto importante quello che dice ma come lo dice, è importante il come della sua bocca, dei suoi denti leggermente divaricati, del suo fiato calmo che sa di fiori di mirtillo e scorza d’arancia, ed importante è il come dei suoi occhi, liquidi e tersi come un bagno di grazia. Capisce, signorina?
Ma sì che capisce, lei capisce tutto perché lei sa, e questo sapere la rende così preziosa e irrinunciabile così degna di riconoscenza e ammirazione che io non posso non amarla.
Sì, è così, io l’amo. E quando quel telefono squillerà avrò il cuore già gonfio, quando quel telefono squillerà sarà per me l’allarme di un amore che è già; e di un dolore, che è già: ecco, sì, vorrei già non perderla, e già soffro.
Sì, forse sono in leggero anticipo sul nostro amore, mia cara miss signorina dei telefoni, ma lei non tema non esiti, e mi telefoni pure, saprò dissimulare la mia delusione e prostrazione, e farò un passo indietro, se necessario; guardi, comincerò dall’inizio, da un pronto incolore e distratto, che nulla le farà presagire (e l’epilogo sarà per lei una sorpresa). Intanto mi chiami, io le risponderò, né troppo presto né troppo tardi, le risponderò con la giusta dose di tempo, e sarò un po’affabile un po’distaccata, un po’e un po’, in attesa del suo tutto, in attesa del suo mare largo e sconfinato, in attesa di intrecciare la mia voce alla sua, e di fare l’amore così come viene, prima un po’, poi un po’e un po’, e alla fine tutto. Tutto l’amore che c’è.
E quando scopriremo che non si può dire, taceremo, e sarà troppo tardi per tornare indietro, e sarà un tutto tutto per noi, un tutto incluso senza asterischi.
E ora, signorina, mi squilli pure, mi squilli al tre.